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Erdoğan contro Imamoglu

Erdoğan deve aver perso la Trebisonda (città nativa di Ekrem Imamoglu, sindaco di Istanbul) quando l’altro giorno ha deciso di arrestare il suo principale rivale politico.
Chissà perché l’ha fatto: in fondo anche lui è un musulmano praticante, benché di origine curda.
Deve stare però attento a comportarsi così, perché la lira, già molto debole di suo, è scesa a un minimo storico.
Nei primi anni 2000 Imamoglu aveva aderito al partito popolare repubblicano (centro-sinistra), finché 18 anni dopo si è candidato a sindaco di Istanbul, promettendo di fare della città un modello di democrazia e di unità di tutti gli abitanti della città, indipendentemente dalla nazionalità e dalle opinioni politiche.
Vinse le elezioni del 2019, ma Erdoğan, con un pretesto, chiese l’annullamento dei risultati. Dopo una serie di riconteggi, la Commissione elettorale centrale l’aveva comunque riconosciuto come sindaco.
Erdoğan gli permise di lavorare solo per 19 giorni, durante i quali Imamoglu riuscì a dimostrare che il 60% del bilancio della città andava a 28 società private poco trasparenti, molte delle quali gestite da sostenitori dello stesso Erdoğan. Il quale gliela fece pagare, chiedendo alla Commissione elettorale di annullare i risultati elettorali.
Tuttavia Imamoglu vinse di nuovo, e con un distacco ancora più grande dal suo rivale. Commise però un errore: dopo la vittoria definì “idioti” i membri della Commissione. Un peccato dovuto a eccessiva sicurezza.
Dopodiché si permise di criticare il progetto del canale d’acqua di Istanbul, lanciato da Erdoğan nel 2021, che dovrebbe collegare il Mar Nero col Mar di Marmara. Secondo Imamoglu il canale distruggerà le risorse idriche di Istanbul e renderà l’intera provincia inabitabile.
Alla fine del 2022, sei mesi prima delle elezioni presidenziali e parlamentari, fu condannato a due anni e sette mesi di prigione e interdetto dall’attività politica con l’accusa di aver insultato funzionari governativi.
Il verdetto della corte fu seguito da una grande manifestazione popolare. Infatti fu impugnato ed è ora pendente alla Corte d’Appello. Dall’inizio del 2025 sono state avviate diverse altre indagini nei confronti di Imamoglu.
Purtroppo quest’anno l’Università di Istanbul, su richiesta della procura, ha revocato il suo diploma di laurea, impedendogli di candidarsi alla carica di presidente della Turchia alle elezioni previste per il 2028.
Ecco adesso la Turchia ha tutte le carte in regola per entrare nella UE. Magari con un altro migliaio di bambini palestinesi ammazzati dai sionisti, facciamo entrare anche Israele.

Erdogan più laico di Macron?

L’insistenza del presidente francese Macron nel difendere la libertà di pubblicare le vignette contro il profeta Maometto sta provocando uno scontro di portata globale.

Alle proteste del presidente turco Erdogan si sono aggiunte quelle del premier pakistano Imran Khan, che giustamente ha detto: “Il presidente Macron avrebbe potuto puntare alla pacificazione e negare spazio agli estremisti piuttosto che creare ulteriore polarizzazione ed emarginazione che inevitabilmente portano alla radicalizzazione. È un peccato che abbia scelto di incoraggiare l’islamofobia attaccando l’Islam piuttosto che i terroristi che praticano la violenza, siano essi musulmani, suprematisti bianchi o ideologi nazisti”. Nel suo Paese l’hashtag #ShameOnYouMacron, “vergognati Macron”, è diventato la principale tendenza su Twitter, mentre #boycottfrance è tra le prime cinque.

In effetti i paesi che si affacciano sul Golfo Persico sembrano intenzionati a boicottare i prodotti “Made in France”.

In Libia è stata organizzata una manifestazione in piazza dei Martiri, nel centro di Tripoli.

