Il determinismo della dialettica va superato
Bisogna che il materialismo faccia ammenda di un certo uso della dialettica, perché ancora non l’ha fatto. Non basta condannare il socialismo di stato e gli orrori dello stalinismo: questo è stato fin troppo facile. Anche perché, dopo averlo fatto, si è usata la stessa dialettica per dire che storicamente non esistono ancora i presupposti per passare al socialismo, sconfessando così non solo tutto lo stalinismo ma anche tutto il leninismo e rimandando le previsioni di Marx ed Engels a data da destinarsi.
Marx s’era limitato a usare la dialettica hegeliana rovesciandone semplicemente i presupposti: a capo di tutto non vi era più lo spirito ma la materia, ovvero, tradotto sociologicamente, non il pensiero ma l’essere sociale, storicamente dato.
In tal modo l’umanesimo si era sicuramente liberato dai difetti del misticismo, benché sino a un certo punto. Il misticismo era stato per così dire laicizzato, trasformandolo in un determinismo economicistico. Qui la parola “economicismo” non va intesa come faceva Lenin, cioè quella corrente di pensiero che si limitava a chiedere riforme e che, al massimo, diventava una sorta di sindacalismo. Ma va inteso in senso “storicistico”, quale causa ultima del determinismo, cioè il quid che spiega la transizione da una formazione sociale all’altra.
Infatti la legge fondamentale della dialettica marxista è il rapporto tra forze materiali e rapporti produttivi. Sono le forze che, ad un certo punto, impongono ai rapporti di cambiare in maniera qualitativa. Di qui i passaggi dalla comunità primitiva allo schiavismo, da questo al servaggio, da questo al capitalismo e da questo al socialismo.
Per giustificare l’ultima transizione, Marx Engels Lenin Stalin e tanti altri si sono avvalsi delle stesse leggi hegeliane, tutte basate sulla categoria della necessità. Il passaggio da una formazione all’altra è reso inevitabile dalla contraddizione insanabile tra forze materiali (sempre più potenti) e rapporti produttivi (sempre meno adeguati a gestirle).
Qui non si vuole entrare nel dettaglio delle altre leggi della dialettica, che tutti già conoscono. Si vuol semplicemente sostenere che una dialettica basata sulla categoria della necessità legge la storia solo post factum, cioè giustificando l’unica formazione sociale che si è effettivamente imposta sulla precedente.
Non ci si interessa mai di verificare se e fino a che punto sia davvero indispensabile potenziare le forze produttive o quali debbano essere le condizioni perché ciò possa avvenire: semplicemente si dà per scontato che l’unico problema stia nel mutare i rapporti produttivi con cui gestirle. Non a caso tutti coloro che predicano il determinismo vedono la natura come un mero oggetto da sfruttare da parte delle forze produttive.
Nessun classico del marxismo ha mai pensato che dalla dissoluzione della comunità primitiva non dovesse nascere lo schiavismo. Nessuno ha mai pensato che l’alto medioevo fosse un progresso sociale rispetto all’epoca imperiale romana, pur in presenza di un netto declino delle forze produttive. I marxisti han sempre detestato l’autoconsumo, esattamente come i liberali borghesi.
Quando lo schiavismo romano è collassato ci si è anche chiesti perché non si fosse passati al socialismo. E qual è stata la risposta? Le forze produttive non erano adeguate a far sviluppare una consapevolezza del genere. Per passare al socialismo ci vuole prima il capitalismo.
Come noto, Lenin, in parte, si oppose a questo determinismo assoluto, sostenendo che la Russia feudale poteva passare al socialismo saltando la fase capitalistica. Tuttavia, appena fatta la rivoluzione, nessun marxista sovietico pensò mai di non proseguire la rivoluzione politica senza usare i mezzi della rivoluzione industriale della borghesia.
La categoria hegeliana della “necessità”, applicata meccanicamente alla storia, portò a credere di poter ottenere le stesse conquiste del capitalismo privato dal punto di vista del socialismo di stato. La conseguenza per il mondo rurale e l’ambiente naturalistico fu un’immane tragedia, che purtroppo continua ancora oggi, senza il fardello degli ideali di giustizia e uguaglianza sociale.
Una concezione così meccanicistica della dialettica sconfina inevitabilmente nel cinismo, se non addirittura in un misticismo rovesciato. Pur di realizzarne le leggi, si è disposti a tollerare ingiustificati abusi. Se si fosse evitato di applicare schematicamente una certa ideologia (filosofica e politica) alla realtà sociale, cercando di risolvere i problemi pragmaticamente, di volta in volta, senza forzature, guardando le effettive necessità, smettendola p. es. di privilegiare in maniera indiscriminata l’industria rispetto all’agricoltura, la città rispetto alla campagna, la società rispetto alla natura, si sarebbero sicuramente fatti meno danni e forse oggi si sarebbe evitato di buttar via l’acqua sporca dello stalinismo col bambino socialista dentro.
Caro Enrico,
bel pezzo ,complesso e variegato !
Ma vorrei andare con ordine.
Prima di tutto vorrei capire ,se contesti il metodo “dialettico” di analisi o certe sue conclusioni, in quanto il metodo dialettico per hegel portava da una parte ,quello di marx decisamente da un’altra.
