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RICEVO DAL MIO AMICO ROM MUSICISTA, MUSICOLOGO E DIRETTORE D’ORCHESTRA ALEXIAN SANTINO SPINELLI IL SEGUENTE COMUNICATO CHE PUBBLICO VOLENTIERI

RICEVO DAL MIO AMICO MUSICISTA, MUSICOLOGO E DIRETTORE D’ORCHESTRA ALEXIAN SANTINO SPINELLI ( https://it.wikipedia.org/wiki/Santino_Spinelli ) IL SEGUENTE COMUNICATO CHE PUBBLICO VOLENTIERI:

Alexian Santino spinelli: La lettera aperta delle associazioni e delle federazioni rom e sinte italiane, rivolta alla cultura e alla politica, che ha preso spunto da un convegno organizzato dall’icismi presso l’università del Salento, ha suscitato reazioni inaspettate. Non vogliamo sopravvalutare l’importanza di un convegno disertato dalla politica e dal pubblico, ma neppure sottovalutare il fatto che nel corso del dibattito pubblico si è arrivati a definire attacchi fascisti quelli di chi, come Santino Spinelli, sui social, ha posto problemi di metodo e di sostanza. Basterebbe questo a squalificare il livello del dibattito e a interrompere qualunque tipo di interlocuzione. Ricordiamo, a chi non ha gusto per la memoria e il rispetto che le si deve, che la famiglia di Santino Spinelli, come quella di tanti rom e sinti italiani, ha subìto l’infame internamento nei lager italiani per rom e sinti organizzati dai fascisti dall’11 settembre del 1942. Ci auguriamo che la supponenza accademica ammetta l’ignoranza e soprattutto la vergogna.
Così come ci è parso supponente chiederci: “ Solo i rom possono parlare di “questioni rom”? E se si, quali rom sono legittimati a farlo?” perché la lettera aperta poneva il problema antico che ricerche, analisi, dibattiti, convegni che riguardano le comunità rom e sinte escludono, se non nella parte di comprimari e comunque sempre come oggetto e non come soggetto, il punto di vista che pure rom e sinti hanno sviluppato in questi anni, organizzandosi e misurandosi con i problemi della propria condizione.
Ma detto questo, ci interessa riprendere in un dibattito più ampio le considerazioni che proponevamo nella lettera aperta, aggiungendo alcune domande, non solo agli interlocutori del convegno di Lecce, ma come temi di una discussione aperta.
La prima. Dal dibattito in corso, anche a livello delle politiche sociali sul territorio, emerge un antico dilemma: gli “zingari” sono una “piaga sociale”, come teorizzato nel dopoguerra anche in Italia per giustificarne la persecuzione, oppure sono un popolo complesso e articolato con una storia, una cultura, una lingua e quindi con un’identità? Le politiche assistenziali degli ultimi trent’anni – dai campi istituzionali ai Centri di emergenza sociale – sono legate alla prima ipotesi. In questo modo il pregiudizio e la discriminazione sono frutto non della costante persecuzione di un popolo ma del disagio di fronte alle brutture delle condizioni materiali in cui è condannato proprio da quel pregiudizio e da quella discriminazione. Quando si dice che il problema riguarda solo le “poche” migliaia di rom e sinti che vivono nei campi, avendo sempre come modello i lager romani e non altre ben diverse situazioni in giro per tutta l’Italia, si cerca la scorciatoia per eludere proprio il tema dell’antiziganismo che pervade la società, in Italia come in tutta Europa (e non a caso il tema qui arriva dopo che anche a livello istituzionale è stato posto dalla Comunità europea) e per non affrontare del riconoscimento storico-culturale della minoranza rom e sinta anche come modo per eliminare la discriminazione istituzionale.
La seconda domanda. In questo Paese esiste una vera ricchezza: la capacità di infiniti soggetti di organizzarsi in forme associative per rappresentare propri punti di vista e interessi e nessuno mette in discussione questo loro diritto che si trasforma poi, giustamente, in quello di essere ascoltati come interlocutori di un dato interesse. Perché rom e sinti dovrebbero lasciare questo diritto ad altri soggetti che, guarda caso, di norma sono soggetti che hanno come attività propria l’ “assistenza” delle comunità rom e sinte? Mafia Capitale, lo diciamo brutalmente, era solo l’aspetto criminale, di un sistema fondato sull’assistenza nel quale i vantaggi economici e politici erano tutti degli “assistenti” e nessuno degli “assistiti.
Se uno più uno fa due, allora la condizione di “emergenza sociale” indotta è funzionale a sostenere un sistema che negli ultimi decenni ha prodotto danni sociali e culturali spaventosi nelle comunità rom e sinte. Crediamo che quindi si possa capire una certa riluttanza a considerare nostri interpreti o addirittura portavoce questi soggetti. Lo diciamo senza disprezzare il ruolo caritatevole che in molte situazioni riempie un vuoto e una disperazione e neppure il contributo che possono dare a disvelare una condizione umana insostenibile. Ma la carità non basta e a volte può essere pelosa.
Terza e ultima domanda. La risposta alla nostra lettera aperta si concludeva con l’augurio “che in seguito su queste questioni si possano trovare, con i firmatari della lettera aperta, il modo e le sedi per un confronto civile e sereno”. Lo stesso chiedevamo nella nostra lettera perché siamo ben consapevoli che nessun diritto di una minoranza può essere conquistato senza la consapevolezza sociale della sua legittimità ed è nostro interesse un dialogo e un confronto con la cultura e la politica di questo Paese. Però, lo chiediamo esplicitamente, siamo in grado veramente di aprire questo confronto riconoscendoci pari dignità di interlocuzione, il che significa senza pregiudizi o teorie preconfezionate o condizionate da ideologie?
Noi non siamo insetti per entomologi.
Nel 2010 all’università Bicocca di Milano si svolse un fondamentale convegno internazionale di tre giorni sulla condizione giuridica di rom e sinti in Italia. Con un orgoglio che era anche il segno della delusione per una esperienza purtroppo unica, nell’introduzione si diceva che per la prima volta un lavoro del genere era stato preparato in lunghi mesi di confronto con le comunità rom e sinti. E il risultato di quel lavoro fu una proposta per una legge organica per il riconoscimento della minoranza rom e sinta anche in Italia, proposta oggetto di una campagna delle associazioni rom e sinte e che è ora depositata in Parlamento. Ecco cosa intendiamo quando parliamo di partecipazione: un lavoro comune nel riconoscimento reciproco di ruoli e identità che porta a passi concreti. Crediamo che sia tempo di riprendere quella strada. Noi siamo pronti.

