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Bomba atomica su Gaza? Per gli estremisti di destra amici di Netanyahu è una opzione: la bomba N, Israele ne dispone?

Bomba atomica su Gaza? Per gli estremisti di destra amici di Netanyahu è una opzione: la bomba N, Israele ne dispone?

Bomba atomica su Gaza? “Sganciare una bomba atomica sulla Striscia di Gaza è una delle possibilità”.
Affermazione fatta non da amici al bar o da ubriachi, ma da un ministro dell’attuale governo israeliano. Sta quindi cadendo il tabù dell’uso della bomba atomica contro un popolo nemico?
A sganciare l’idea in un’intervista radiofonica è stato ministro israeliano del Patrimonio Amihai Eliyahu, membro del partito Potere Ebraico guidato dal fanatico Itamar Ben Gvir, seguace convinto del rabbino Meir David Kahane, famoso per essere favorevole all’ideale della Grande Israele ed alla deportazione di tutti i palestinesi fuori d’Israele.
A questa pulizia etnica definitiva è favorevole lo stesso Ben Gvir, stampella che ha permesso a Benjamin Netanyahu di andare al governo e che non a caso ha collezionato almeno 50 incriminazioni per incitamento all’odio. Per parte sua il ministro Eliyahu da bravo kahanista ha specificato che per quanto riguarda Gaza “non forniremmo aiuti umanitari ai nazisti” e che “a Gaza non esistono civili non coinvolti”.
E come risolvere l’ormai più che 70enne problema palestinese? “Possono andare in Irlanda o nei deserti”.
Poche ore dopo il premier Netanyahu ha sospeso Eliyahu “da tutte le sedute del governo, fino a nuovo ordine”. Si noti bene: NON definitivamente, ma solo fino a nuovo ordine. Ciò significa che Eliyahu resta comunque ministro.
Il pericolo di ricorrere alle atomiche è dunque scongiurato? Tutto bene? Non proprio. Anche perché è un vecchio pallino dello stesso Netanyahu. Ma andiamo per ordine.
1) – Verso la fine di settembre del 2006 alla annuale conferenza internazionale di tre giorni organizata dall’International Institute for Counter-Terrorism (ICT) alla Marc Rich University di Herzliya, città costiera di 95.000 abitanti parte dell’agglomerato metropolitano di Tel Aviv, è intervenuto Netanyahu all’epoca capo dell’opposizione.
Presentatosi come sostenitore dell’ICT davanti a un pubblico che ufficialmente raccoglieva i combattenti contro il terrorismo, ma in realtà i sostenitori più estremisti della destra israeliana, Netanyahu ha parlato per primo e in ebraico.
Alla fine del suo discorso però, perché lo capissero tutti senza possibilità di equivoci, parlò in inglese. E scandì bene le ultime parole:
“La questione non è se bombardare Teheran con i missili nucleari. La questione è: quando”.
Notiamo en passant che si tratta di una chiara ammissione pubblica di possesso di bombe atomiche da parte di Israele, che su tale argomento ha sempre nicchiato o alluso o negato.
Alla conferenza erano stati invitati anche tre giornalisti italiani: Paolo Fusi, Lorenzo Cremonesi e Guido Olimpio, questi ultimi due entrambi del Corriere della Sera.
Cremonesi però, probabilmente fiutata l’aria, decise di non partecipare, contrariamente a Fusi e Olimpio.
E c’è stato chi a quelle parole – mai condannate né dagli USA né dagli Stati europei – si è alzato e se n’è andato: Paolo Fusi, curriculum di livello molto elevato che possono vantare solo in pochissimi. Disgustato, Fusi se ne rimase chiuso in albergo per tutta la durata del convegno. cioè per tre giorni.
