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LA PALESTINA ASPETTA DA 67 ANNI

La Palestina aspetta da 67 anni….
Aspetta ai checkpoint.
Aspetta per andare a scuola e a lavorare.
Aspetta per andare a visitare un parente e per curarsi.
Aspetta di avere libero accesso alla sua acqua.
Aspetta il permesso di costruire sulla propria terra.
Aspetta che si smettano di demolire le sue case.
Aspetta che cessino le discriminazioni.
Aspetta di poter avere un’economia autonoma.
Aspetta che si smetta di negare la sua storia.
Aspetta che vengano attuate decine di risoluzioni ONU e rispettate le convenzioni di Ginevra.
Aspetta che cessino le punizioni collettive.
Aspetta che finiscano le incarcerazioni senza accuse e senza processo.
Aspetta di poter decidere liberamente del proprio futuro.
Aspetta che si rompa il silenzio e cessi l’indifferenza.
Aspetta che finisca l’occupazione.
Aspetta sempre.
E malgrado tutto questo, esiste.

Pax Christi

Un silenzioso genocidio culturale e la sinistra che se ne frega

di Alexian Santino Spinelli (romanì, musicologo, musicista e direttore d’orchestra)

La cultura romanì (dei gruppi Rom, Sinti, Kale, Manouche e Romanichals), che in sei secoli di storia europea è riuscita a sopravvivere a ogni sorta di repressione e di folle persecuzione di re, sovrani, principi, papi, imperatori e perfino alla dittatura e allo sterminio nazifascista, sta morendo sotto la moderna democrazia. Un genocidio culturale silenzioso, ma sistematico. Non una sola politica in tutta Europa a reale sostegno della cultura romanì, in Italia non un solo euro istituzionale destinato alla valorizzazione e alla diffusione della cultura romanì.

Esistono solo iniziative private o isolate che arrestano momentaneamente un genocidio culturale all’orizzonte. La letteratura romani non arriva nel circuito librario e nel sistema industriale, la pittura e la scultura romani non arrivano nelle grandi gallerie artistiche, i film e i documentari dei Rom non arrivano nei circuiti televisivi e cinematografici nazionali, la musica romanì è sempre di nicchia, la lingua romanì non si insegna nelle scuole pubbliche e gli stessi bambini Rom non la parlano più in famiglia perdendo quotidianamente un numero importanti di vocaboli che rimpiazzano con i termini che ascoltano in televisione. I grandi eventi deputati alla valorizzazione e alla diffusione di questo enorme patrimonio in Italia non esistono.

Non una sola biblioteca nazionale romanì, ne un’editoria romanì rilevante, non una sola casa discografica romanì, non una sola compagnia teatrale romanì, non un solo museo destinato ai Rom e Sinti, non una sola rivista nazionale, nè un programma radiofonico o televisivo nazionale. Nulla di nulla dopo sei secoli di presenza in Italia. Nessun sostegno agli artisti Rom e Sinti che pur ci sono: pittori, scultori, cineasti, attori e attrici, scrittori e scrittrici, poeti e poetesse, danzatrici, musicisti e quant’altro. Aiuti e sostegno?

Praticamente nulla. Come può una cultura così invisibile riuscire a sopravvivere quando milioni di euro sono sperperati in nome e per conto di Rom e Sinti per creare assistenzialismo becero e campi nomadi segreganti che degradono quotidianamente la cultura romanì stessa? Come è possibile che nonostante Mafia Capitale abbia mostrato chiaramente gli interessi e gli intrallazzi di stampo criminale sulla pelle di Rom inermi che non sono nomadi per cultura e che non hanno bisogno dei campi nomadi degradanti nulla sia cambiato? Un’ immenso patrimonio culturale è stato fatto diventare un gigantesco e mediatico problema sociale. I finanziamenti ci sono (e se ci sono) solo per segregare e discriminare Rom e Sinti?

Ecco il polpettone avvelenato da far ingoiare all’opinione pubblica sempre più ignara e disinformata nei confronti dei Rom nonostante secoli di presenza sul territorio nazionale. Menzogne su menzogne e dividi et impera. Solo persecuzioni, segregazione e discriminazione per sei secoli ininterrottamente. Oggi si paga il conto e la cultura romanì rischia di scomparire proprio sotto una Repubblica Democratica ma che non ha minimamente cambiato l’atteggiamento ostile e repressivo delle politiche dei governi autoritari o assolutistici dei secoli passati nei confronti dei Rom.

