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ANNO NUOVO, RISCHI FINANZIARI NUOVI

2016: NUOVI RISCHI FINANZIARI GLOBALI

Mario Lettieri* Paolo Raimondi**

La Federal Reserve, come previsto, ha chiuso il 2015 con un aumento del tasso di interesse dello 0,25%. Evidentemente si intenderebbe dare il messaggio di fine della crisi negli Stati Uniti. C’è da augurarselo per la ripresa globale. Non vorremmo però che ci si debba ricredere.

La politica degli anni passati del Quantitative easing e del tasso di interesse zero non ha risolto i problemi . In questo periodo sono stati immessi 3,5 trilioni di dollari nel sistema bancario. Solo la borsa americana ne ha beneficiato. Rispetto al crollo del 2008 gli aumenti sono stati del 96% per l’indice Dow Jones, del 124% per quello S&P 500 e del 214% per il Nasdaq.

Nei sistemi finanziari e nelle economie di molti altri Paesi, invece, ha lasciato profonde ferite. Nei mercati emergenti molte imprese sono state invogliate ad accendere tanti e nuovi debiti in dollari, molto spesso per operazioni rischiose e poco produttive. Del resto i costi apparivano molto contenuti. Secondo i dati della Banca dei Regolamenti Internazionali il debito totale delle imprese private dei Paesi emergenti ha raggiunto i 3,4 trilioni di dollari, più del doppio rispetto al livello di prima della crisi.

Con la continua svalutazione delle proprie monete nazionali, le economie emergenti hanno sempre più difficoltà a pagare debito e interessi. Per coprire i buchi finanziari attingono al bilancio pubblico scatenando gravi tensioni sociali. Adesso ogni aumento del tasso di interesse americano suona come una minaccia alla propria stabilità nazionale ed economica. Inoltre, l’attuale discesa dei prezzi della materie prime, di cui sono largamente produttori , e l’atteso rallentamento delle economie emergenti nel loro insieme, non solo quello della Cina, rappresentano un ulteriore aggravamento. Se si tiene presente che esse rappresentano il 40% del Pil mondiale, la loro instabilità rischia di avere delle conseguenze negative globali.

Il tasso zero e la liquidità a “go-go” hanno generato una tendenza simile anche negli Usa. Invece di essere utilizzata per espandere il business, la liquidità è spesso servita per fusioni e acquisizioni. Quest’anno ben 327 miliardi di dollari sono finiti in tali operazioni. Inoltre tra il 2009 e il 2014 ben 1.200 miliardi di dollari sono stati riversati nei fondi che trattano obbligazioni corporate. Perciò anche l’Office of Financial Research del ministero del Tesoro americano nel suo recente rapporto annuale intravede dei “rischi elevati” per il rifinanziamento dei debiti obbligazionari del settore non finanziario.

Non è un caso quindi che nelle scorse settimane una serie di fondi di investimento che operavano con i cosiddetti “junk bond” , i titoli spazzatura ad alto rischio, siano andati in crisi. Il settore era cresciuto moltissimo negli anni passati, particolarmente nel campo energetico. Di fatto esso aveva rimpiazzato quello delle ipoteche sub prime dominante prima della crisi. Ciò ha generato delle ulteriori vendite sul vasto mercato dei junk bond con riverberi negativi sull’intero mercato delle obbligazioni. Si stima che vi siano circa 1,4 trilioni di junk bond che richiederanno un rifinanziamento a breve.

Una delle aspettative derivante dall’aumento del tasso di interesse sarebbe quella di ridurre la tendenza del sistema bancario e di quello corporate a ricorrere al prestito facile. Ma in realtà le banche americane hanno già delle gigantesche riserve in eccesso, pari a 2,42 trilioni di dollari, per cui il menzionato aumento difficilmente determinerà mutamenti nel loro comportamento.

Come sappiamo la Banca centrale europea, invece, intende perseguire una politica espansiva della liquidità. Occorrerà stare attenti che non si generi il cosiddetto “euro carry trade”, cioè la tendenza ad approfittare dell’euro a tasso zero per attingere a crediti che potrebbero andare in attività, anche speculative, fuori dall’Europa. Proprio come in passato è accaduto con lo yen e con lo stesso dollaro.

