Molto pertinente il costituzionalista Ainis
1. Ineccepibile Ainis
Il costituzionalista Michele Ainis (che stimo moltissimo) ha parlato chiaro: l’art. 52 della Costituzione esclude categoricamente qualunque guerra che non sia quella di “difesa della propria Patria”. Detto altrimenti: “se adottiamo il punto di vista dei costituenti del 1947, non c’è dubbio che avrebbero fortemente dissentito da una co-belligeranza, anche se questa si traduce, come accade oggi, con l’invio di armi e non di eserciti. Questo è pacifico. Se andiamo a guardare i manuali di Diritto costituzionale del primo dopoguerra, è chiaro che l’unica guerra ammissibile è quella difensiva rispetto alla nostra integrità territoriale”.
Quanto alla cosiddetta “disciplina della neutralità” (cui sono dedicate la V e la XIII Convenzione dell’Aia del 1907), essa prevede “obblighi di astensione”, ossia di non impegnarsi nel conflitto armato in corso, e di “imparzialità”, ossia di trattare in modo uguale le parti del conflitto. Cosa che di sicuro non abbiamo fatto inviando armi al governo di Kiev.
Secondo Michael Bothe (docente di diritto pubblico all’Università Goethe di Francoforte) una violazione degli obblighi di neutralità, seppur motivata dalla volontà di prestare soccorso ad uno Stato aggredito, non si potrebbe giustificare “neppure sulla base di un diritto alla legittima difesa collettiva”. Chi viola la propria neutralità deve aspettarsi contromisure belliche, per cui l’escalation diventa inevitabile.
Peraltro non solo non c’è alcuna risoluzione dell’ONU che obblighi tutti gli Stati del mondo a porre fine al conflitto, ma l’Ucraina non appartiene neppure alla NATO. Che senso ha che un’alleanza del genere faccia di tutto per sostenerla militarmente? Alla fine la guerra diventa per procura tra NATO e Russia, in cui l’Ucraina viene usata solo come paravento.
2. Puntiglioso Ainis
Il costituzionalista Ainis sostiene che là dove nell’art. 11 della Costituzione è scritto che la Repubblica “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo” – ciò non vuole affatto dire che viene giustificata qualunque limitazione alla sovranità della Repubblica. Cioè non ha alcun senso concedere una “delega in bianco” a favore del diritto internazionale.
Tutt’al più il nostro ordinamento finalizza “cessioni di sovranità” a organizzazioni che si prefiggono come scopo preciso “la pace e la giustizia fra le nazioni”.
Ma questo appunto significa che eventuali conflitti non potranno mai essere risolti attraverso lo strumento della guerra, proprio perché la nostra Repubblica “ripudia tale mezzo come risoluzione dei conflitti internazionali”. Non avrebbe alcun senso che l’“apertura” della Carta costituzionale al diritto internazionale possa essere talmente estesa da condurre al rovesciamento totale delle fonti del diritto, con relativa paralisi e svuotamento del diritto costituzionale.
In altre parole: la cessione di armamenti al governo di Kiev è anticostituzionale per definizione, per cui questo governo è fuorilegge e Mattarella non se n’è accorto, e tanto meno la Corte costituzionale.
3. Preoccupato Ainis
Va giù duro il costituzionalista Ainis col governo Draghi.
Deve infatti constatare che il ruolo del parlamento è stato completamente esautorato dalle sue funzioni di controllo.
Lo si è visto nel momento stesso in cui, per poter procedere all’autorizzazione dell’invio delle armi in Ucraina, il governo ha dovuto ricorrere all’emergenza e alla decretazione d’urgenza, financo a derogare alle leggi vigenti. Di fatto non si conoscono il tipo di armi inviate, la loro natura e nemmeno le modalità che sono state seguite per la loro fornitura.
È evidente che il Parlamento non ha esercitato la funzione di controllo che gli spetta.
Anche la costituzionalista Roberta Calvano ha dovuto constatare che il dibattito parlamentare è stato intenzionalmente evitato, e non si comprende perché “l’Italia debba applicare principi diversi che ci allontanano dalle democrazie parlamentari”. L’invio delle armi “dovrebbe essere l’extrema ratio e ridotto al minimo indispensabile in attesa della soluzione diplomatica, senza la quale l’invio incrementale delle armi non fa che assottigliare sempre più il margine di compatibilità costituzionale. Abbandonare la via diplomatica andrebbe di fatto contro la Costituzione”.
Insomma, secondo Ainis (e non solo lui) il nostro Paese sta abbandonando il diritto come strumento di soluzione delle controversie internazionali.
Fonte: https://www.lafionda.org/2022/05/31/questioni-sulla-legittimita-costituzionale-dellinvio-delle-armi-in-ucraina/