Questa riflessione è essenziale per comprendere quanto lavoro c’è da fare per andare in direzione opposta e contraria. A dimostrazione che non è questione di partito o coalizioni politiche vi porto ad esempio il caso dell’associazione culturale Thèm Romanò nata nel 1989, la prima vera associazione di Rom e Sinti italiani, con vocazione prettamente culturale e non politica o sociale. Per ben 21 edizioni ha organizzato un grande festival di musica romani prima ed interculturale poi con selezionati gruppi musicali e personaggi famosi. Al festival si abbina un Concorso Artistico Internazionale “Amico Rom” a cui si può partecipare con ogni opera artistica riguardante il mondo romanò e aperto a tutti senza distinzione di etnia e in cinque lingue diverse.

Migliaia di lavori per un patrimonio culturale inestimabile. Il festival e il concorso sono sempre stati finanziati da un’amministrazione di centro – destra. In due anni l’ultima amministrazione di centro – sinistra di Lanciano ha distrutto tutto non finanziando gli eventi (5 mila euro- ultimo finanziamento solo 3.000 euro- a fronte di eventi di reale spessore artistico con un valore commerciale di circa 50.000 euro) che erano da considerarsi gli unici eventi davvero di “sinistra” in quanto si trattava di veicoli di integrazione e di interculturalità. Risultato: i fascisti di sinistra mediocri e ottusi sono i peggiori per i Rom e Sinti e il festival con il concorso spostati a Pescara in condizioni di sopravvivenza.

A livello nazionale la situazione è ancora peggio e l’impoverimento della lingua, della cultura e dell’arte romanì è evidente. Tutti coloro che si occupano dei Rom (o dei loro interessi sui Rom) fanno finta di non vedere. Le leggi razziali sono state abrogate nella legislazione ma non nella mente e nel cuore di tanti italiani compreso chi si considera di “Sinistra”.

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Il mio amico Santino Spinelli, al quale sono riuscito a far pubblicare da Baldini Castoldi quello che credo sia l’unico libro in lingua italiana di storia dei romanì, in questa sua denuncia ha dimenticato di citare il Porrajmos, detto anche Samudaripen, come viene indicato in lingua romanì il genocidio dei romanì perpetrato dai nazisti assieme a quello degli ebrei. Si calcola che siano stati massacrati nei campi di sterminio nazisti tra i 400 mila e gli 800 mila romanì: un genocidio percentualmente persino più grave di quello degli ebrei, universalmente noto come Shoà. Mentre però la Shoà tutti sanno cos’è stata e se ne parla pressocché in continuazione, nessuno sa o vuole sapere, neppure a sinistra, che è esistito anche lo sterminio dei romanì, il cui nome, Samudaripen o Porrajmos, è assolutamente ignoto a tutti, compresi i politici di sinistra. E’ stata creata la Giornata della Memoria per ricordare “gli ebrei e i cittadini italiani” massacrati dai nazifascisti, come se gli ebrei italiani non fossero italiani. Ma per i romanì nessuna Giornata della Memoria e nesuna memoria neppure con la emme minuscola. 

Inoltre, mentre la Shoà viene utilizzata continuamente per giustificare qualunque tipo di politica di Israele, compresi i massacri a Gaza e, soprattutto negli anni scorsi, le spaventose repressioni delle manifestazioni palestinesi anche se pacifiche, il Samudaripen non ha fatto nascere da parte italiana ed europeaneppure il semplice rispetto per il popolo romanì che ne è stato vittima. Un esempio per tutti: Walter Veltroni ha creato la Sinistra per Israele, fonte di amicizie potenti e perciò utili anche in campo elettorale, ma non si sognoerebbe mai di creare qualcosa che somigli alla Sinistra per i Romanì, ammesso e non concesso che sappia cosa sono i romanì e cosa sia il Samudaripen.

Siamo quindi in presenza del solito opportunistico essere forti con i deboli e deboli con i forti, e di un inammissibile uso di due pesi e due misure. Siamo di una ipocrisia davvero vergognosa.

PALESTINA-ISRAELE: CHI HA PAURA DELLO STATO BINAZIONALE?

di Gideon Levy

http://frammentivocalimo.blogspot.it/2014/02/gideon-levy-chi-ha-paura-dello-stato.htmlSintesi personale

Sintesi personale

Ebrei e arabi hanno vissuto insieme in uno stato dal 1948; israeliani e palestinesi vivono insieme in uno stato dal 1967. Questo paese è ebreo e sionista, ma non democratico per tutti. I suoi cittadini arabi sono limitati , mentre i palestinesi nei territori sono diseredati e privi di diritti .una soluzione per i suoi cittadini ebrei e un disastro per i suoi sudditi palestinesi. Quelli che sono spaventati da un unico Stato, quasi tutti gli israeliani ,ignorano che nella realtà è  già esistente.  Sono terrorizzati dal cambiamento : da uno stato di apartheid e di occupazione ad uno stato egualitario, da uno stato binazionale travestito da stato-nazione (del sovrano), ad uno stato binazionale in linea di principio. In entrambi i casi, gli ebrei e palestinesi  vivono in questo stato da almeno due generazioni, anche se  divisi. E impossibile ignorare.ciò
Le relazioni tra i due popoli in questo paese hanno conosciuto cambiamenti: da un regime militare  per gli arabi-israeliani fino alla sua abolizione (nel 1966), da un periodo di maggior calma e libertà nei territori a periodi tempestosi di terrore omicida e  di violenta occupazione. A Gerusalemme, Acri, Giaffa, Ramle, Lod, la Galilea e di Wadi Ara vivono arabi ed ebrei e le relazioni tra loro non sono impossibili.

