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Il convoglio di volontari italiani da Gaza per continuare la testimonianza di Vittorio Arrigoni

Ricevo e volentieri pubblico quanto inviatomi da una volontaria che si firma Dani Girlinrome.

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Voci che resistono

13 maggio 2011

Cominciamo a conoscere Gaza. Zona nord-est della città: i racconti dei ragazzi palestinesi ci portano indietro di qualche anno, a quei giorni di dicembre del 2008 quando l’esercito israeliano diede inizio all’operazione piombo fuso. Dinnanzi ai nostri occhi i segni di tutto quello che ha portato: edifici distrutti, case abbattute, i campi dove i contadini coltivavano la terra completamente inariditi e contaminati dalle bombe al fosforo bianco. Il confine con i territori occupati da Israele dista solo qualche km, tra questo e lo spazio abitato c’è la così detta “buffer zone”: pezzi di terra coltivabili a cui però i palestinesi non possono accedere; quando lo fanno rischiano sempre un attacco israeliano che parte puntuale dalle torrette disposte lungo la linea di confine. In alcune di queste torrette spara un cecchino, in altre mitragliatrici automatiche. Spesso durante il periodo dei raccolti i militari israeliani irrompono con i carri armati sparando sui contadini all’interno della “buffer zone” per devastare i campi, così com’è avvenuto stamattina. In alto nel cielo, ci fa notare uno dei ragazzi, si erge un dirigibile: attraverso questo mezzo Israele controlla tutta la città di Gaza, al suo interno è posta una potente telecamera satellitare, una sorta di panopticon ultra moderno. L’unica differenza è che il controllore è sempre ben riconoscibile. Conosciamo anche gli abitanti di questa parte di città, i primi a venirci incontro sono i bambini, sui quali i segni della guerra non hanno intaccato il sorriso. Continua a leggere

Il matrimonio “del secolo”, la beatificazione di Wojtyla e l’uccisione di Bin Laden. Tre goal a conferma della supremazia dell’Occidente o della drammaticità dei suoi problemi? Obama non ha dubbi: “La Cina è vicina” non è solo un vecchio film

L’uccisione di Bin Laden è la ciliegina sulla torta dei due eventi che hanno tenuto banco per vari giorni in quasi tutto il mondo, sicuramente in tutto il mondo occidentale: il matrimonio “del secolo” del principe ereditario inglese e la beatificazione di papa Wojtyla. L’accoppiata di questi ultimi due eventi è apparsa – o è stata fatta apparire – come la conferma che l’Occidente e il suo cuore, l’Europa, sono in buona salute, anzi ottima. Quasi tutti gli addetti ai lavori l’hanno magnificata come il fulgore di una nuova alba o di un sole ancora ben alto, smentendo così che il Vecchio Continente sia sul viale del tramonto. E il “botto” dell’uccisione di Bin Laden ha fatto da moltiplicatore a tanto ottimismo, confermando come baricentro del vasto mondo la superpotenza Usa, nume protettore dell’Europa e del mondo civile – il famoso “mondo libero” – in generale.
Tanto entusiasmo forse è fuori luogo. I matrimoni “del secolo” ormai non si contano più, da quelli di Montecarlo a quelli di Londra, Madrid, ecc., e il parlare e straparlare di principesse “del popolo” non ha mai cambiato e non cambia la sostanza dei fatti: il popolo resta al suo posto, anche se una ricca privilegiata priva di titoli nobiliari si trasferisce a corte e forse un giorno diventerà moglie del re. Molti vedono in ciò una cosa meravigliosa, “le favole si avverano” gridava il cartello di una anziana signora davanti all’abbazia di Westminster, ci vedono una democratizzazione delle monarchie quando forse si tratta invece di prolungamenti della  monarchizzazione delle democrazie. Insomma, il bicchiere può essere mezzo pieno o mezzo vuoto. Dipende dai punti di vista. O dal pessimismo e dall’ottimismo, si usa dire. In realtà dipende solo da un’altra cosa, e conviene capirlo: dipende solo da quanto vino c’è ancora, e se c’è, nella botte o nella bottiglia… Continua a leggere

Pasqua amara: Berlusconi e gli assalti alla Costituzione, Tettamanzi-Ratzinger e il silenzio sulla pedofilia nel clero, Arrigoni e il doppiopesismo degli ipocriti

