Possibile che siano tutti smemorati? E che facciano un tifo demenziale per una nuova guerra contro la Russia?
/30 Commenti/in Uncategorized /da Pino Nicotri19 FEBBRAIO – IL GIORNO DELLA MEMORIA INFOIBATA DEL BELPAESE, QUELLO DEGLI “ITALIANI BRAVA GENTE” SEMPRE E COMUNQUE.
/14 Commenti/in Uncategorized /da Pino NicotriPOI C’E’ ANCHE LA MEMORIA INFOIBATA DEI CRIMINI COMMESSI DA NOI ITALIANI “BRAVA GENTE” NELL’EX JUGOSLAVIA, ALBANIA E GRECIA.
NELLE FOIBE DEL SILENZIO, DELL’IGNORANZA E DEL’IPOCRISIA – COMPLICI DI FATTO DEI NOSTRI CRIMINI- ABBIAMO GETTATO I CORPI E LA DIGNITÀ DI UN MARE DI ESSERI UMANI. VI ABBIAMO GETTATO ANCHE LA NOSTRA MEMORIA, LA NOSTRA CREDIBILITÀ E LA NOSTRA DIGNITÀ
https://www.editorialedomani.it/fatti/debra-libanos-massacri-italia-africa-giornata-memoria-th9uu1l0
La giornata della memoria che manca per i massacri degli italiani in Africa
19 febbraio
«Gli italiani stanno uccidendo la gente con vanghe e badili, chiunque sia, tutti quelli che incontrano. È meglio essere divorati da una iena che farsi uccidere dagli italiani».
A parlare è un cittadino etiope, la sua testimonianza è una delle tante raccolte in decenni di ricerca dallo storico Ian Campbell e presenti nella monografia Il massacro di Addis Abeba. Una vergogna italiana (Rizzoli).
19 febbraio 1937 (Yekatit 12 nel calendario locale), capitale dell’Etiopia. Da due anni sono arrivati i fascisti italiani per riscattare la disfatta tricolore di Adua del 1896 e mostrare i muscoli, colonizzando l’unico stato africano ancora libero dalla dominazione europea.
Un’operazione di propaganda, dai costi economici altissimi e per cui vengono mobilitati mezzo milione di soldati. Fallito il progetto di una guerra lampo per la strenua resistenza etiopica, nel maggio del 1936 i fascisti conquistano Addis Abeba.
Dal balcone di Piazza Venezia Benito Mussolini annuncia «la riapparizione dell’impero sui colli fatali di Roma», ma in realtà vaste lande d’Etiopia sono fuori dal controllo italiano. La guerra contro le forze locali prosegue finché gli italiani hanno la meglio.
Sembra la fine delle preoccupazioni fasciste nel Corno d’Africa, ma un evento cambia le carte in tavola e diviene il pretesto per mostrare nel modo più chiaro possibile quella brutalità italiana che tra fucilazioni di massa, campi di concentramento e bombardamenti chimici si stava in realtà palesando già da due anni.
L’ATTENTATO
Durante una cerimonia nel palazzo del governo coloniale di Addis Abeba, il 19 febbraio appunto, due ragazzi eritrei lanciano delle bombe verso le autorità.
Il generale Rodolfo Graziani, viceré d’Etiopia, è ferito, qualcun altro muore e l’attentato dà il via a quello che il collettivo Wu Ming ha definito «uno dei peggiori crimini mai compiuti dal Regno d’Italia nelle sue colonie».
Una forma di vendetta collettiva per l’attentato fallito, ma soprattutto una cruenta prova di forza per ristabilire la supremazia bianca e fascista sul territorio.
I carabinieri sparano sulla folla, l’area intorno al palazzo viene chiusa e chiunque si trova al suo interno e non è bianco viene ucciso. Mussolini ordina un «radicale repulisti», funzionari locali diffondono un documento in cui si dice che «Graziani farà sentire a tutti che se la sua pietà è infinita, altrettanto è la sua forza».
Inizia una caccia all’etiope che nella capitale durerà tre giorni, condotta non solo dai militari ma anche dai civili italiani presenti sul territorio.
