Si può emendare il marxismo senza uscire dal socialismo?
Se davvero si pensa (come sta facendo Diego Fusaro, sulla scia del suo maestro Costanzo Preve, recentemente scomparso) che il marxismo sia stato “fondato” da Engels e Kautsky in quel periodo che va dalla fondazione del partito socialdemocratico tedesco, unificato nel congresso di Gotha (1875), sino alla morte di Engels (1895), escludendo che Marx possa ritenersi “responsabile” di tale fondazione, si dice una sciocchezza. Engels fu il primo a capire che le due cose più importanti del “marxismo” erano l’analisi economica e l’impegno politico.
Di propriamente “engelsiano” vi fu altro: un metodo storiografico che sapeva vedere come reciprocamente influenzabili gli elementi strutturali e sovrastrutturali (si pensi solo al fatto che fu proprio lui a individuare nella religione degli aspetti eversivi e niente affatto consolatori o giustificazionisti); una filosofia materialistica che sapeva vedere come strettamente interconnessi gli elementi umanistici e naturalistici (recuperando, in questo, il valore dell’hegeliana filosofia della natura); uno spiccato interesse per le questioni militari; una notevole capacità organizzativa a favore dell’Internazionale comunista. Engels anticipò Marx persino nello studio dell’economia politica e diede al “marxismo” una rigorosa impostazione filosofica.
Considerare Engels “inferiore” a Marx sarebbe un imperdonabile errore. L’uno integrava l’altro. Marx aveva bisogno di Engels non solo per il pane quotidiano, ma anche come consulente per le questioni economiche, come collaboratore fondamentale per le questioni organizzative del movimento comunista, persino come “rettificatore”, in senso anti-dogmatico, del proprio pensiero (la questione della struttura economica come valida in ultima istanza è fondamentale). Per convincersi di questo è sufficiente leggersi il loro carteggio.
Engels prese il meglio del pensiero di Marx, quello a lui noto, gli diede una sistemazione organica e lo migliorò. Se accentuò il lato deterministico del pensiero di Marx, laddove p. es. parla della differenza tra socialismo utopistico e scientifico o della transizione dall’una all’altra delle cinque formazioni sociali, fu perché era convinto che questi aspetti fossero fondamentali nella concezione materialistica di Marx.
Quando i comunisti leggevano Marx, lo facevano attraverso il filtro di Engels, anche quando Marx, che pubblicò pochissime opera e per di più su riviste, era in vita. Engels non scrisse mai nulla che Marx disapprovasse. Quando nacque in Russia il cosiddetto “marxismo-leninismo”, Engels veniva considerato parte organica di questa filosofia e ideologia politica. Non si incontrerà neanche una riga, nei tanti volumi scritti da Lenin, in cui si dica che il pensiero di Engels non collimava con quello di Marx. Per la fondazione del materialismo storico-dialettico i comunisti russi consideravano fondamentale l’Anti-Dühring. Lenin stimò molto anche Kautsky, almeno sino allo scoppio della prima guerra mondiale.
Quindi, se si pensa di poter scindere il pensiero di Marx da quello di Engels, al solo scopo di poter dare un’interpretazione di Marx che Engels non avrebbe potuto condividere, si sta commettendo un errore. Non c’è nulla di Marx che possa essere usato in senso “anti-marxista”, cioè contro la “vulgata” che del suo pensiero è stata fatta dopo la sua morte. Marx ed Engels vanno interpretati come un tutt’uno, un unicum che, nella sostanza, resta inscindibile.
Chi ha davvero dato un contributo originale al pensiero della coppia Marx-Engels è stato Lenin. Chi non riconosce la superiorità di Lenin su Marx ed Engels sul piano della teoria politica e dell’organizzazione partitica in senso rivoluzionario, è inutile che si metta a reinterpretare Marx. L’unica possibile reinterpretazione di Marx deve necessariamente passare attraverso il leninismo. Quindi non solo non si può separare il pensiero di Marx da quello di Engels, ma non si può neppure separare il pensiero dei due fondatori del marxismo da quello di Lenin.
Il contributo di Lenin al marxismo va considerato di importanza capitale, assolutamente imprescindibile per qualunque studio sul marxismo, anche per le analisi di tipo filosofico ed economico, poiché Lenin non fu solo un politico. Questo per dire che, se si vuole andare oltre Marx ed Engels, integrandoli con nuove idee, bisogna andare oltre anche Lenin, ma bisogna saperlo fare restando nei limiti del socialismo.
Tale lavoro integrativo, di perfezionamento, delle idee dei classici del marxismo (Marx, Engels e Lenin) non può, in alcun modo, essere cercato nelle opere di Stalin o di Mao; non può essere cercato in alcun soggetto individuale. Il “completamento” delle idee del marxismo-leninismo, in grado di determinare il superamento dei limiti di questa corrente di pensiero e di azione, potrà in futuro essere patrimonio solo di un’esperienza collettiva. È finito il tempo delle individualità geniali, inevitabilmente soggette a ingiustificati culti.
Il destino del socialismo è nelle mani di chiunque voglia davvero realizzarlo nel rispetto della democrazia. Occorre quindi porre le condizioni per cui chiunque voglia impegnarsi in questa costruzione si senta coinvolto come chiunque altro, responsabile a pari titolo. Condizioni del genere, se davvero si vuole rispettare la democrazia, devono andare al di là delle differenze di cultura, di lingua, di origine geografica, di genere e orientamento sessuale… Un’esperienza autentica di socialismo, in cui il più “piccolo” conti come il più “grande”, deve poter andare al di là di qualunque differenza prodotta dalla cultura o dalla natura.
