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IL PARTITO DI GRILLO RECLAMA IL REFERENDUM PER FARCI USCIRE DALL’EURO E TRUMP METTE UNA FAINA NEL POLLAIO DEI SOLDI PUBBLICI USA

 Il deputato grillino Alessandro Di Battista nel presentare il programma di governo del suo partito ha ribadito e specificato: “Vogliamo il referendum sull’euro”. Chiara quindi la volontà del Movimento 5 Stelle di farci uscire dall’euro, come del resto vuole anche la Lega Nord, con le inevitabili conseguenze più probabilmente catastrofiche che paradisiache.  A certi giovani cialtroni non basta neppure la lezione della Brexit e non sanno nulla dell’assalto di George Soros che mise in ginocchio la lira: pur di far carriera politica sono prontissimi a farsi servi dei Dracula e becchini dei risparmi degli italiani.

pino nicotri 

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Un uomo della Goldman Sach al Tesoro americano

di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

La nomina di Steven Mnuchin a segretario del Tesoro della nuova amministrazione Trump non è certamente un segnale positivo. Noi l’abbiamo paventata in un articolo scritto  settimane fa. Mnuchin è un rampollo della Goldman Sachs, la banca numero uno della grande speculazione. Anzi, si potrebbe dire che vi è ‘nato dentro: il padre Robert ne è stato partner per ben 30 anni; Steven vi ha lavorato per 17 anni, fino al 2002, arrivando a gestire il delicato settore dei titoli di stato, delle obbligazioni e delle ipoteche immobiliari. In questo periodo Mnuchin ha collaborato anche con il Fund Management di George Soros, il megaspeculatore tristemente noto in Italia per i suoi “assalti” contro la lira nel 1992-3, che misero in ginocchio la nostra moneta.

Nel 2004, dopo l’esperienza alla GS, il futuro segretario del Tesoro si mise in proprio creando un suo hedge fund speculativo, il Dune Capital Management, uno di quelli che sono stati spesso chiamati “fondi avvoltoio”. Ha partecipato ai progetti di investimento immobiliare di Trump e investito anche in Hollywood e nella produzione di alcuni film di cassetta. Sono stati gli anni della deregulation e della grande abbuffata speculativa che hanno creato la bolla finanziaria e quella dei mutui subprime scoppiate nel 2008 con il fallimento della Lehman Brothers.

Per meglio capire le idee e il modus operandi di Mnuchin, è importante analizzare la sua decisione di comprare, nel 2009, la banca di credito immobiliare IndyMac dopo il suo fallimento. Perché si compra una banca fallita? Per fare soldi con simili investimenti occorre essere molto furbi e senza scrupoli. La sua furbizia fu nella clausola imposta all’agenzia statale venditrice, la Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), di “condivisione delle perdite”, qualora eventuali mutui e titoli acquisiti fossero diventati inesigibili. Nel contempo con aggressiva determinazione parecchie migliaia di famiglie, incapaci di pagare i mutui accesi, furono messe alla porta e le loro case acquisite dalla banca, che nel frattempo aveva cambiato nome in OneWest Bank. Per Mnuchin è stato un grande affare: la FDIC nel frattempo versa 1 miliardo di dollari per la parte dei crediti inesigibili e la vendita successiva della OneWest nel 2015 frutta 3,4 miliardi di dollari, il doppio del prezzo d’acquisto.

Evidentemente gli insegnamenti acquisiti alla Goldman Sachs sono stati molto utili e fruttuosi per il futuro segretario al Tesoro. Perciò è opportuno ricordare che, in rapporto alla crisi finanziaria americana e globale, la GS è stata oggetto di approfondite indagini da parte di due commissioni bipartisan, una del Senato americano e l’altra indipendente, ma formata da esperti nominati dal Partito Democratico e da quello Repubblicano. La Commissione del Senato, denunciando l’operato delle grandi banche americane, in primis la GS, ha scritto: ”E’ stata una distruzione fino alle fondamenta del sistema finanziario”. Persino Trump durante la campagna elettorale ha denunciato i dirigenti della GS come la personificazione dell’elite globale che “ha derubato gli operai americani”.

Mnuchin sarebbe il terzo segretario al Tesoro che si è fatto le ossa alla Goldman Sachs. Prima di lui vi sono stati Henry Paulson con il presidente George W. Bush e Robert Rubin con il presidente Clinton. Il primo divenne famoso per avere permesso alle banche di speculare fino al crack per poi salvarle con i soldi pubblici, il secondo preparò l’abrogazione della legge Glass-Steagal di separazione bancaria.

Cosa ci si può quindi aspettare dal nuovo segretario al Tesoro, se verrà confermato all’inizio del 2017 da un Congresso a maggioranza Repubblicana?

