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Che cos’è l’islam politico?
/0 Commenti/in Politeia /da Enrico GalavottiL’islam politico è nato dopo la fine dell’impero ottomano (1922), e la sua radicalizzazione anti-occidentale è una conseguenza dell’atteggiamento prevaricatore di Francia, Regno Unito e Stati Uniti in Medio Oriente e, più in generale, nel mondo islamico. Mustafa Kemal Atatürk pose fine al Califfato ottomano (ultimo riconosciuto al mondo) nel 1924, creando uno Stato laico, che però oggi Erdoğan ha messo in discussione.
Islam politico non necessariamente vuol dire terrorismo o sharia, però certamente non vuol dire democrazia. E anche la sua concezione dei diritti umani (soprattutto nei confronti delle donne) contiene aspetti che il mondo occidentale giudica molto primitivi.
L’islam politico può riguardare gli Stati islamici oppure i gruppi e movimenti che lottano per avere un ruolo governativo all’interno dei loro Stati. In ogni caso sia gli uni che gli altri usano la loro religione come uno strumento politico con cui difendersi dalle mire colonialistiche e imperialistiche dell’occidente capitalistico.
L’islam politico è un mondo incredibilmente vasto e complesso, ma in generale si può sostenere che l’ideologia di fondo contiene tre princìpi standard:
- la volontà di organizzare l’intera società e la politica sulla base della religione islamica (è il fondamentalismo o integralismo religioso);
- una condivisa mitizzazione del passato che porta a idealizzare la purezza del primo islam, considerato come modello ideale di riferimento (il che comporta la subordinazione di qualunque minoranza);
- l’obiettivo di purificare la società musulmana dalle contaminazioni culturali importate dall’esterno, considerate motivo del declino dell’islam (di qui l’acceso nazionalismo).
Naturalmente i modelli europei sono stati adottati da molti leader islamici al momento della costruzione dei rispettivi Stati, non solo per costrizione esterna, ma anche perché parte delle élites erano convinte che l’arretratezza dei loro Paesi fosse dovuta proprio alle strutture sociali, economiche e politiche dell’islam.
Era piuttosto l’ortodossia islamica di matrice clericale a ritenere che la “modernità” occidentale avrebbe allontanato la comunità musulmana dalla pratica dell’islam.
Purtroppo è stato il generale fallimento del modello occidentale nei Paesi islamici che ha indotto a cercare dei modelli alternativi basati sui princìpi islamici, in grado di fornire tutte le risposte alle necessità dei nuovi Stati-nazione mediorientali.
È in questo contesto che nasce il primo movimento islamista, la Fratellanza Musulmana, fondata in Egitto nel 1928. Pur essendo repressa da Nasser (1954-70), essa si è presto diffusa in Siria, Giordania, Tunisia e nei territori palestinesi.
Poi, nella seconda metà del ‘900 sono comparse organizzazioni jihadiste, e il fenomeno ha conosciuto una deriva armata e violenta. Tuttavia laddove l’islam politico è riuscito a entrare nei sistemi di governo (p.es. in Tunisia o in Marocco), si è rivelato totalmente incapace a esercitare il potere e a gestire gli affari nazionali.
A tutt’oggi il risultato più significativo e duraturo è stato ottenuto dalla Repubblica Islamica dell’Iran, con la rivoluzione teocratica compiuta da Khomeini nel 1979, che ha deposto lo scià filo-occidentale Reza Pahlavi. Per l’ayatollah sciita Khomeini “L’islam o è politica o non è nulla”. E i talebani afghani la pensano come lui. Infatti han preso l’Iran come modello.
FINE DELL’EGEMONIA DEL DOLLARO E RUOLO DELL’ORO
/72 Commenti/in Uncategorized /da Pino NicotriL’alternativa al sistema del dollaro. Il ruolo dell’oro
Mario Lettieri* Paolo Raimondi**
I maldestri tentativi da parte americana di salvare a tutti i costi il ruolo egemone del dollaro stanno spingendo molti Paesi a lavorare più alacremente per costruire un’alternativa monetaria multipolare. Oggettivamente il dollaro, come unica valuta degli scambi e delle riserve internazionali, ha concluso il suo ciclo storico. Bisogna prenderne atto.
Le destabilizzazioni finanziarie e le svalutazioni monetarie nei Paesi emergenti, provocate dalle politiche di liquidità “yo-yo” della Federal Reserve, hanno indotto alcuni governi a denunciare una “guerra monetaria” in corso. Le “cadute pilotate” dei prezzi del petrolio e dell’oro mirano a mettere in difficoltà soprattutto i Brics, la Russia e l’Iran. Contemporaneamente i prezzi di alcune materie prime vengono manipolati al rialzo con l’effetto di “gambizzare” le politiche industriali e di sviluppo dei Paesi emergenti e anche dell’Unione europea.
