Dopo tanti scandali, il Libor va in pensione
Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**
Dal primo gennaio 2022 il London Interbank Offered Rate (Libor), per anni alla base degli scambi di prestiti, è arrivato al capolinea. Lo stesso vale anche per l’Euribor e per altri tassi di riferimento (benchmark).
Essi verranno sostituiti da altri benchmark, che dovrebbero essere più affidabili, tra cui: il Sofr (Secured overnight financing rate), tasso di interesse che misura il costo della raccolta di denaro con scadenza a un giorno (overnight) nel mercato «pronti contro termine» dei titoli del Tesoro Usa; il Sonia (Sterling overnight index average), sviluppato dalla Bank of England; il Saron (Swiss average rate overnight), basato su effettivi scambi di mercato in franchi svizzeri.
Il nuovo sistema sarà fondato su un insieme di tassi overnight, ritenuti quasi privi di rischio (acronimo: rfr), perché basati su transazioni effettivamente avvenute su un mercato attivo e liquido il giorno precedente. I nuovi tassi si decideranno in conformità a contratti già chiusi e non su stime, su sondaggi tra le banche coinvolte. Di conseguenza, con il nuovo sistema l’ammontare degli interessi da pagare sarà determinato dalla media dei tassi overnight durante il periodo del contratto e non conosciuto in anticipo, come avveniva prima.
Com’è noto, il Libor è stato per 45 anni il principale benchmark di riferimento per le transazioni sul mercato interbancario internazionale. A esso erano collegati tutti i tassi applicati ai prodotti bancari, influenzando operazioni finanziarie per circa 800.000 miliardi di dollari.
Il Libor era un tasso variabile, calcolato giornalmente dalla British Bankers’ Association sulla media di otto valori forniti da sedici grandi banche. A sua volta, l’Euribor era fissato dalle banche, organizzate nella Federazione bancaria europea.
Va rilevato che esso continuerà a operare fino alla metà del 2023 per circa 230.000 miliardi di dollari di contratti esistenti.
Il cambiamento è dovuto a ragioni di trasparenza, di correttezza e di migliore controllo, a seguito dei tanti scandali e delle manipolazioni fatte dal 1991. Le banche coinvolte avevano fatto “cartello” e, violando l’antitrust, operavano di comune accordo e fornivano valori giornalieri differenti da quelli veri.
Lo scandalo più grande esplose nell’estate del 2012, quando l’inglese Barclays ammise le sue colpe e concordò con le autorità britanniche e statunitensi il pagamento di una multa di 453 milioni di dollari. Molte altre anomalie vennero a galla e coinvolsero le principali banche mondiali. L’Ubs svizzera dovette pagare alle autorità di regolamentazione 1,5 miliardi, la Royal Bank of Scotland 612 milioni, la Deutsche Bank 2,5 miliardi.
Anche la Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic), l’organismo federale USA per la garanzia dei depositi bancari, portò in tribunale ben sedici grandi banche internazionali per aver manipolato il Libor, causando ingenti perdite ad alcuni gruppi finanziari americani.
Le banche coinvolte, processate e sanzionate, comprendevano le americane Jp Morgan, Citigroup, Bank of America; le europee Ubs, Credit Suisse, Deutsche Bank, Société Générale, Hsbc, Barclays e Royal Bank of Scotland e le asiatiche Bank of Tokyo e Mitsubishi.
Simili scandali avvennero anche con l’Euribor. Si certificò che la Barclays manipolò il tasso d’interesse in collaborazione con altri quattro istituti bancari, quali la Deutsche Bank, il Crédit Agricole, la Société Générale e l’Hsbc. Tanto che nel 2013, gli organismi di controllo di Bruxelles multarono un altro gruppo di banche per un totale di 1,7 miliardi di euro.
Con il pagamento di una multa, le banche si garantivano che i procedimenti penali fossero chiusi. L’ammissione di colpa e le sanzioni irrogate alle banche diventavano delle “scene teatrali” per l’opinione pubblica. Negli Usa, per esempio, dal punto di vista penale non si applicava il corpus legislativo RICO (Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act), che sancisce che, quando più persone concorrono in un atto criminale, scatta l’accusa di “conspiracy”.
L riforma ci sembra valida e più trasparente. E’ il caso, però, di ricordare che spesso “fatta la legge trovato l’inganno”. Speriamo che non sia così.
*già sottosegretario all’Economia **economista