Le relazioni con i palestinesi nei territori sono cambiati,  ma nel corso degli anni abbiamo vissuto in un  unico paese, anche se con la spada.
Per 47 anni  c’è stata la possibilità di ritirarsi dai territori per mantenere il carattere  ebraico e democratico dello Stato ,ma gli israeliani  hanno scelto di non farlo. E ‘forse questo un loro diritto, ma è loro dovere  offrire un’altra soluzione.   Sotto questa bandiera hanno ampliato gli insediamenti e perpretato l’occupazione con l’  obiettivo  di contrastare  la partizione. Questa finalità  è diventata irreversibile : non si parla più di evacuare oltre mezzo milione di coloni  e quindi non si parla più di una giusta soluzione dei due stati.

Le proposte di Stato John Kerry, che scoraggiano anche un gran numero di israeliani negli Stati Uniti, non garantiscono una soluzione giusta,  non garantiscono una soluzione: i ” blocchi di insediamenti ” resteranno in vigore. . ” Le misure di sicurezza “saranno in vigore per la Valle del Giordano, forse anche lì  sarà  consentito agli insediamenti di rimanere. La proposta dice no al ritorno dei profughi  o a una soluzione al problema dei rifugiati. Nel frattempo  ci  si impegna a non ” evacuare un Ebreo “e si  propone  la sovranità palestinese per i coloni
A questo punto può essere possibile andare dal droghiere all’angolo, formulare e anche firmare un altro documento (senza alcuna intenzione di  attuarlo  ) che somiglia notevolmente a tutti  quelli precedenti  ed ora 
riposti, pieni di polvere, in qualche archivio,ma è impossibile risolvere il conflitto con un tale piano. I rifugiati, i coloni , la Striscia di Gaza, la mancanza di buone intenzioni e  di giustizia   resteranno  .

Chi sostiene la soluzione dei due stati – a quanto pare la maggior parte degli israeliani – deve offrire una soluzione reale. Le proposte di Kerry non fanno ben sperare. Israele vi aderirebbe , ma solo per mantenere le sue relazioni con gli Stati Uniti e il mondo e per spingere i palestinesi nell’angolo , non certo per stabilire la pace o imporre la giustizia.
Da questo generale “no” sorge il “sì  a uno stato”. Se gli israeliani vogliono mantenere gli insediamenti ,nella Valle del Giordano, a  Gush Etzion e Maale Adumim, a Gerusalemme Est e leader nel Beit El devono prendere atto che c’è  un solo stato. Se c’è uno stato, allora il discorso deve cambiare: diritti uguali per tutti.
I problemi sono molti e complicati e come loro lo sono anche le soluzioni: divisione in distretti, federazione,  governi separati . Non ci sarà alcun cambiamento demografico qui – perché lo Stato è  da lungo  tempo  binazionale ,  ma solo un cambiamento democratico e consapevole. E allora si porrà la questione in tutta la sua forza: perchè così spaventoso vivere in uno stato egualitario? Infatti tutte le altre possibilità sono molto più spaventose.

http://www.haaretz.com/opinion/.premium-1.571863

Gideon Levy : Who’s afraid of a binational state?

Noam Chomsky: La politica israeliana dei fatti compiuti

di Noam Chomsky

Il 26 agosto, Israele e l’Autorità Palestinese hanno entrambi accettato un accordo per il cessate il fuoco, dopo un assalto di 50 giorni a Gaza, che ha provocato la morte di 2.100 palestinesi e ha lasciato vasti panorami di distruzione.
L’accordo chiede una fine dell’azione militare da parte di Israele e di Hamas e anche un allentamento dell’assedio israeliano che ha strangolato Gaza per molti anni.
Tuttavia questo è il più recente di una serie di accordi pe il cessate il fuoco raggiunti dopo ognuna delle periodiche escalation di Israele nel suo incessante assalto a Gaza.
Fin dal novembre 2005 i termini di questi accordi sono rimasti essenzialmente gli stessi. Lo schema regolare è che Israele non osservi qualsiasi accordo sia deciso, mentre Hamas lo osserva – come ha ammesso Israele – fino a quando un brusco aumento della violenza da parte di Israele provoca una reazione di Hamas, seguita da brutalità ancora più feroce.
Queste escalation si chiamano “tagliare l’erba del prato” nel gergo di Israele. Quella più recente è stata descritta in modo ancora più preciso come “rimuovere lo strato superficiale di terra” da un anziano ufficiale militare statunitense, citato sul canale televisivo Al-Jazeera America. Continua a leggere

Come Israele zittisce il dissenso per coprire i propri crimini

Mairav Zonszein : come Israele silenzia il dissenso.