Nella località tunisina di El Kamour, alle porte del Sahara, una marcia anti-francese ha riunito poche decine di persone.

Il leader del partito islamista algerino Fronte della Giustizia e dello sviluppo, Abdallah Djaballah, ha chiesto il boicottaggio dei prodotti francesi e la convocazione dell’ambasciatore francese.

Circa duecento palestinesi hanno protestato a Tel Aviv, davanti alla residenza dell’ambasciatore francese in Israele. Nella Striscia di Gaza i manifestanti hanno bruciato le foto di Macron. Hamas, che controlla la Striscia, ha affermato che gli “insulti nei confronti di religioni e di profeti” favoriscono “una cultura dell’odio”.

Una protesta formale viene anche dal governo giordano, secondo il quale la pubblicazione delle caricature “provoca amarezza in due miliardi di musulmani”. Il ministro degli Affari islamici, Mohammed al-Khalayleh, ha affermato che “offendere” i profeti “non è una questione di libertà personale ma un crimine che incoraggia la violenza”.

Un richiamo simbolico al boicottaggio è arrivato anche a Bab al-Hawa, un valico di frontiera nel nord-ovest della Siria, in mano ai ribelli e dove arrivano pochi prodotti francesi.

Il potente movimento sciita Hezbollah ha condannato “con forza l’insulto deliberato” rivolto al profeta, esprimendo in un comunicato il proprio “rifiuto della persistente posizione francese consistente nell’incoraggiare questo pericoloso affronto”.

In Kuwait, il ministro degli Affari esteri, lo sceicco Ahmed Nasser al-Mohammed al-Sabah “ha incontrato” l’ambasciatore francese Anne-Claire Legendre.

Chi obbliga Macron ad assumere una posizione così estrema per combattere quello che lui chiama il separatismo islamico? Gli Stati Uniti? Israele? O è tutta farina del suo sacco demenziale?

Lui dice di non accettare l’incitamento all’odio, ma sta proprio facendo questo.

Ha scritto: “Saremo sempre dalla parte della dignità umana e dei valori universali”. Eppure in nome di questi valori nega la dignità a quelli islamici. Ha assunto le posizioni della destra estrema. Dice infatti Marine Le Pen: “Mai scendere a compromessi con l’islamismo”. C’è forse una strategia occulta dietro questa ostentazione del laicismo più radicale?

Tutti i laici sanno che in ogni religione è possibile trovare il ridicolo, non essendo facile dimostrare ciò che predicano. Ma la satira esaspera errori o situazioni sbagliate per indurre a correggerli. Dileggiare è violenza, non è libertà. Maometto è stato un profeta che ha creato, per le esigenze culturali di molti paesi mediorientali, un tempo pagani, una fede che mancava. Nessuno ha il diritto di deriderla senza istigare la reazione dei fedeli. Se c’è chi reagisce col terrorismo, conviene continuare a provocarli?

Le festività sono passate, i problemi invece sono rimasti. Comprese le porcate contro la Siria

Federal Reserve: la crisi dei cent’anni

Mario Lettieri* Paolo Raimondi**

Allla vigilia di questo Natale la Federal Reserve ha compito cento anni! Ha “navigato” attraverso due guerre mondiali e nella Grande Depressione del ’29. Arriva però al suo centenario in condizioni disastrate e con una profonda crisi di identità. Per la prima volta nella storia ha completamente stravolto la sua missione: da controllore dell’inflazione e attore nella politica contro la disoccupazione è diventata la fucina di liquidità illimitata con un bilancio distorto fuori misura, pari a circa un quarto del Pil americano. Prima del 2007 non solo ha ignorato tutte le avvisaglie del crollo finanziario incombente ma, quel che è più grave, ha assecondato, se non favorito, i comportamenti più speculativi e rischiosi. Poi ha salvato dal fallimento tutte le grandi banche, lasciando di fatto che continuassero ad operare come prima. La liquidità immessa sta drogando l’economia creando visioni psichedeliche quanto irreali dell’economia prospettando una rosea fine della crisi economica e bancaria. Continua a leggere