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Finalmente si protesta in piazza S. Pietro contro l’omertà vaticana sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Proprio mentre dall’Olanda arriva l’ennesimo mega scandalo della pedofilia del clero e della annessa protezione vaticana

Un nuovo scandalo per la pedofilia di troppi sacerdoti scuote la Chiesa. Questa volta tocca all’Olanda, dove sotto la spinta dell’opinione pubblica, la Conferenza episcopale olandese l’anno scorso aveva deciso di istituire una commissione d’inchiesta sugli abusi commessi dai preti pedofili.  I sei membri della commissione includevano un ex magistrato, uno psicologo e doventi universitari. Presidente, l’ex ministro Wim Deetman. L’inchiesta ha riguardato oltre 800 sacerdoti  e ha indagato su quanto accaduto dal 1945 al 2000. Come già per gli Usa, Australia e Irlanda, la conclusione è agghiacciante: gli abusi si contano infatti a decine di migliaia, la Chiesa e il Vaticano li conoscevano bene, ma, come sempre, non hanno mai avuto nulla di ridire e non hanno mai preso iniziative per punire i responsabili degli abusi. Nel rapporto si legge tra l’altro:

- “Il problema degli abusi sessuali era ben noto agli ordini e nelle diocesi della Chiesa cattolica olandese, ma non furono prese le misure appropriate”;

- la Chiesa olandese e il Vaticano “pur sapendo non hanno aiutato le vittime”;

- degli oltre 800 autori di abusi “105 sono ancora vivi”.

Eppure in Italia lo spazio dedicato a questo nuovo orrore è minimo. In televisione non mi pare se ne sia parlato, e non è certo colpa di Minzolini. Nei giornali cartacei e nei loro siti online o non se n’è parlato o se ne è parlato poco e di sfuggita nelle pagine interne e nella loro parte bassa, mai in apertura. E’ interesante notare che si tratta di una omertà stranamente simile a quella che vige sempre riguardo gli abusi e i crimini di Israele contro i palestinesi.

Poco o nullo lo spazio dedicato anche a una iniziativa senza dubbio interessante, ma a mio avviso tardiva. Dopo avere raccolto via Internet oltre 40 mila firme a un appello che chiede la fine dell’omertà del Vaticano sulla scomparsa di sua sorella Emanuela, sparita a quasi 16 anni nel giugno del 1983, Pietro Orlandi ha dato appuntamento a tutti i firmatari per domenica, 18 dicembre, direttamente in piazza S. Pietro. Un gesto in apparenza talmente dirompente da apparire provocatorio. Fatto però con un ritardo di quasi 30 anni. Continua a leggere

Israele colto con le mani nel sacco delle frottole “atomiche” all’AIEA per spingere alla guerra (anche) contro l’Iran?

Questa volta Israele pare proprio sia stato colto col sorcio in bocca, come si usa dire a Roma di qualcuno beccato con le mani nella marmellata, cioè in flagrante. Un sorcio in bocca per spingere alla guerra contro l’Iran con la solita scusa delle bombe atomiche a gogò, così come il precedente sorcio “atomico” in bocca agli Usa aveva “fruttato” l’invasione dell’Iraq. Anche in quel caso, con i buoni uffici dei servizi segreti israeliani sempre pronti a sfornare dossier debitamente taroccati. Come è noto, l’Aiea è l’agenzia Onu che vigila contro la proliferazione di bombe atomiche, ma solo ed esclusivamente nei Paesi che hanno firmato il Trattato di Non Proliferazione. Israele NON l’ha firmato, perciò le sue centinaia di atomiche se l’è prodotte senza rotture di scatole né denunce o allarmi di un qualche tipo. Peraltro, secondo il libro “L’Iran e la Bomba” di Giorgio Frankel, Israele possiede anche le ben più terribili bombe H e forse anche le bombe N, cioè a neutroni, ordigni che ammazzano gli esseri viventi ma non danneggiano le costruzioni: vale a dire, una forma perfetta di “pulizia” se non etnica quanto meno “nazionale”. Più o meno un anno fa qualcuno ha recapitato all’Aiea un dossier che “dimostrava” come l’Iran fosse ormai a un passo dal produrre ordigni nucleari. Peccato che all’Aiea qualcun altro s’è accorto che nel documento, redatto in lingua farsi, quella più parlata in Iran, ricorrevano termini che nessun iraniano usa più: guarda caso, li usano solo i membri della comunità ebraica locale…. E taciamo sulla “inspiegabile” uccisione di scienziati nucleari iraniani e sul virus informatico che ha paralizzato per qualche mese i computer addetti al controllo e al funzionamento dei reattori nuvleari iranianu tilizzati per produrre corrente elettrica. Guarda caso, qualcuno s’è accorto che nella sequela di termini che componevano il virus ce n’era uno che figura nella bibbia…. Continua a leggere