1) Francesco Cossiga nel ’92 venne accusato di “attentato alla Costituzione e alto tradimento” per avere mantenuto il segreto sull’esistenza della struttura  chiamata Gladio. Oggi invece nessuno si pone il problema se non compia tali reati Berlusconi, che per non finire condannato in tribunale ha deciso di alterare nettamente a favore dell’esecutivo l’equilibrio paritario e l’indipendenza reciproca dei tre poteri dello Stato, esecutivo, legislativo e giudiziario, svuotando così di fatto le basi della stessa Costituzione della Repubblica italiana. Non solo. Con l’ultima – per ora – trovata, vale a dire con la proposta di modifica dell’articolo 1 della Costituzione presentata dal parlamentare del PdL Remigio Ceroni, Silvio Berlusconi non avrà più bisogno di diventare presidente della Repubblica perché assumerà poteri superiori anche a quelli del capo dello Stato restandosene tranquillamente dove si trova, cioè a palazzo Chigi, da dove potrà manovrare pro domo sua come più gli pare e piace.  Ceroni infatti spiega che la sua proposta di legge costituzionale vuole mettere sopra le altre istituzioni il parlamento in quanto “titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale”. Guarda caso, l’dea di Ceroni, che dice di volerla presentare “a titolo personale”, arriva dopo che Berlusconi si è dimostrato capace di comprare un buon numero di parlamentari in modo da assicurarsene la maggioranza, per giunta una maggioranza servilmente prona ai suoi più incredibili voleri, sempre più centrati sui suoi oscuri interessi giudiziari anziché sugli interessi degli italiani tutti. E’ chiaro che con un Berlusconi dominus del parlamento a suon di acquisti di “responsabili” e affini – responsabili che passeranno alla storia come responsabili dello sfascio – il rendere il parlamento più elevato di tutte le altre istituzioni, compresa la presidenza della Repubblica e la Corte Costituzionale, di fatto significa far diventare Berlusconi dominus dell’Italia intera. Che c’entra tutto ciò con la democrazia, fosse pure una democrazia presidenziale come quelle francese o statunitense? Tutto ciò non somiglia invece almeno un po’ a un “attentato alla Costituzione”, se non anche all’alto tradimento? Come mai la sinistra che si accanì contro Cossiga, scagliandogli contro tali accuse per una questione tutto sommato di scarsa importanza, ha un atteggiamento debole di fronte ai danni sempre più irreparabili che Berlusconi arreca e intende ancor più arrecare all’Italia? Anziché lasciare il campo alle sparate di Asor Rosa, la sinistra meglio farebbe a reagire con la decisione e durezza che la situazione richiede. Ovviamente, senza una linea politica credibile e praticabile, e senza una dirigenza che guardi avanti anziché combattersi nel solito modo, è difficile se non impossibile contrastare come dovuto le manovre di fatto eversive di Berlusconi.

Uno spettacolo desolante, se non decisamente orrendo, è stato di recente il dibattito tra Flores D’Arcais e Massimo D’Alema moderato dal direttore de L’Espresso Bruno Manfellotto. Tra il modo livido col quale D’Arcais vuole dare lezione a tutti (ma lui cosa ha fatto di rilevante nella sua vita per poter pontificare?) e ghigliottinare a più non posso e la supponenza gelida di D’Alema, un “diriggente” che s’è fatto usare e fregare da Berlusconi, Bossi e Cossiga, c’è poco da stare allegri. In più, ricompare spesso il molto fallimentare Uòlter Veltroni, giustamete detto anche Wòlterloo,  con le sue prediche ecumeniche, lui che è il principale responsabile dello strapotere di Berlusconi. Veltroni aveva promesso che se ne sarebbe andato in Africa, inceve è rimasto in Italia a continuare a far danni. Visto che è l’animatore della “Sinistra (?) per Israele”, non potrebbe andarsene in Israele? Magari portandosi appresso quel sacco di mer…aviglie che è Giuliano Ferrara, strapagato con i soldi nostri tramite la Rai per far ciò che mglio gli riesce, vale a dire il leccator cortese berluscone. A casa della senatrice italiana Fiamma Nirenstein, colona sulla terra rubata ai palestinesi tra Gerusalemme e Betlemme per farne la colonia di Gilo, c’è si curamente posto. Continua a leggere

Chi e perché ha ucciso Vittorio Arrigoni, Cristo laico dei nostri tempi, eliminato con un altro “omicidio mirato”. Certamente Roberto Saviano vorrà illuminarci riguardo “la macchina del fango” all’opera contro Gaza. Che non a caso pur con 1.500 uccisi dalle bombe israeliane non è una “città martire” come invece la libica Misurata con molte meno vittime

Obama ha torto. Le ONG (Organizzazioni NON Governative) italiane hanno ragione. Obama ha deto che “l’uccisione di Vittorio Arrigoni a Gaza è un atto insensato”. Non è vero, signor presidente Usa. Lei che ha tradito il discorso che fece a Il Cairo quando promise una “nuova era di rapporti” con il mondo islamico e con quello arabo sa bene che l’assassinio di Arrigoni ha un senso ben preciso. Ci duole doverlo dire, signor presidente Usa, ma il senso dell’uccisione di Vittorio Arrigoni è lo stesso di tutti gli omicidi – e gli espropri di terre – che il suo Paese, gli Usa, e il nostro Paese, l’Europa, hanno permesso a Israele di compiere impunemente, a partire dall’uccisione dell’inviato dell’Onu conte Folke Bernadotte nel ’48 e alla cacciata dei palestinesi da quasi 500 loro villaggi. L’uccisione di Vittorio Arrigoni non è insensato, ha infatti lo stesso senso dei 300 “omicidi” mirati compiuti propio nella zona di Gaza dai militari israeliani su ordine dei loro governi. Il senso dell’uccisione di Vittorio Arrigoni c’è, ed è lo stesso senso che hanno tutti gli omicidi del terrorismo palestinese, lasciati compiere dal “civilissimo” Occidente senza mai intervenire sulla cause che hanno partorito anche tale mostro. Continua a leggere

Quando ci fa comodo, anche l’attentatore suicida va benissimo. Ho segnalato all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia il razzismo dei nostri giornali verso i bambini libici. APPELLO PER FERMARE LA GUERRA