Il 13 aprile di due anni fa – 2021 – in un articolo che parlava anche di quanto detto a fine settembre 2006 dall’attuale premier israeliano alla Marc Rich University, Fusi ha accusato Netanyahu e il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan di sovranismo populista e di puntare a un conflitto globale.
Riguardo il premier israeliano Fusi ha scritto:
“Netanyahu ha torto: non esiste alcuna salvezza per Israele in un attacco militare all’Iran. Non esiste alcun modo per impedire che l’Iran, prima o poi, abbia in mano l’arma atomica – perché il suo Governo se ne frega del benessere dei cittadini ed andrà avanti per la sua strada a prescindere dalle sanzioni.
“L’unica strada percorribile è quella della diplomazia e della pace come opzione reale ed efficace”.
2) – Tutti ritengono impossibile lanciare atomiche su un territorio minuscolo come la Striscia di Gaza perché le radiazioni investirebbero in modo disastroso anche la stessa Israele. Giusto. Ma c’è un ma. Vediamo quale.
A rilasciare in grande quantità radiazioni mortali che durano a lungo e rendono così inutilizzabile per un bel pezzo da parte dei vincitori il territorio conquistato e tutti i suoi manufatti – industrie, ponti, palazzi, macchinari, ecc. – sono le bombe atomiche A e H. Queste infatti affidano la propria enorme potenza distruttiva alla gigantesca esplosione, all’elevatissima temperatura e quantità di calore sprigionate, oltre che almeno nelle vicinanze al brutale spostamento d’aria prodotto dal “botto”.
Ci sono però le bombe atomiche a neutroni, dette bombe atomiche N.
Sono congegnate in modo che l’esplosione sia di bassa potenza e non rilasci quantità rilevanti di radiazioni persistenti, motivo per cui non provoca il fallout, cioè la ricaduta radioattiva.
Le bombe a neutroni hanno il pregio, se così lo vogliamo chiamare, di uccidere gli esseri viventi, ma senza contaminare con radiazioni per più di 24-48 ore il territorio. Che quindi è prontamente utilizzabile dal vincitore, comprese le industrie, gli armamenti e i manufatti.
Di fatto è l’arma ideale per colpire edifici in cemento e gallerie sotterranee. L’arma ideale cioè da usare per la lunghissima rete di tunnel costruiti a Gaza da Hamas a più o meno 50 metri di profondità.
Ecco perché Israele potrebbe usarla, nel caso ne possedesse. Cosa non improbabile perché l’inventore della bomba atomica N oltre che della bomba H all’idrogeno, enormemente più potente della A anche perché questa le fa da detonatore, è l’ebreo statunitense di origini ungheresi Edward Teller, che è stato a lungo consigliere proprio di Israele per le questioni nucleari.
Teller è anche il padre delle cosiddette “guerre stellari”, consistenti nel lancio di missili capaci di intercettare quelli nemici in arrivo con bombe atomiche. L’idea di Teller aveva il pregio che non era necessario colpire il missile o i missili nemici in arrivo, cosa non facile, ma che bastava lanciare un missile armato con una bomba N da fare esplodere nelle loro vicinanze. La tempesta di neutroni avrebbe messo fuori uso le bombe atomiche in arrivo evitando che esplodessero..
Nel 1978 il presidente USA Jimmy Carter bloccò i progetti di produzione delle bombe N. Ma tre anni dopo, cioè nell’81, il presidente Donald Reagan stanziò i fondi necessari per avviarne la produzione. Adottata dalla NATO come arma nucleare tattica, da campo di battaglia, cioè con bassa potenza esplosiva ma alta capacità di uccidere grazie all’ondata di neutroni, è stata poi ritirata dall’Europa quando è stato firmato il trattato Intermediate Nuclear Forces (INF).

