Le femministe salveranno la Polonia dall’oscurantismo?
Un anno fa la Camera del parlamento polacco votò a favore di un disegno di legge che voleva criminalizzare la promozione dell’attività sessuale minorile, vietando l’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole, riconosciuta dalle femministe come uno degli strumenti principali contro la violenza di genere, contro la trasmissione di malattie, per la riduzione di gravidanze indesiderate e della mortalità materna.
Il disegno di legge praticamente metteva sullo stesso piano pedofilia ed educazione sessuale. Educatori, insegnanti o medici se fanno riferimento, o danno consigli o rispondono a domande sul sesso in presenza di minori rischiano il carcere. Ora è in discussione al Senato, nonostante la ferma opposizione del Parlamento europeo.
Le scuole pubbliche polacche non prevedono, formalmente, l’insegnamento dell’educazione sessuale, ma prevedono lezioni di “vita familiare” spesso basate sui cosiddetti valori della famiglia tradizionale, sull’opposizione all’aborto, all’uso dei contraccettivi e ai diritti delle persone LGBTQI e sugli stereotipi di genere.
In diverse città del Paese, guidate da sindaci meno conservatori, sono stati avviati nelle scuole programmi di educazione sessuale, cosa che ha causato pesanti contestazioni da parte del partito di estrema destra al governo, Diritto e Giustizia (PiS), e da parte della Conferenza episcopale polacca, una delle più conservatrici in Europa.
In genere per le associazioni cattoliche l’educazione sessuale precoce porta alla depravazione, stimola l’eccitazione sessuale durante quelle stesse lezioni causando una sessualizzazione forzata, e promuove la cosiddetta “ideologia gender” (che non esiste).
Per queste associazioni l’aborto andrebbe vietato quasi completamente.
Infatti di recente hanno ottenuto dalla Corte costituzionale, attraverso i parlamentari più retrivi, che la malformazione del feto non sia più un motivo per abortire.
Da notare che in Polonia ancora oggi non avviene nessuna cerimonia pubblica a cui non sia presente almeno un membro del clero. Eppure proprio in questo Paese negli ultimi 25 anni sono stati denunciati numerosi casi di pedofilia nella Chiesa. Nel marzo 2019 le autorità ecclesiastiche avevano dichiarato di essere a conoscenza di almeno 382 sacerdoti che dagli anni Novanta a oggi avevano abusato di 625 minori.
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Il 22 ottobre la Corte Costituzionale polacca ha stabilito che l’aborto per grave malformazione del feto viola la Costituzione. Quindi sono rimasti solo due i casi in cui si può abortire.
Infatti secondo la legislazione del 1993 l’aborto può essere fatto solo in tre casi: pericolo di vita per la madre, stupro e, appunto, grave malformazione del feto. Il 98% delle procedure abortive veniva praticato per quest’ultimo motivo.
Ora la sentenza della Corte stabilisce un divieto quasi totale di interruzione di gravidanza.
I giudici hanno motivato la sentenza, approvata con 11 voti favorevoli e 2 contrari, dicendo che non può esserci tutela della dignità di un individuo senza la protezione della vita.
Soddisfatta la maggioranza governativa guidata dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS), appoggiata da diversi gruppi religiosi cattolici e da molti vescovi. Il leader di questo partito, completamente filo-Trump e anti-Putin, è molto attivo nel Gruppo di Visegrád (Polonia, Ungheria, Cekia, Slovacchia), un gruppo sempre polemico con la UE, pur facendone parte dal 2004. Il premier si chiama Mateusz Morawiecki ed è figlio di uno dei fondatori di Solidarność, il sindacato più anticomunista che la Polonia abbia mai avuto, finanziato coi fondi del Vaticano.
Insomma è il solito problema che i cattolici più retrivi non sanno come affrontare: è “persona” l’embrione? Se sì, si dovrebbe impedire l’aborto anche in caso di stupro. In ogni caso può essere considerata meno importante la volontà di una donna rispetto alla non volontà di un embrione?
Ma forse sarebbero altre le domande scomode cui i polacchi dovrebbero rispondere. Per es.: cosa fanno le istituzioni, la società per indurre le donne a non abortire? Quali sono le garanzie o le tutele di cui una coppia o una donna può beneficiare perché sia indotta a non abortire? Sono facilmente accessibili i mezzi di controllo delle nascite? No, perché sono tantissimi i medici obiettori di coscienza. Esiste la possibilità legale del disconoscimento del neonato? Sì, ma in casi eccezionali. È possibile fruire di ampie agevolazioni sociali ed economiche nel caso in cui si voglia portare avanti la gravidanza? E come potrebbero? La Polonia si caratterizza per stipendi bassi, costo della vita elevato, elevata disoccupazione, scarse o nulle tutele sindacali e ammortizzatori sociali, forte emigrazione, soprattutto da parte di coppie giovani e ben istruite. Esiste una educazione sessuale in ambito scolastico? No, perché l’educazione sessuale viene equiparata alla pedofilia.
Possibile che un problema umano del genere debba essere affrontato solo con strumenti coercitivi di tipo legislativo? Se un problema così grave viene affrontato solo in questi termini, è evidente che la finalità è quella di imporre un controllo del corpo femminile e una dittatura sull’intera società.
Intanto secondo le organizzazioni femministe, sono tra 100mila e 200mila le donne polacche che ogni anno sono costrette a ricorrere all’aborto clandestino o ad andare all’estero per poterne avere accesso: in genere in Slovacchia, Cekia, Germania o Ucraina. Due di questi Paesi appartengono al suddetto Gruppo di Visegrád: non è ridicolo?