Tra le testimonianze raccolte da Campbell c’è quella del medico Ladislav Sava: «Revolver, manganelli, pistole e pugnali venivano usati per massacrare gli etiopi disarmati di tutti i sessi, di tutte le età. Qualsiasi uomo di colore visto è stato arrestato, caricato su un camion e ucciso. Case o capanne etiopi sono state perquisite e poi bruciate con i loro occupanti. La maggior parte delle uccisioni sono state eseguite con coltelli e stordendo le vittime con i manganelli. Intere strade venivano date alle fiamme e se gli occupanti delle case in fiamme uscivano nelle strade venivano mitragliati o pugnalati al grido di Duce! Duce! Duce! Le camicie nere si facevano fotografare tenendo in mano teste mozzate di etiopi».
Altri testimoni raccontano che camminando per Addis Abeba si doveva fare i conti con cataste di persone carbonizzate, corpi di bambini mutilati, donne incinte sventrate, figure impalate, superstiti che vagavano disperati alle ricerca di parenti dispersi, chiese saccheggiate.
NON LASCIARE TRACCIA
In loco c’era anche Ciro Poggiali, inviato del Corriere della Sera, che scrive: «Girano armati di manganelli e di sbarre di ferro, accoppando quanti indigeni si trovano ancora in strada. Lo scempio s’abbatte contro gente ignara e innocente».
Vengono uccisi molti intellettuali, così come chi prova a documentare i fatti, mentre agli italiani sono sequestrate le macchine fotografiche. Dell’eccidio i fascisti non vogliono lasciare tracce e nel momento stesso in cui inizia il massacro comincia anche un’opera di insabbiamento che si prolungherà fino a oggi.
La violenza nei giorni successivi si sposta nelle campagne, vengono date alle fiamme oltre 100mila case, spesso con le famiglie al loro interno.
Il capitolo finale avviene nel convento di Debra Libanos: i monaci cristiani copti sono accusati dai fascisti di aver dato ospitalità ai due attentatori eritrei. «Liquidazione completa», ordina il generale Pietro Maletti e sotto il fuoco italiano finiscono tutti, anche i civili che si trovano nel villaggio monastico.
Secondo le ricostruzioni a Debra Libanos muoiono in 2mila, ad Addis Abeba 19mila, il 20 per cento della popolazione della capitale. Con i morti delle campagne si arriva a 30mila persone brutalmente uccise dagli italiani in poche settimane.
Un massacro di cui il governo etiope nel 1946 ha chiesto conto durante la Conferenza di pace di Parigi, senza ottenere risposta.
Così come da 16 anni non ottiene risposta la proposta di legge presentata da alcuni parlamentari italiani di istituire per il 19 febbraio il Giorno della memoria in ricordo delle vittime africane durante l’occupazione coloniale italiana.
«In Etiopia le date civili hanno a che vedere essenzialmente con le infamie lì commesse dai governi italiani del passato. Da noi però non si è mai voluto riconoscere questi eccidi», spiega lo storico Alessandro Triulzi.
«Quelle come lo Yekatit 12 sono però questioni che si affacciano con sempre più urgenza nella società italiana. La presenza di migranti che vengono dai contesti del nostro passato coloniale e che si sentono addosso quei traumi, se li portano dietro, sta favorendo questo processo. Eppure si continua a non dare risposte sul perché stavamo lì e cosa abbiamo fatto realmente: politica e istituzioni voltano lo sguardo».
A tenere viva la memoria, visto che rimuovere il ricordo di un crimine significa commetterlo di nuovo, ci pensano le iniziative dal basso, come quella del collettivo Wu Ming e di Resistenze in Cirenaica, che per l’anniversario del 19 febbraio hanno organizzato un trekking urbano a Bologna alla scoperta di luoghi e simboli legati alle nefandezze coloniali; o della Federazione delle Resistenze, che in diverse città italiane ha organizzato azioni di guerriglia odonomastica, camminate e conferenze.
«Finché l’Italia non avrà fatto un lavoro di presa di consapevolezza su cos’è stata la sua presenza coloniale nel periodo liberale e fascista e finché non si riconoscerà che l’Italia ha condotto azioni di criminalità organizzata, non si risolveranno mai i problemi del passato che poi sono anche quelli del presente, come il razzismo», sottolinea Triulzi.
«La nostra eredità coloniale ce la siamo portata appresso per i decenni senza mai investigarla. È ora di cambiare il messaggio e la memoria».
La disonestà guerrafondaia degli USA e l’entusiasta servilismo europeo.
/24 Commenti/in Uncategorized /da Pino Nicotrihttps://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/ucraina-come-cuba-60-anni-dopo-dai-missili-russi-alla-nato-il-grande-gioco-fra-mediterraneo-e-mar-nero-3448912/
OIBBÒ! OIBOBBÒ! “Crisi ucraina: l’Italia invierà alpini e bersaglieri”.