PERCHE’ LA BOMBA H DELLA COREA DEL NORD

Se è vero quanto affermano le autorità nordcoreane, l’esplosione di una bomba atomica all’idrogeno ha fatto eco nei giorni scorsi all’appello lanciato il 25 agosto di due anni fa da Papa Francesco dalla Corea del Sud, dove era appena arrivato in occasione dalla Giornata della gioventù dei popoli asiatici, celebrata a Daejon. – perché le due Coree, quella del Nord ancora a regime comunista, e quella del Sud, a economia capitalista e stretta alleata degli Usa, vivano finalmente in pace e perciò riunificate. E’ il caso di ricordare che le bombe H, all’idrogeno, sono enormemente più potenti e quindi devastanti di una semplice bomba A per il semplice motivo che usano una di queste come detonatore. L’esplosione della A permette infatti di raggiungere i milioni di gradi di temperatura necessari perché gli atomi di idrogeno fondano tra di loro perdendo così massa che si trasforma fulmineamente in energia.

Prima però di concludere che la Corea del Nord ha mire aggressive anziché esclusivamente difensive, vediamo di ripercorrere un po’ di Storia. Dal 668 d. C. la Corea è stata un Paese che ha unito il nord e il sud per oltre mille anni. Come mai allora le Coree oggi sono due e in quella del Sud ci sono ancora, fin dal 1945, poco meno di 40 mila soldati Usa anche se di militari coreani che occupano territori Usa non se ne sono mai visti? La divisione coreana è un avanzo della seconda guerra mondiale, un suo colpo di coda. Colpo sferrato dagli Usa l’8 settembre 1945, sei giorni dopo la resa del Giappone, con un’invasione che da lotta alle malefatte di Tokio in quella parte di mondo è stata trasformata nel giro di tre mesi in “guerra ai comunisti”, rivelando così il vero scopo degli Stati Uniti. Per “comunisti” però Washington intendeva tutti coloro che si erano battuti contro l’occupazione giapponese, iniziata nel 1910 per ridurre la Corea a colonia di Tokio. Gli Usa preferirono infatti mettere al governo del Sud gli stessi detestati collaborazionisti che per decenni avevano servito i giapponesi. A governare la Corea del Nord restava invece chi gli invasori giapponesi li aveva combattuti.

Nel marzo del ’46 la neonata Onu, fondata il 26 giugno del ’45, istituì una commissione per realizzare l’unità e l’indipendenza della Corea, ma l’iniziativa fece la fine della commissione che due anni dopo avrebbe dovuto far nascere in Palestina lo Stato palestinese. Di fatto per un bel pezzo la Corea è stata governata dal generale americano Mac Arthur, che, quando nel ’50 i cinesi reagirono alla massiccia presenza militare americana invadendo il territorio coreano occupato dagli Usa, voleva usare a tutti i costi le bombe atomiche contro di loro.E a proposito delle polemiche e accuse alla Corea del Nord per essersi dotata di ordigni nucleari, Mac Arthur è la dimostrazione di come i primi a minacciare di usare le atomiche sul suolo coreano siano stati gli Usa. Le cui minacce non erano da sottovalutare visto che di atomiche – pur di sperimentarle sugli esseri umani e spaventare così l’Urss alleata nella guerra contro i nazisti, ma scomoda perché sovietica – ne avevano già usate due contro i giapponesi.

Se non usarono le atomiche, in Corea gli Usa sperimentarono su larga scala le enormi bombe “Tarzon”, da 5 tonnellate di esplosivo, sganciate dai B-29 soprattutto su Kanggye, dove la Cia era convinta si nasconsessero i leader politici coreani compreso Kim Il Sung, leader della Reistenza ai giapponesi e padre dell’attuale capo di Stato. E a proposito di superbombe, durante la guerra con l’Iraq e in Afghanistan gli Usa hanno sperimentato “in corpore vili” le MOAB, o “Mother Off All Bombs”, da 8 tonnellate di TNT. Il settimanale Newsweek pubblicò in copertina una foto della mostruosa bomba sotto il titolo “Perché l’America spaventa il mondo”, che forse meglio sarebbe stato completare aggiungendo le parole “e perché non ne è molto amata in una sua larga parte”. Sottoposti per decenni alla minaccia di invasione americana, i nord coreani hanno reagito nell’unico modo possibile per rendere inefficace l’eventuale realizzazione della minaccia: hanno costruito una impressionante rete corazzata sotterranea di basi militari e di impianti di tutti i tipi – almeno 15 mila, cifra senza pari nell’intera storia militare del genere umano – e hanno fatto di tutto per dotarsi anche loro di atomiche, onde rendere una eventuale invasione americana troppo costosa in termini di vite umane.

