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Storia del cristianesimo primitivo

Con la svolta costantiniana nasce il cesaropapismo, cioè la divinizzazione dell’imperatore in nome del cristianesimo, con la conseguente cristianizzazione integrale dello Stato e la politicizzazione della chiesa.
Era inevitabile questo processo? La storiografia cattolica dice di sì, in quanto nella tarda antichità religione e Stato non conoscevano che un’integrazione reciproca, un legame indissolubile. Semmai Costantino sbagliò – ma questo lo dice solo la storiografia cattolica, non quella ortodossa – quando volle affermare il dominio assoluto dell’imperium sul sacerdotium.
In realtà il processo non era inevitabile, e per due ragioni: una, in riferimento allo Stato, riguarda l’Edittodi tolleranza di Milano e, prima ancora, quello di Sardica emanato da Galerio, i quali avevano posto le basi giuridiche per il superamento della religione di stato; l’altra, in riferimento alla chiesa, riguarda la celebre frase evangelica di Mc 12,17, secondo cui Dio e Cesare sono due realtà separate.
La Lettera a Diogneto spiegava molto bene come un cristiano potesse comportarsi contemporaneamente come cittadino nell’ambito dello Stato e come credente nell’ambito della chiesa. In questa direzione, d’altra parte, andava interpretata l’affermazione di Gv 18,36 secondo cui il regno di Cristo non è di «questo mondo».
Dunque la possibilità di costruire uno Stato laico e una chiesa libera c’era, ma la storia, a causa delle debolezze degli uomini, procedette diversamente. La chiesa cristiana non sbagliò quando combatté con tutte le sue forze l’integralismo pagano dello Stato romano; sbagliò quando volle sostituire quell’integralismo con il proprio, eliminando d’autorità ogni voce dissidente.
L’ideologia politica del cesaropapismo, seppur modificata, col passar dei tempi, dalle teorie del costituzionalismo, del giusnaturalismo, del contrattualismo, della sovranità popolare, della democrazia rappresentativa, dello Stato laico ecc., è rimasta sostanzialmente immutata in quell’area geo-politica caratterizzata dalla religione cristiana, sia essa nella confessione ortodossa, cattolica o protestante (e lo stesso si può dire dell’area ebraico- islamica). Sono soltanto cambiate le forme.
L’impero zarista infatti ereditò, in maniera ancora più accentuata, il cesaropapismo bizantino, che i bizantini hanno sempre definito col termine di «sinfonia» o di «sacra diarchia». Dal canto loro, gli Stati cattolici e protestanti moderni, tra concordati, intese o taciti compromessi, non hanno mai smesso di servirsi della religione per fini di potere.
Gli unici momenti in cui tale ideologia politica ha subìto degli scossoni non indifferenti sono stati quelli delle due rivoluzioni più importanti: francese e russa, allorché l’idea di una separazione dello Stato dalla chiesa cominciò a incontrare un’effettiva applicazione.
Oggi tuttavia anche il sistema del cosiddetto «socialismo reale» si è dissolto. In campo «religioso» il governo della perestrojka, per la prima volta, ammise che la contrapposizione ideologica di Stato e chiesa, usata in maniera politica, era stata uno sbaglio clamoroso. Nessuno aveva il diritto di imporre alla società un’ideologia opposta a quella religiosa. Abolendo l’ateismo di Stato (mascherato da una laicità fittizia), i paesi socialisti non introdussero ovviamente il cesaropapismo: semplicemente costatarono che se la chiesa può essere tenuta separata dallo Stato, essa non può essere tenuta separata anche dalla società. È dunque nella società che devono democraticamente confrontarsi laicità e religione, lasciando che sia la storia a decidere l’esito finale.
Quanto alla storiografia cattolica, qui è bene precisare che la sua critica del cesaropapismo non è mai stata disinteressata, in quanto a quella ideologia politica essa ha sempre contrapposto il «papocesarismo», cioè la monarchia pontificia e l’uso strumentale dei poteri dello Stato. Ambrogio di Milano, nei suoi rapporti soprattutto con l’imperatore Teodosio, darà un contributo decisivo a questa dottrina.
Se si esamina, senza pregiudizi di sorta, la storia dell’impero bizantino, ci si accorgerà facilmente che il cesaropapismo è riuscito a imporsi solo in maniera politica, non ideologica. Molti imperatori cercarono di piegare la chiesa ortodossa alla loro propria ideologia, ma non vi riuscirono (due grandi oppositori alle pretese ierocratiche degli imperatori furono Crisostomo e Massimo Confessore). La chiesa ortodossa è rimasta sostanzialmente fedele all’ideologia del cristianesimo primitivo.
Viceversa, se si esamina la storia della chiesa cattolica medievale, si noterà, con altrettanta facilità, che essa non solo ha cercato continuamente di subordinare a sé ogni potere statale, ma ha anche modificato gli elementi sostanziali dell’ideologia cristiana primitiva per potersi opporre più efficacemente sia contro lo Stato sia contro la stessa chiesa ortodossa (si pensi, ad es., al Filioque, ai dogmi sul primato del papa, sulla sua infallibilità, su Maria ecc.).
La chiesa cattolico-romana riuscì a creare nel Medioevo una situazione così gravosa e insopportabile che la riforma protestante, pur con tutti i suoi limiti, costituì sicuramente un momento di grande emancipazione.
Resta tuttavia il fatto che una religione così politicamente rassegnata come il cristianesimo primitivo riuscì ad avere un successo incredibile dopo ben trecento anni di persecuzioni. Tra tutte le spiegazioni che han dato gli storici, forse queste tre meritano più delle altre:
– il cristianesimo non era politicamente rassegnato quando si trattava di non riconoscere la divinità all’imperatore: i martiri davano l’impressione, pur non difendendosi militarmente, di avere una fede capace di contestazione politica;
– il cristianesimo aveva degli aspetti comunitari di assistenza sociale tra i propri seguaci e tra questi e gli elementi bisognosi della collettività in generale, che sicuramente facilitavano le conversioni esplicite o comunque le adesioni implicite, i consensi indiretti. In tal senso è indubbio che il cristianesimo non si ponesse affatto né come setta filosofica né come religione per pochi iniziati;
– il cristianesimo, non avendo una patria (un territorio geografico) da difendere, non si legava a usi e costumi che potessero distinguerlo nettamente da altre ideologie o religioni. I pochi riti che praticavano erano alla portata di tutti, facili da ricevere, da imparare e da amministrare. I cristiani non hanno mai avuto particolari regole dietetiche, rigide osservanze da rispettare…: è stato anche questo che ha permesso loro di universalizzarsi molto facilmente.