/13 Commenti/in Uncategorized /da Pino Nicotrihttps://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/sanremo-specchio-dellitalia-pino-nicotri-trova-nelle-canzoni-e-nei-voti-riscontro-alle-varie-anime-della-nazione-3447834/
/43 Commenti/in Uncategorized /da Pino NicotriSanremo specchio dell’Italia, Pino Nicotri trova nelle canzoni e nei voti riscontro alle varie anime della nazione
di Pino Nicotri
Pubblicato il 7 Febbraio 2022 16:35 | Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio 2022 8:56
Sanremo specchio dell’Italia, Pino Nicotri trova nelle canzoni e nei voti riscontro alle varie anime della nazione
Sorpresa a Sanremo! Il podio dei vincitori del Festival è davvero interessante e indicativo sotto vari punti di vista.
La nuova vittoria di Mahmood, questa volta in coppia (con Blanco), conferma che il BelPaese pur volendo il largo ai giovani, più modernità, meno moralismo e conformismo ha voglia di stabilità. Di Usato sicuro. E quindi ricorre alle riconferme per Sanremo come il parlamento a Roma ha voluto riconfermare Sergio Mattarella al Quirinale. Sperando che anche Mario Draghi sia riconfermato a Palazzo Chigi.
Alle spalle di Mahmood e Blanco sono arrivati seconda Elisa e terzo Gianni Morandi.
E questo mi pare significhi che subito dopo il blocco sociale giovane, giovanile e giovanilista “eversivo”, cioè anche “fluido” per quanto riguarda i generi – femminile e maschile, maschi e femmine – e annesse relazioni, c’è il blocco sociale giovane e meno giovane, ma comunque più tradizionalista.
E a seguire ecco il blocco dei non più giovani e degli anziani, conservatori, legati ai propri ricordi giovanili e desiderosi di non uscire di scena.
Attenzione però. In tanta “fluidità” di genere a tenere banco a Sanremo è pur sempre l’uomo, il genere maschile.
Il maschio fiero assertore della propria identità sessuale “a prescindere”, autosufficiente e autoreferenziale. Tanto che nella canzone Brividi di Mahmood e Blanco può cantare il proprio amore per un altro maschio – forti ed esplicite le parole “Tu che mi mordi la pelle / con i tuoi occhi da vipera / tu che sporchi il letto di vino” – asserendo così la propria superiorità col fare a meno della donna.
E che può anche travestirsi da donna per sostituirla e renderla “più colta”, più sapiente, come Drusilla Foer.
Si parva licet, il fatto che l’uomo Gianluca Gori abbia partorito la donna Drusilla Foer, più colta e sapiente di altre donne, ricorda la nascita di Minerva, dea anche e soprattutto della sapienza, direttamente dalla testa di Giove anziché dal grembo femminile. Uno dei primi episodi/miti di erosione a sfavore delle donne della parità di genere.
Fluidità e parità di genere, sì, assolutamente e sbandierata. Come sempre, “italiani brava gente”, ora e sempre.
Però guarda caso il conduttore, Amadeus uomo e padre, ha tenuto banco straripando in tutte le cinque serate e cambiando ogni sera il contorno femminile di co-conduttrice, ruolo di co- più velleitario che reale. E come se non bastasse a decidere o a fargli decidere di scegliere anche Sabrina Ferilli come contorno è stato suo figlio di appena 13 anni, ma maschio.
E siccome il BelPaese soprattutto in questo periodo difficoltoso ama le conferme, ecco che Amadeus, uomo, viene già confermato a furor di popolo per l’anno prossimo. Chissà se e che nome femminile gli consiglierà il figlio, maschio, nel frattempo 14enne. Viene in mente il solito Gattopardo: cambiare tutto per non cambiare niente.
Come spettacolo questa edizione di Sanremo è stata un capolavoro, un trionfo
Ha infatti trasformato definitivamente Sanremo Festival della canzone italiana in Sanremo Fiera, Circo e Teatro, grande spettacolo circense e teatrale, anche delle canzoni italiane, ma soprattutto dell’italianità. Che ama strombazzare i propri cambiamenti e la propria modernità, di fatto più che altro modernismo, ma restando saldamente ancorata alla tradizione. Che fa pur sempre perno sul genere maschile.