Alleanza Romanì, Federazione Federarte Rom, Federazione Rom e Sinti Insieme, Associazione Romano Glaso, Associazione nazionale Them Romanò, Associazione Nevo Drom, Associazione Sinti italiani Prato, Associazione Stay Human, Accademia europea d’arte romanì, Associazione FutuRom, Associazione Upre Roma, Cooperativa Romano Drom, Amici del beato Zefferino, Associazione Romano Krlo, Museo del viaggio Fabrizio De Andre, Associazione Liberi, Associazione Sucar Drom, Associazione Roma Onlus, Cooperativa Roma Roma e Assiciazione Sinti Project International

L’Orchestra Europea per la Pace: dal mondo Rom la musica per un’Europa migliore nel 60° anniversario del Trattato di Roma

L’Orchestra Europea per la Pace e l’Alexian Group in concerto per il 60^ anniversario dei Trattati di Roma il 24 marzo alle ore 19,30 nell’Aula Magna dell’Università La Sapienza.

L’Alexian Group di Santino Spinelli e l’Orchestra Europea per la Pace, diretta dal M^ Antonio Cericola, saranno protagonisti di un evento di portata europea al cospetto delle più alte cariche istituzionali italiane ed europee e della stampa internazionale. Il concerto si svolgerà, infatti, nell’ambito delle celebrazioni del 60^ anniversario dei Trattati di Roma che di fatto hanno dato inizio all’Unione Europea. La manifestazione si svolgerà nell’elegante e prestigiosa sala dell’Aula Magna dell’Università La Sapienza di Roma. Il concerto è previsto alle ore 19,30.

L’Orchestra Europea per la Pace reca con sé un messaggio di pace, di amore e di fratellanza fra i popoli per un’Europa unita, solidale e senza discriminazioni. Le musiche eseguite con l’orchestra appartengono al mondo Rom e sono composizioni originali di Santino Spinelli che eseguirà con i suoi figli, Gennaro Spinelli al violino, Giulia Spinelli al violoncello e Evedise Spinelli all’arpa e il suo Alexian Group un percorso musicale e canoro originale per una musica etno-sinfonica europea. È un viaggio attraverso gli stili musicali romanès di diverse aree geografiche elevando le tradizioni locali ad arte universale. È l’unico caso in cui l’orchestra accompagna un ensemble di musica Rom e il cui compositore è anche esecutore. È la più grande novità musicale europea che sta riscuotendo grandi consensi nei più grandi teatri d’Europa e luoghi istituzionali come il Palazzo del Consiglio d’Europa o il Parlamento Europeo.

