Articoli

Campana a morto per l’arrivo in veste di ambasciatore di Israele della pensionata ed ex parlamentare italiana Fiamma Nirenstein?

Dopo mesi di critiche da più parti, il nostro primo ministro Matteo Renzi ha chiesto al capo del governo israeliano, Benjamin Netanyahu, di ritirare la nomina, decisa lo scorso agosto, ad ambasciatore di Israele in Italia della giornalista, pensionata ed ex parlamentare italiana Fiamma Nirenstein. Cittadina anche israeliana da appena tre anni, Nirenstein quando è in Israele continua a risiedere nella colonia di Gilo, tra Gerusalemme e Betlemme, considerata illegale dall’Onu al pari di tutte le colonie costruite ormai un po’ ovunque a macchia di leopardo nei Territori Occupati su terreni espropriati ai palestinesi dalle autorità militari israeliane. E non ha certo giovato la decisione, presa pochi mesi fa, di costruire altre 900 abitazioni proprio nella colonia di Gilo con l’obiettivo, esplicitamente dichiarato da Netanyahu, di “bloccare la continuità’ territoriale tra Gerusalemme e Betlemme di un eventuale Stato palestinese”. A rivelare il gran rifiuto è il quotidiano israeliano Haaretz, secondo il quale “Si tratta di una nomina inopportuna e conflittuale, dato che la signora ha rappresentato in parlamento i votanti italiani e metterebbe con la sua candidatura in evidenza quali siano stati i suoi veri interessi”. Parole scritte da Haaretz, ma che riassumono quanto fatto sapere da Renzi a Netanyahu, rimasto deluso perché poco tempo fa aveva invece ottenuto l’aiuto di Renzi per far smussare gli spigoli di una presa di posizione del presidente Usa Obama decisamente critica verso la politica israeliana. Per parte sua comunque Palazzo Chigi smentisce di avere chiesto alcunché a Netanyahu, ma del resto non potrebbe certo ammetterlo pubblicamente.

La nomina della Nirenstein non era piaciuta neppure a Ruth Dureghello, presidente degli ebrei romani, e a Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, che sempre secondo il giornale Haaretz avrebbero espresso la propria contrarietà al presidente della repubblica israeliana, Reuven Rivlin. “Dureghello e Di Segni”, ha scritto Haaretz, “hanno appunto espresso forte preoccupazione per le possibili ripercussioni negative di quella nomina sia per la comunità ebraica italiana sia per le relazioni fra Italia ed Israele”. Secondo Haaretz, i due contrari hanno fatto presente a Rivlin che fino a non molto tempo fa la Nirenstein era stata membro del parlamento italiano per il partito Forza Italia, donde il timore che la nomina della ex parlamentare potesse risollevare la questione di una asserita “doppia lealtà” degli ebrei italiani, e che essendo Nirenstein politicamente di destra la sua nomina potrebbe rappresentare un problema per l’attuale governo italiano. Rivlin avrebbe però fatto notare che le loro lagnanze avrebbero dovuto esprimerle non a lui, ma allo stesso Netanyahu in quanto unico titolare del potere di nomina degli ambasciatori. 

Lo smacco Nirenstein si aggiunge a quello ricevuto a dicembre con la decisione del governo brasiliano di non accettare come nuovo ambasciatore di Tel Aviv il leader dei coloni israeliani Dani Dayan.

Il colonialismo non è affatto morto: lo dimostrano la guerra alla Libia, simile alla tragica guerra di secessione del Biafra, e il veto Usa all’Onu contro la nascita dello Stato palestinese (decisa a suo tempo dalla stessa Onu!). Ovvero: dal miserabile fallimento del “Nuovo Medio Oriente” di Bush e del “Nuovo rapporto con l’Islam” di Obama alla “Nuova Libia” di Levy-Sarkozy