Anche in questo caso vale il paragone del festival con il Parlamento degli agitati giorni quirinalizi che lo hanno preceduto, e, anzi, a ben vedere con l’intera politica italiana. Politica che dagli anni ’80, arruolando fin dagli anni d’oro di Bettino Craxi esperti di mercato e di pubblicità utile a far comprare i prodotti da lanciare, s’è trasformata man mano più che altro in politica spettacolo. Con le televisioni che hanno preso il posto dei partiti in fatto di presenza nel territorio.
Questa edizione del festival, vista da ben 13 milioni di italiani, è stata un trionfo. Anche del suo conduttore e cerimoniere, di fatto il dominus assoluto però con aura anche paterna perché attento ai consigli filiali.
Amadeus è il nuovo patriarca di Mamma Rai
Amadeus grazie anche all’assenza di Fiorello, dei due di certo il più trasgressivo e “audace”, col suo perfetto saper essere un piacione che piace a tutti, è assurto inopinatamente al rango di neopatriarca della tv all’antica, quella di mamma Rai.
Amadeus incoronato ogni sera da un donna diversa sul palco e domatore di giovani ribelli dai proclami canori ed estetici “provocatori e innovativi” sì, ma solo fino a un certo punto. Assaltatori del cielo prudentemente dotati di paracaduti e robusta rete di sicurezza salvavita. Assaltatori del cielo sì, ma griffati e comunque senza spingersi troppo in alto: meglio restare sotto il livello delle nuvole…
Un po’ di statistica
Un trionfo, dicevamo. Però l’Italia è abitata da 60 milioni di persone. Perciò i 13 milioni con gli occhi su Sanremo sono il 21% del totale. Mentre 7 milioni di italiani hanno preferito altre reti tv. E poiché 13 più 7 fa 20, ciò significa che a 40 milioni di italiani del festival di Sanremo non è interessato un bel nulla nonostante lo starsene in casa più del solito causa pandemia. Non è una dato trascurabile. Anche se in linea col più generale largo disinteresse per le stesse elezioni politiche e amministrative.
Nella sua ansia di “provocazione, innovazione e modernità” Achille Lauro, debitamente vestito ancora una volta da Gucci, non proprio un campione di provocazione, non s’è accorto che è arrivato tardi. E di non pochi anni. Alla fine della sua canzone ha slacciato eroicamente e molto rivoluzionariamente i pantaloni, a mostrare il basso ventre e un pezzetto di mutande. Compiaciuto della propria asserita impensabile audacia, ha sottolineato il gesto restando languidamente fermo per qualche secondo.
Achille Lauro evidentemente è troppo giovane per sapere o ricordare che una ventina d’anni fa era di gran moda andare in giro esibendo cerniere dei pantaloni, e della gonne se ne erano dotate, pericolosamente abbassate. Ricordo una festa della prima comunione alla quale una della ragazzine festeggiate, ancora odorosa di prima comunione e affiancata dalla mamma orgogliosa e sorridente, aveva la patta dei jeans talmente aperta che non ho capito come non le cadessero a terra.
I pantaloni di 20 anni fa
Ed è troppo giovane per sapere o ricordare che sempre una 20ina di anni fa era di gran moda, per maschi e femmine, indossare pantaloni e gonne che dietro mostravano generosamente en plein air almeno un terzo e a volte una buona metà del sedere e davanti almeno un terzo o una buona metà del monte di Venere.
Dovrebbe però essere sufficientemente adulto per rendersi conto che il coro che faceva da contorno anche estetico alla sua esibizione era composto esclusivamente da donne: lui il sole al centro, loro i satelliti a lato.
Non propriamente un grande segnale di innovazione ed eguaglianza di genere. E per non infierire taciamo sul particolare che lui è un uomo di pelle bianca che ha voluto come contorno canoro e un po’ ballerino un coro di signore dalla pelle nera.
Sempre riguardo Achille Lauro non si capisce perché alcuni cattolici e uomini di Chiesa abbiano gridato allo scandalo e alla blasfemia quando s’è versato addosso una conchiglia d’acqua come se si auto battezzasse. E’ infatti legittimo far notare che Chiesa e credenti sono rimasti zitti, non hanno avuto nulla da ridire quando a suo tempo il senatur Umberto Bossi, padre fondatore della Lega, battezzava pubblicamente in una adunata leghista suo figlio Renzo, quello definito “più che un mio delfino, una trota”, il governatore del Veneto Luca Zaia e il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli.