Ma come? Gli attentatori suicidi, detti anche kamikaze, non sono il massimo della schifezza, come sempre si grida giustamente sdegnati quando si fanno esplodere in Israele? E però leggo che un figlio di Gheddafy, il giovane Khamis, pare sia stato ucciso proprio da un kamikaze. E lo sdegno? Nessun accenno, su nessun mass media! L’unico sentimento che traspare, a volte gridato, è la forte speranza che Khamis sia stato davvero ucciso. Il fatto che sia stato un kamikaze, cioè un attentatore suicida, non frega niente a nessuno, non suscita nessun commento di riprovazione. Anzi, semmai è evidente l’approvazione. Se si tendono le orecchie si sentono bene gli applausi…
Il nostro razzismo traspare anche dall’uso delle foto dei bambini libici.  Ritratti mentre impugnano armi giocattolo inneggiando a Gheddafy, il Corriere della Sera ne pubblica le foto in prima pagina senza renderne irriconoscibile il viso, come invece la Carta di Treviso, e quindi la deonotologia professionale, obbliga a fare. La Carta di Treviso è nata infatti per proteggere i minori: senza l’autorizzazione – scritta – dei genitori NON si possono pubblicare foto dei loro figli minorenni. E quelli libici ritratti sul Corsera hanno al massimo 10 anni. Ho informato di tale violazione della Carta il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia (il Corsera ha la direzione a Milano), collega Letizia Gonzales, perché apra la procedura per i provevdimenti disciplinari. Campa cavallo mio che l’erba cresce? E’ possibile. Forse ormai imitiamo inconsciamente gli israeliani, per i quali i palestinesi, ma solo i palestinesi e non gli israeliani ebrei, divenano maggiorenni a 16 anni: un trucco “legale” per poterli mettere nelle galere “normali” anziché in quelle minorili, almeno teoricamente molto meno severe. Il tutto senza che né Sarkozy né Obama né altri abbiano qualcosa da ridire: la loro sensibilità è a senso unico. As usual.
E a proposito di Sarkozy: come volevasi dimostrare. Abbiamo ventilato per primi che l’intervento militare francese sia stato preparato a tavolino e a “prescindere”, ben prima che andassero in scena le grida e lo sdegno per le “fosse comuni” e gli “interi quartieri bombardati”, il tutto rivelatosi le solite bufale utili a ingannare la nostra opinione pubblica per spingerla ad accettare la guerra. Né più e né meno come la colossale balla delle “bombe atomiche irachene”.

Per tutti questi motivi ho firmato e vi invito a firmare l’appello che vi propongo qui in basso.
Grazie.

A P P E L L O


FERMIAMO LA GUERRA IN LIBIA!
Dopo una vergognosa campagna mediatica, che ha negato fin dal principio qualsiasi ipotesi di soluzione diplomatica, eccoci oggi sprofondati nel tunnel della guerra. Sotto le bombe muoiono così non solo i cittadini di Tripoli ma gli ideali stessi che hanno portato in piazza tanti giovani nei Paesi arabi.
La prima vittima di una guerra è sempre la verità, perché solo con la menzogna e l’inganno è possibile giustificare l’uso della forza contro i popoli al fine di depredarli delle loro risorse. Anche nel caso della Libia i motivi che spingono gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna e anche l’Italia a far rullare i tamburi di guerra riguardano le immense ricchezze del sottosuolo: gas e petrolio.
In Libia oggi è in corso un’autentica guerra civile, con uno scontro politico tribale e tra fazioni, in cui si mescolano anche le giuste aspirazioni dei giovani a liberarsi da ogni forma di oppressione e di ingiustizia sociale. I tratti autoritari e repressivi del regime di Gheddafi e le violenze degli scontri armati di questi giorni non ci faranno cadere nel tranello bellico. Noi ripudiamo la guerra e affermiamo la nostra contrarietà ad ogni tipo di intervento armato in Libia, ivi compresa la no-fly zone.
Non vogliamo assistere in silenzio ad una nuova “guerra umanitaria”.
Chiediamo l’immediato cessate il fuoco. Facciamo appello alla comunità internazionale affinché si ponga fine ad ogni ingerenza straniera e rilanciamo l’ipotesi di una soluzione diplomatica che veda protagonisti i Paesi del sud del mondo ad iniziare da quelli africani e sudamericani.
Nel pieno rispetto dell’art.11 della nostra Costituzione, chiediamo al Parlamento e al governo di fermare la guerra impedendo l’utilizzo delle basi italiane e di sostenere la soluzione negoziale alla crisi.
Facciamo appello ai movimenti, alle associazioni, ai comitati, alle forze politiche e sindacali e a tutte le cittadine e cittadini affinché si adoperino a far crescere le mobilitazioni unitarie contro la guerra, anche con una grande manifestazione nazionale.

Per adesioni:   fermiamolaguerra@gmail.com

PRIME ADESIONI Continua a leggere

Libia sì, Barhain e Arabia Saudita no. Fallito in Libia il collaudo di tipo afgano da riutilizzare poi in Iran. Che resta però candidato a vittima del terremoto giapponese

1) – Cosa è successo in Libia pare ormai chiaro. Una rivolta circoscritta è stata spacciata per rivoluzione dai mass media dell’Arabia clerical petrolifero monarchica seguiti a razzo dai nostri. Lo scopo era di poter mandare istruttori militari occidentali per organizzare i rivoltosi e armarli a dovere. Insomma, il bis della creazione dei talebani fatta a suo tempo dagli Usa in Afganistan contro l’Unione Sovietica. Questa volta al posto dei talebani gente comunque utile a buttar giù Gheddafi per sotituirlo con un Kharzai libico, manovrabile a piacere da Washington e Londra. Questo spiega la assoluta mancanza di foto e prove vere dei “massacri e bombardamenti di interi quartieri civili” di cui si è cianciato assieme ai falsi delle “fosse comuni” e del “genocidio”, oltre alla assoluta mancanza di foto e  video di masse di rivoltosi, abbondanti invece durante le manifestazioni del Cairo e Tunisi. Spiega anche perché ancora oggi si vedono solo foto e  video di rivoltosi con armi pesanti, come le molte camionette con mitragliatrici di grosso calibro, antiaeree o antiblindati. Fosse andata bene, l’intervento clandestino in Libia sarebbe probabilmente diventato il collaudo dell’intervento da bissare in Iran. Continua a leggere