Il colonialismo europeo pareva morto. Finita in tragedia con milioni di morti l’occupazione del Vietnam e fallito nel sangue il tentativo della Francia di indorare la pillola nordafricana dichiarando l’Algeria “territorio metropololitano francese”, dichiarando cioè che i due Paesi su sponde opposte del Mediterraneo erano in realtà un Paese unico. Ora invece si scopre che il colonialismo europeo, capitanato proprio dalla Francia, non è affatto morto. L’intervento militare in Libia, stravolgendo ancora una volta una risoluzione Onu, è infatti sempre più chiaramente e scopertamente un’iniziativa francese, e inglese, per poter continuare ad avere dei protettorati e delle colonie petrolifere in Nord Africa. La Francia ha già le mani sporche di sangue di un paio di milioni di nigeriani vittime del suo avere finanziato, armato e appoggiato la secessione del Biafra dalla Nigeria perché nel Biafra c’era il grosso del petrolio nigeriano. Prima di quella tragedia la Nigeria era un Paese in via di forte sviluppo, poi invece si è ridotto all’emigrazione di nigeriane per fare le prostitute in Europa, solo a Torino ce una ventina di anni fa ce n’erano ben 7.000. Ora Sarkozy sta facendo il bis con la Libia.

Non esiste nessuna “rivoluzione democratica” e nessuna “primavera libica”, esistono invece la volontà e l’intervento militare franco-inglese per buttar giù Gheddafi e sostituirlo con un governo più o meno come il suo, ma prono alla volontà di Parigi e Londra. Alla stessa stregua con la quale gli Usa hanno invaso l’Iraq, per mettere in piedi una caricatura di democrazia tenendosi però ben stretti gli accessi, i giacimenti e i privilegi petroliferi. Speriamo che i cinesi o gli indiani non prendano esempio da noi per invadere la Francia o l’Inghilterra o l’Italia per imporre governi e regimi a loro graditi. Continua a leggere

Pasqua amara: Berlusconi e gli assalti alla Costituzione, Tettamanzi-Ratzinger e il silenzio sulla pedofilia nel clero, Arrigoni e il doppiopesismo degli ipocriti

1) Francesco Cossiga nel ’92 venne accusato di “attentato alla Costituzione e alto tradimento” per avere mantenuto il segreto sull’esistenza della struttura  chiamata Gladio. Oggi invece nessuno si pone il problema se non compia tali reati Berlusconi, che per non finire condannato in tribunale ha deciso di alterare nettamente a favore dell’esecutivo l’equilibrio paritario e l’indipendenza reciproca dei tre poteri dello Stato, esecutivo, legislativo e giudiziario, svuotando così di fatto le basi della stessa Costituzione della Repubblica italiana. Non solo. Con l’ultima – per ora – trovata, vale a dire con la proposta di modifica dell’articolo 1 della Costituzione presentata dal parlamentare del PdL Remigio Ceroni, Silvio Berlusconi non avrà più bisogno di diventare presidente della Repubblica perché assumerà poteri superiori anche a quelli del capo dello Stato restandosene tranquillamente dove si trova, cioè a palazzo Chigi, da dove potrà manovrare pro domo sua come più gli pare e piace.  Ceroni infatti spiega che la sua proposta di legge costituzionale vuole mettere sopra le altre istituzioni il parlamento in quanto “titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale”. Guarda caso, l’dea di Ceroni, che dice di volerla presentare “a titolo personale”, arriva dopo che Berlusconi si è dimostrato capace di comprare un buon numero di parlamentari in modo da assicurarsene la maggioranza, per giunta una maggioranza servilmente prona ai suoi più incredibili voleri, sempre più centrati sui suoi oscuri interessi giudiziari anziché sugli interessi degli italiani tutti. E’ chiaro che con un Berlusconi dominus del parlamento a suon di acquisti di “responsabili” e affini – responsabili che passeranno alla storia come responsabili dello sfascio – il rendere il parlamento più elevato di tutte le altre istituzioni, compresa la presidenza della Repubblica e la Corte Costituzionale, di fatto significa far diventare Berlusconi dominus dell’Italia intera. Che c’entra tutto ciò con la democrazia, fosse pure una democrazia presidenziale come quelle francese o statunitense? Tutto ciò non somiglia invece almeno un po’ a un “attentato alla Costituzione”, se non anche all’alto tradimento? Come mai la sinistra che si accanì contro Cossiga, scagliandogli contro tali accuse per una questione tutto sommato di scarsa importanza, ha un atteggiamento debole di fronte ai danni sempre più irreparabili che Berlusconi arreca e intende ancor più arrecare all’Italia? Anziché lasciare il campo alle sparate di Asor Rosa, la sinistra meglio farebbe a reagire con la decisione e durezza che la situazione richiede. Ovviamente, senza una linea politica credibile e praticabile, e senza una dirigenza che guardi avanti anziché combattersi nel solito modo, è difficile se non impossibile contrastare come dovuto le manovre di fatto eversive di Berlusconi.

