La Nigeria al limite della guerra civile?
La Nigeria, ex colonia britannica, la più grande economia dell’Africa, è nella bufera. Il Paese più popoloso e urbanizzato dell’Africa (200 milioni di persone destinate a crescere fino a 440 milioni entro il 2050) è sconvolto dalle proteste che chiedono lo scioglimento della Sars (Special Anti Robbery Squad), una squadra di primo intervento istituita nel 1992 per combattere gli episodi di violenza nel Paese, ma che si è poi macchiata di episodi di corruzione, tortura e violenza generalizzata. Quasi un centinaio di inermi cittadini sono già stati ammazzati.
Al centro c’è la spaccatura tra un’élite vecchia e corrotta e una popolazione giovane e urbanizzata. Circa il 60% della popolazione ha meno di 24 anni e molti giovani si sentono esclusi da un sistema politico che è al servizio degli interessi di una parte ristretta della società.
La Nigeria è il maggiore produttore di petrolio in Africa, scoperto dalla società olandese Shell nel 1956 nel delta del Niger, oggi una delle zone più inquinate, più violente e povere del mondo. Gli introiti statali derivanti dalla produzione di greggio costituiscono più del 50% delle entrate totali del governo federale. Da questo commercio deriva il 90% del reddito statale in valuta estera.
I giganti occidentali del petrolio, Royal Dutch Shell (Paesi Bassi), Total (Francia), Agip (Italia), Exxon Mobil (USA), Chevron (USA), controllano il 95% dell’industria petrolifera della Nigeria attraverso delle joint-ventures. Il 20% del petrolio è destinato ai paesi europei, il 5% al Canada e all’Australia, mentre agli Stati Uniti è destinata la quota maggiore della torta con il 43%. Mentre quasi tutta la produzione giornaliera di petrolio viene esportata all’estero, la Nigeria deve importare circa 187.000 barili al giorno a prezzi esorbitanti. Una situazione assurda dovuta all’assenza di un’industria nazionale per i prodotti petroliferi. Il governo nigeriano contribuisce a questa situazione in cambio di tangenti.
Un tribunale militare condannò a morte nel 1995 lo scrittore nigeriano Ken Saro-Wiwa e altre otto persone perché lottavano contro i danni ambientali provocati dalla Shell. Infatti negli ultimi 50 anni le multinazionali petrolifere non solo hanno incamerato introiti per oltre 600 miliardi di dollari, ma hanno anche disperso nei corsi d’acqua e nelle terre del Delta 15 milioni di tonnellate di greggio.
Oggi c’è una generazione di giovani donne politicamente agguerrite che fanno capo all’influente Feminist Coalition, un collettivo di nigeriane nato nel luglio 2020 con l’obiettivo di ampliare i diritti e le possibilità delle donne nel Paese africano. Si chiedono possibilità di accesso gratuito ai servizi di base, come sanità e istruzione. Si chiedono lavoro e infrastrutture. Si vuol mandare a casa il governo del musulmano Muhammadu Buhari (ex golpista del 1983, salito al potere nel 2015), che ha imposto il coprifuoco, pur avendo sostituito la Sars con la Swat (Special Weapons and Tactics). Sono 10,6 milioni i nigeriani che vivono in grave stato di necessità. Il loro numero, anche a causa della pandemia, è in continuo aumento.
Fondamentale è il ruolo della diaspora nigeriana, molto forte negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Europa. Fin dall’inizio la diaspora ha supportato anche economicamente il movimento, organizzando manifestazioni in tutto il mondo, inclusa l’Italia.
Ma la tragedia della Nigeria è iniziata ben prima. Sono state 50.157 le morti violente legate a scontri armati avvenuti tra il 1997 e il 2015, con un picco nel 2015 quando le vittime sono state 10.933.
Nel 2016, il 7,8% dei conflitti armati in Africa ha avuto luogo in Nigeria, anche a causa della presenza nel nord-est del Paese di Boko Haram, nato nel 2002, che ha causato 1/4 di tutti i decessi in Africa, rendendo la Nigeria il paese più pericoloso per i civili africani: si conta che in sette anni di insurrezione armata il gruppo islamista abbia ucciso circa 15mila persone, costringendone all’esilio più di due milioni.
Boko Haram è un gruppo (diviso in due fazioni) a forte connotazione etnica perché intercetta il malcontento dei Kanuri, una popolazione del Nordest molto discriminata che vive in condizioni limite. Vuole trasformare la Nigeria in un emirato dominato dalla sharia. Considera nemici il governo e gli sponsor occidentali, americani, italiani, europei che avrebbero corrotto i costumi islamici dei nigeriani.
L’esercito non ha potuto far niente contro Boko Haram perché la Nigeria ha 139 gruppi etnici differenti e anche se tutti i militari hanno la stessa divisa, quando entrano in una regione di etnia diversa dalla propria vengono percepiti come forze di occupazione.
Vi è inoltre la potente la mafia nigeriana, formatasi agli inizi degli anni ’80, in seguito alla crisi del petrolio, che portò i gruppi dirigenti a cercare l’appoggio della criminalità per mantenere i loro privilegi. Si è poi sviluppata in Niger, Benin e nel resto del mondo. Presente in molti paesi (Germania, Spagna, Portogallo, Belgio, Romania, Regno Unito, Austria, Stati Uniti, Croazia, Slovenia, Repubblica Ceca, Ungheria, Ucraina, Polonia, Russia, Brasile, Malta e Italia), gestisce oltre al traffico di eroina e di cocaina, la prostituzione delle proprie connazionali tenute in schiavitù col sequestro dei documenti e le minacce ai familiari rimasti nel paese d’origine. Oggi è capace di gestire anche i flussi di spam informatico e il cybercime evoluto fino al traffico di esseri umani.