L’Occidente e il mondo arabo: cambiare tutto per non cambiare niente? Per la Libia abbiamo parlato subito di “genocidio”, di “interi quartieri civili bombardati” e di “fosse comuni”, ma a sproposito. Guarda caso, gli stessi termini, peraltro meno inappropriati, il cui uso è stato accuratamente evitato per la mattanza israeliana a Gaza

Ciò che accade in Libia è senza dubbio grave e apre spiragli verso un futuro migliore, sia per la Libia che di conseguenza per il resto del mondo arabo e non solo. Ma ci sono fatti che denotano con chiarezza mire occidentali perché “tutto cambi senza cambiare niente”, senza cioè che cambi in fatto di petrolio. Fa pensare al solito gattopardismo anche quanto accade nelle ultime ore in Tunisia e in Egitto. La rivolta popolare pareva avesse scacciato definitivamente gli ostacoli a una democrazia degna di questo nome. Ora invece pare che il potere preesistente non voglia uscire di scena dopo essersi rifatto una verginità cacciando i rispettivi capi di Stato e di governo, supportati docilmente per decenni, quando ormai non erano più difendibili. Ma veniamo alla Libia.
I mass media occidentali, e italiani in particolare, hanno cominciato a parlare immediatamente di “genocidio” quando le vittime della reazione di Gheddafy erano ancora solo decine o centinaia e venivano comunque indicate dai nostri giornali in “mille morti”. Mille morti su una popolazione di oltre sei milioni di abitanti chiaramente NON sono un genocidio. NON sarebbe un genocidio neppure se i morti fossero diecimila, come per prima hanno ipotizzato – ma NON affermato – le emittenti arabe Al Arabiya e Al Jazeera, di colpo prese per oro colato quando fino al giorno prima le deridevamo o guardavamo con sospetto. La nostra interessata ipocrisia, e annessa sporcizia morale, risulta in tutta la sua gravità se ci si ricorda dell’accanimento con in quale abbiamo rifiutato il termine “genocidio” quando l’esercito israeliano ha invaso Gaza provocando una mattanza di (altri) più o meno 1.500 morti (oltre 400 dei quali bambini!) su un totale di appena 1,5 milioni di abitanti. Un termine, “genocidio”, che ci rifiutiamo con accanimento di ammettere anche quando si contano le vittime totali palestinesi della repressione israeliana, che ormai ammontano a svariate migliaia di esseri umani. La nostra interessata ipocrisia, e annessa sporcizia morale, arriva al punto di rifiutarci anche di parlare di “pulizia etnica” per definire il continuo esproprio – cioè furto – di terra palestinese per far largo ai coloni, avanzo velenoso del colonialismo sconfitto dalla Storia. Ci rifiutiamo cioè di chiamare pulizia etnica quella che è una pulizia etnica. Continua a leggere

Perché Obama e la signora Clinton quando ci sono le manifestazioni antigovernative a Teheran fanno la voce grossa a favore della “libertà di manifestazione in tutto il Medio Oriente”, ma come sempre se ne fottono della mancanza di libertà di manifestazione dei palestinesi (sotto occupazione militare da troppi decenni)?

Il carro armato è israeliano. Il bambino invece è palestinese. Come sono palestinesi le centinaia di uccisi dai militari israeliani nel corso di manifestazioni pacifiche. L’ultima vittima è stata Jawaher Abu Rahme, la donna palestinese di 36 anni uccisa a Bi’lin dai gas lacrimogeni lanciati sui manifestanti dall’esercito israeliano il 31 dicembre nel corso di una manifestazione pacifica. A volte vi partecipano anche turisti europei, si tratta della manifestazione che avviene ormai da anni ogni venerdì per protestare contro l’enorme e continuo furto delle loro terre per espandere la sempre più gigantesca colonia israeliana di fronte a Bi’lin. Colonia illegale, se non vero e proprio crimine di guerra, come tutti i furti di terra e le colonie costruite provocatoriamente in territorio palestinese fregandosene altamente anche dell’Onu oltre che dell’Europa, che da sempre in questi casi si limita a qualche litania ipocrita e scientemente complice dei soprusi israeliani.  Jawaher Abu Rahme era la sorella di Bassem, attivista del comitato popolare, ucciso da un’altra granata lacrimogena sparatagli in pieno petto il 17 aprile 2009. L’anno scorso ho partecipato a una delle manifestazioni del venerdì di Bi’lin e, come forse ricorderete, sono testimone della specifica pericolosità dei gas lacrimogeni usati contro i palestinesi dagli israeliani. I quali, come documenta in modo ineccepibile il libro “Distruggere la Palestina”, della giornalista ebrea e israeliana Tania Reinhart, usano sparare spesso i lacrimogeni direttamente addosso ai manifestanti, che colpiscono anche con fucilate dirette agli occhi o alle ginocchia in modo da provocare il più possibile danni anche sociali, perché un invalido diventa inevitabilmente un peso per l’intera famiglia in una società povera e stremata come quella palestinese.

