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Tema: chi è l’aggressore e chi l’aggredito? Svolgimento: l’aggredita è la Russia, l’aggressore gli USA.

L’HO RIPRESO DA FACEBOOK

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Maurizio Ulisse Murelli

Tema: chi è l’aggressore e chi l’aggredito?
Svolgimento: L’aggredita è la Russia, l’aggressore gli USA.
Fine svolgimento tema.
Gli ottusi possono continuare con la filastrocca a premessa di ogni loro dire su quanto accade in Ucraina. La potremmo dunque chiudere qui che tanto l’esposizione di fatti oggettivi non fa mutare di posizione a nessuno. Per gli ottusi infatti tutto parte il 24 febbraio di quest’anno. Per i moderati tutto parte con il golpe atlantista di Maidan nel 2014. Per quelli come me tutto parte nel 1823 con la “dottrina Monroe” in seguito riveduta, corretta e ampliata. Se agli inizi il succo era che gli Stati Uniti non avrebbero tollerato che una nazione europea colonizzasse una nazione indipendente nel Nord o nel Sud America considerando un eventuale intervento in tal senso nell’emisfero occidentale un atto ostile, in seguito, a partire dalla fine della Prima Guerra Mondiale, è diventato atto ostile l’ostacolare il loro espansionismo imperialista in ogni luogo del pianeta dove loro ritengano avere un qualsiasi interesse.
Sì la prendo alla lunga e alla larga, mettendo sul piatto quel che i vermilingui dell’informazione e gli zerbini degli USA, in pratica tutti gli ascari dell’ambaradan politico-economico-finanziari occidentale non vogliono sia messo sul piatto. Per costoro un dittatore russo il 24 febbraio si è svegliato con la luna storta e, messo piede giù dal letto, ha dato ordine di invadere la pacifica e democratica Ucraina. Così non è, non lo è oggettivamente che gli ottusi lo vogliano capire oppure no. Non capendolo e facendo finta di non capirlo stanno suicidando l’embrione europeo che sopravvive nonostante la UE e i mezzadri del potere USA che albergano nei palazzi di Bruxelles.
La “dottrina Monroe” riveduta e corretta riceve altro imput all’indomani della Seconda Guerra Mondiale e compie un ulteriore passo avanti a partire dal 1990.
Implosa l’URSS si ritrova con le mani libere. Da una parte, non rispettando i patti, attraverso la Legione Straniera altrimenti chiamata NATO, gli USA inglobano gli ex Stati che facevano parte del Patto di Varsavia, dall’altra attaccano con le più inverosimili e ridicole giustificazioni gli Stati che erano sotto l’ombrello protettivo Russo: in Europa la Serbia, in Medio Oriente l’Iraq per poi destabilizzare con le “rivoluzioni colorate” vari paesi africani e medio-orientali, a cominciare dalla Siria (dove per inciso la Russia ha l’unica base navale fuori dal suo territorio a fronte del centinaio statunitensi sparse nel globo terraqueo) provandoci in Georgia e Biellorussia per finire con l’Ucraina. La quale Ucraina viene fatta grazia di un golpe atlantista, salvata dalla bancarotta con l’immissione di miliardi di dollari ottenendo in cambio di trasformarla in un “hub militare” per il traffico illegale (stante le disposizioni ONU) di armi verso l’Africa e non solo. Inciucciano con gli “oligarchi” (vedi il figlio di Biden) per i traffici più indicibili e fomentano/sostengono la deriva russofobica. Russofobia che i Russi interpretano come nazificazione richiamandosi all’idelogia razzista anti-slava presente nel complesso ideologico Nazionalsocialista e della quale tengono conto al pari delle altre ragioni, da quella geopolitica/espansionistica, economica etc.
A partire dal 2014 in Ucraina prende il via la guerra civile che non si svolge solo in Donbass. In tutto il paese i russofoni e russofili sono perseguitati e, mentre gli occidentali frignano sulla supposta persecuzione dei giornalisti anti-putiniani, in Ucraina ne fanno secchi un’ottantina. Propibiscono l’uso della lingua russa, mettono fuori legge i partiti filorussi e per sovra mercato anche quelli che semplicemente sono anti zeleskyani. Per otto anni i Russi tentano di ridurre a più miti consigli il regime ucraino, richiamando gli occidentali agli accordi di Minsk e quant’altro. Ma più i russi richiamano gli ucraini e gli occidentali, più gli americani con gli ascari inglesi imbottiscono di armi l’Ucraina e la spingono all’intrassigenza verso la Russia.
L’obiettivo degli USA è liquidare la Russia, isolare la Cina, domare India e Pakistan. Riaffermare l’Ordine Mondiale Unipolare che il blocco orientale sta mettendo a repentaglio. Per liquidare la Russia vale la dottrina di Brzezinski che come è notorio sostiene proprio che l’Ucraina non solo non deve far parte della Federazione russa, ma deve essere sottratta dalla sua influenza. Gli USA di Biden vanno oltre: la trasformano in una “bomba sporca” contro la Russia. Alla Russia altro non è rimasto che difendersi da questa articolata aggressione.
Che si doveva arrivare a questo gli analisti occidentali ne erano ben consapevoli. Vale, a titolo di esempio, questo articolo di Lucio Caracciolo pubblicato su un giornale ticinese il 12 aprile 2021.
Non voglio fare un post troppo lungo. Per ora mi fermo qui. Ma poi “rinciccio” il tema con altri post per uno svolgimento che le carognette atlantiste non vorrebbero fosse fatto, a cominciare da certa camerateria e certa compagneria. Per loro conto di riservare il meglio…