Ballando sull’orlo della fine dell’Europa: “Venghino, siòri, venghino: dopo le panzane sulle atomiche di Saddam ora vi rifiliamo le panzane sulle atomiche di Gheddafi e di Ahmadinejad”. Così Israele, forse in interessata compagnia di Londra, può realizzare il vecchio sogno di bombardare l’Iran, uno dei due motivi per il quale è stato eletto Netanyahu (l’altro è impedire a tutti i costi che nasca lo Stato palestinese)

E’ difficile da credere, ma ormai viene dato per certo che con la classica scusa della “produzione di bombe atomiche”, sperimentata con successo dagli USA per invadere l’Iraq, Israele attaccherà quanto prima l’Iran, con l’appoggio degli inglesi, per mettere anche la Casa Bianca di fronte al fatto compiuto. Il presidente Obama infatti, per timore di perdere voti, è contrario a una tale azione militare prima della sua rielezione, ma alcuni collaboratori lo esortano invece ad autorizzarla e appoggiarla perché ricompatterebbe l’elettorato riportandolo di sicuro alla Casa Bianca e scongiurando la temuta candidatura di Hilary Clinton, sempre più popolare nell’elettorato non solo del Partito Democratico. E’ dal 2006 che l’attacco militare all’Iran da parte degli Usa e di Israele viene dato per imminente e certo, senza però che sia poi stato sferrato. Ecco per esempio cosa dichiarava nel 2006, poco dopo la terza invasione israeliana del Libano, Seymour Hersh, il famoso giornalista americano che ebbe il coraggio di denunciare il massacro di tutti gli abitanti di My Lai compiuta dai marine in Vietnam e che per primo ha denunciato le torture americane nel carcere iracheno di Abu Ghraib:

L’amministrazione Bush era molto direttamente impegnata nel pianificare la guerra libanese-israeliana. Il presidente Bush ed il vice presidente Cheney erano convinti che il successo della campagna militare israeliana in Libano avrebbe non soltanto raggiunto gli obiettivi desiderati da Tel Aviv, ma sarebbe anche servito come preludio ad un possibile attacco contro le strutture nucleari iraniane”.

La scusa è anche oggi quella del “pericolo atomico” iraniano. Nella vulgata corrente infatti l’Iran sarebbe così idiota e suicida da produrre atomiche per affrettarsi a lanciarne già la prima su Israele, nonostante Israele di atomiche ne possieda circa 400 e possa quindi cancellare non solo l’Iran dalla faccia della terra. Senza contare che la signora Clinton ha dichiarato senza arrossire di vergogna che “prima di finire di schierare per il lancio il suo primo missile nucleare l’Iran sarebbe riportato all’epoca delle caverne”, con un olocausto fulmineo di oltre  80 milioni di esseri umani, più o meno quanti ne ha  l’Italia intera. Embé c’è olocausto e olocausto. Quello sulla pelle di 70-80 milioni di iraniani evidentemente per la signora Hilary&C è buono, nonostante sia ben 12-14 volte quello che purtroppo c’è stato davvero per mano dei nazisti. Continua a leggere

Obama e Netanyahu: i palestinesi devono fare solo ciò che conviene a Israele, altrimenti scattano altre rappresaglie

La rappresaglia è arrivata più puntuale di un treno svizzero. “Non resteremo con le braccia conserte verso queste mosse che danneggiano Israele”, aveva avvertito minacciosamente lunedì il premier Netanyahu, molto contrariato per l’ammissione all’Unesco della Palestina, rappresentata dall’Autorità Nazionale Palestinese (ANP). Teniamo presente che l’Unesco è l’agenzia creata dall’Onu nel 1946 per occuparsi di educazione, scienza e cultura. Tra i suoi compiti e poteri, anche quello di dichiarare “patrimonio dell’umanità” monumenti, siti archeologici, parchi e anche intere città e metterle così sotto la sua protezione. Meno di 48 ore dopo la minaccia di Netanyahu   il gabinetto ristretto israeliano (i sette ministri più importanti) ha preso una serie di decisioni che è francamente difficile definire eque:
- accelerare la costruzione di 2.000 case per coloni a Gerusalemme Est e in Cisgiordania. Di queste nuove abitazioni per israeliani, 1650 saranno costruite nella zona palestinese di Gerusalemme e le altre a sud di Betlemme;
- congelare il trasferimento di fondi palestinesi (dazi doganali e tasse) che Israele è tenuto a raccogliere per conto dell’ANP in base agli accordi di Oslo del ’93;
- minacciare per bocca del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman addirittura la morte definitiva del cosiddetto “processo di pace”, peraltro da sempre frenato proprio dagli israeliani per poter avere tutto il tempo di occupare tramite altri insediamenti di coloni quanta più terra possibile palestinese;
- minacciare il divieto di ingresso in Israele di delegazioni dell’Unesco nonostante sia un organismo dell’Onu. Continua a leggere