La violenza contro le manifestazioni palestinesi è tale che 30 associazioni di donne israeliane dopo l’assassinio di Jawaher Abu Rahme hanno condannato “l’uso di ogni tipo di arma e violenza utilizzate per la dispersione delle manifestazioni popolari in Cisgiordania”. L’israeliana Dalit Baum, della  Coalition of Women for Peace, ha dichiarato che “l’omicidio di Abu Rahme è una forma di violenza contro le donne”, ma le balde femministe e filofemministe nostrane, a partire da Hilary Clinton e a finire alla signora Selma Dal’Olio, se ne sono ovviamente strafregate. Mica si tratta di vittime israeliane di apparteneza ebraica….. Il problema non è solo della difesa delle donne a senso unico, ma dell’insopportabile ipocrisia della Casa Bianca, che fa la voce grossa per “la libertà di manifestazione in tutto il Medio Oriente” dopo le grandi manifestazioni di protesta de Il Cairo e dopo quelle che sembra siano manifestazioni di protesta anche a Teheran. Dico “sembra” perché l’intera informazione dall’Iran, e spesso dall’intero Medio Oriente, è falsata o comunque taroccata, in particolare dalla nota agenzia di stampa MEMRI, fondata da un ex (?) agente del Mossad israeliano.

Senza contare l’orrore documentato dai cosiddetti “Palestinian Papers” pubblicati da Al Jazeera, che hanno rivelato la corruzione (arte nella quale l’Occidente eccelle) della dirigenza palestinese dell’Anp venduta agli Usa e a Israele, il razzismo degli Usa arrivato al punto da proporre in segreto il “trasferimento” dei palestinesi nella foresta amazonica e la fetida ipocrisia europea. Che gli israeliani – parlo del loro governo e dei suoi sopporter – siano sprofondati in un tale abisso pare impossibile: a suo tempo infatti gli ebrei hanno dovuto subire a lungo la minaccia non solo dell'”opzione Uganda”, cioè del progetto di creare lo stato ebraico in tale Paese africano con annesso trasferimento anche forzato, ma anche la minaccia proprio dell'”opzione Amazonia”, vale a dire il progetto di creare lo Stato di Israele nella grande foresta sudamericana. Ora una bella fetta di dirigenti israeliani e dei fanatici che li hanno votati vorrebbe “trasferire”, cioè deportare, i palestinesi… E’ il solito vizio della smemoratezza a comando, la famosa memoria a senso unico. Ma che si potesse arrivare a tanto non lo avrebbe creduto nessuno, neppure gli “antisemiti” più incalliti, veri o presunti o inventati dai soliti noti maestri del terrorismo psicologico.

Guardando la foto del bambino che lancia sassi contro il carro armato israeliano – usato, si noti bene, contro la popolazione civile! – è evidente che in Israele troppi hanno dimenticato perfino la “sacra” leggenda di Davide e Golia. Male, molto male…

Domanda (inutile): perché Obama e la signora Clinton quando ci sono le manifestazioni antigovernative a Teheran fanno la voce grossa a favore, giustamente, della “liberta di manifestazione in tutto il Medio Oriente”, ma sempre fottendosene della mancanza di libertà di manifestazione dei palestinesi (sotto occupazione militare da troppi decenni)? La Palestina e Israele non sono forse in Medio Oriente?

La maggioranza del parlamento sostiene dunque, con regolare votazione, che Berlusconi è un imbecille. Solo un imbecille crede infatti senza esitazione alle sparate di una poveraccia come Ruby capitata “a cena”. Egitto e non solo: da Napoleone a Mubarak, due secoli di fallimenti e delitti dell’Europa e dell’intero Occidente. Con l’incubo che vadano al governo non solo i Fratelli Musulmani, ma anche el Baradei, l’ex ispettore capo dell’Onu fatto fuori dalla Casa Bianca che nel 2003 ha voluto a tutti i costi l’invasione dell’Iraq

L’idea che in Egitto possano diventare personaggi di governo non solo i Fratelli Musulmani, ma anche el Baradei, vale a dire l’ex capo degli ispettori dell’Onu che sa benissimo con quali balle nel 2003 la Casa Bianca e i suoi alleati hanno voluto a tutti i costi invadere l’Iraq, toglie il sonno a molti con la coscienza non proprio immacolata. “Achtung Egitto!”: Netanyahu chiama, Henry Bernard Levy e Berlusconi rispondono, pronti a cianciare con l’usuale razzismo di masse islamiche come orde assetate di sangue occidentale e desiderose di abbracciare quanto prima un nuovo nazismo… Il centesimo nazismo arabo, paventato ad arte da decenni nel Vicino e nel Medio Oriente dai nostri allucinati ma non disinteressati profeti, spesso bugiardi patentati. Mubarak è un “uomo saggio” dichiara a petto in fuori e tacchi alti Berlusconi, il quale evita anche lui di nominare el Baradei e ci tiene invece a precisare che segue la crisi egiziana non tanto facendo il bunga bunga con la “nipote di Mubarak” quanto invece stando “in contatto con i dirigenti israeliani dei quali sono amico da 30 anni”, nel caso ci fosse chi non ha ancora capito chi comanda nel giro berluscone e in quello della Farnesina in mano al minestrello degli Esteri Franco Frattini. Per non dire del giro della vicepresidente della Commissione Esteri del senato, quella Fiamma Nirenstein che oltre a vivere in una colonia israeliana è nota nella comunità ebraica nostrana come ex comunista che spinge all’odio verso tutto ciò che è di sinistra.  Ma andiamo per ordine.