Solo chi è in malafede può sostenere che la Corea del Nord vuole bombardare con armi nucleari la Corea del Sud, con il solo risultato di essere eliminata dalla faccia della terra tramite le atomiche americane di vario tipo: A, H ed N (bombe a neutroni, donde il nome). Tutto il resto, compresa la fame della popolazione ridotta allo stremo, è una conseguenza di tutto ciò. La faccenda della fame però mal si accorda con la estrema modernità della capitale della Corea e della sua stupefacente metropolitana. Può non piacerci, ma non è scritto da nessuna parte che Stati sovrani debbano essere felici di avere alle frontiere per decenni eserciti potentemente armati e sempre pronti all’invasione al minimo pretesto. Washington si è arrogata il diritto di reagire con l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq con la scusa – completamente sballata almeno nel caso dell’Iraq – dell’attentato alle Twin Towers dell’11 settembre. E la Cina nel 1949 si è arrogata il diritto di “riprendersi” il Tibet, cioè di invaderlo. È ovvio che la Corea del Nord da tali pericoli ha – come chiunque – il diritto di potersi difendere, anche perché di morti non ne ha avuti 3-4 mila come gli Usa con le Twin Towers, ma qualche milione con la guerra iniziata nel ’50 e una marea di altri morti già prima, con la feroce invasione giapponese.

Bisogna inoltre avere l’onestà di dire come non sia affatto vero che il regime della Corea del Nord è insensibile ai problemi della propria popolazione e vuole a tutti i costi sviluppare missili e atomiche. Il mese prima delle elezioni Usa che hanno sciaguratamente portato alla Casa Bianca George W. Bush il generale Jo Myong Rok, cioè l’autorità più potente della Corea del Nord, l’uomo che presiedeva al complesso che produceva e vendeva missili agli altri Paesi, ha fatto visita a Bill Clinton alla Casa Bianca. Nell’occasione è stato scritto di comune accordo un impegno in base al quale “nessuno dei due governi vuole avere intenzioni ostili nei confronti dell’altro”. E per la fine di ottobre era stato fissato un viaggio impensabile, quello del segretario di Stato Madeleine Albright a Pyongyang per trattare direttamente con Kim Jong Il e fissare la data del summit nella stessa Pyongyang tra Clinton e Kim.

Nel corso del summit era previsto che sarebbe stato firmato un accordo per l’acquisto da parte degli Usa di tutti i missili a gittata intermedia e lunga esistenti in Corea del Nord. Se questo accordo fosse stato perfezionato i lanci sperimentali di missili a lunga gittata della Corea del Nord ,che tante proteste hanno provocato, semplicemente non sarebbero mai esistiti. Fermo restando il fatto che anche la Corea del Nord ha diritto a inviare in orbita satelliti per le telecomunicazioni e quant’altro di pacifico si può realizzare solo con il lancio di missili. Ma a bloccare tutto appena insediatosi è stato il funesto neopresidente Bush, che nel marzo del 2001 trattò a pedate anche il presidente della Corea del Sud, Kim Dae Jung, fresco Premio Nobel per la pace e desideroso di accordi e ricomposizione con il Nord. Bush zittì anche Colin Powell, reo di avere osato dire che la nuova amministrazione avrebbe continuato le trattative con la Corea del Nord là dove le aveva lasciate l’amministrazione Clinton.

Il problema, molto poco noto, è che la guerra di Corea del 1950 ha creato, con il documento NSC 68 firmato da Truman nell’aprile del ’50, le basi – teoriche e strategiche – per il continuo irrobustimento dell’apparato industriale militare americano. Vale a dire, dell’apparato che di fatto traina l’intero sistema produttivo Usa perché ne rappresenta con l’indotto e la ricerca non meno del 30% del totale. L’apparato che già Dwight Eisenhower e pochi anni fa Colin Powell hanno definito senza mezzi termini un pericolo per la pace e quindi per gli stessi Stati Uniti. Da notare, dato che ci siamo, che alla fine del dicembre del ’49 Truman aveva firmato anche il documento NSC 48, che per la prima volta approvava l’aiuto militare a favore dei francesi contro i vietnamiti arcistufi di essere una colonia di Parigi.