Mi pare di capire che tu contesti “il determinismo”che automaticamente scaturirebbe da una certa lettura di Marx ed Engels…direi che per esempio deterministi furono an che i socialdemocratici della II Internazionale,che a furia di essere deterministi ed aspettare il pieno e totale svolgimento e sviluppo del capitalismo , finirono per essere più realisti del Re , sposando il “nazionalismo” con i crediti di guerra !( Mi sembrano includibili nel tuo elenco)
Avrò letto male Marx , ma mi sembra che il buon vecchietto di Treviri ,non abbia detto gran che ,sul futuro di una società comunista o socilaista .. che dir si voglia ..mi pare che sia stato alquanto “indeterminato” nel definire il futuro..affermando che IN ULTIMA ANALISI”..IL COSO.sarà in mano a qullo che saranno capaci di fare gli uomini !
E’ una questione di tempi..ovvero ci sono tempi soggettivi, e tempi storici..in genere le più grosse cappelle storiche” si prendono quando si confondono i propri desiderata personali leggendo in maniera “mistica” i tempi della storia…(vd 68 e derivati)!
Io mi limito a dire che abbiano iniziato una fase in cui gli Imperialismi continentali si preparano per uno scontro…i dati dicono questo..non le letture delle” ball magic.”.
Sbaglio ?
E’ il tempo per l’Europa della cessione di sovranità nazionale , (direi pure positivo entro una certa visione), ma inarrestabile.
Poi è una questione di tempi da saper leggere bene…si può anche sbagliare..
Di certo, una lezione si è imparata : Il socialismo in un solo paese è fallimentare..ma forse lo aveva già detto qualche altro…!!
Sbaglio ?
cc
Ps -personalmente al metodo dialettico non rinuncio, e di certo non mi ha portato ad essere un determinista..se non nell’afferrare a posteriore certo, ma certo anche a priori (poichè i dati sono vecchi.l’attuale situazione).
In ultima analisi a posteriore si può valutare se alcune analisi apriori erano corrette…
Nel breve periodo si rischia, nel medio meno, nel lungo periodo ,direi che certune intuizioni di marx su base reale si sono rivelate corrette ..
Sbaglio ?
Caro Enrico,(II)
e proprio perchè non sono un determinista,vorrei anche entrare nel merito della tua società basata sull’autoconsumo e sul funzionamento di un sistema di piccole comunità.
Converrai che i protagonisti dovranno darsi delle regole,anche minime e dovranno entrare in rapporti tra di loro .
I rapporti di proprietà preesistenti dovranno essere cambiati, presumo…ma poi che facciamo, l’annona per i prodotti di sussistenza di base o ci affidiamo al libero scambio a seconda dei gusti personali !
Sei sicuro che nonostante il maggior controllo di base, non si instaurebbero delle logiche strane…
Per esempio tutte le antiche civiltà orientali..costituirono proprio l’annona, su su, fino a Cesare Augusto e i mercati furono regolati ect,ect..ricordo che Atene,accaparrava il mercato dei cereali con ferree leggi sul commercio che la favorivano..ect,ect
cc
In effetti contesto proprio il metodo dialettico basato sulla stretta necessità, che non può mai applicarsi meccanicamente quando è in gioco la libertà umana. Il marxismo ha sempre rifiutato la “storiografia del se”, eppure è proprio quella che ci fa capire che, poste certe condizioni, le cose sarebbero potute andare diversamente (Marx ci arrivò, come noto, alla fine della sua vita, discutendo coi populisti russi sulla questione della obscina).
L’aver posto l’accento sulla mera analisi economica ha inevitabilmente influenzato il determinismo da parte dei marxisti. Da cui peraltro ha cercato, in parte, di liberarsi Lenin, ritenendo la politica superiore all’economia.
Per tutta la sua vita Marx s’è chiesto il motivo per cui a parità di ricchezza monetaria il capitalismo si sviluppa in un paese e non in un altro. E solo di sfuggita s’era accorto dell’influenza che poteva avere la cultura (nella fattispecie la religione) su questa decisione storica.
Secondo me sul piano filosofico il marxismo è stato troppo debitore dell’hegelismo, pur avendolo laicizzato e pur avendo scoperto le leggi dell’economia borghese.
Il fatto è purtroppo che qualunque sviluppo del marxismo, in Europa occidentale, ha sempre portato immancabilmente al revisionismo (su questo è difficile dar torto a Lenin). D’altra parte anche lo sviluppo del leninismo in Europa orientale ci ha fatto fare due passi indietro con lo stalinismo.
Questa cronica incapacità che abbiamo di far fare progressi significativi all’umanità, penso che dipenda dal pessimo rapporto che abbiamo sempre tenuto con la natura.
ciaooo
Quanto alla questione dell’autoconsumo, è evidente che prima va fatta una rivoluzione politica che permetta alle comunità locali di svilupparsi autonomamente, altrimenti verrebbero spazzate via in men che non si dica. Bisogna tuttavia parlarne adesso, altrimenti si finirà, a rivoluzione compiuta, di ripetere errori già fatti in precedenza.
Se Lenin fosse vissuto altri 30 anni, forse la rivoluzione bolscevica non sarebbe stata subito tradita dallo stalinismo, ma sicuramente egli avrebbe dovuto rivedere molte cose del suo progetto iniziale (in riferimento p.es. alla centralizzazione dei poteri nelle mani dello Stato, che peraltro contrastava con la sua stessa teoria della democrazia dei soviet; ma anche in riferimento all’idea che aveva di considerare il lavoro operaio più importante di quello rurale, in un paese dove l’80% era composto di contadini, o all’idea, strettamente correlata, di voler realizzare una rivoluzione industriale analoga a quella dei paesi europei avanzati).
Peraltro, anche a Lenin, come a Marx ed Engels, era del tutto estraneo un principio che oggi, negli ambienti più radicali degli ecologisti, è lapalissiano: le esigenze riproduttive della natura sono più importanti di quelle produttive dell’uomo.