Il lato comico è che ad aizzare contro il “pericolo islamico”, sia che si tratti dell’Iran “che vuole l’atomica per distruggere Israele” (!) sia che si tratti dell’Egitto che vuole solo togliersi di dosso la camicia di forza Mubarak, in particolare è quello stesso Bernard Levy che, oltre a raccontar panzane sul caso Sakineh, è stato uno degli animatori della campagna a favore di Cesare Battisti. A favore, vale a dire, di quello che, stando alle sentenze, è un pluriassassino, rifugiato prima in Francia e poi in Brasile, il cui governo ha deciso di non estradarlo in Italia alla faccia non solo del Chiavaliere. Che strana situazione: tutti a dare addosso a Battisti evitando di notare che il suo lord protettore è il “nuovo filosofo” francese Henry Bernard Levy. Il quale, poiché fa il tifo per lo “scontro di civiltà” e loda qualunque cosa di Israele, tiene banco in Italia anche allagando di “penzose” articolesse il Corriere della Sera senza che nessuno lo prenda a pernacchie. E dire che già nel ’79 il “nuovo filosofo” parigino, noto fighetto che nel ’77 si era molto illustrato nella famosa “tre giorni” dell’Autonomia Operaia all’Università di Bologna, disegnava per autorevoli riviste di politica estera soprattutto inglesi una serie di nuovi confini non solo per il Medio Oriente, ma anche per l’intera Asia centrale! Insomma, in quanto ad allucinazioni pro talebani monsieur Levy è stato un pioniere. Idem in fatto di protezione per gente come Battisti, della quale si deve esere innamorato nella disastrosa, stado ai risultati successivi, tre giorni di Bologna. Strano strabismo, quello non solo berluscone, nevvero? Sbraitare contro i protettori di Battisti e far finta di non sapere che il suo principale protettore è quello stesso Bernard Levy al quale diamo retta quando straparla di Iran e mondo musulmano in generale. Strano caso di schizofrenia… Continua a leggere

Per la Chiesa ci sono copti e copti: protesta, giustamente, per la strage dei 21 ad Alessandria d’Egitto, ma continua a tacere sui 1.600 monaci copti etiopi massacrati dagli italiani. Le (inesistenti) “offese agli ebrei” dell’ex Nar romano Francesco Bianco, ultimo caso delle sempre più sbracate bufale sul “dilagare dell’antisemitismo”

1) – Il Vaticano e la Chiesa italiana continuano a mantenere viva l’attenzione e la condanna per la strage di 21 cristiani copti a Capodanno ad Alessandria d’Egitto. Il cardinale Bagnasco nelle ultime ore ha pubblicamente invocato l’intervento della Comunità Europea a protezione dei copti e dei cristiani in genere nei Paesi dove non sono ben visti. Iniziativa condivisibile. Le stragi di fedeli, per giunta in una chiesa mentre pregano, sono infatti una cosa particolarmente orribile, quale che sia la fede delle vittime. Però in questo caso l’intervento della Chiesa italiana e del Vaticano sorprendono. Il problema non è solo il loro silenzio nei confronti delle vittime musulmane della guerra angloamericana in Iraq, silenzio denunciato nei giorni scorsi dalla maggiore autorità religiosa musulmana d’Egitto, o nei confronti dei bombardamenti “per errore” della Nato in Afganistan che fanno stragi di civili innocenti, bambini compresi, anche alle feste di matrimonio. A essere pignoli ci sarebbe da notare che papa Wojtyla dopo avere inutilmente scongiurato l’intervento in Iraq, patrocinando di fatto il movimento pacifista Arcobaleno, si è poi affrettato a invocare “Dio benedica l’America!” non appena il mentitore guerrafondaio George W. Bush andò a fargli visita in Vaticano. Ma tralasciamo.

Quello che non convince è invece il fatto che il Vaticano e la Chiesa italiana PRIMA di protestare, giustamente, per la strage dei copti d’Alessandria dovrebbero pubblicamente ammettere d’avere sbagliato e chiedere perdono per il silenzio tombale con il quale nascosero la strage di almeno 1.600 monaci copti per mano italiana nel 1937 in Abissinia, oggi Etiopia ed Eritrea. Pur di non dispiacere al Cavaliere di turno, l'”uomo della Provvidenza” Benito Mussolini e ai suoi fascisti, che avevano invaso l’Abissinia, il Vaticano fece spallucce per la rappresaglia al fallito attentato al maresciallo Graziani, rappresaglia che sterminò dai 4.000 ai 20.000 civili abissini, e tacque totalmente e vergognosamente per la strage di tutto il clero copto della capitale religiosa di Debre Libanos: almeno 1.600 tra monaci, giovani seminaristi e ragazzini chierici. In totale, l’equivalente di 20-50 volte la strage delle Fosse Ardeatine perpetrata a Roma dai nazisti tedeschi. Continua a leggere

La senatrice Fiamma Nirenstein vuole le dimissioni del presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, collega Enzo Jacopino, reo di ospitare nella sede romana la conferenza stampa di presentazione di Freedom Flotilla 2. Meglio però si dimetta lei da vicepresidente della commissione Esteri del parlamento italiano