UCRAINA. LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ON. SERGIO MATTARELLA

Signor Presidente,
Lei ieri si è pronunciato fermamente contro l’esecrabile guerra di cui è vittima l’Ucraina. Lo ha fatto con parole nette, queste: “La nostra responsabilità di cittadini, di europei, ci chiama oggi a un impegno più forte per la pace, perché si ritirino le forze di occupazione e si fermino le armi, perché sia ripristinato il diritto internazionale e siano rispettate le sovranità nazionali.
L’indifferenza di fronte all’arbitrio, alla sopraffazione è uno dei mali peggiori. In gioco non c’è soltanto la già grande questione della libertà di un popolo, ma la pace, la democrazia, il diritto, la civiltà dell’Europa e dell’intero genere umano.
[…] Non è tollerabile – e non dovrebbe essere neppure concepibile – che, in questo nuovo millennio, qualcuno voglia comportarsi secondo i criteri di potenza dei secoli passati; pretendendo che gli Stati più grandi e forti abbiano il diritto di imporre le proprie scelte ai paesi più vicini, e, in caso contrario, di aggredirli con la violenza delle armi. Provocando angoscia, sofferenze, morti, disumane devastazioni”.
Sono parole, sono concetti, che condivido totalmente perché mi hanno sempre ispirato nella vita, spingendomi a schierarmi contro ogni guerra di aggressione che dal 1960 (quando ho iniziato giovanissimo a fare politica) abbia infierito in qualsiasi parte del nostro pianeta: contro tutte le guerre, con determinazione, con coerenza, sempre.
Ecco, Signor Presidente: con coerenza. La coerenza che consente a me, e a tanti altri come me, di denunciare oggi la guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina come abbiamo fatto in passato contro le altre, senza dimenticare la storia dell’ultimo trentennio (almeno) né, in particolare, tutti gli anelli della lunga catena di guerre che hanno preceduto l’attuale, in cui l’Italia stessa è stata più volte coinvolta. Ricordo, una per tutte, la seguente.
Ricorrerà tra pochi giorni il 23° anniversario dell’inizio della “Operazione Allied force” scatenata dalla Nato contro la Serbia. Guerra definita “umanitaria” da chi la scatenò. Guerra invece di aggressione, sotto tutti i profili. Guerra illegittima, che violava il diritto internazionale, che violava lo stesso Patto Atlantico (in particolare artt. 1, 3, e lo stesso 5); che violava lo Statuto dell’Onu (art. 51); che violava la Costituzione italiana (art. 11). Guerra che durò 71 giorni (speriamo che quella di Ucraina duri meno); che vide utilizzare nei bombardamenti contro la Serbia ogni sorta di ordigno bellico (comprese le bombe all’uranio impoverito, di cui quelle popolazioni patiscono ancora oggi le conseguenze, quelle a grappolo e quelle alla grafite, con l’esclusione soltanto di quelle nucleari) in 38.000 missioni aeree; che provocò vittime militari e civili stimate in un numero superiore a 12mila persone di ogni età (speriamo che quelle della guerra contro l’Ucraina siano inferiori); che colpì infrastrutture civili di ogni tipo: strade, ponti, ferrovie, aeroporti, la sede della televisione, la stessa ambasciata cinese a Belgrado (con tre morti)…; che devastò la capitale della Serbia; che causò centinaia di migliaia di profughi.