Considerati i rischi di nuove turbolenze, sarebbe il caso che in Europa e anche in Italia si affrontassero con chiarezza e decisione le crescenti difficoltà del sistema bancario. Servono più controlli stringenti sulle sue attività, divieto assoluto delle operazioni ad alto rischio sia in derivati che in junk bond, maggiore tutela dei risparmiatori e forti sanzioni penali nei confronti degli amministratori e dei manager bancari che non rispettano le norme.  

*già sottosegretario all’Economia

**economista

Borse sopravvalutate. Cresce il rischio di un nuovo crack

Borse sopravvalutate. Cresce il rischio di un nuovo crack

di Mario Lettieri* Paolo Raimondi**

La grande finanza internazionale si affanna ad interpretare le future mosse di politica monetaria della Bce. Secondo molti “analisti-indovini”, il governatore Mario Draghi nella sua ultima conferenza stampa mensile avrebbe fatto capire che forse a giugno abbasserà ulteriormente il tasso di interesse. Attualmente è fissato a 0,5%. Probabilmente, come in più occasioni evidenziato anche da noi, sotto la pressione della Federal Reserve e di certi settori del mercato, Francoforte potrebbe anche lanciare una specie di quantitative easing – acquisto di titoli stampando soldi – per far salire il tasso di inflazione. Continua a leggere

Chi ha votato in massa Grillo. Ambrosoli troppo disinvolto e pieno di sé.

Ma Beppe Grillo dove ha “rubato” i voti? Premesso che non ha rubato voti a nessuno, per il semplice motivo che il voto è libero e nessuno, neppure Grillo, ha costretto qualcuno a votare in un modo o in un altro, provo a spiegare perché ha portato via voti, e non pochi, sia alla destra che alla cosiddetta sinistra e a quale destra e a quale cosiddetta sinistra.

Alla destra ha portato via voti della politica spettacolo inventata dallo stesso Berlusconi, politica spettacolo che Grillo ha capovolto in spettacolo politica. Il Cavaliere e il suo partito, a prescindere dal nome, hanno saputo lucrare dalla degradazione della politica in spettacolo condotta anche a grandi manciate di “circenses” elargite dalle tv private e dal sostituzione dela figura del leader politico con quella del personaggio di successo comunque accattivante. Politica strada facendo adottata anche da Veltroni nei vari partiti dei quali ha fatto parte infilandoci ogni volta fosse possibile vedove, orfani, familiari di eroi civili che come unico merito hanno quello di essere congiunti di vittime della criminalità organizzata o del terrorismo. L’ultimo acquisto di questo tipo a sinistra è l’avvocato Umberto Ambrosoli, che però, esattamente come Grillo, ha capovolto le procedure: anziché dire lui sì all’offerta del PD ha fatto in modo che fosse il PD a dover dire sì a lui, ma la sostanza non cambia. Politicamente Umberto Ambrosoli, candidato trombato a guidare la Regione Lombardia, non ha storia. Non si può considerare attività politica neppure il suo far parte del comitato antimafia milanese voluto dal sindaco Pisapia e presieduto da Nando Dalla Chiesa, comitato che oltre a dar lustro ai suoi componenti non è ben chiaro a cosa serva in pratica. Continua a leggere

Quo usque tandem abutere, Berlusconi, patientia nostra?

Possiamo girarla come meglio ci aggrada, ma la realtà è una sola ed è anche molto chiara: in nessun Paese civile o perlomeno in nessuna democrazia europea e occidentale può accadere ciò che invece accade in Italia. E cioè che una singola persona – ripeto: una singola persona e non un partito e tanto meno una coalizione di partiti – metta in crisi un governo, un parlamento e un intero Paese di oltre 60 milioni di cittadini colandone a picco la Borsa e ingrossandone pericolosamente il già enorme debito pubblico. Per giunta, con il danno supplementare e ancora più grave di rischiare la morte dell’euro e della Comunità Europea, il che significherebbe guerre all’orizzonte prima ancora di quanto lascia intravedere il famoso “scontro di civiltà” verso il quale l’Europa e l’Occidente corrono con gioiosa incoscienza. Continua a leggere