Anche se non lo volessero, da tempo molti Paesi sono quindi stati costretti a immaginare e a proporre un nuovo sistema monetario. Alcune recenti decisioni lo confermano.
Infatti la creazione a Fortaleza della Banca di Sviluppo dei Brics ha in sé le potenzialità per diventare un organismo monetario internazionale alternativo al Fmi e alla Banca Mondiale del defunto sistema di Bretton Woods.
La stessa Cina fa grandi accordi con il Brasile, con la Russia, con il Giappone, con la Corea del Sud regolati in yuan o in altre monete nazionali.
Sono contratti nella forma di swap monetari che permettono di saldare gli scambi nelle valute stabilite. Recentemente li avrebbe proposti anche all’Ue. Una parte del grande accordo di forniture di gas tra la Russia e la Cina per l’equivalente di 400 miliardi di dollari del resto verrà regolata in rubli o in yuan.
Si ricordi inoltre che lo scorso aprile il governo di Mosca ha annunciato che una parte dei contratti internazionali stipulati dalle grandi corporation russe dovrà avvenire in rubli. Al recente summit dell’Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC) di Pechino, il presidente Putin ha affermato che”faremo un uso sempre maggiore di accordi e compensazioni in monete nazionali nel nostro commercio con la Cina. Siamo pronti a fare i primi accordi in rubli e in yuan, anche nel settore dell’energia”. Una Commissione intergovernativa russo-cinese è già al lavoro per studiare simili opzioni. La stessa Banca Centrale russa ha annunciato la volontà di creare con i partner dei Brics un “sistema di swap multilaterali”.
Naturalmente i riverberi politici non mancano. Infatti la conferenza per la sicurezza del Shanghai Cooperation Organization (SCO), che già coinvolge Cina, Russia, Kazakhstan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, vedrà a breve la partecipazione anche di India, Pakistan, Iran, Afghanistan e Mongolia. Anche la Turchia, che è un membro della Nato, sembra volervi aderire. Formerebbero così un blocco che in campo energetico controllerebbe il 20% delle riserve mondiali di petrolio ed il 50% di quelle di gas.
In tale contesto, come prevedibile, anche il ruolo dell’oro è ritornato al centro delle discussioni . Con la volatilità del suo prezzo registratasi nei mesi recenti si mira a renderlo instabile e quindi poco utilizzabile in eventuali accordi monetari internazionali. Però si ha notizia che a Mosca sarebbe in discussione proprio l’aggancio del rublo all’oro. E’ facilmente intuibile che l’attuale svalutazione del 30% della moneta russa sia frutto di speculazioni e manipolazioni internazionali. Di sicuro non riflette la reale capacità economica e l’immensa ricchezza della Russia. Agganciare il valore della valuta alle riserve auree avrebbe un effetto stabilizzante sui cambi della moneta.
Come è noto, a parte il debito sovrano al 15% del Pil, la Russia vanta riserve auree pari al 27% della quantità di rubli in circolazione. Gli Usa invece hanno un debito pubblico al 105% del Pil, mentre le loro riserve auree coprono appena il 2,3% dell’offerta monetaria.
Non si comprende il perché esperti occidentali tentano a minimizzare un possibile ruolo futuro dell’oro nel sistema monetario. Si ignora che da tempo tutti i governi europei importanti, a cominciare dalla Germania, dall’Olanda, dalla Gran Bretagna, dalla Svizzera stanno effettuando forti campagne pubbliche per riportare a casa il loro oro, attualmente detenuto nei caveau di Fort Knox negli Usa.
Su questo terreno assai movimentato e complesso riteniamo che il ruolo dell’Unione europea possa diventare più centrale e più incisivo. Una politica dell’Europa, veramente indipendente, potrebbe agevolare una soluzione non conflittuale verso un nuovo sistema politico e monetario internazionale. Una nuova architettura monetaria, come anche noi da tempo sosteniamo, dovrebbe portare alla costituzione di un paniere di monete dove ovviamente dovrebbe esserci anche il dollaro insieme all’euro e ad altre importanti monete.
Occorre prendere atto che con la caduta del Muro di Berlino il mondo necessita di un assetto multipolare, anche monetario.
*Sottosegretario all’Economia del governo Prodi **Economista
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