Ecco, Signor Presidente: A QUELLA GUERRA PARTECIPO’ ATTIVAMENTE ANCHE LA REPUBBLICA ITALIANA. LO DECISE UN GOVERNO DI CUI LEI ERA VICE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, con delega ai servizi di sicurezza. Quello che Lei oggi definisce, con un giudizio che faccio mio, “non tollerabile” fu allora non tanto tollerato quanto voluto anche dal governo italiano. E gli “Stati più grandi e forti” – quanto più forti! – ritennero allora di avere il “diritto” di “imporre le proprie scelte […] con la violenza delle armi” alla Serbia, calpestando la “sovranità nazionale” di un popolo collocato al centro della “civiltà dell’Europa”.
Suppongo, Signor Presidente, che la citazione del Suo discorso che ho riportato abbia inteso essere un’implicita autocritica per avere condiviso a suo tempo, in una funzione diversa dall’attuale, la responsabilità della guerra di aggressione alla Serbia. Le confesso, tuttavia, che avrei gradito che quell’autocritica fosse più esplicita. Una maggiore chiarezza avrebbe sicuramente dato maggiore incisività e l’indispensabile credibilità alle Sue giuste parole, avrebbe allontanato dalle Istituzioni l’accusa di doppiopesismo che una parte dell’opinione pubblica rivolge a esse, con ciò consolidando di fronte a tutti gli Italiani anche il prestigio di cui meritatamente gode, e deve godere, la Presidenza della Repubblica.
Buon lavoro, Signor Presidente!
Severino Galante (ex parlamentare della Repubblica italiana)

I palestinesi? Possono aspettare ancora…. Tanto per cambiare. Biden democratico sì, ma fino a un certo punto. E sicuramente un po’ servo.

I palestinesi? Possono aspettare ancora…. Tanto per cambiare.

Biden democratico sì, ma fino a un certo punto. E sicuramente un po’ servo. 

HAARETZ
“Biden ha detto alle Nazioni Unite che i palestinesi possono aspettare, dando spazio a Bennett d’Israele”

https://www.haaretz.com/us-news/.premium.HIGHLIGHT-biden-told-the-un-the-palestinians-can-wait-giving-israel-s-bennett-breathing-space-1.10231607?utm_source=mailchimp&utm_medium=content&utm_campaign=haaretz-news&utm_content=4ff92a51ad&fbclid=IwAR23_NvRSXON6up9peqt7ap2jSNRVI0iAeNh1IFGA0tt7s1-BfaS6DXNp_k

USA: un’economia con infrastrutture obsolete

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

 Quando le campagne elettorali dei partiti s’intrecciano alle scelte politiche ed economiche, i risultati non sono sempre positivi, ovunque nel mondo. Anche in Italia e negli Stati Uniti. 