Mi pare sia arrivato il caso di chiedere le dimissioni della senatrice Fiamma Nirenstein, giornalista e autore di libri, da vicepresidente della commissione Esteri del senato. Anche la Nirenstein è infatti caratterizzata da quello che pare proprio possa essere un conflitto di interessi, anche se nessuno ne osa parlare per timore di essere lapidato con il lancio delle solite accuse pretestuose e spesso ridicole di antisemitismo. La nostra senatrice ha infatti casa  nella colonia di Gilo, a Gerusalemme. Come è noto le colonie sorgono su terreni e territori tolti autoritariamente ai palestinesi calpestando spesso e volentieri il diritto internazionale. Mentre i mass media italiani as usual su certi temi tacciono, o vanno a rimorchio delle versioni ufficiali, di norma taroccate, il quotidiano israeliano Haaretz ha dedicato alla nostra senatrice “colona” un articolo decisamente interessante, che la definisce più a destra della destra sia italiana che israeliana, il che è tutto dire, lei ex comunista, evidentemente più che pentita addirittura contrita, articolo che riporto per intero in basso. Mentre un gruppo di ebrei italiani ha inviato alla rivista Karnenu della comunità ebraica torinese una lettera che tra l’altro sintetizza bene l’attuale ruolo della Nirenstein, lettera della quale riporto il link che la pubblica per intero. Ma veniamo ai fatti più recenti, per i quali – sommati al resto –  credo sia il caso di chiedere le dimissioni dalla commissione Esteri. Continua a leggere

Il MinzoloFeltrismo, malattia servile del giornalismo già affetto da doppiopesismo. I 7 senatori del Pdl autori dell’incredibile “emendamento 1707″ protettore dei pedofili. L’ipocrisia di Netanyahu anche con Obama, la disponibilità servile di Frattini e il significato della grave ammissione sul massacro dei pacifisti turchi diretti a Gaza. Dal Belgio a Potenza problemi pesanti per la Chiesa.

La cosa strana è che nessuno sappia ribattere a tono. E così il solito Vittorio Feltri anche questa volta ha potuto gettare palate di merda addirittura sul presidente della Repubblica senza che nessuno facesse notare l’ipocrisia e il doppiogiochismo del suo (s)ragionamento. E infatti: se il baldo Feltri, un tanto al chilo, sospetta che Giorgio Napolitano abbia “chissà quale segreto da nascondere” perché un parlamentare del PD ha inseito in un progetto di legge una clausola per “l’immunità penale totale” del cpo dello Stato, come mai non chiede altrettanto ad altta voce e a caratteri cubitali “quali segreti ha da nascondere” Berlusconi visto che da anni fugge ai magistrati con ormai quasi 20 leggi ad personam, cioè a suo esclusivo uso e consumo? Come mai il baldo Feltri, un tanto al chilo, non chiede al alta voce e a caratteri cubitali “quali segreti ha da nascondere” il Nano Supremo e Gran Chiavaliere Papino il Breve visto che vuole, vuole, fortissimamente vuole la legge bavaglio alla stampa e anti intercettazioni? C’è stato l’indecoroso e indecente caso Brancher, il ridicolo ministro all’Immunità della Cricca&C, però Vittorio Feltri, un tanto al chilo, s’è ben guardato dal chiedere ad alta voce e a caratteri cubitali “quali segreti ha da nascondere” anche questo ex dipendente Fininvest rimasto dipendente del padrone della Fininvest. Continua a leggere

Iran: Berlusconi semina, Ahmadinejad raccoglie. Caro Ratzinger, ma lei l’ordine che ha inviato nel 2001 a tutti i vescovi del mondo di tacere alle autorità civili qualunque caso di pedofilia del clero lo ha ritirato sì o no? A giudicare dal nuovo scandalo e annesso silenzio della curia di Bologna, si direbbe proprio di no. Dalla Milano da bere alla Lombardia, e non solo, da spolpare: il nostro capo del governo spiega che i peggiori sono per lui “i migliori”

A Teheran stanno facendo il gioco di Silvio Berlusconi e dei suoi manovratori. Così è più facile ricominciare il tiro al piccione contro l’Iran, con l'”informazione” giornalistica che ci dà fulmineamente conto non solo di ciò che accade, ma anche di ciò che si vorrebbe accadesse ma non è ancora accaduto. Una domanda: come mai invece della Palestina non si ha MAI una altrettanto fulminea informazione? Per l’Iran diamo retta anche a twitter e affini, senza uno straccio di verifica, in Palestina invece diamo retta solo al portavoce del governo israeliano. Vi accadono soprusi a volte degni dell’Iran, ma NON se ne parla. Ahmadinejad gioca chiaramente la carta dell’esasperazione della tensione politica internazionale, in modo da poter dare meglio un giro di vite interno, e arriva a dichiarazioni provocatorie anche demenziali, però ha dichiarato chiaro e tondo in piazza che l’arricchimento dell’uranio per la famosa bomba atomica non interessa l’Iran. Concetti del resto già detti più volte, ma in quei casi ha fatto cilecca non solo twitter…

