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Finalmente in Parlamento il conflitto di interessi, sulla pelle dei risparmiatori, tra banche d’affari e banche ordinarie

La separazione bancaria approda alla Camera

 

Mario Lettieri*  Paolo Raimondi**

 

La Commissione Finanze della Camera ha iniziato la discussione sulle proposte di legge relative alla separazione tra banche ordinarie e banche d’affari. Le varie proposte sono accomunate dalla medesima finalità fondamentale, la salvaguardia e la tutela del risparmio dei cittadini.   

In generale le banche che svolgono attività di “commercio in proprio” di strumenti finanziari non dovrebbero svolgere anche le attività di raccolta del risparmio tra il pubblico né effettuare l’esercizio del credito.

In alcune proposte opportunamente si fa riferimento alla legge Glass-Steagall che venne introdotta negli Usa dal presidente Roosevelt nel 1933 per combattere la speculazione e impedire l’utilizzo del risparmio delle famiglie in operazioni ad alto rischio da parte delle banche.

Il tema della separazione è diventato da tempo oggetto di discussione a livello mondiale, ma in Italia si è imposto soprattutto dopo il gennaio 2016 quando i governi europei, anche il nostro, hanno sottoscritto l’obbligo di applicare il “bail in” in caso di dissesti bancari. Per coprire i buchi  dei fallimenti bancari la nuova norma impone di rivalersi sugli azionisti, sugli obbligazionisti e sui depositi oltre i 100.000 euro .

E’ il passo obbligato dopo l’approvazione del decreto legge relativo alle “Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio”. C’è da sperare che la Camera concluda in tempi brevi l’iter legislativo del provvedimento in questione.

Intanto i dati riguardanti la salute del sistema bancario, evidenziati dalla Banca d’Italia, devono far riflettere.  Si evince che il 70% delle sofferenze bancarie, pari a 140 miliardi di euro su un totale di 210, è in mano al 3% dei debitori! Il che significa che il restante 97% dei debitori detiene solo il 30% delle sofferenze bancarie.

Non possono essere, quindi, le famiglie e le pmi a pagare per le sofferenze succitate. I responsabili sono i grandi gruppi e le grandi imprese. E’ chiaro che le sofferenze sono state determinate dai prestiti facilmente concessi a chi evidentemente ex ante non era degno di credito. Continuiamo a ritenere indispensabile il puntuale accertamento delle responsabilità specifiche degli amministratori e del management delle singole banche.

Le perdite accumulate dalle cinque banche a rischio fallimento, in primis il Monte dei Paschi di Siena, sfiorano i 20 miliardi di euro, quasi pari a una manovra finanziaria. Purtroppo si calcola che dal 2013 i risparmiatori abbiano perso almeno 30 miliardi dei loro risparmi, più di 10 miliardi sarebbero stati persi solo dai 200 mila azionisti delle due banche popolari venete. 

Rispetto al problema delle sofferenze il governo e le autorità sembrano navigare ancora a vista. Secondo noi, bisognerebbe considerare le esperienze altrui. In Germania, per esempio, nel caso della Erste Abwicklungsanstalt, l’agenzia centrale creata per far fronte alle sofferenze bancarie tedesche, lo Stato ha recuperato quasi tutti i 246 miliardi di non performing loans. Berlino non solo ha fatto una rigorosa analisi delle cause ma ha anche accertato le responsabilità. Naturalmente sono state realizzate le opportune politiche per la crescita dell’economia reale.  

Si ricordi che, dopo l’esplosione della crisi finanziaria globale, per stabilizzare i relativi sistemi bancari nazionali, la Germania spese 238 miliardi, la Spagna 52 e gli Stati Uniti 426. Purtroppo l’Italia non si attivò in merito prima dell’entrata del bail in.

In conclusione si può affermare che, eliminate le varie degenerazioni, il sistema bancario italiano non sarebbe in pessime condizioni. Infatti il livello degli impieghi sul totale degli attivi, cioè i prestiti che le banche fanno sul totale delle loro attività, è quasi del 70%, mentre in Germania sarebbe del 56%. Inoltre i livelli dei derivati in Italia, sul totale degli attivi, sono meno del 10% a fronte di una media Ue del 20%, mentre in Germania essi arrivano al 34%.  

L’argomento della separazione bancaria e della difesa del risparmio è troppo importante perché diventi materia per un ulteriore scontro elettorale ed ideologico. Potrebbe invece diventare un campo di fruttuosa cooperazione, mostrando che il bene comune è superiore agli interessi partitici o di bottega. Sarebbe anche un modo concreto per mostrare che in Italia vi sono anche degli statisti e non solo dei politicanti.
*già sottosegretario all’Economia   **economista

  

  

  

  

 

Trump: probabile disco verde alla banche USA per riprendere a speculare. Con danni anche per l’Italia

Con Trump le banche tornano libere di speculare?