 Per esempio, il programma di investimenti in infrastrutture de l presidente Biden è stato di fatto dimezzato. Il partito Repubblicano non intende permettere che esso diventi un successo per i Democratici nelle elezioni di metà mandato del 2022. Per evitare un ostruzionismo paralizzante al Senato, il governo si è detto disposto a un accordo bipartisan per progetti più “annacquati”. Il piano infrastrutturale iniziale di Biden era di 1.900 miliardi di dollari in otto anni. E’ stato ridotto a 1.200 miliardi di cui, però, 650 già stanziati in precedenza dall’amministrazione Trump. I nuovi investimenti, quindi, ammontano a 550 miliardi.

 Sembra una cifra ragguardevole. Non lo è se, però, si tiene conto che la maggioranza delle infrastrutture è obsoleta, vecchia di 40 anni o più. Il Rapporto 2021 dell’American Society of Civil Engineers (ASCE), l’organizzazione indipendente degli ingegneri civili, identifica in dettaglio le aree di sviluppo infrastrutturale e quantifica in ben 2.590 miliardi di dollari la necessità di investimenti in 10 anni. Servono almeno 786 miliardi solo per modernizzare o riparare le strade e i ponti. Biden ne prevede ora 110 miliardi.

La seconda area che richiede un grande intervento riguarda l’acqua potabile e le relative infrastrutture. L’ASCE stima che il gap di investimenti potrebbe salire a 434 miliardi di dollari entro il 2029. Nel programma dell’Amministrazione sono previsti soltanto 55 miliardi.

Vi sono poi i settori dell’energia il cui gap potrebbe aggirarsi intorno ai 200 miliardi di dollari entro il 2029. Ma ne sono previsti solo 73.

Tutto ciò non sorprende: è la conseguenza della profonda trasformazione degli Usa, dove nei passati decenni la finanziarizzazione dell’economia e l’outsourcing (lo spostamento delle industrie all’estero per pagare meno il costo del lavoro e le tasse) sono cresciuti enormemente, a discapito dei settori produttivi. Infatti, mentre nel 1965 il settore delle macchine utensili rappresentava il 28% dell’intero mercato mondiale, oggi tale percentuale è ridotta al 5%. Nel 2018 i produttori di macchine utensili ne hanno esportato per 4,2 miliardi di dollari e importato per 8,6 miliardi.  

Se si produce di meno e si vuole mantenere alti i livelli di consumo, l’unica via è il debito. Non solo quello pubblico delle amministrazioni centrali e periferiche, ma anche quello privato. Infatti, nel secondo trimestre del 2021 il debito delle famiglie americane ha raggiunto quasi 15.000 miliardi di dollari, dei quali oltre 10.000 per ipoteche sulla casa.  In un solo trimestre l’aumento del debito privato è cresciuto del 2,1%. Anche la spesa sanitaria delle famiglie è aumentata enormemente.

L’amministrazione Biden ha un programma di investimenti, sulla carta, molto ambizioso. Oltre alle infrastrutture, vi sono dei pacchetti di spesa per il digitale, per i cambiamenti climatici e soprattutto per l’infanzia e le scuole.

E’ chiaro che fare tutto a debito, emettendo Treasury bond e stampando moneta, non sarebbe possibile. Per questa ragione Biden ha annunciato la volontà di aumentare le tasse sui profitti delle grandi corporation e per i super ricchi. Anche su questo è in corso una battaglia ideologica, con ricadute elettorali.

D’altra parte, la politica di Trump di tagliare le tasse per 1.900 miliardi di dollari non ha dato grandi frutti. La narrazione liberista sosteneva che le tasse condonate si sarebbero automaticamente trasformate in nuovi investimenti nei settori dell’economia reale. Così non è stato!

Diminuire le tasse per le pmi, per le famiglie e anche per le industrie grandi, produttive e innovative, è positivo. Però, è pratica di certe multinazionali e di alcuni settori dei servizi, in primis quelli finanziari, utilizzare i soldi rimasti nelle loro casse per differenti operazioni di borsa, come il riacquisto delle proprie azioni, di buyout, cioè per l’acquisto di altre imprese con denaro preso a prestito, o per distribuire dividenti più alti. Il contrario di quanto dovrebbe essere fatto, non solo negli Usa.

*già sottosegretario all’Economia   **economista