La rinuncia alle atomiche da parte di Ahmadinejad  sa di volpe che non arriva all’uva e dice che è acerba, visto che a parte le chiacchiere soprattutto made in Usa e Israele – remake delle balle sulla “bomba” irachena – l’Iran non ha nessuna possibilità di arrivare a costruirla. Però il gioco al massacro, per ora a parole in attesa di poterlo trasformare in carne e sangue dei vinti, continuiamo a giocarlo. Il capo del governo o il capo dello Stato iraniano gridano che in Israele “collasserà” il sionismo – solo il sionismo, si badi bene, non Israele – ma i giornali traducono che ha gridato “Israele sarà “schiacciato”. Israele, non il sionismo. Che è chiaramente cosa diversa da Israele, così come un qualunque regime politico di uno Stato è cosa diversa dallo Stato con quel regime. Gli Usa e Israele e l’Europa vogliono far crollare il regime teocratico dell’Iran, ma questo NON significa che vogliano schiacciare l’Iran. O no? Di ritorno dal mio viaggio in Iran scrissi che il regime teocratico era condannato a crollare, perché la società civile è molto più avanti del regime, e nessuno s’è sognato di accusarmi di volere che l’Iran venisse “schiacciato”. O no? Sono molti i Paesi che sperano che in Italia crolli il “regime berlusconiano”, cosa sperata da un buon terzo degli stessi italiani, ma a nessun furfante verrebbe in mente di dire che tutti costoro vogliono che a crollare o ad essere “schiacciata” sia l’Italia. O no? Continua a leggere

Berlusconi e Travaglio uniti: contro i palestinesi. Papino il Breve seppellisce Obama del Cairo e medita di comprarsi l’Eni spendendo però il meno possibile. Ecco perché gli serve danneggiarla con il demenziale ordine di abbandonare l’Iran, il nostro maggiore fornitore di petrolio: per far calare il prezzo dell’oro nero in Borsa. E se in Italia ci scappasse l’attentato sarebbe l’occasione buona per passare dalle leggi ad personam alle leggi speciali. E’ il Partito dell’Amore, bellezza!

In Israele il nostro capo del governo Silvio Berlusconi ha dato il meglio di sé, cioè a dire il peggio in assoluto. Sulla spinta verso il cielo dei suoi fenomenali tacchi non ha saputo resistere alla tentazione di sentirsi più vicino al Dio della bibbia aggiungendo di getto al testo del discorso scritto l’infelice e indecente frase “La reazione di Israele a Gaza è stata giusta”. Oltre che l’ONU, una bella fetta della stessa popolazione israeliana, compreso un bel gruppo di militari che a Gaza c’erano, tutti sanno che la reazione contro Gaza non è stata affatto “giusta”. Ho dimostrato in una precedente puntata del blog che massacrare in due settimane 1.400 persone su un totale di 1.400.000 abitanti equivale a massacrare l’1 per mille dell’intera popolazione. In appena due settimane! E ho dimostrato che neppure l’intera campagna angloamericana di bombardamenti incendiari sulle città tedesche è arrivata a tanto, e in un periodo 50 volte più lungo. Con la sua bella improvvisata il Chiavalier Papino il Breve ha sotterrato Obama e il suo discorso de Il Cairo, peraltro cadavere già sotterrato da Netanyahu. Diciamo che Berlusconi ne ha sigillato la tomba.
Non vorrei essere nei panni di Marco Travaglio, o del Paolo Guzzanti riciclato nè di altri maestrini “di sinistra”, antiberlusconisti a tutto volume, ma per quanto riguarda Gaza berlusconissimi e filo mattanza anche loro. Travaglio col suo solito tono professorin-ieratico ha subito messo in chiaro nel suo blog, non appena i carri armati e i bombardamenti si sono messi in moto, che quella di Israele non era una guerra offensiva, ma una giusta operazione difensiva. Capisco che oggi è ormai impossibile non dico fare carriera ma anche solo non essere soffocati se non ci si inchina verso chi ha in mano gli assi, però certi eccessi andrebbero evitati. Guzzanti nel suo blog modestamente intitolato “Rivoluzione italiana” ha addirittura augurato a Israele  “buona guerra” contro Gaza, festeggiandola o supportandola con pacifiste del calibro di Fiamma Nierenstein, la vera vincitrice di questa fase politica.
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Altro che premio Nobel per la pace: Obama prende a schiaffi la Cina sia a sudest che a nordovest. Mentre Berlusconi e il suo Partito dell’Amore grondano odio anche nella trasferta in Israele

Ci risiamo. Con i due pesi e due misure, intendo. E comincio a pensare che il presidente Usa e premio Nobel per la pace mister Obama finirà con l’essere forse peggio di Bush, se non di Nixon. Mentre infatti sorride alla Cina e pare voglia cercare con essa la nuova partnership mondiale, con una mano fornisce nuove armi all’Isola di Taiwan-Formosa, chiaramente un pezzo di Cina anche se ancora un avanzo del criminale Chang Kai-shek diventato di fatto un protettorato Usa, e dall’altra e con l’altra riceve il Dalai Lama. Ovvero, tradotto in italiano: una pedata nel sedere a sudest, con le armi a Taiwan, e un pugno in faccia a nord ovest, con il Dalai Lama irredentista del Tibet. Della serie “abbiamo sempre e comunque ragione noi”. Se questa è distensione….

Poi c’è il nuovo atto della ormai ventennale piece berluscona. E’ andato in scena un nuovo attacco del capo del governo contro la magistratura italiana, attacco più adatto a una repubblica delle banane con sapori golpisti: “Con la magistratura dobbiamo usare la mano dura”, frase che ha il pregio di essere quanto mai esplicita e di fare anche rima. Ora è in scena il viaggio in Israele. O meglio: i baci in bocca con il suo governo sfacciatamente di destra, dove ricopre la carica di ministro degli Esteri un amante della pulizia etnica risolutiva finale come Avigdor Lieberman, che ha anche il pregio di essere un baro. Continua a leggere