Sarà eseguita, su musica del maestro Antonio Cericola, anche un Melologo con la poesia Auschwitz di Santino Spinelli che orna, dal 24 ottobre 2010, il Roma Memorial di Berlino per le vittime del Porrajmos, l’olocausto dei Rom e Sinti, inaugurato con la cancelliera Angela Merkel e il Presidente della Repubblica Tedesca. La poesia sarà declamata in diverse lingue da illustri personaggi: Santino Spinelli in lingua romanì, Dijana Pavlovic in serbo-croato, Miriam Meghnagi in lingua ebraica e Franca Minucci in italiano. Molti musicisti dell’Orchestra Europea per la Pace sono abruzzesi. L’evento avrà una grande visibilità mediatica. Sarà l’occasione per esportare, ancora una volta, l’eccellenza artistica abruzzese nel mondo.

sconosciuto

Un silenzioso genocidio culturale e la sinistra che se ne frega

di Alexian Santino Spinelli (romanì, musicologo, musicista e direttore d’orchestra)

La cultura romanì (dei gruppi Rom, Sinti, Kale, Manouche e Romanichals), che in sei secoli di storia europea è riuscita a sopravvivere a ogni sorta di repressione e di folle persecuzione di re, sovrani, principi, papi, imperatori e perfino alla dittatura e allo sterminio nazifascista, sta morendo sotto la moderna democrazia. Un genocidio culturale silenzioso, ma sistematico. Non una sola politica in tutta Europa a reale sostegno della cultura romanì, in Italia non un solo euro istituzionale destinato alla valorizzazione e alla diffusione della cultura romanì.

Esistono solo iniziative private o isolate che arrestano momentaneamente un genocidio culturale all’orizzonte. La letteratura romani non arriva nel circuito librario e nel sistema industriale, la pittura e la scultura romani non arrivano nelle grandi gallerie artistiche, i film e i documentari dei Rom non arrivano nei circuiti televisivi e cinematografici nazionali, la musica romanì è sempre di nicchia, la lingua romanì non si insegna nelle scuole pubbliche e gli stessi bambini Rom non la parlano più in famiglia perdendo quotidianamente un numero importanti di vocaboli che rimpiazzano con i termini che ascoltano in televisione. I grandi eventi deputati alla valorizzazione e alla diffusione di questo enorme patrimonio in Italia non esistono.

Non una sola biblioteca nazionale romanì, ne un’editoria romanì rilevante, non una sola casa discografica romanì, non una sola compagnia teatrale romanì, non un solo museo destinato ai Rom e Sinti, non una sola rivista nazionale, nè un programma radiofonico o televisivo nazionale. Nulla di nulla dopo sei secoli di presenza in Italia. Nessun sostegno agli artisti Rom e Sinti che pur ci sono: pittori, scultori, cineasti, attori e attrici, scrittori e scrittrici, poeti e poetesse, danzatrici, musicisti e quant’altro. Aiuti e sostegno?

Praticamente nulla. Come può una cultura così invisibile riuscire a sopravvivere quando milioni di euro sono sperperati in nome e per conto di Rom e Sinti per creare assistenzialismo becero e campi nomadi segreganti che degradono quotidianamente la cultura romanì stessa? Come è possibile che nonostante Mafia Capitale abbia mostrato chiaramente gli interessi e gli intrallazzi di stampo criminale sulla pelle di Rom inermi che non sono nomadi per cultura e che non hanno bisogno dei campi nomadi degradanti nulla sia cambiato? Un’ immenso patrimonio culturale è stato fatto diventare un gigantesco e mediatico problema sociale. I finanziamenti ci sono (e se ci sono) solo per segregare e discriminare Rom e Sinti?