La strada della guerra per portare la Libia dalla sfera di influenza italiana a quella francese è – come per ogni guerra – lastricata di grandi bugie. Coronate dall’incivile scempio di Gheddafi e dall’ancor più incivile gioia occidentale

Non vorremmo guastare la festa a nessuno, ma abbiamo alcune domande. Ucciso Gheddafi, a chi andrà ora il suo 10% della partecipazione azionaria nella società Quinta Communications? Silvio Berlusconi possiede ancora con Tarak Ben Hammar la quota del 10% di questa società? L’acquisto è stato una delle conseguenze della visita libica di Berlusconi due anni fa. La notizia dell’intreccio Berlusconi-Gheddafi è stato di fatto confermato dallo stesso governo italiano, infatti il suo sito riporta per intero un articolo de Il Messaggero che dà conto delle varie compartecipazioni tra Italia e Libia. Il link del sito del governo che riporta l’articolo in questione è il seguente: http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=57205094 . Questa l’affermazione riguardante la Fininvest, cioè Berlusconi: “Poi ci sono i legami indiretti con l`Italia. Il fondo sovrano è anche intrecciato via-Francia a Fininvest, visto che la Lia, attraverso la società Lafi Trade, è presente con il 10% in Quinta Communications S.A., società di diritto francese controllata al 68% dal finanziere franco tunisino Tarak Ben Ammar e in cui è presente anche Fininvest, con una`quota del 22% (detenuta attraverso la controllata lussemburghese Trefinance)”. Infine: cosa c’è da gioire per l’evidente improvviso aumento degli islamisti, armati, anche in Libia, dove prima non erano tollerati come non era tollerata Al Qaeda?

In attesa delle risposte, passiamo ad altro, restando sempre in tema Gheddafi. Strano che a gioire della sua uccisione a sangue freddo, quando era ormai stato catturato e quindi protetto dalle leggi della Convenzione Internazionale di Ginevra, e a gioire anche del successivo suo scempio siano proprio coloro che ancora oggi condannano in massa “i comunisti” e i partigiani della guerra di liberazione che fucilarono Mussolini ed esposero come un trofeo animale il suo cadavere a piazzale Loreto. Continua a leggere

“Un pezzo di Palestina è in Libano”

“Un pezzo di Palestina è in Libano”, ci scrive la mia amica Stefania Limiti in questo breve reportage da lei intitolato “Voci dai campi profughi dove si vive in condizioni estreme. Con la grande illusione che Israele, paese che occupa militarmente terre di altri, voglia costruire la pace”. Avrei dovuto partire con Stefania e un gruppetto di volenterosi, ma occuparmi del libro per don Andrea Gallo “Non uccidete il futuro dei giovani!”, che arriva in libreria sabato prossimo, mi ha assorbito talmente da avermi impedito, oltre ad anche un solo giorno di ferie, di tornare in Libano. Leggiamo cosa ci scrive Stefania:

Scrivo questo post di ritorno da Beirut, dove il Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila ha portato la solidarietà ai rifugiati della Palestina.
Un pezzo di Palestina è in Libano. Oltre cinquecentomila persone, cacciate dalle loro case nel 1948 e poi nel 1967, vivono in circa dodici campi profughi sparsi nel paese dei Cedri, oggi alle prese con una difficile sfida per difendere la propria indipendenza e per superare l’eredità coloniale.
Nel 2003 l’ufficio centrale di statistica palestinese (Pcbs) calcolava che nel mondo ci sono 9.6 milioni di palestinesi: quasi cinque milioni (4.8 per l’esattezza) quelli della diaspora – una delle grandi tragedie del ‘900 completamente rimossa – che vivono in Giordania, Libano, Siria ma anche in altri stati arabi, Europa e Stati uniti: un milione e centomila vivono in Israele, i cosiddetti «arabo-israeliani», 3.7 quelli che risiedono nei Territori occupati – 380 sono le scuole gestite dall’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, un dato che segnala la gran quantità di bambini palestinesi costretti ad affrontare lo studio in condizioni di grande difficoltà. Continua a leggere