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Gli storici e la religione cristiana (III)

3. L’ORTODOSSIA BIZANTINA

In un qualunque manuale scolastico di storia medievale, il tema principale dedicato al regno millenario dei bizantini è quello dell’epoca giustinianea. Tutto il resto viene generalmente liquidato in qualche paragrafo sparso qua e là.

Perché si accentua l’importanza di Giustiniano? Il motivo è semplice: perché sino a questo imperatore non vi è stata una sostanziale differenza tra cattolici e ortodossi. Sicuramente non ve n’era sul piano dogmatico, e anche su quello politico l’intera cristianità riconosceva un’unica realtà imperiale: tutti gli altri sovrani o erano re delle proprie genti o erano “patrizi romani” (titolo che indicava una sorta di vassallaggio nei confronti del basileus).

Le differenze tra cattolici e ortodossi han cominciato a farsi sentire sul piano politico con l’incoronazione di Carlo Magno, preceduta dalla rottura ideologica del Filioque nel Credo (rottura che i cattolici curiosamente definiscono col termine di “scisma di Fozio”).

Prima di allora la chiesa romana s’era limitata a ostacolare, in varie maniere, il progetto di riunificazione dell’ex impero romano sotto l’egida bizantina, anche a costo di favorire la penetrazione barbarica in occidente. Questo perché il papato non aveva mai accettato il trasferimento costantiniano della capitale da Roma a Bisanzio.

In tale resistenza ad oltranza, il papato aveva cercato non solo di prevalere su ogni altra cattedra episcopale della civitas cristiana, ma anche di acquisire quanti più beni possibili. Infatti, quando si sentì sufficientemente forte sul piano economico, al fine di poter rivendicare anche un potere politico, scelse di incoronare imperatore Carlo Magno, in totale dispregio del fatto che un imperatore esisteva già.

Ma come viene presentato Giustiniano? Bisogna prima fare un passo indietro e parlare dei due imperatori che l’hanno preceduto: Zenone e Giustino.

Del primo i manuali dicono che mandò in Italia gli Ostrogoti per liberarsi degli Eruli di Odoacre, di religione ariana. In realtà, si precisa, Zenone lo fece perché gli Ostrogoti premevano sui confini orientali (anche i Goti infatti erano ariani, per cui non vi sarebbe stata alcuna differenza di principio). Con ciò quindi si fa capire che l’Italia, per Zenone, non valeva nulla.