Jaffa, Israele – Il 12 luglio, quattro giorni dopo l’ultima guerra a Gaza, centinaia di israeliani si sono riuniti nel centro di Tel Aviv per protestare contro l’uccisione di civili da entrambe le parti e chiedere la fine dell’assedio di Gaza e dell’occupazione israeliana nella Cisgiordania. Hanno cantato, “ebrei e arabi rifiutano di essere nemici.” Hamas aveva avvertito che avrebbe sparato una raffica di razzi contro centrale di Israele dopo le 9 di sera e lo ha fatto.

Ma le lesioni subite a Tel Aviv quella notte non derivavano dal lancio di razzi, ma da un attacco premeditato di un gruppo di estremisti ebrei israeliani.che cantavano “Morte agli arabi” e “Morte alla sinistra ,” e hanno hanno attaccato i manifestanti violentemente . Alcuni manifestanti sono stati picchiati e hanno avuto bisogno di cure mediche : la polizia non ha fatto nessun arresto . La stessa cosa è accaduta a un’altra protesta contro la guerra ad Haifa e questa volta tra le vittime : il vice sindaco della città, Suhail Assad e suo figlio. Il primo ministro Benjamin Netanyahu non ha fatto alcuna dichiarazione per condannare la violenza, anche se in precedenza aveva dichiarato che la sua preoccupazione principale era garantire la sicurezza dei cittadini israeliani. Continua a leggere

GIDEON LEVY: 1) – LA SINTASSI INTERNA DELLA VIOLENZA (DI ISRAELE); 2) – IL VERO VOLTO DELLE FORZE ARMATE (DI ISRAELE)

http://frammentivocalimo.blogspot.it/2013/04/gideon-levy-la-sintassi-interna-della.html del 12 aprile 2013

http://frammentivocalimo.blogspot.it/2014/08/gideon-levy-idfs-real-face.html del 31 agosto 2014

1) http://frammentivocalimo.blogspot.it/2013/04/gideon-levy-la-sintassi-interna-della.html

venerdì 12 aprile 2013

Gideon Levy : La sintassi interna della tempesta .

Venendo in difesa di Amira Hass dopo il suo controverso editoriale sul lancio di sassi palestinese, Gideon Levy sostiene che le critiche contro la Hass mettono a nudo l’ipocrisia, o l’ignoranza, di vaste aree dell’opinione pubblica israeliana.
di Gideon Levy
La tempesta che si è scatenata sull’importante parere di Amira Hass, “La sintassi interna del lancio di sassi palestinese,” è stata benvenuta. Ha messo a nudo tutto in una volta l’ipocrisia, o l’ignoranza, di vaste aree dell’opinione pubblica israeliana.

L’ipocrisia, perché la folla indignata ignora l’originaria, fondamentale, istituzionalizzata e metodica violenza insita nel fatto stesso dell’occupazione e dei suoi meccanismi. L’ignoranza, perché è sottinteso che i ferventi oppositori potrebbero proprio non sapere quanto crudele sia la tirannia militare nei territori.
Inoltre, coloro che hanno accusato così furiosamente la Hass di “aver attraversato il confine” e di “incitamento all’omicidio” non hanno letto il suo pezzo fino in fondo. Non contiene istigazione a delinquere, ma piuttosto una preoccupazione leale e coraggiosa per la lotta di liberazione palestinese, che è assente nel dialogo israeliano.  Se c’è qualche che propugna nel suo commento, è indirizzata principalmente alla lotta non violenta contro l’occupazione, sotto forma di appello alla documentazione, dell’andare a lavorare le terre rubate e del superare la paura degli interrogatori. Anche l’atto di prendere le pietre si giustifica soltanto come ultimo, inevitabile rifugio. Il commento è stato pubblicato pochi giorni dopo che gli ebrei avevano letto sul Haggadah, che racconta la storia di una lotta per la libertà di un diverso popolo, una lotta che includeva calamità ben più terribili dei sassi lanciati contro i negatori della libertà. Generazioni di ebrei leggono questo testo con stupore e meraviglia, raccontandolo ai loro figli. Ma non sono disposti ad applicare la stessa regola di base – la stessa giustizia interna, secondo la quale la resistenza, inclusa la resistenza violenta, è un diritto di nascita e un dovere di ogni nazione sconfitta, come ha scritto la Hass – a tutti e non solo gli ebrei. Continua a leggere

ISRAELE: “UNO STATO FONDATO SULLA RAPINA”

http://www.internazionale.it/opinioni/amira-hass/2014/09/03/uno-stato-fondato-sulla-rapina/
di Amira Hass