Con George W. Bush il budget per la Difesa è arrivato all’astronomica cifra di oltre 400 miliardi di dollari.
Nella Corea del Sud c’erano anche centinaia di bombe atomiche Usa, rimosse da George Bush padre, che però non se l’è riprese negli Stati Uniti. Ha infatti preferito limitarsi a trasferirle sulle navi e sui sottomarini che da sempre controllano da vicino la Corea del Nord. Il costo della presenza militare Usa nella Corea del Sud oscilla tra i 17 e i 42 miliardi di dollari l’anno, a seconda delle voci che si vogliono prendere in considerazione.

Un giro di boa epocale, dunque, la guerra di Corea. Le enormi spese “difensive” previste dall’NSC 68 furono giudicate dai suo ideatori una occasione per l’economia statunitense per “trarre consistenti benefici dal tipo di potenziamento che suggeriamo”, potenziamento militare ovviamente.

La guerra di Corea è stata quindi importante per la storia americana per due motivi: 1) ha rappresentato il fulcro attorno al quale far ruotare una spesa militare tanto massiccia quanto permanente; 2) ha rovesciato provocatoriamente la teoria del “contenimento” del “pericolo comunista” trasformandola nella teoria del “rollback”, cioè del “ripiegamento”. Ovvero, in termini più chiari, della “liberazione”. “liberazione” tentata poi con la fallita invasione di Cuba, messa in atto in Afghanistan e Iraq e foraggiata sotto banco in Siria e altrove. Mac Arthur e gli strateghi politici americani pianificavano di “liberare” l’intera Manciuria e le aree meridionali più importanti della Cina!

Come si vede, sia l’appello pacifista di Papa Francesco sia l’asserita esplosione dell’H nordcoreana hanno motivazioni e radici assai diverse da quanto si vuol far credere all’opinione pubblica occidentale.

I trucchi e le manovre degli “esportatori di democrazia” Netanyahu e Al Thani per avere ai piedi l’intero Medio Oriente. Intanto però comincia ad attecchire anche tra israeliani e filo israeliani l’idea di Israele Stato anche dei palestinesi

La 66esima sessione dell’Onu ha visto Netanyahu fare una figura ridicola, da piazzista imbonitore. Dopo 20 anni che si suona l’allarme sulle “bombe atomiche iraniane”, instillando spesso il sospetto che ne abbiano già o le stiano producendo, il piazzista imbonitore Netanyahu, che oltretutto veste come un impiegato del catasto al dì di festa e indossa cravatte di banale mancanza di gusto, il suo allarme lo ha lanciato dicendo che “l’Iran ha terminato la prima fase, entro l’estate 2013 concluderà la seconda e da quel momento in poche settimane consentirà di arrivare all’uranio ad alto potenziale necessario a realizzare un ordigno”. E’ la ripetizione caricaturale della menzogna che Bush figlio ordinò al generale Colin Powell, suo Segretario di Stato,  di raccontare all’Onu per ingannare il mondo intero brandendo una bustina che disse piena dei terribili batteri antrace e cianciando di armi di distruzione di massa accumulate dall’Iraq. Powell però il suo show lo mise in piedi su ordine del suo superiore piazzato alla Casa Bianca, Netanyahu invece lo ha messo in scena di propria volontà, convinto forse che a ordinarglielo sia il suo superiore piazzato nell’alto dei cieli…
Come si vede, nonostante l’ormai ventennale starnazzare “Al lupo! Al lupo!” siamo sempre solo nell’anticamera dell’anticamera del pericolo…. Il piazzista imbonitore di Tel Aviv ha in pratica rimandato all’anno prossimo il molto strombazzato attacco all’Iran, puntando – o sperando – che a scendere in campo affianco all’esercito di Tel Aviv siano soprattutto l’esercito Usa con il contorno della Nato. Come una caricatura del Grande Dittatore di Charlie Chaplin, Netanyahu&C sognano un mondo al loro guinzaglio. Megalomania sorprendente. Oltre che molto pericolosa.
Stessa speranza, o pretesa, pare ce l’abbia l’emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa Al Thani, monarca assoluto del suo piccolo regno ma straricco di petrolio. Dopo avere avuto il ruolo principale nell'”esportazione della democrazia” in Libia, l’emiro ha tentato il bis in Siria fomentando da mesi, assieme agli Usa, l’Inghilterra e Israele, la rivolta in Siria. Rivolta che vede impegnati non tanto cittadini siriani quanto contingenti di militari e istruttori militari, soprattutto del Qatar, fatti affluire dall’estero, riforniti di armi Usa e affiancati da mercenari strapagati. Dopo mesi di massacri da ambo le parti e di notizie fasulle per spingere l’Occidente a indignarsi e intervenire quindi in armi, l’emiro ha dichiarato a un giornale del Kuwait che “è ora di prendere atto dell’impossibilità di rovesciare il regime siriano”. Motivo per cui Al Thani ritira le sue truppe  e i suoi mercenari dalla Siria e punta sull’intervento degli eserciti dei Paesi del Golfo in blocco più l’Arabia Saudita, sperando inoltre che si muova anche la Nato. E per “spingere” meglio usa la sua formidabile emittente televisiva Al Jazeera per veicolare versioni di comodo e verità pilotate. Continua a leggere