POST SCRIPTUM
M’era venuto il dubbio di avere esagerato col mio precedente articolo su Sanremo “festival dei pipponi retorici”. Dubbio svanito quando Sabrina Ferilli, seduta con Amadeus, ha detto che era stato offerto anche a lei di fare un monologo, un bel predicozzo moralista contro qualche vizio del BelPaese. E ha spiegato pacatamente che però lei aveva rifiutato sia perché troppo benestante e quindi poco credibile per fare prediche sia perché non capiva come mai la sua presenza a Sanremo dovesse essere legata a qualche brutto problema.
Inflazione crescente: il dilemma delle banche centrali
/12 Commenti/in Uncategorized /da Pino NicotriMario Lettieri* e Paolo Raimondi**
La politica dei soldi facili ha “drogato” la finanza e l’economia, facendo aumentare i debiti e la propensione per maggiori rischi, e ha determinato la crescita dell’inflazione. Dopo molto tempo anche la Federal Reserve ha ammesso di aver sottovalutato l’impennata inflazionistica, che è più ampia e persistente delle previsioni. Ora, per tutte le grandi economie, la sfida è come correggere le azioni “dettate” dall’inflazione interpretata come “transitoria”.
Le banche centrali da anni, in merito all’inflazione, si basano su tre principi molto “soggettivi” e poco scientifici. Il primo è il target arbitrario del 2% annuo. Il secondo riguarda le “aspettative di inflazione”. I banchieri affermano che sono le aspettative a muovere l’inflazione e che le banche centrali guidano le aspettative. Perciò tutto, secondo loro, sarebbe sotto controllo. Il terzo è il cosiddetto “forward guidance”, una guida anticipata attraverso, per esempio, il controllo della curva dei rendimenti dei titoli pubblici.
Con la Grande Crisi Finanziaria prima e con la pandemia poi, le banche centrali bene hanno fatto ad aprire i rubinetti della liquidità con salvataggi immediati e necessari per il sistema. A lungo andare, però, i rischi di inflazione sono inevitabili. Infatti, già la scorsa estate, sarebbe stato opportuno riconoscere che i fattori cosiddetti “transitori” erano accompagnati da problemi strutturali. Non si può giustificare tutto con gli effetti della pandemia. Oltre le irrisolte speculazioni sulle commodities, le aziende, in verità, descrivevano la natura persistente delle interruzioni nelle loro catene di approvvigionamento e la mancanza di manodopera specializzata. Gli imprenditori, a differenza di molti economisti accademici, affermavano che questi problemi non sarebbero stati risolti in tempi brevi.
Le banche centrali certamente non hanno tutti gli strumenti per sbloccare le catene di approvvigionamento e il reperimento della forza lavoro. Ma rimanere nella “mentalità inflazionistica transitoria”, rischia di mettere in moto quelle “aspettative” con tassi di inflazione non facilmente tollerabili dall’economia. Anche i crescenti risparmi dei mesi passati, erosi da un’inflazione del 6% o più, potrebbero essere spinti con forza verso l’acquisto di beni, ma troppo velocemente per trasformarsi in nuovi investimenti e in maggiori produzioni, alimentando così la stessa inflazione.
Non si può aspettare. Si rischia una più marcata recessione. E’ un modello conosciuto: dentro la trappola della curva dell’inflazione c’è il rischio di inasprire la politica monetaria in modo brusco, colpendo duramente la domanda e l’occupazione e mettendo fuori gioco le imprese già in difficoltà. Per i mercati si prospetterebbero situazioni d’illiquidità destabilizzante. In verità, già a novembre, il governatore della Fed, Jerome Powell, ha fatto un improvviso cambiamento di politica monetaria, annunciando una riduzione degli acquisti mensili di attività, quello che si chiama in gergo il “tapering” del quantitative easing.
Da parte sua, la Banca centrale europea ha ancora una posizione attendista, credendo fermamente nella “transitorietà” dell’inflazione, che alla fine dovrebbe ritornare al fatidico 2%. Se le pressioni inflazionistiche dovessero, però, diventare generalizzate, non si può escludere una qualche “frenata” disordinata nella politica monetaria. In questa situazione, secondo noi, le principali banche centrali dovrebbero comunicare con puntualità le proprie azioni politiche in modo da non innescare confusione o una overreaction dei mercati. A differenza del positivo sincronismo pre pandemico, l’attuale disallineamento tra la Fed e la Bce non è di buon auspicio. D’altra parte, se l’inflazione diventasse più alta rispetto alle previsioni, si ridurrebbero anche i redditi reali, innescando un inevitabile scontro sociale, in particolare sui salari e le pensioni.