È sorprendente che qualcuno si stupisca ancora alla notizia di un’altra rapina a mano armata, che in gergo burocratico si traduce come dichiarare un pezzo di terra proprietà dello stato. Qualcuno sembra stupito che nel bilancio dello stato israeliano il ministero della difesa è diventato prioritario, mentre l’istruzione ha subìto pesantissimi tagli.
Il regime israeliano si fonda su tre pilastri: rubare la terra e scacciare coloro che ci vivono, nutrire l’apparato di guardie del corpo (l’esercito, nel gergo locale) che proteggono la spoliazione, e demolire lo stato sociale spazzando via il principio della responsabilità civile reciproca.
Senza questi tre princìpi fondamentali non sarebbe il nostro regime. Ma parlare dei dettagli, stupirsi al momento giusto, sorprendersi una tantum, ci fa dimenticare il quadro generale. Ci fa dimenticare il fatto che è proprio questo il regime. Continua a leggere

Gideon Levy: “È israele che alimenta l’antisemitismo”.

Aggiungo che questo odio Israele lo alimenta apposta, con l’obiettivo di spingere gli ebrei d’Europa e del mondo a emigrare in Israele. Obiettivo coronato da successo con la politica di odio e disprezzo verso i Paesi arabi e musulmani, che ha fruttato a Israele l’immigrazione di un milione di ebrei che da secoli vivevano senza problemi in quei Paesi. Da tempo tale strategia non funziona più, essendo evidente anche a sempre più ebrei la realtà decisamente non encomiabile di Israele. Ed ecco che si è fatto spazio, ovviamente a spese dei palestinesi, a decine di migliaia di cristiani ortodossi russi, base del potere dell’indecente Avigdor Lieberman, spacciandoli per ebrei. Si è fatto spazio anche a peruviani convertiti all’ebraismo. Manca solo che “tornino” in Israele, per rubRe anche loro terra ai palestinesi, cinesi, giapponesi, eschimesi, lapponi, africani neri e altri affamati di terre altrui convertiti all’ebraismo o comunque spacciati per ebrei.

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Un’ondata di rabbia sta investendo l’opinione pubblica mondiale. In contrasto con la miopia e l’autocompiacimento dell’opinione pubblica israeliana, all’estero la gente ha visto le foto di Gaza ed è rimasta sconvolta. Per chiunque avesse una coscienza era impossibile fare finta di niente.

Lo shock si è trasformato in odio verso lo stato che ha fatto tutto ciò, e in alcuni casi l’odio ha finito per risvegliare l’antisemitismo dalla sua tana. Sì, nel ventunesimo secolo c’è ancora antisemitismo nel mondo, ed è stato Israele ad alimentarlo. Israele ha fornito all’odio scuse in abbondanza.

Ma non tutti i sentimenti anti-israeliani sono antisemiti. Semmai è vero il contrario: la maggior parte delle critiche a Israele sono fondate e moralmente giustificabili. L’antisemitismo, razzista come tutti gli odi nazionali, è spuntato ai margini di queste critiche, e Israele è direttamente responsabile della sua comparsa.

Ma Israele e l’establishment della diaspora ebraica etichettano automaticamente ogni critica come antisemita. Il trucco è vecchio: il peso della colpa viene trasferito da quelli che hanno commesso gli orrori di Gaza a quelli che si macchiano di cosiddetto antisemitismo. Non è colpa nostra, è colpa tua, mondo antisemita. Qualunque cosa faccia, Israele ha sempre tutto il mondo contro.

Naturalmente questo non ha senso. Così come un poliziotto che fa una multa a un automobilista ebreo non è necessariamente antisemita, come vorrebbero far credere alcune organizzazioni ebraiche, e una rapina a un rabbino non è necessariamente motivata dall’odio razziale, le critiche a Israele non sono necessariamente motivate dall’odio per gli ebrei.

http://www.internazionale.it/opinioni/gideon-levy/2014/08/14/mio-dio-lantisemitismo/

La disonestà della classe dirigente e l’immoralità di quella militare d’Israele, che ingannano e usano in modo cinico (anche) i propri giovani


L’esultanza di questi giovani soldati dopo la nuova terribile mattanza a Gaza dimostra l’imbecillità dell’età giovanile di ogni parte del globo quando è imbevuta di nazionalismo e dimostra l’odio contro i palestinesi con il quale in Israele i cittadini vengono formati fin dalle scuole elementari, grazie ai programmi scolatici che, come rivelato da molti docenti di storia israeliani, hanno deliberatamente falsato la Storia e la narrazione della nascita di Israele. E’ come se in Italia si scoprisse che Garibaldi e i garibaldini anziché avere “fatto l’Italia” con le famose battaglie (più qualche strage in Sicilia…) l’hanno fatta con la pulizia etnica di oltre 500 villaggi, paesi, quartieri e città oltre che con una serie impressionante di stragi di civili, esecuzioni sommarie, saccheggi e ruberie varie. E’ come scoprire che in Italia Garibaldi anziché andarsene in esilio a Caprera s’era fatto un ranch sul territorio di un paese di meridionali evacuato e distrutto così come ha fatto Sharon nel Negev con il territorio di un paese “ripulito”. Continua a leggere