Sbaglia chi gioisce per l’intervento (ambiguo) della Chiesa contro Berlusconi

Non credo ci sia molto da gioire perché il cardinale Angelo Bagnasco, capo dei vescovi italiani, ha finalmente detto quello che ha detto a proposito del bisogno di “aria pulita”. Premesso che di aria pulita c’è bisogno anche nella Chiesa, e in particolare a Genova visto lo scandalo del prete pedofilo don Riccardo Seppia e visto l’ostracismo anche da parte dello stesso  Bagnasco verso il “prete da marciapiede” don Andrea Gallo, ci sono alcune considerazioni da fare.
La prima considerazione è che il ritardo della Chiesa nel prendere posizione contro il degrado non solo morale che promana dal sistema Berlusconi e annesso stile di vita non è certo un ritardo casuale. E’ da oltre un anno che la Chiesa avrebbe dovuto parlare. Non agli italiani tutti, ma ai suoi credenti. Avrebbe dovuto farlo non appena venuto a galla lo scandalo dei rapporti con la minorenne Noemi di Napoli e avrebbe dovuto rifarlo non appena tracimato il liquame stappato da Patrizia D’Addario&C. Invece la Chiesa era anzi perfino propensa al perdono e alla benedizione pubblica con il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, accorso all’Aquila alla tradizionale Festa della Perdonanza per, appunto, perdonare e assolvere Berlusconi. Solo la puttanata di Vittorio Feltri su Il Giornale contro Dino Boffo fece saltare la progettata trasformazione della Perdonanza in Puttananza. Continua a leggere

Salvare Israele dal sonno della ragione della sua maggioranza e del suo governo. Tutti ammettono che la lotta contro la nascita dello Stato palestinese è soprattutto per evitare che Israele finisca sotto processo al tribunale internazionale dell’Aja. Così come ormai si ammette che Berlusconi non si dimette solo per paura di finire in galera

Israele e Berlusconi non vogliono essere processati, perché sanno che sono colpevoli e verrebbero quindi condannati. Ciò che colpisce è che ormai quasi tutti riconoscono che il governo di Israele si oppone alla nascita dello Stato palestinese soprattutto per il timore che lo Stato israeliano venga denunciato al tribunale internazionale dell’Aja per rispondere dei suoi vari gravi delitti contro i palestinesi, con il rischio concreto di condanna. Il che equivale ad ammettere che Israele di tali delitti,  contro l’umanità e il diritto internazionale, si è effettivamente macchiato. Colpisce anche l’analogia con il governo Berlusconi: quasi tutti ammettono, a partire dallo stesso Silvio Berlusconi, che non si dimette solo per il timore di finire, giustamente, in galera. C’è bisogno di commenti? No di certo. Mi limito pertanto a pubblicare due articoli esemplari e sorprendenti. Del primo sorprende il fatto che sia stato pubblicato su un giornale italiano, nella fattispecie su Repubblica. Del secondo sorprende che sia stato scritto da un israeliano ebreo, a dimostrazione che l’equazione ebreo=sionista=israeliano e viceversa è assolutamente falsa, come del resto sappiamo molto bene. Checché ne dica il capo dello Stato Giorgio Napolitano,  che tempo fa ha pubblicamente avvalorato tale frottola affermando che oggi l’antisemitismo si traveste da antisionismo. Evidentemente anche Napolitano finge di ignorare che sono semiti anche gli arabi e i palestinesi, e che quindi oggi i veri antisemiti sono i fanatici israeliani come Netanyahu, Barak, Lieberman, Sharon, ecc., nonché i loro potenti sopporters negli Usa con in testa la lobby sionista dell’Aipac.