E per le bombe atomiche, 24 mila euro a testa a Enrico Fermi e agli altri “ragazzi di via Panisperna”.

Brevetto numero 324458 per produrre sostanze radioattive sottoponendole in particolare a flussi di neutroni rallentati con urti multipli, brevetto registrato il 26 ottobre 1935 a Roma presso lo Studio Laboccetta, ed esteso poi ad altri Paesi: la storia dei reattori atomici, della bomba A, cioè atomica, nonché quindi delle bombe H all’idrogeno e delle bombe N a neutroni, comincia da qual brevetto, la cui storia è davvero avventurosa oltre che lunga. Registrato a nome di Enrico Fermi, Edoardo  Amaldi, Bruno Pontecorvo, Franco Rasetti ed Emilio Segrè, i più attivi tra i “ragazzi di via Panisperna”, come vennero chiamati una volta famosi perché in quella via, nell’attuale numero civico 89,  c’era l’Istituto di Fisica dell’Università, dove Fermi all’età di soli 27 anni s’era guadagnato la cattedra di fisica teorica. Dell’istituto oggi in quella strada e non solo in quel numero civico s’è persa anche la memoria. Poiché la loro scoperta brevettata aveva permesso agli Stati Uniti di costruire le prime bombe atomiche e di usarle vittoriosamente contro i giapponesi nella seconda guerra mondiale, i “ragazzi” intentarono causa al governo degli Stati Uniti per vedersi riconoscere dei diritti, e di conseguenza dei quattrini.

La casa durò anni, in piena guerra fredda con l’ormai scomparsa Unione Sovietica, si concluse nel 1953 e fruttò agli ex di via Panisperna la bella cifra di 400.000 dollari  dell’epoca: pari a un bel pacco di milioni di euro di oggi, diciamo tra i 15 e i 20.

E’ una storia che vale la pena conoscere, visto anche che ormai si parla di bombe atomiche spesso a sproposito, come fossero noccioline o grossi petardi…. Continua a leggere

La pericolosa follia religioso-nazionalista di Netanyahu

Desidero ricordare che più volte ho scritto che l’attuale capo del governo israeliano durante gli anni trascorsi negli Usa è stato tra i principali artefici della trasformazione dello scontro Est-Ovest nello scontro Nord-Sud del mondo, o meglio dello scontro Occidente-Oriente islamico. In questo modo le industrie militari e i fanatismi potevano continuare a prosperare nonostante la fine della guerra fredda una volta dissolta l’Unione Sovietica e il movimento comunista internazionale. Ho anche spiegato che “Bibi” odia a morte gli arabi e gli islamici perché suo fratello Yonatan  è rimasto ucciso nel raid a Entebbe, quando truppe scelte israeliane attaccarono nell’aeroporto di Entebbe i dirottatori di un aereo di linea israeliano. Proprio a suo fratello Yonatan è dedicata la fondazione, che ne porta il nome, utilizzata negli Usa per riciclare la guerra fredda nelle attuali guerre “preventive”, “umanitarie”, “asimmetriche” ed ” esportatrici di democrazia”.