LA DISFATTA MORALE DI ISRAELE

http://nena-news.it/amira-hass-la-disfatta-morale-di-israele-ci-perseguitera-per-anni/Amira Hass: “La disfatta morale di Israele ci perseguiterà per anni”

Scrive la giornalista israeliana Amira Hass: “Se vittoria vuol dire causare al nemico una pila di bambini massacrati, allora Israele ha vinto. Queste vittorie si aggiungono alla nostra implosione morale, la sconfitta etica di una società che ora si impegna a non fare un’auto-analisi, che si bea nell’autocommiserazione a proposito di ritardi nei voli aerei?”.

La casa distrutta del leader di Hamas Ismail Haniyeh (Foto: Finbarr O’Reilly/Reuters)
[PINO NICOTRI: DA NOTARE CHE LUI E’ ALL’ESTERO, PERCIO’ BOMBARDARGLI LA CASA E’ STATO SOLO UN ATTO DI BARBARIE, I MILITARI ISRAELIANI GLI HANNO MASSACRATO LA FAMIGLIA, I PARENTI, GLI AMICI ED EVENTUALI INQUILINI SOLO PER IL GUSTO PEGGIO CHE ANIMALESCO DELLA VENDETTA, ACCECATI DA UN ODIO SEMPRE PIU’ BESTIALE, ANCHE SE IN REALTA’ LE BESTIE NON ODIANO. A ODIARE SIAMO SOLO NOI ESSERI COSIDDETTI UMANI]

di Amira Hass – Haaretz

Ramallah, 30 luglio 2014, Nena News – Se la vittoria si misura in base al numero dei morti, allora Israele e il suo esercito sono dei grandi vincitori. Da sabato, quando ho scritto queste parole, a domenica, quando voi le leggete, il numero [dei morti palestinesi] non sarà più di 1.000 (di cui il 70-80% civili), ma anche di più [sono 1200, ndt].

Quanti altri ancora? Dieci corpi, diciotto? Altre tre donne incinte? Cinque bambini uccisi, con gli occhi semichiusi, le bocche aperte, i loro piccoli denti sporgenti, le loro magliette coperti di sangue e tutti trasportati su una sola barella? Se vittoria vuol dire causare al nemico una pila di bambini massacrati su una sola barella, perché non ce ne sono abbastanza, allora avete vinto, capo di stato maggiore Benny Gantz e ministro della Difesa Moshe Ya’alon, voi e la nazione che vi ammira. Continua a leggere

ANCHE LA GIORNALISTA ISRAELIANA AMIRA HASS METTE A NUDO LA FOLLIA DI ISRAELE

Il nuovo massacro continua. L’ennesimo. Così come continua l’indecente silenzio dell’Italia, dell’Europa e degli Usa. Silenzio che certifica il nuovo collasso morale del Vecchio Continente e dell’Occidente in generale, che ha anche partorito il nuovo disastro libico. Pubblico volentieri questo articolo di Amira Hass, giornalista israeliana che vive a Ramallah, in Cisgiordania, scrive per il quotidiano Ha’aretz e ha una rubrica su Internazionale.


“C’è del metodo in questa follia. E il cieco rifiuto di Israele di comprendere la portata della vendetta che sta portando avanti a Gaza ha una sua logica. L’intera nazione è un esercito. L’esercito è la nazione. Entrambi sono rappresentati da un governo ebreo-democratico e da mezzi d’informazione fedeli, e tutti quanti lavorano insieme per vendicarsi dei traditori palestinesi, la cui colpa è quella di non riconoscere l’assoluta normalità della situazione.
I palestinesi sono disobbedienti. Non vogliono adattarsi. Pensavamo che sarebbe bastato trattarne bene alcuni e riempire il portafogli di pochi, lasciando che le enormi donazioni di Stati Uniti ed Europa gonfiassero le tasche di un immaginario governo palestinese.
Le incessanti manifestazioni di protesta nei villaggi della Cisgiordania non hanno minimamente intaccato la fede israeliana nella normalità della sua dominazione esercitata su un altro popolo. Il boicottaggio e le sanzioni hanno un po’ confuso il nostro ego, ma non è bastato a farci recepire il messaggio. Il governo di riconciliazione palestinese sembrava averci spinto a fare un passo avanti e rifiutare finalmente l’ostentazione di normalità imposta da Israele. Ma non ce l’ha fatta, perché troppe forze all’interno di Al Fatah e Hamas non lo hanno sostenuto.
Allora è toccato ai razzi di Hamas disturbare il sonno degli occupanti. Dite quello che volete, ma sono riusciti dove le manifestazioni, i boicottaggi e la cancellazione dei concerti hanno fallito.
Nazione, esercito, governo e mezzi d’informazione: avete occhi e orecchie, eppure non vedete e non sentite. Continuate a sperare che il sangue palestinese già versato e quello che ancora deve scorrere basteranno a riportare la calma e la cara vecchia occupazione. Rifiutate di usare le vostre competenze per fermarvi in tempo, prima che si verifichi un disastro ancora più grave. Lo avete già fatto l’ultima volta, e la volta prima.
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FATTI SPARIRE DA FACEBOOK POST DEL DOCENTE ISRAELIANO ARIEL TOAFF SULLA NUOVA TRAGEDIA ISRAELO PALESTINESE