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

A meno di due settimane dalla sua nomina, con un sorprendente “Executive Order On Core Principles for Regulating the United States Financial System”, il presidente Donald Trump ha cancellato la riforma di Wall Street e del mercato finanziario americano conosciuta come “Dodd-Frank Act”.

Le grandi banche “too big to fail” potranno da oggi tornare ad operare come prima delle crisi globale del 2008, senza restrizioni, senza regole e senza controlli più stringenti.

Questa decisione potrebbe avere delle ripercussioni pericolose e devastanti sul fronte economico e finanziario internazionale, soprattutto in Europa.

La Dodd-Frank, voluta da Obama dopo il fallimento della Lehman Brothers, avrebbe dovuto mettere dei freni alle operazioni finanziarie più rischiose. Tra le restrizioni previste c’era quella specifica di mantenere le operazioni speculative entro un limite percentuale delle loro attività. Erano previsti inoltre maggiori controlli per le banche con 50 miliardi di dollari di capitale che venivano considerate di “rischio sistemico”.

Pur non essendo una legge perfetta essa era stata, anche se parziale, una risposta alla crisi.

Come prevedibile, dopo la sua introduzione, il sistema bancario americano ha operato in modo sistematico e continuo per neutralizzarla.

Adesso, con un colpo di penna, Trump, che già in passato l’aveva definita “un disastro che ha danneggiato lo spirito imprenditoriale americano”, la abroga!

Lo abbiamo scritto qualche settimana fa quando Trump indicò Steve Mnuchin come suo ministro delle Tesoro. Ci sembrò che l’arrivo nell’Amministrazione di ex grandi banchieri avrebbe potuto significare una sicura involuzione a favore dei mercati finanziari.

Mnuchin è stato a capo della Goldman Sachs, una della banche più aggressive nel mondo della finanza. Non solo, nella nuova Amministrazione sono stati imbarcati altri grandi banchieri, tra questi Gary Cohn, ex Goldman Sachs, come direttore del Consiglio economico della Casa Bianca, e Wilbur Ross, ex capo della filiale americana della banca Rothschild, come capo del Dipartimento del Commercio.

La decisione di Trump è arrivata dopo il primo incontro del cosiddetto “Strategic and Policy Forum”, che è il suo gruppo di consiglieri privati, tra i quali Jamie Dimon, capo della JP Morgan e Gary Cohn. Quest’ultimo più volte ha dichiarato che le banche americane continueranno ad avere una posizione dominate nei mercati finanziari internazionali “fintanto che non ci escludiamo noi stessi attraverso un sovraccarico di regole”.

In altre parole si ritorna, purtroppo, al leit motiv secondo cui i mercati si autoregolamentano meglio senza interferenze e direttive del governo.

Al termine dell’incontro Trump ha addirittura dichiarato che “ non c’è persona migliore di Jamie Dimon per parlarmi della Dodd-Frank e delle regole del settore bancario”, mostrando un entusiasmo in verità degno di migliore causa.

Intanto l’ordinanza esecutiva impegna il Segretario del Tesoro, che dovrebbe appunto essere Steve Mnuchin nel caso ottenga l’approvazione del Congresso, a preparare entro 4 mesi un rapporto per una nuova regolamentazione del sistema finanziario. Si è ingenui chiedersi chi saranno i veri beneficiari di tali proposte?

Contemporaneamente è stato firmato un altro memorandum presidenziale soppressivo della regola secondo cui i consulenti devono anteporre l’interesse dei loro clienti a qualsiasi altra considerazione. Secondo Trump va invece rafforzato il principio secondo cui i cittadini devono liberamente fare le loro scelte finanziarie. Non è una cosa da poco. Infatti, in questo modo se un risparmiatore accetta di comprare un titolo ad alto rischio, anche senza capire bene i termini dell’operazione, non potrà in seguito lamentarsi delle eventuali perdite

Non è un caso che la stampa finanziaria di Wall Street abbia salutato le citate decisioni come una coraggiosa scelta di ritorno ad una accentuata deregulation.

Tali decisioni non possono non suscitare diffuse preoccupazioni in quanti continuano a ritenere che l’economia reale debba essere centrale e tutelata rispetto alle attività speculative.

Perciò le dichiarazioni di Trump, circa una nuova legge Glass-Steagall relativa alla separazione delle attività bancarie, suonano false o come delle mere battute elettorali. C’è da sperare che la proposta di legge per reintrodurre la Glass-Steagall, presentata al Congresso da un gruppo bipartisan appena prima dell’emissione dell’ordine esecutivo, venga discussa e approvata.

E’ ancora presto per dare un giudizio definitivo sull’Amministrazione Trump, ma questi segnali sicuramente non depongono bene.

*già sottosegretario all’Economia **economista