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La gatta frettolosa. Autointervista su democrazia atea

- Hai visto la nascita del partito di democrazia atea?

- Sì e nonostante abbia condiviso il programma non m’è piaciuto il nome.

- Laico è troppo generico, non credi? Tutti i partiti lo sono o dicono di esserlo.

- Sì, ma associare la democrazia all’ateismo è troppo ideologico.

- Perché, una democrazia non può essere atea?

- Sì, in futuro, per adesso basta la laicità. Perché legare in maniera così stretta una questione politica a una di coscienza? Quale credente entrerà mai in un partito del genere? Persino gli agnostici si spaventeranno.

- Scusa ma chi li vuole i credenti in questo partito? Che ce ne facciamo di quei cattolici che fanno gli obiettori con certe leggi dello Stato?

- E vorresti obbligarli a non obiettare? Per farli sentire dei martiri? E poi che c’entra? Se una legge è contraria alla propria coscienza, uno deve ascoltare la coscienza. Se non fosse così, ancora oggi crederemmo alla divinità degli imperatori.

- Già, ma se tutti per motivi religiosi ascoltassero la loro coscienza, chi applicherebbe le leggi?

- Senti, se la laicità non è in grado di garantire il rispetto della coscienza religiosa, siamo proprio messi male. Figurati se ci riesce l’ateismo…

- Già, ma a che è servita tutta la laicità che abbiamo? Il Concordato è sempre lì e la chiesa s’intromette come e quando vuole nelle leggi dello Stato.

- E tu pensi di aumentare l’esigenza di laicità dichiarandoti politicamente ateo?

- E perché no? Buona parte della sinistra ha sempre detto che la laicità, l’indifferenza nei confronti della religione riguarda lo Stato non il partito.

- Dimmi te quale partito ha mai dichiarato l’ateismo nel proprio statuto?

- Lo so, ma qui bisogna dare una scossa a un paese bigotto e clericale. Abbiamo una dirigenza politica troppo indietro rispetto alla coscienza dei cittadini.

- E’ vero, ma in questa maniera rischiamo di ottenere l’effetto contrario a quello sperato. Chi non è ateo si spaventerà, perché penserà a qualcosa di obbligatorio, di troppo vincolante.

- Il fatto è che anche i credenti dicono di essere laici. Ormai non si sa più cosa vuol dire questa parola. Guarda la Costituzione: non c’è neppure il diritto di non credere. L’unica libertà prevista è quella di credere in questa o quella religione.

- Allora vorrà dire che ci giocheremo la posta sull’ambiguità del termine…

- In che senso?

- Nel senso che sarà la storia a decidere quale interpretazione dare alla parola “laicità”. Oggi certamente coll’articolo 7 della Costituzione è impossibile parlare di laicità. Questo lo capiscono tutti, non c’è bisogno di dirsi atei.

- Mi aspettavo da te un’altra critica.

- Quale?

- Quella che in fondo né la laicità né l’ateismo sono davvero importanti nella nostra società.

- Non volevo dirtelo, ma certamente le questioni economiche su un modello di sviluppo che ha fatto il suo tempo, per non parlare di quelle politiche sui limiti della democrazia delegata, sono per me di molto superiori.

- Questo non toglie che non si debba parlare di laicità. O vuoi fare come quei comunisti che non ne parlavano per paura di perdere il consenso dei cattolici?

- Già, se penso che sono stati proprio i comunisti ad accettare l’articolo 7… Però devi ammettere che la collaborazione oggi tra credenti e non credenti nel partito democratico sarebbe stata impensabile nei partiti della prima repubblica.

- Sbagliato! Erano proprio i temi forti dell’economia e della politica a far diventare comunisti i cattolici. Non ti ricordi gli anni Settanta? e la Resistenza?