PUBBLICO VOLENTIERI IL POST SCRITTO TRE GIORNI FA NELLA SUA PAGINA FACEBOOK DA ARIEL TOAFF, DOCENTE DI STORIA IN ISRAELE, E MISTERIOSAMENTE FATTO SPARIRE NON SI SA DA CHI, MA NON E’ DIFFICILE IMMAGINARNE ALMENO I MOTIVI. PUBBLICO ANCHE TUTTI I COMMENTI, FATTI SPARIRE ANCHE QUELLI. NON SOLO: SONO STATE FATTE SPARIRE ANCHE TUTTE LE NOTIFICHE DEI SINGOLI COMMENTI MAN MANO ARRIVATE A TUTTI GLI AMICI FB DI TOAFF. E’ STATO FATTO SPARIRE ANCHE UN ALTRO SUO POST, MA QUELLO NON LO AVEVO IN USO SUL COMPUTER PERCIO’ NON HO POTUTO SALVARLO.
BUONA LETTURA.

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Aereoporto di Tel Aviv, ore 15. Deserto come nel 1967. Allora si chiamava Lod o Lidda, ora Ben Gurion.
E domani?
Parlero’ dopo, se avro’ ancora un po’ di voce. Qualcuno mi dovra’ anche spegare se chi da settimane tira su Tel Aviv e sull’aereoporto vuole in cuor suo essere intercettato e non fare vittime civili. Il resto e’ comnmento e la guerra e’ sempre uno schifo.
I nostri giovani che muoiono mi strappano il cuore. Donne, anziani, bambini e vittime civili dall’altra parte mi riempiono di tristezza. dolore e rabbia.
Qualcuno dovra’ alla fine presentare il conto. Ma a chi e quando.
Non guardo piu’ i pezzi di colore in televisione. I De Amicis in ebraico o in arabo non mi hanno mai interessato. Purtroppo non lasciano il tempo che trovano. Continua a leggere

Gideon Levy smaschera l’ottusità e l’ipocrisia di Israele

FRAGOLE O SANGUE?

di Gideon Levy

[Gideon Levy è un giornalista israeliano, che ho avuto la fortuna di ascoltare e conoscere a Milano un anno fa. Scrive per il quotidiano Ha’aretz].

Dopo che abbiamo detto tutto ciò che c’è da dire sul conto di Hamas – che è integralista, che è crudele, che non riconosce Israele, che spara sui civili, che nasconde munizioni dentro le scuole e gli ospedali, che non ha fatto niente per proteggere la popolazione di Gaza – dopo che è stato detto tutto questo, e a ragione, dovremmo fermarci un attimo e ascoltare Hamas. Potrebbe perfino esserci consentito metterci nei suoi panni e forse addirittura apprezzare l’audacia e la capacità di resistenza di questo nostro acerrimo nemico, in circostanze durissime.

Invece Israele preferisce tapparsi le orecchie davanti alle richieste della controparte, anche quando queste richieste sono giuste e corrispondono agli interessi sul lungo periodo di Israele stesso. Israele preferisce colpire Hamas senza pietà e senza alcun altro scopo che la vendetta. Stavolta è particolarmente chiaro: Israele dice di non voler rovesciare Hamas (perfino Israele capisce che se lo fa si ritroverà sulla porta di casa la Somalia, altro che Hamas), ma non è disponibile ad ascoltare le sue richieste. Quelli di Hamas sono tutti “bestie”? Ammettiamo pure che sia vero, ma tanto lì stanno e lì restano, e lo pensa anche Israele. Quindi, perché non ascoltarli?