A tale proposito, è assolutamente sbagliato che si parli di “lobby ebraica”, così come è sbagliato dire che “gli ebrei di New York” hanno tradito i democratici votando in massa per i conservatori  perché contrari alle aperture dei democratici riguardo la nascita dello Stato palestinese. A parte il fatto che tali aperture NON ci sono, se non a chiacchiere, resta il fatto che non di lobby ebraiche si tratta, bensì di lobby sioniste. Sono molti a New York gli ebrei che hanno orrore delle politica israeliana, a partire dal regista Woody Allen, così come è robusta la componente ebraica antisionista in vari Stati degli Usa. L’esempio più eclatante è quello di Noam Chomsky, forse l’intellettuale più importante oggi esistente al mondo. Continuare a parlare di “lobby ebraica”, come fa anche Vittorio Zussoni, è sbagliato e pericoloso anche perché finisce con aizzare le antipatie o gli odi contro gli ebrei in blocco, vizio antico del mondo cristiani di cui è bene fare a meno, anziché contro i responsabili dei soprusi contro i palestinesi, tenendo presente che il sionismo comprende anche, negli Usa, una bella fetta del mondo cristiano. Fetta che è stata per esempio alla base della rielezione di George Bush e molto ha contribuito a spingere per l’invasione dell’Iraq così come oggi spinge per la guerra anche contro l’Iran.
Ma ecco i due articoli. Continua a leggere

Il colonialismo non è affatto morto: lo dimostrano la guerra alla Libia, simile alla tragica guerra di secessione del Biafra, e il veto Usa all’Onu contro la nascita dello Stato palestinese (decisa a suo tempo dalla stessa Onu!). Ovvero: dal miserabile fallimento del “Nuovo Medio Oriente” di Bush e del “Nuovo rapporto con l’Islam” di Obama alla “Nuova Libia” di Levy-Sarkozy

Il colonialismo europeo pareva morto. Finita in tragedia con milioni di morti l’occupazione del Vietnam e fallito nel sangue il tentativo della Francia di indorare la pillola nordafricana dichiarando l’Algeria “territorio metropololitano francese”, dichiarando cioè che i due Paesi su sponde opposte del Mediterraneo erano in realtà un Paese unico. Ora invece si scopre che il colonialismo europeo, capitanato proprio dalla Francia, non è affatto morto. L’intervento militare in Libia, stravolgendo ancora una volta una risoluzione Onu, è infatti sempre più chiaramente e scopertamente un’iniziativa francese, e inglese, per poter continuare ad avere dei protettorati e delle colonie petrolifere in Nord Africa. La Francia ha già le mani sporche di sangue di un paio di milioni di nigeriani vittime del suo avere finanziato, armato e appoggiato la secessione del Biafra dalla Nigeria perché nel Biafra c’era il grosso del petrolio nigeriano. Prima di quella tragedia la Nigeria era un Paese in via di forte sviluppo, poi invece si è ridotto all’emigrazione di nigeriane per fare le prostitute in Europa, solo a Torino ce una ventina di anni fa ce n’erano ben 7.000. Ora Sarkozy sta facendo il bis con la Libia.

Non esiste nessuna “rivoluzione democratica” e nessuna “primavera libica”, esistono invece la volontà e l’intervento militare franco-inglese per buttar giù Gheddafi e sostituirlo con un governo più o meno come il suo, ma prono alla volontà di Parigi e Londra. Alla stessa stregua con la quale gli Usa hanno invaso l’Iraq, per mettere in piedi una caricatura di democrazia tenendosi però ben stretti gli accessi, i giacimenti e i privilegi petroliferi. Speriamo che i cinesi o gli indiani non prendano esempio da noi per invadere la Francia o l’Inghilterra o l’Italia per imporre governi e regimi a loro graditi. Continua a leggere

In Norvegia come per le Twin Tower: i “servizi” restano stranamente muti. Intervista a don Gallo a conclusione della grande manifestazione di Genova


PREMESSA: Rodolfo, che è una delle molte prove che i sionisti pensano di essere superiori a tutti e di avere più diritti degli altri, deve ritirare l’incredibile accusa contro Vox, con la quale mi scuso intanto io. Se Rodolfo non ritira ciò che ha detto, tragga per cortesia le conseguenze. Qui le persone che lanciano di queste accuse demenziali non sono gradite. Ed è norma di civiltà e buona educazione non imporre la propria presenza se si fa di tutto perché sia impossibile che venga gradita. Essere di manica larga e dialoganti è un conto, lasciare campo libero ad accuse e offese farneticanti è ben altra cosa. Scambiare la mia disponibilità per debolezza è un grave errore. Se qualcuno avesse detto contro Rodolfo la bestialità da lui detta contro Vox sentiremmo già le sirene di Informazione Corretta, gli ululati del Corsera e magari anche della Knesset.
Spero non dovermi ripetere. Proseguiamo.

