PANORAMICA DELLA STORIOGRAFIA FRANCESE (X)
Ma la critica al marxismo non si ferma qui. “Il totalitarismo, afferma de Benoist, è il prodotto dello spirito egualitario e, in particolare, dello spirito economico che ne è il corollario obbligato”. Il culto dell’uguaglianza è figlio del culto dell’economia, ha detto C. Polin.
Il marxismo insomma è sotto accusa perchè riduce all’economia tutti i fenomeni e i processi del mondo, riduce l’uomo, che è un essere di cultura, a un “animale economico”. Si dirà: niente di nuovo sotto il sole. Da un un pezzo si sentono critiche del genere. E non potrebbe essere diversamente. Ogni nuova critica al materialismo storico e dialettico non è altro che una rielaborazione riveduta e corretta di critiche borghesi precedenti. Se questi “filosofi” studiassero seriamente il marxismo, si accorgerebbero che in nessuna opera vi sono affermazioni secondo cui le condizioni economiche costituiscono l’elemento determinante di tutti i fenomeni sociali. La concezione materialistica della storia parte soltanto dall’idea che il modo di produzione della vita reale condiziona il processo della vita sociale, culturale e politica.
Engels, in alcune lettere degli anni ’90, dimostrò chiaramente quale ruolo avevano i fattori extra-economici nel processo storico. “La situazione economica è la base, ma anche tutto il resto -egli scrisse- esercita la sua azione sul corso delle lotte storiche e, in molti casi, ne determina in maniera preponderante la forma”. Vi è insomma anche qui una sorta di interazione, all’interno della quale i fattori economici costituiscono una determinante solo in ultima istanza. Sono proprio questi fattori che rendono più importanti taluni aspetti sociali in luogo di altri.
La ND predica la renaissance della cultura europea, ma nega l’unità della storia mondiale, la quale, più di ogni altra cosa, attesta che in tutte le culture dell’uomo vi sono determinati elementi comuni (quella borghese, che è presente in tutti i paesi capitalistici, ne possiede moltissimi).
Ma la filosofia marxista evidenzia anche la diversità nella storia mondiale. In virtù delle specifiche caratteristiche di ogni paese e regione, le leggi generali del processo storico vi si manifestano in diversi modi. Pur in presenza di analoghi rapporti di produzione, la diversità dei fenomeni sociali è infinita.
Al contrario, la ND nega non soltanto l’unità della storia, ma anche l’orientamento della sua evoluzione. A. de Benoist considera la storia un non sens, in quanto delle due concezioni europee dello sviluppo storico, lineare e ciclica, la prima, che mira a evidenziare la direzione del movimento storico mondiale, rappresenta secondo lui una violazione della libertà di scelta dell’uomo.
Ecco qui delineata la classica concezione borghese della libertà: nessuna decisione a vivere il meglio per tutti, conforme alle vere esigenze degli uomini, ma pura e semplice possibilità di scelta. Una libertà, come si può vedere, che vuole essere libera sia dalla natura che dalla società: una libertà in sostanza che non esiste. A. de Benoist colloca nella teoria lineare, che egli giudica “fatalista”, anche il marxismo, il quale, secondo lui, non terrebbe in alcun conto il ruolo della contingenza nella storia.
A. de Benoist e soci hanno praticamente ricondotto la teoria marxista dell’evoluzione sociale a una categoria delle dottrine finalistiche. Engels, tuttavia, scrisse a questo proposito: “Non più della conoscenza, la storia non può trovare un fine perfetto in uno Stato ideale perfetto dell’umanità; una società perfetta, uno Stato perfetto sono cose che esistono solo nell’immaginazione; viceversa, tutte le condizioni storiche succedutesi non sono che tappe transitorie nello sviluppo senza fine della società umana che va dall’inferiore al superiore”.
Da questa angolatura risulta evidente che solo la conoscenza delle leggi dello sviluppo della natura e della società, solo la loro intelligente applicazione pratica rendono l’uomo veramente libero. Lenin, criticando i populisti che, come la ND, ritenevano il determinismo dei fenomeni sociali ostile alla libertà dell’individuo, scrisse: “L’idea del determinismo, che stabilisce la necessità delle azioni umane e che rifiuta l’assurda favola del libero arbitrio, non abolisce affatto la ragione né la coscienza dell’uomo, né la valutazione delle sue azioni”. Dunque, l’oggettività determina le azioni del soggetto, ma quest’ultimo, a sua volta, agisce sul corso dei processi oggettivi.
Necessità e contingenza non possono essere separate. A certe condizioni la necessità può mutarsi in contingenza e viceversa. Chi spera di poter avere a disposizione un dogma col quale interpretare, comodamente seduto in poltrona, tutti i fenomeni storici e sociali, passati e presenti, perde il suo tempo.
Marx ha scritto che “sarebbe evidentemente molto facile fare la storia impegnandosi a lottare con possibilità favorevoli al 100%. Una storia di questo genere però, ove i rischi non giocano alcun ruolo, avrebbe un carattere assai mistico. I casi fortuiti rientrano nel processo generale dell’evoluzione e si trovano compensati da altri casi fortuiti. E tuttavia l’accelerazione o il rallentamento del movimento dipendono da simili inconvenienti”.
La filosofia marxista non ama separare il passato dal presente e dal futuro. Al contrario, il marxismo sostiene che ogni epoca dello sviluppo dell’umanità viene preparata da quella precedente. Proprio l’analisi scientifica di questo stato di cose ha permesso a Marx di elaborare la teoria delle formazioni economico sociali.
Le simpatie di A de Benoist vanno ovviamente per la concezione ciclica, secondo cui la storia non ha né inizio né fine, essendo semplicemente il teatro di un certo numero di ripetizioni analogiche.
Condividendo la tesi dell’idealismo soggettivo, i seguaci della ND si immaginano tutto il processo storico come un flusso irrazionale di avvenimenti slegati fra loro.
La libertà tanto declamata è soltanto la “libertà da ogni responsabilità” per il destino degli uomini. La ripetizione analogica (vedi l’irrazionalista Kierkegaard) è assunta come un pretesto per il proprio disimpegno, come un alibi del proprio conservatorismo.
Da questo punto di vista la répétition trova la sua ragion d’essere. Le idee di questi intellettuali non riflettono soltanto la profondità della crisi spirituale della società capitalistica, ma rappresentano anche un tentativo di giustificare una concezione del mondo unilaterale e autoritaria.
La filosofia della nouvelle droite risponde dunque agli interessi dell’ala più reazionaria della borghesia. E’ davvero singolare che proprio mentre s’impone con vigore l’esigenza di superare le differenze di razza e nazionalità, vi siano correnti filosofiche che teorizzano una direzione opposta, cioè l’affermazione di un libero arbitrio à tout prix.