La settimana scorsa sono state pubblicate, a nome di Hamas e della Jihad islamica, dieci condizioni per un cessate il fuoco che sarebbe durato dieci anni. Possiamo anche dubitare che le richieste arrivassero davvero da quelle due organizzazioni, ma comunque erano una buona base per un accordo. Tra di esse non ce n’era neanche una che fosse priva di fondamento. Continua a leggere

La violenza di Israele e l’ipocrisia smemorata dell’Occidente

Pubblico volentieri questo pezzo tratto dal blog di Alberto Stabile su repubblica.it. Aggiungo solo che questo nuovo odioso massacro sulla pelle dei palestinesi dimostra l’assoluta inutilità della precedente mattanza sempre di palestinesi compiuta con l’invasione operata dagli israeliani nota col nome di Piombo Fuso. Che ammazzò più o meno 1.500 persone, 450 delle quali bambini, e molti di più ne storpiò. È sempre più evidente che la politica israeliana cerca solo di ammazzare quanti più palestinesi possibile e di rendere loro impossibile vivere senza emigrare altrove nel mondo.

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BEIRUT – Comincerei a chiamare le cose con il loro nome. Quella che per il governo e i media israeliani è un’ “operazione”, con tutto quello che di riduttivo e di definito nel tempo, nello spazio e negli obbiettivi da perseguire, ha questa definizione, è in realtà una guerra in cui un esercito incomparabilmente più forte, il quinto esercito del mondo si dice, combatte con i mezzi più avanzati della tecnologia militare contro una milizia di qualche decina di miglia di uomini, la cui arma più temibile consiste in un arsenale di razzi (molti) e di missili (pochi) artigianalmente costruiti, i primi e altrettanto artigianalmente assemblati, i secondi, nelle officine clandestine di Gaza. Continua a leggere

Ogni morte, palestinese o israeliana che sia, pesa sulle nostre coscienze come un macigno. La Comunità Internazionale ne porta le responsabilità

Ogni morte, palestinese o israeliana che sia, pesa sulle nostre coscienze come un macigno

La Comunità Internazionale ne porta le responsabilità

Ogni morte ci diminuisce!

AssoPacePalestina ritiene che l’assassinio dei tre giovani coloni israeliani sia un crimine che non può essere giustificato e che coloro che  lo hanno commesso non siano certamente “eroi”.

Hanno  tolto la vita a tre persone disarmate e minato  fortemente la causa palestinese, oltretutto nel momento in cui si era formato un governo di  unità nazionale.

Tutto ciò però non giustifica minimamente le rappresaglie messe in atto dal governo israeliano, che per ricercare i tre giovani e trovare i responsabili ha messo a ferro e fuoco un’intera popolazione punendola collettivamente per un crimine commesso da precisi responsabili.

Ogni morte, palestinese o israeliana che sia, pesa sulle nostre coscienze come un macigno.

Pesa sulle responsabilità della Comunità Internazionale che, pur essendo consapevole delle persistenti violazioni delle risoluzione delle Nazioni Unite e dei diritti umani da parte del governo Israeliano, non ne fa pagare il prezzo a Israele, limitandosi a semplici rimbrotti.

Nel leggere le dichiarazioni di Ministri israeliani e dello stesso primo ministro si resta annichiliti per la volontà distruttiva che esprimono.

Demolire le case delle famiglie dei  due presunti colpevoli fa parte di una cultura della vendetta che dovrebbe appartenere al passato tribale, ma di cui Israele è talmente intrisa da applicarla continuamente nella totale impunità.

Fa parte della lucida operazione di distruzione della società e della cultura palestinese l’aver attaccato e distrutto in queste settimane di rappresaglia centri culturali, luoghi di comunicazione, case editrici, archivi.

Quattordicimila soldati sono stati mandati nelle case, nei villaggi e nelle città, distruggendo vite, beni, risorse:  ben dieci persone sono morte, tra cui bambini uccisi durante le incursioni. Erano tutti disarmati. Più di 500 persone sono state sequestrate ed incarcerate.

Nessuno dei nostri uomini o donne di Stato ha rivolto loro un pensiero o ha chiesto ad Israele di fermare la punizione collettiva di un intero popolo.

AssoPacePalestina chiede all’Unione Europea, al nostro governo e a tutte le Istituzioni Internazionali, di non considerare più Israele al di sopra della legge; di  ascoltare e dare forza alle voci che arrivano anche da Israele, come quella dell’ex Presidente del suo Parlamento, Avraham Burg, o quella dei parenti delle vittime israeliane, che si mischia alla voce dei parenti delle vittime palestinesi e chiede di porre fine alla violenza e all’ingiustizia.

E’ l’appello lanciato da palestinesi e israeliani che ritengono che la pace sia possibile e necessaria ai due popoli, ma che la pace non potrà esserci  se la Comunità Internazionale non opererà per la fine dell’occupazione e della colonizzazione della terra di Palestina.

Ed è l’ appello che AssoPacePalestina fa proprio.

AssopacePalestina

www.assopacepalestina.org

info Luisa Morgantini – lmorgantiniassopace@gmail.com