1) – Le dietrologie non mi hanno mai appassionato, sono la scorciatoia di chi NON vuole informarsi perché NON vuole lavorare. Piuttosto che scarpinare e sudare, meglio fantasticare e avvalorare le cazzate pù immonde, come continuano a fare un po’ tutti sulla povera Emanuela Orlandi. Però è certo molto strano – o no? – che né la Cia né il più capace Mossad, con il contiguo Shin Bet, si siano mai accorti del fiume di proclami, programmi e annunci della strage infine davvero perpetrata da Breivik, loro che monitorinano in tutto il mondo anche i peti grazie non solo al gigantesco sistema di spionaggio automatico informatico noto come Echelon, che gli Usa dividono con l’Inghilterra. E’ legittimo il sospetto che sia andata come per le Twin Tower: la Cia sapeva, almeno in linea generale, e ha lasciato fare non immaginando che sarebbe stata una cosa gigantesca come invece è stato.

A dire il vero, è strano non se siano accorti neppure i cinesi, gli iraniani, gli Stati arabi ricchi, ecc., ma questi badano molto di più alla sorveglianza interna e a possibili altri attacchi militari dall’esterno. E, soprattutto, NON hanno Echelon.

Viceversa, se Echelon e i vari “servizi” non riescon a evitare neppure le tragedie annunciate pubblicamente in anticipo a tutto il mondo, perché non abolirli? Si  risparmierebbero anche un sacco di quattrini, con i quali non morirebbero di fame

2) – “Questa non è una crisi politica, ma una crisi di sistema. Un sistema che nel mondo sta spolpando il pianeta, fino a minacciarne la sopravvivenza,  e che in Italia s’è mangiato il futuro dei giovani. Dall’unità d’Italia ad oggi questi giovani sono le prime generazioni che vivono e vivranno non meglio, come è successo a tutti noi, ma peggio dei loro genitori e nonni. Ma ha ragione il mio amico Giuliano Pisapia, il nuovo sindaco di Milano: il vento può cambiare. Anzi, sta cambiando davvero e comincia a soffiare forte. Si illude chi pensa che i giovani ormai si ribellano solo nei Paesi arabi o nella Grecia divorata dai debiti. “Voi la crisi. Noi la speranza” è lo slogan lanciato dai giovani e dai “nuovi resistenti” in questi giorni di manifestazioni e proteste a Genova per ricordare l’uccisione di Carlo Giuliani e le altre violenze nei giorni del G8 di dieci anni fa. Uno slogan quanto mai  indovinato, perché i giovani si stanno risvegliando dal torpore e dalla sfiducia e con loro buona parte della gente narcotizzata dal berlusconismo. Per dieci anni sono stati scoraggiati, ora si stanno muovendo”. A parlare è don Andrea Gallo, il combattivo “prete da marciapiede” – lui però si autodefinisce “un prete che si è scoperto uomo” – da sempre spina nel fianco della curia genovese. Continua a leggere

Una delle vergogne dell’Occidente: dopo 60 anni ancora si traccheggia o ci si oppone al diritto all’indipendenza dei palestinesi

La colossale gaffe riguardante la mattanza norvegese, un centinaio di morti immediatamente ascritti al “terrorismo islamico”, quando invece è opera di un norvegese “pura razza ariana” nonché di destra, la dice lunga sulle nostre code di paglia e sul vicolo cieco nel quale ci siamo infilati spinti da interessi ben precisi. E’ quindi più urgente che mai uscire dalla paranoia e affrontare seriamente il problema alla radice, piantandola con il far finta di niente e anzi voltarci dall’altra parte.

Come sapete, io non credo sia più possibile che nasca uno Stato palestinese che non sia una burletta offensiva o un modo per continuare ad alimentare una classe politica parassita che campa sugli “aiuti”, cioè sull’elemosina pelosa dell’Europa e dell’Onu. “Aiuti” diventati un modo ottimo per corrompere la dirigenzae e tentare di strasformare la popolazione in accattoni rassegnati. Come è noto, sono convinto che Israele abbia il diritto di esistere per il semplice motivo che c’è e la sua legittimità si basa sulla famosa risoluzione dell’Onu del 1948, e certo non sulla bibbia come pretendono i sionisti che, come ha dimostrato anche lo storico israeliano Shlomo Sand, hanno semplicemente falsificato la storia trasformando l’esistenza e la storia della religione ebraica nell’invenzione del “popolo ebraico”, che in realtà non esiste e non è mai esistito così come non esistono e non sono mai esistiti né il “popolo cristiano” né il “popolo islamico”, bensì un insieme di popoli tra loro diversi che si rifanno a una stessa religione. Per giunta spesso in modi tra loro molto diversi, lastricati di scismi. Continua a leggere