Uno spettacolo desolante, se non decisamente orrendo, è stato di recente il dibattito tra Flores D’Arcais e Massimo D’Alema moderato dal direttore de L’Espresso Bruno Manfellotto. Tra il modo livido col quale D’Arcais vuole dare lezione a tutti (ma lui cosa ha fatto di rilevante nella sua vita per poter pontificare?) e ghigliottinare a più non posso e la supponenza gelida di D’Alema, un “diriggente” che s’è fatto usare e fregare da Berlusconi, Bossi e Cossiga, c’è poco da stare allegri. In più, ricompare spesso il molto fallimentare Uòlter Veltroni, giustamete detto anche Wòlterloo,  con le sue prediche ecumeniche, lui che è il principale responsabile dello strapotere di Berlusconi. Veltroni aveva promesso che se ne sarebbe andato in Africa, inceve è rimasto in Italia a continuare a far danni. Visto che è l’animatore della “Sinistra (?) per Israele”, non potrebbe andarsene in Israele? Magari portandosi appresso quel sacco di mer…aviglie che è Giuliano Ferrara, strapagato con i soldi nostri tramite la Rai per far ciò che mglio gli riesce, vale a dire il leccator cortese berluscone. A casa della senatrice italiana Fiamma Nirenstein, colona sulla terra rubata ai palestinesi tra Gerusalemme e Betlemme per farne la colonia di Gilo, c’è si curamente posto. Continua a leggere

La senatrice Fiamma Nirenstein vuole le dimissioni del presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, collega Enzo Jacopino, reo di ospitare nella sede romana la conferenza stampa di presentazione di Freedom Flotilla 2. Meglio però si dimetta lei da vicepresidente della commissione Esteri del parlamento italiano

Mi pare sia arrivato il caso di chiedere le dimissioni della senatrice Fiamma Nirenstein, giornalista e autore di libri, da vicepresidente della commissione Esteri del senato. Anche la Nirenstein è infatti caratterizzata da quello che pare proprio possa essere un conflitto di interessi, anche se nessuno ne osa parlare per timore di essere lapidato con il lancio delle solite accuse pretestuose e spesso ridicole di antisemitismo. La nostra senatrice ha infatti casa  nella colonia di Gilo, a Gerusalemme. Come è noto le colonie sorgono su terreni e territori tolti autoritariamente ai palestinesi calpestando spesso e volentieri il diritto internazionale. Mentre i mass media italiani as usual su certi temi tacciono, o vanno a rimorchio delle versioni ufficiali, di norma taroccate, il quotidiano israeliano Haaretz ha dedicato alla nostra senatrice “colona” un articolo decisamente interessante, che la definisce più a destra della destra sia italiana che israeliana, il che è tutto dire, lei ex comunista, evidentemente più che pentita addirittura contrita, articolo che riporto per intero in basso. Mentre un gruppo di ebrei italiani ha inviato alla rivista Karnenu della comunità ebraica torinese una lettera che tra l’altro sintetizza bene l’attuale ruolo della Nirenstein, lettera della quale riporto il link che la pubblica per intero. Ma veniamo ai fatti più recenti, per i quali – sommati al resto –  credo sia il caso di chiedere le dimissioni dalla commissione Esteri. Continua a leggere