Per realizzare un’esperienza del genere occorrerà rivedere completamente il rapporto uomo-natura, poiché è su questo aspetto che il marxismo-leninismo si è mostrato maggiormente deficitario. La costruzione del socialismo deve avvenire rispettando non solo la democrazia diretta (con cui eliminare lo Stato) e l’autoconsumo (con cui eliminare l’egemonia del mercato), ma anche le esigenze riproduttive della natura, con cui eliminare la tendenza prevaricatrice della scienza e della tecnica, tale costruzione deve necessariamente riconsiderare l’intera epoca chiamata “preistoria” o comunque dell’epoca antecedente alla nascita dello schiavismo.
Scrive Engels (Dialettica della natura)
L’animale si limita a usufruire della natura esterna,e apporta ad essa modificazioni solo con la sua presenza,l’uomo la rende utilizzabile per i suoi scopi : la domina.Questa è l’ultima,essenziale differenza tra l’uomo e gli altri animali,ed ancora una volta IL LAVORO che opera questa differenza; NON ADULIAMOCI troppo tuttavia per la nostra vittoria umana sulla natura.La natura si vendica di ogni nostra vittoria.Ogni vittoria ha infatti,in prima istanza,le conseguenze sulle quali avevamo fatto affidamento;ma in seconda ed in terza istanza ha effetti del tutto diversi,impreveduti,che troppo spesso annullano a loro volta le prime conseguenze…Ad ogni passo ci viene ricordato che noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato,che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa ma che noi le apparteniamo con carne ossa e cervello e viviamo nel suo grembo :TUTTO IL NOSTRO DOMINIO SULLA NATURA CONSISTE NELLA CAPACITA’,CHE CI ELEVA AL DI SOPRA DELLE ALTRE CREATURE,DI CONOSCERE LE SUE LEGGI E DI IMPIEGARLE NEL MODO PIù APPROPRIATO.
E in effetti comprendiamo ogni giorno più esattamente le sue leggi e conosciamo ogni giorno di più quali sono gli effetti IMMEDIATI E QUELLI REMOTI nel corso abituale della natura…Ma q1uanto più ciò accade ,gli uomini non solo sentiranno,ma anche sapranno,di formare un’unità con la natura,e tanto più insostenibile si farà il concetto,ASSURDO E INNATURALE,di una contrapposizione tra spirito e materia,tra uomo e natura,tra anima e corpo,che è pene trato in Europa dopo il crollo del mondo dell’antichità classica e che ha raggiunto il suo massimo sviluppo nel cristianesimo.
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Alcune considerazioni personali :
A) In prima battuta quelle di Engels mi sembrano considerazioni chiare, comprensibili a
tutti ,molto di più che certi arruffati discorsi di molti “ambientalisti o presunti tali.
In primo luogo perché Engels si muove sul piano della natura con metodo “dialettico” e lo applica semplicemente , come in tutti gli altri campi siano essi storici , economici ,sociali e politici.
Anzi così facendo fa dell’esistenza un vero “tutto” che rende chiaro , quello che altrimenti separando i vari campi,risulterebbe incomprensibile o parimenti comprensibile fino solo ad un certo punto..
B) In seconda battuta, se si condivide quando detto da Engels, si comprende che lasciare nelle mani dei bilanci trimestrali delle aziende capitalistiche ,scoperte scientifiche ,applicazioni e sviluppo è l’unico vero nodo da risolvere.
Anche la “decrescita felice”sarebbe una chimera , riuscirebbero a farne dei bilanci trimestrali e occasioni per profitti..
Il nodo è politico ,quindi, ma deve essere considerato sotto tutti gli aspetti.
Per dirla con un Bordiga del 1966 :
Le catastrofi naturali non hanno radici in particolari forme di governo o di psicologia,o di incoltura o di imprevidenza: non sono colpe di individui o di gruppi sociali: Sono “catastrofi sociali, inevitabili finchè dura l’impero del capitale,come sono le crisi ecomiche e le guerre tra stati: O la vita di questo Impero e quello del genere umano : non c’è via di mezzo.
Per dirla ancora in altro modo prima di pensare di emendare il marxismo almeno bisognerebbe conoscerlo meglio.
Su un punto sono in totale accordo:
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Il “completamento” delle idee del marxismo-leninismo, in grado di determinare il superamento dei limiti di questa corrente di pensiero e di azione, potrà in futuro essere patrimonio solo di un’esperienza collettiva. È finito il tempo delle individualità geniali, inevitabilmente soggette a ingiustificati culti.
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Solo però, se tiene conto di due cosette :
Le rivoluzioni (vere, quelle frutto di vere crisi) non nascono come i funghi,ma bisogna saperne cogliere i frutti, e temo che senza un partito di tipo leninista-bolscevico( e spero di essere capito per aver usato questa formulazione), sarà dura creare il metodo dell’esperienza collettiva.
E anche poi vero che l’evolversi della Storia non aspetta nessuno, solo i mentori del capitalismo( e derivati),pensano che la Storia sia finita, e che questo sia l’ultimo modello di società.
Un pò come i Positivisti pensavano ad un progresso infinito, senza contraddizioni all’interno del Sistema, meglio dire che il progresso scientifico da solo avrebbe annullato via via le contraddizioni. Già, ma questo lo pensavano i Positivisti, non certo i marxisti.
Controcorrente
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