Ora è dimostrato: abbiamo un capo del governo che avrebbe dovuto invece stare in galera, con il suo complice Cesare Previti. Altro che le starnazzate di sua figlia Marina e dei lecchini politici e parapolitici

La cosa più incredibile è sentir starnazzare e delirare Marina Berlusconi di assalto politico giudiziario a suo padre, quando lei siede al vertice dell’azienda dalla quale starnazza solo grazie al fatto che suo padre l’ha scippata ai legittimi titolari corrompendo magistrati per comprarne le sentenze. La berluschina siede cioè al comando del bottino scippato, la Mondadori, dalla quale in qualunque Paese civile sarebbe già stata cacciata a pedate da tempo. L’assalto c’è stato, sì, grave e illegale, ma è quello condotto da suo padre ai danni altrui, non viceversa.
La cosa più indecente è sentir starnazzare e delirare ancora e anche su questo lo stesso capo del governo, il padre della suddetta Marina, meglio noto come il Chiavaliere o anche il Cavalier Pompetta del Bunga Bunga, che in un Paese civile starebbe da tempo in galera anziché al governo per l’ennesima volta. Continua a leggere

Israele è come gli 007: ha la licenza di uccidere. Concessa dalle loro maestà Usa ed Europa. Grazie ai miti creati dal sionismo e dimostrati come falsi da vari docenti di storia israeliani

Nuova strage di pacifici manifestanti palestinesi per mano del solito esercito israeliano dall’ammazzamento facile. Dopo la ventina di omicidi, con contorno di centinaia di feriti, di pochi giorni fa in occasione delle manifestazioni per la Naqba, cioè per Il Disastro della cacciata a mano armata di 700 mila palestinesi dalle loro terre seguita alla proclamazione dello Stato di Israele, ecco la ventina di omicidi delle ultime ore in occasione della Naksa: in occasione cioè della ricorrenza della sconfitta nella Guerra dei Sei Giorni del ’67 dei farraginosi eserciti di Egitto, Siria e Giordania per mano di quello di Israele. Che si prepara alla nuova mattanza di “pacifinti”, come gli ipocristi chiamano i pacifisti non antipalestinesi, della prossima Flotilla diretta a Gaza dopo la strage di 9 pacifisti turchi a bordo di una nave della Flotilla precedente. A parte le chiacchiere, le bugie e il sempre più cinico e intollerabile farsi scudo della Shoà, che non è una tragedia privata degli israeliani, non appartiene solo a loro, ma è una tragedia del mondo e al mondo intero appartiene, le cifre mettono a nudo la realtà della repressione militare israeliana e i suoi obiettivi. Dal 200o al 2010 a fronte di 1.083 vittime civili della “insorgenza” palestinese ci sonon 6.371 vittime civili palestinesi. Non siamo ancora al famoso rapporto “1 a 10″, di orribile memoria, ma ci siamo vicini, anche perché nel 2011 le altre vittime palestinesi non sonio certo poche: una vergogna per Israele. Che ai palestinesi ha anche rubato terra per piazzarci ben 430 mila colonim in spregio a tutte le leggi internazionali e alle stesse risoluzioni e richieste dell’Onu. I rifugiati palestinesi che campano con l’elemosina dell’Unrwa, l’apposita agenzia dell’Onu, sono ormai arrivati alla astronomica cifra di 4,8 milioni. Le case demolite e gli alberi da frutta palestinesi, olivi e arance soprattutto, distrutti per rappresaglia dagli israeliani assommano ormai a decine di migliaia le prime e a centinaia di migliaia i secondi. Ho perso il conto dei pozzi e delle fonti d’acqua palestinesi requisiti, cioè rubati, ai palestinesi. Ci sono situazioni scandalose che francamente gridano vendetta, dall’impossiiblità per certi villaggi, piani di bambini, a poter disporre di acqua ed elettricità alla moria di donne incinta impossibilitate a ricoverarsi in ospedale per partorire a causa dei chek point chiusi e del menefreghismo dei soldati addetti al loro funzionamento.  La situazione di Gaza non ha bisogno di essere illustrata. Continua a leggere

Le false accuse di Letizia Moratti contro Giuliano Pisapia non sono state una caduta di stile, ma l’espressione dello stile padronale. Poi blaterano di Partito dell’Amore…