In primo luogo che possa ridare mano libera alle grandi banche per operare “as usual”. Si ricordi che i tentativi del presidente Obama di realizzare la riforma della grande finanza sono stati contenuti e alla fine quasi sconfitti dalla potente lobby bancaria americana. Le banche ‘too big to fail’ ora sicuramente si sentono pronte per la spallata definitiva a ogni tipo controllo sul loro operato e ad ogni tentativo di frenare le loro azioni, anche quelle speculative ad alto rischio. Ci si potrebbe chiedere se l’approccio prettamente finanziario possa entrare in collisione con il Trump imprenditore che dice di voler rilanciare gli investimenti, anche nelle infrastrutture. Non sarebbe salutare per la comunità americana, e nemmeno per il resto del mondo, se si raggiungesse un compromesso per far gestire gli investimenti alle grandi banche.

*già sottosegretario all’Economia **economista

E PER I DERIVATI DI STATO GARANZIE MILIARDARIE DATE DAL GOVERNO QUASI DI NASCOSTO

[Non intendo certo rinunciare a dire la mia sulla strage di Parigi. Ho però preferito evitare di scriverne a botta calda, sotto la violenta spinta del dolore e dell’orrore priva però di qualche dato in più. Sull’accaduto scriverò prossimamente. Intanto pubblico questo intervento dei nostri due economisti su tutt’altro argomento]

 

Garanzie miliardarie per i derivati di Stato

 Mario Lettieri* Paolo Raimondi**  

Le polemiche roventi causate dal decreto legge in materia di fisco adottato lo scorso 24 dicembre dal governo hanno indotto Renzi a rinviare il testo al Consiglio dei Ministri del 20 febbraio per trasmetterlo poi alle competenti commissioni parlamentari. Purtroppo le polemiche sul famoso 3% di franchigia dalle sanzioni penali delle evasioni fiscali, rischiano di coprire altri aspetti e provvedimenti della legge di Stabilità che, ignorati dalla grande stampa, potrebbero passare nella più totale indifferenza. In essa “il Tesoro è autorizzato a stipulare accordi di garanzia bilaterale in relazione alle operazioni in strumenti derivati»fatte con le banche”.

Il governo giustifica tale decisione affermando che trattasi di una facoltà, non di un obbligo. Ma, come è già avvenuto in Irlanda e in Portogallo, lo Stato italiano potrebbe essere chiamato ad accantonare e bloccare somme molto consistenti a garanzia dei suoi derivati su cui le banche potrebbero valersi in caso di rischio default. Si tratta di un vero favore alle banche perché si modifica, sostanzialmente, il contratto a suo tempo sottoscritto. Ciò non avviene per nessun altro accordo bancario.

Secondo le stime ufficiali del governo, gli strumenti derivati per la gestione del debito pubblico emesso dalla Repubblica Italiana ammontano a circa 161 mld di euro di valore nozionale. In gran parte, sono swap su tassi di interesse accesi per garantirsi contro possibili loro variazioni. Tale cifra non comprende i derivati degli enti locali.

Secondo l’ultimo bollettino della Banca d’Italia del 6 novembre 2014 il loro valore di mercato, aggiornato al secondo trimestre 2014, è negativo per 34,428 mld . In altre parole, se detti derivati dovessero essere liquidati oggi, lo Stato italiano dovrebbe sborsare oltre 34 mld di euro! Si ricordi che nel 2013 le operazioni in derivati hanno già generato un esborso netto superiore a 3 mld. Nel 2012, invece, la ristrutturazione di un singolo derivato fatto con l’americana Morgan Stanley è costata all’erario ben 2 mld e mezzo di dollari.

Naturalmente i cantori della «bellezza dei derivati»ci dicono che però tutto è momentaneo e dipende dall’attuale andamento dei tassi di interesse che sono scesi vicino alla zero. Domani potrebbe andare diversamente. Potrebbero ritornare a salire anche se, dicono sedicenti esperti e approssimativi governanti, ciò non è auspicabile in quanto sarebbe deleterio per la creazione del credito e per la stessa ripresa economica.

È davvero stupefacente constatare che nelle leggi finanziarie Usa e di tutti i paesi Ue, Italia compresa, non vi sia stata una puntuale riflessione sulla pericolosità dei derivati. Eppure la bancarotta del sistema bancario del 2007-8 e le crisi di molti paesi sono state causate proprio dai derivati finanziari altamente speculativi.

È evidente che il debito pubblico non si può risolvere con trucchi contabili e con giochi finanziari. Lo si riduce soltanto attraverso la crescita economica e il taglio drastico delle spese correnti, spesso inutili. L’esposizione creditizia delle Stato non è, di per sé, negativa purché sia finalizzata allo sviluppo e alla creazione di ricchezza reale e di occupazione.

Non vi è quindi una finanza magica né vi sono derivati che possano rendere comunque roseo il futuro. Purtroppo i derivati vengono sempre presentati come se fossero dei toccasana, un guadagno sicuro, per i sottoscrittori e per le banche. Non è stato e non è così. A rimetterci sono quasi sempre gli stati e gli enti pubblici. Se a perdere sono le banche, allora gli stati intervengono con operazioni di salvataggio a spese di tutti i contribuenti.

 

*Sottosegretario all’Economia del governo Prodi ** Economista