Vediamo come stanno ora le cose e come si muove Netanyahu secondo uno degli intellettuali e scrittori israeliani ed ebrei di maggiore successo.

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L’Iran, re Bibi e il “popolo eterno” di Israele

di David Grossman
ECCO un possibile scenario:
Israele attaccherà l’Iran contrariamente alla ferma presa di posizione del presidente Obama che quasi supplica di lasciare questa incombenza agli Stati Uniti d’America. E questo perché? Perché Benjamin Netanyahu ha una linea di pensiero e una visione storica secondo le quali — riassumendo a brevi linee — Israele è il “popolo eterno” mentre gli Stati Uniti, con tutto il rispetto, sono una specie di Assiria o di Babilonia, di Grecia o di Roma dei giorni nostri. Vale a dire: noi siamo per sempre, destinati a rimanere, mentre loro, nonostante tutto il potere che possiedono, sono momentanei, transitori, motivati da considerazioni politiche ed economiche limitate ed immediate, preoccupati delle ripercussioni che un eventuale attacco potrebbe avere sul prezzo del petrolio e sui risultati elettorali. Noi invece sussistiamo nella sfera dell’“Israele eterno” e portiamo in noi una memoria storica in cui balenano miracoli e imprese di salvezza che vanno oltre la logica e i limiti della realtà. Il loro presidente è “un’anima candida” che crede che i nemici ragionino in maniera razionale come lui mentre noi, già da quattromila anni, ci troviamo ad affrontare le forze più cruente e gli istinti umani più incontrollabili e oscuri della storia e sappiamo bene come comportarci per sopravvivere in queste zone d’ombra. Continua a leggere

Israele colto con le mani nel sacco delle frottole “atomiche” all’AIEA per spingere alla guerra (anche) contro l’Iran?

Questa volta Israele pare proprio sia stato colto col sorcio in bocca, come si usa dire a Roma di qualcuno beccato con le mani nella marmellata, cioè in flagrante. Un sorcio in bocca per spingere alla guerra contro l’Iran con la solita scusa delle bombe atomiche a gogò, così come il precedente sorcio “atomico” in bocca agli Usa aveva “fruttato” l’invasione dell’Iraq. Anche in quel caso, con i buoni uffici dei servizi segreti israeliani sempre pronti a sfornare dossier debitamente taroccati. Come è noto, l’Aiea è l’agenzia Onu che vigila contro la proliferazione di bombe atomiche, ma solo ed esclusivamente nei Paesi che hanno firmato il Trattato di Non Proliferazione. Israele NON l’ha firmato, perciò le sue centinaia di atomiche se l’è prodotte senza rotture di scatole né denunce o allarmi di un qualche tipo. Peraltro, secondo il libro “L’Iran e la Bomba” di Giorgio Frankel, Israele possiede anche le ben più terribili bombe H e forse anche le bombe N, cioè a neutroni, ordigni che ammazzano gli esseri viventi ma non danneggiano le costruzioni: vale a dire, una forma perfetta di “pulizia” se non etnica quanto meno “nazionale”. Più o meno un anno fa qualcuno ha recapitato all’Aiea un dossier che “dimostrava” come l’Iran fosse ormai a un passo dal produrre ordigni nucleari. Peccato che all’Aiea qualcun altro s’è accorto che nel documento, redatto in lingua farsi, quella più parlata in Iran, ricorrevano termini che nessun iraniano usa più: guarda caso, li usano solo i membri della comunità ebraica locale…. E taciamo sulla “inspiegabile” uccisione di scienziati nucleari iraniani e sul virus informatico che ha paralizzato per qualche mese i computer addetti al controllo e al funzionamento dei reattori nuvleari iranianu tilizzati per produrre corrente elettrica. Guarda caso, qualcuno s’è accorto che nella sequela di termini che componevano il virus ce n’era uno che figura nella bibbia…. Continua a leggere