Tuttavia con gli Ostrogoti l’Italia ebbe 30 anni di pace. Dunque perché con Giustino l’impero volle disfarsi anche di questa popolazione? Forse perché era anch’essa ariana? No, il motivo era che Bisanzio voleva annettersi l’intera Italia.

Cioè lo storico vuol far credere che mentre Bisanzio aveva motivi ideali sul piano formale, sul quello sostanziale invece aveva i sordidi motivi dell’interesse di potere. Lo dimostra il fatto (storiografico) che il basileus viene sempre dipinto come un uomo senza scrupoli, continuamente ansioso d’intromettersi nelle questioni teologiche e di sottomettere politicamente la chiesa (cesaropapismo).

Per converso, la chiesa romana viene presentata come la paladina della libertà dell’occidente: libertà religiosa (cattolici contro ortodossi e contro impero), culturale (latino contro greco), economica (potere spirituale poggiante su quello temporale) e politica (autorità imperiale non indipendente ma riconosciuta dal papato).

Quando si inizia a parlare di Giustiniano, lo si definisce addirittura come “l’ultimo grande imperatore romano”! Tutti gli altri imperatori che si sono succeduti, dalla sua morte sino al 1453, cioè per altri 888 anni, è come se non fossero mai esistiti: non vengono neppure ricordati per nome.

Ma perché Giustiniano fu grande?

1. Perché cercò di riunificare tutto l’impero cacciando i barbari dall’Africa, dalla Spagna, dall’Italia, anche se, a causa della forte resistenza ostrogota, ridusse l’Italia a un cumulo di macerie;
2. perché riprese il controllo commerciale del Mediterraneo;
3. perché riorganizzò l’amministrazione dello Stato, sviluppò il commercio, l’artigianato, l’architettura ecc., e produsse quel capolavoro giuridico chiamato Corpus iuris civilis.

Insomma Giustiniano in tanto fu grande in quanto assomigliava ai migliori imperatori pagani del passato mondo romano. Tuttavia la sua idea di ricostruire il vecchio impero in nome del cristianesimo morì con lui. Si parla della sua “utopia” come se fosse stato un suo problema personale e non un’esigenza dell’intera cristianità.

Quando infatti si comincia a dire che il progetto fallì perché i Visigoti si ripresero la Spagna, i Longobardi entrarono in Italia, i Berberi e i Mauritani si ribellavano continuamente in Africa e i Persiani premevano a oriente, si tralascia del tutto di dire che la chiesa romana non fece assolutamente nulla in occidente per favorire la realizzazione di quel piano. Anzi lo ostacolò in tutte le maniere: dapprima con una forma di resistenza passiva, che impediva ai bizantini di concertare le forze in funzione anti-gota; poi col favorire l’ostilità monofisita delle forze copte dell’Egitto e siriane nei confronti del potere centrale dell’impero; infine con l’avvallo all’ingresso longobardo in Italia, onde impedire a Bisanzio, dopo la vittoria sui Goti, di potersi insediare in tutta tranquillità nella penisola (cfr la controversia dei Tre capitoli).

Il papato infatti aveva bisogno di un’Italia divisa sul piano territoriale, per meglio esercitare i propri tentativi egemonici; e a partire dall’ingresso dei Longobardi, essa resterà divisa sino all’unificazione di fine Ottocento.

Detto questo, si aggiunge che, avendo dovuto sostenere ingenti spese per le numerose e faticosissime guerre su più fronti, Giustiniano aveva prosciugato le casse dello Stato, sicché i suoi successori dovettero privilegiare gli aspetti del risanamento interno, interessandosi dell’Italia solo per motivi fiscali.

La questione delle tasse diverrà cruciale per sostenere le finanze dello Stato, ma anche per sostenere la tesi, propria degli storici papisti, secondo cui la chiesa romana aveva tutto l’interesse a staccarsi dal dominio di Bisanzio.

I bizantini saranno sempre odiati a causa del loro rapace fiscalismo e del loro cesaropapismo. Di fronte a una situazione del genere era dunque giusto che in occidente fosse la chiesa romana a porsi a capo della cristianità.

Ovviamente si tace del tutto sia il fatto che in occidente la chiesa esercitava quello che poi venne definito col termine di “papocesarismo” (l’imperatore come braccio secolare del papato), sia il fatto che in oriente il fiscalismo bizantino era una prerogativa dello Stato, esercitata nei confronti di qualunque cittadino, anche di quello possidente, cosa che nell’Europa feudale occidentale non è mai avvenuto, proprio perché la gestione del potere politico era personalistica (basata sul vassallaggio) e non istituzionale.