- Mi fai ridere. Certi cattolici erano diventati comunisti proprio perché il Pc diceva di non essere ateo. Togliatti non voleva guerre di religione e la lettera di Berlinguer al vescovo Bettazzi parlava chiaro. Se oggi dici di essere politicamente ateo, nemmeno con una terza guerra mondiale avrai il consenso dei cattolici.

- Sì in effetti le questioni di coscienza richiedono tempi molto più lunghi di quelli della politica. Ma se non ne parliamo mai come faremo ad accorciarli?

- Io ti dico soltanto che c’è modo e modo di parlarne. O vuoi fare come la gatta frettolosa?

Manifesto per la fondazione del partito Democrazia Laica. Per la difesa della laicità della Repubblica italiana (quindi anche della libertà di religione) e contro la guerra da “scontro di civiltà”

Il laicismo unisce, i clericalismi invece dividono. E spingono chiaramente verso una nuova disastrosa guerra chiamata “scontro di civiltà”. Se qualcuno vuole partecipare con me all’avventura della creazione del partito Democrazia Laica si faccia avanti. Questo è il manifesto che io propongo. Si accettano ovviamente suggerimenti e consigli, specie per il programma politico che io ho solo abbozzato in pochi punti.

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L’Italia è stata unificata e resa più civile, più moderna e più europea dalle personalità, dai gruppi, dalle associazioni e dai partiti laici e antitotalitari, cioè da un insieme che oggi è purtroppo molto indebolito e in via di estinzione come realtà organizzata e dotata di strutture politiche. Da qualche tempo è invece cresciuto l’interventismo della gerarchia vaticana nella vita politica della Repubblica Italiana, fino a superare abbondantemente in vari campi i limiti del lecito; interventismo che si è mobilitato non per la conquista di nuovi diritti dei cittadini italiani, quanto invece per impedirli. Di recente si è arrivati a sostenere che le leggi della Repubblica devono essere in sintonia con il credo man mano elaborato in Vaticano.
Questo comportamento, da religione di Stato, spinge da una parte all’ossequio filoclericale e dall’altra all’anticlericalismo, eccessi da evitare entrambi, ma spinge anche in direzione contraria al diritto di libertà di culto, inteso come diritto alla libertà per ogni culto, compreso il culto del non credere. Il Vaticano ha tentato a lungo d’imporre alla Comunità Europea il cappello delle “radici cristiane” nel progetto di Costituzione europea. Il tentativo finora è andato a vuoto e nel frattempo la Spagna, ex sagrestia d’Europa, si è molto laicizzata, diventando molto più moderna ed europea. Per bilanciare tali perdite il Vaticano ha aumentato la pressione sulla Repubblica italiana, con il chiaro scopo di farne il proprio “zoccolo duro” per non perdere anche l’influenza, i privilegi e il potere che da secoli esercita sul territorio italiano.

La libertà di scelta religiosa e di scelta atea o agnostica è un diritto inalienabile, che parafrasando una nota frase di Camillo Benso di Cavour potremmo riassumere con l’espressione “Libere Chiese in libero Stato”, aggiornandola ed ampliandola in “Libere Chiese in libera Europa”. Il crescendo di invadenza vaticana va però in direzione opposta a tale diritto e a parte dei diritti universali dell’uomo, e legittima per reazione un’analoga invadenza da parte di altre religioni, aumentando così il pericolo del ripetersi di esiti drammatici già vissuti in passato, e contribuisce in modo preoccupante al deterioramento della scuola e della sua centralità nella formazione dei cittadini e del futuro del Paese. Ecco perché l’invadenza del Vaticano va contrastata, con urgenza e fermezza, ed ecco perché quella delle altre confessioni va prevenuta con altrettanta urgenza e fermezza prima che sia troppo tardi. Si può essere cristiani e cattolici senza inginocchiarci anche fuori dalle chiese, così come si può essere atei o professare altre religioni senza per questo tenere sermoni o montare in cattedra fuori dai propri templi. Continua a leggere