Essere artisti
Prima di dedicarsi a una qualunque attività artistica, dove l’estro, il genio, la sregolatezza sono una costante (anche per la riuscita della stessa opera d’arte), uno dovrebbe avere una maturità personale sufficiente almeno a sostenerlo quando il successo gli volterà le spalle.
Se uno si sente artista, deve pensare anzitutto a cercare un proprio equilibrio interiore, quello che permette d’essere il più possibile se stessi nella buona e nella cattiva sorte, benché sia puro idealismo sostenere che le circostanze non possano arrivare a modificare, anche profondamente, la personalità o lo stile di vita delle persone.
Certo, si può sempre obiettare che il valore dell’artista sta proprio nella sua diversità, nel voler fare dell’eccesso la sua fortuna. Molti artisti, in effetti, riescono in questa impresa e si affermano al grande pubblico, ma bisogna stare attenti ai prezzi da pagare, perché possono non essere pochi o comunque di entità non lieve.
Gli artisti soffrono di solitudine, perché possono sentirsi incompresi o emarginati o strumentalizzati da chi vuole sfruttare il loro talento. Non vivono rapporti normali o, in ogni caso, fanno molta fatica a vivere un’esistenza simile a quella della stragrande maggioranza delle persone. Sono portati a sognare, confondendo facilmente la realtà con la loro fantasia. Pensano, molto ingenuamente, che per realizzare dei rapporti autentici sia sufficiente che il pubblico li apprezzi per le loro capacità.
In tutti i rapporti che vivono, ad un certo punto fa capolino l’impressione che vi sia, nelle persone che frequentano, un fondo d’ipocrisia: temono d’essere apprezzati soltanto per il loro talento artistico e non anche per la loro persona, per quello che pensano di essere, anche al di là della stessa arte. Di qui l’idea, quando si sono arricchiti a dismisura, di porre ogni relazione sotto contratto, quando addirittura non fingono l’anonimato, sperando d’incontrare una persona che li ami o li consideri per quello che sono, per quello che pensano, a prescindere dalla loro arte.
Cercano il successo e stanno male quando lo perdono, non solo perché devono conservare un certo tenore di vita, ma anche perché, sul piano psicologico, il successo dà dipendenza come una qualunque sostanza stupefacente. Dietro ogni successo tendono a nascondere le loro frustrazioni, le loro insicurezze psicologiche, le debolezze di carattere. Spesso hanno cercato la fama per riscattarsi da una vita difficile. Ma il successo esige prestazioni di alto livello, superiori alla media, e l’artista si rende facilmente conto di non poter essere sempre all’altezza della situazione.
L’artista rischia di vivere la vita in maniera sdoppiata, assumendo una faccia per il pubblico e conservandone un’altra per la vita privata. Per non dover soffrire questa lacerazione, egli tende a inglobare sempre più la vita privata in quella pubblica, trasformando tutto in una sorta di esperienza teatrale, come se ci si dovesse esibire continuamente su un palcoscenico. Oppure se la prendono a morte coi fotografi che violano la loro privacy: come se nella nostra società, che vive di scandali e pettegolezzi, un artista affermato potesse avere una propria vita privata.
L’artista che vuole campare sfruttando il proprio talento e che al di là di una certa espressività artistica non saprebbe cosa fare, è fondamentalmente una persona immatura. Non si rende conto che non si può vivere in funzione dell’arte, poiché l’arte trova la sua vera ragion d’essere soltanto quando esprime la vita, cioè quando rappresenta qualcosa di significativo, qualcosa che non si può certo vivere al massimo tutti i giorni.
Se uno vive solo per l’arte, è costretto continuamente a non stare mai fermo, a cercare, ovunque gli capiti, una qualche fonte ispirativa, che gli permetta di rimanere sulla cresta dell’onda. E quando non la trova è facile ch’egli arrivi ad accettare compromessi poco dignitosi, nell’illusione di poter conservare la fama raggiunta, cioè di poter essere apprezzato qualunque cosa faccia.
Proprio mentre pensa di sentirsi libero non lavorando sotto padrone, o di poter dettare al committente le proprie condizioni, si ritrova schiavo della propria ambizione, del proprio egocentrismo. Il vero artista è quello che non si dispera all’idea di dover morire di vecchiaia lontano dal palcoscenico, è quello contento del proprio presente e non si mette a raccontare continuamente il proprio passato.