Quella di Letizia Moratti contro Giuliano Pisapia NON è stata una caduta di stile. E’ stata una espressione dello stile reale della Moratti, chiacchiere e sorrisi da sciùra meneghina bene a parte. Lo dimostra la volgare e maniacale insistenza di Berlusconi e del suo sodale Umberto Bossi nel lanciare accuse campate per aria contro il concorrente della Moratti sindaco . La mascalzonaggine dell’accusare Pisapia di voler fare di Milano una “zingaropoli musulmana” è duplice, anzi triplice. Intanto non è affatto vero che Pisapia vuole “una moschea in ogni quartiere”, e anche se fosse non si vede dov’è lo scandalo. Pisapia ha solo messo in chiaro che anche i musulmani hanno diritto ad un loro luogo di culto, pagato peraltro di tasca propria. Il che NON significa affatto voler musulmanizzare milano. La volgare e bugiarda accusa del tandem BeBo, Berlusconi Bossi, alias l’accoppiata sessuomane mister Bunga Bunga e il senatùr padano La Lega Ce L’Ha Duro, mostra un robusto razzismo e “dalli all’untore” contro i musulmani. Che spesso sono molto più civili e decenti di Bossi e anche di Berlusconi, per non dire delle accolite che li contornano. Infine il razzismo contro i rom. Poiché i rom hanno subito dai nazisti un Olocausto (termine peraltro fuorviante perché nella bibbia indica un rito di sacrificio a Dio) sul piano numerico meno grave di quello subito dagli ebrei, ma percentualmente più grave, ne consegue una gigantesca dimostrazione di ipocrisia di chi ancora oggi sbraita contro i rom e giustifica sempre Israele in quanto “Stato di tutti gli ebrei del mondo” e in quanto gli ebrei hanno subito il pesante di sterminio per mano nazista. Altro che negazionismo, riduzionismo e relativismo! Ci si riempie la bocca e i giornali quasi ogni giorno di Shoà e Memoria a senso unico, ma nessuno sa che la Shoà dei rom ha un suo nome, anzi due (Samudaripen e Porrajmos). Ah, i guasti della Memoria priva di memoria…. Continua a leggere

Nuovo spaventoso e ingiustificabile massacro di manifestanti palestinesi, con il chiaro intento di far saltare il recente accordo ANP-Hamas. Senza che il nostro presidente della Repubblica abbia sentito l’elementare opportunità, mentre i militari israeliani uccidevano, di almeno rinviare se non rifiutare il premio assegnatogli da Israele

Dunque non sono i lanci dei piccoli e inefficaci razzi Qassam o il terrorismo palestinese le vere cause della violenza militare israeliana contro gli abitanti dei Territori occupati e di Gaza. L’impensabile e ingiustificabile cifra di ben 20 pacifici manifestanti uccisi dall’esercito israeliano al confine con Gaza, con il Libano e la Siria ne sono la scandalosa prova. Il ragionevole sospetto è che in realtà il governo israeliano voglia forzare Hamas a interrompere la tregua che si è impegnata a rispettare con i recenti accordi con l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), presieduta da Abu Mazen, firmati di recente in Egitto. Una ripresa del terrorismo da parte di Hamas fornirebbe infatti a Israele un buon alibi per fare pressione sul presidente Usa Obama e avere disco verde per una nuova escalation militare, in modo da far saltare anche il fresco ma non ferreo accordo Hamas-ANP. E’ stata la giornalista israeliana Tania Reinhart a documentare, con il suo libro “Distruggere la Palestina”, che soprattutto il governo di Sharon ha sempre puntato a colpire i palestinesi proprio quando soprattutto Hamas non agiva sul piano terroristico, in modo da costringerla a rispondere e poter così continuare nella spirale della morsa distruttiva degli assi portanti della società palestinese, donde il titolo del libro. Reinhart ha dimostrato come gli “omicidi mirati”, arrivati ormai a quota quasi 300, contro dirigenti e militanti veri o presunti di Hamas e di altri gruppi armati, senza contare i morti civili “collaterali”, siano serviti soprattutto a tener viva l’iniziativa “militare” di Hamas in modo da poter avere gli alibi per continuare a reprimere e poter costruire sempre nuove colonie e il famigerato Muro senza trovare troppe proteste nel mondo occidentale ed europeo in particolare. Non bisogna dimenticare che del resto la stessa Hamas è nata per reazione al massacro nella moschea di Abramo perpetrato dal colono israeliano Baruch Goldstein il 25 febbraio 1993: 29 musulmani uccisi mentre pregavano e nessun colpevole appurato da parte israeliana, che diede la colpa del massacro al solo colono assolvendo la polizia e i militari che lo avevano lasciato entare in moschea armato di mitra. Continua a leggere