Ecco il polpettone avvelenato da far ingoiare all’opinione pubblica sempre più ignara e disinformata nei confronti dei Rom nonostante secoli di presenza sul territorio nazionale. Menzogne su menzogne e dividi et impera. Solo persecuzioni, segregazione e discriminazione per sei secoli ininterrottamente. Oggi si paga il conto e la cultura romanì rischia di scomparire proprio sotto una Repubblica Democratica ma che non ha minimamente cambiato l’atteggiamento ostile e repressivo delle politiche dei governi autoritari o assolutistici dei secoli passati nei confronti dei Rom.

Questa riflessione è essenziale per comprendere quanto lavoro c’è da fare per andare in direzione opposta e contraria. A dimostrazione che non è questione di partito o coalizioni politiche vi porto ad esempio il caso dell’associazione culturale Thèm Romanò nata nel 1989, la prima vera associazione di Rom e Sinti italiani, con vocazione prettamente culturale e non politica o sociale. Per ben 21 edizioni ha organizzato un grande festival di musica romani prima ed interculturale poi con selezionati gruppi musicali e personaggi famosi. Al festival si abbina un Concorso Artistico Internazionale “Amico Rom” a cui si può partecipare con ogni opera artistica riguardante il mondo romanò e aperto a tutti senza distinzione di etnia e in cinque lingue diverse.

Migliaia di lavori per un patrimonio culturale inestimabile. Il festival e il concorso sono sempre stati finanziati da un’amministrazione di centro – destra. In due anni l’ultima amministrazione di centro – sinistra di Lanciano ha distrutto tutto non finanziando gli eventi (5 mila euro- ultimo finanziamento solo 3.000 euro- a fronte di eventi di reale spessore artistico con un valore commerciale di circa 50.000 euro) che erano da considerarsi gli unici eventi davvero di “sinistra” in quanto si trattava di veicoli di integrazione e di interculturalità. Risultato: i fascisti di sinistra mediocri e ottusi sono i peggiori per i Rom e Sinti e il festival con il concorso spostati a Pescara in condizioni di sopravvivenza.

A livello nazionale la situazione è ancora peggio e l’impoverimento della lingua, della cultura e dell’arte romanì è evidente. Tutti coloro che si occupano dei Rom (o dei loro interessi sui Rom) fanno finta di non vedere. Le leggi razziali sono state abrogate nella legislazione ma non nella mente e nel cuore di tanti italiani compreso chi si considera di “Sinistra”.

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Il mio amico Santino Spinelli, al quale sono riuscito a far pubblicare da Baldini Castoldi quello che credo sia l’unico libro in lingua italiana di storia dei romanì, in questa sua denuncia ha dimenticato di citare il Porrajmos, detto anche Samudaripen, come viene indicato in lingua romanì il genocidio dei romanì perpetrato dai nazisti assieme a quello degli ebrei. Si calcola che siano stati massacrati nei campi di sterminio nazisti tra i 400 mila e gli 800 mila romanì: un genocidio percentualmente persino più grave di quello degli ebrei, universalmente noto come Shoà. Mentre però la Shoà tutti sanno cos’è stata e se ne parla pressocché in continuazione, nessuno sa o vuole sapere, neppure a sinistra, che è esistito anche lo sterminio dei romanì, il cui nome, Samudaripen o Porrajmos, è assolutamente ignoto a tutti, compresi i politici di sinistra. E’ stata creata la Giornata della Memoria per ricordare “gli ebrei e i cittadini italiani” massacrati dai nazifascisti, come se gli ebrei italiani non fossero italiani. Ma per i romanì nessuna Giornata della Memoria e nesuna memoria neppure con la emme minuscola. 

Inoltre, mentre la Shoà viene utilizzata continuamente per giustificare qualunque tipo di politica di Israele, compresi i massacri a Gaza e, soprattutto negli anni scorsi, le spaventose repressioni delle manifestazioni palestinesi anche se pacifiche, il Samudaripen non ha fatto nascere da parte italiana ed europeaneppure il semplice rispetto per il popolo romanì che ne è stato vittima. Un esempio per tutti: Walter Veltroni ha creato la Sinistra per Israele, fonte di amicizie potenti e perciò utili anche in campo elettorale, ma non si sognoerebbe mai di creare qualcosa che somigli alla Sinistra per i Romanì, ammesso e non concesso che sappia cosa sono i romanì e cosa sia il Samudaripen.

Siamo quindi in presenza del solito opportunistico essere forti con i deboli e deboli con i forti, e di un inammissibile uso di due pesi e due misure. Siamo di una ipocrisia davvero vergognosa.