Indubbiamente, non vi sono facili soluzioni. Però, se nei passati 15 anni le banche centrali sono state super interventiste, non possono adesso diventare troppo attendiste. In questa situazione sono i governi e i parlamenti a dover entrare in gioco con decisione e definire le priorità degli interventi. Sono chiamati a favorire attivamente l’economia reale, le imprese produttive, l’occupazione e i redditi dei cittadini e svincolarsi dalla “presa” prolungata e soffocante della grande finanza.
*già sottosegretario all’Economia **economista
Dopo tanti scandali, il Libor va in pensione
/63 Commenti/in Uncategorized /da Pino NicotriMario Lettieri* e Paolo Raimondi**
Dal primo gennaio 2022 il London Interbank Offered Rate (Libor), per anni alla base degli scambi di prestiti, è arrivato al capolinea. Lo stesso vale anche per l’Euribor e per altri tassi di riferimento (benchmark).
Essi verranno sostituiti da altri benchmark, che dovrebbero essere più affidabili, tra cui: il Sofr (Secured overnight financing rate), tasso di interesse che misura il costo della raccolta di denaro con scadenza a un giorno (overnight) nel mercato «pronti contro termine» dei titoli del Tesoro Usa; il Sonia (Sterling overnight index average), sviluppato dalla Bank of England; il Saron (Swiss average rate overnight), basato su effettivi scambi di mercato in franchi svizzeri.
Il nuovo sistema sarà fondato su un insieme di tassi overnight, ritenuti quasi privi di rischio (acronimo: rfr), perché basati su transazioni effettivamente avvenute su un mercato attivo e liquido il giorno precedente. I nuovi tassi si decideranno in conformità a contratti già chiusi e non su stime, su sondaggi tra le banche coinvolte. Di conseguenza, con il nuovo sistema l’ammontare degli interessi da pagare sarà determinato dalla media dei tassi overnight durante il periodo del contratto e non conosciuto in anticipo, come avveniva prima.
Com’è noto, il Libor è stato per 45 anni il principale benchmark di riferimento per le transazioni sul mercato interbancario internazionale. A esso erano collegati tutti i tassi applicati ai prodotti bancari, influenzando operazioni finanziarie per circa 800.000 miliardi di dollari.
Il Libor era un tasso variabile, calcolato giornalmente dalla British Bankers’ Association sulla media di otto valori forniti da sedici grandi banche. A sua volta, l’Euribor era fissato dalle banche, organizzate nella Federazione bancaria europea.
Va rilevato che esso continuerà a operare fino alla metà del 2023 per circa 230.000 miliardi di dollari di contratti esistenti.
Il cambiamento è dovuto a ragioni di trasparenza, di correttezza e di migliore controllo, a seguito dei tanti scandali e delle manipolazioni fatte dal 1991. Le banche coinvolte avevano fatto “cartello” e, violando l’antitrust, operavano di comune accordo e fornivano valori giornalieri differenti da quelli veri.
Lo scandalo più grande esplose nell’estate del 2012, quando l’inglese Barclays ammise le sue colpe e concordò con le autorità britanniche e statunitensi il pagamento di una multa di 453 milioni di dollari. Molte altre anomalie vennero a galla e coinvolsero le principali banche mondiali. L’Ubs svizzera dovette pagare alle autorità di regolamentazione 1,5 miliardi, la Royal Bank of Scotland 612 milioni, la Deutsche Bank 2,5 miliardi.
Anche la Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic), l’organismo federale USA per la garanzia dei depositi bancari, portò in tribunale ben sedici grandi banche internazionali per aver manipolato il Libor, causando ingenti perdite ad alcuni gruppi finanziari americani.
Le banche coinvolte, processate e sanzionate, comprendevano le americane Jp Morgan, Citigroup, Bank of America; le europee Ubs, Credit Suisse, Deutsche Bank, Société Générale, Hsbc, Barclays e Royal Bank of Scotland e le asiatiche Bank of Tokyo e Mitsubishi.
Simili scandali avvennero anche con l’Euribor. Si certificò che la Barclays manipolò il tasso d’interesse in collaborazione con altri quattro istituti bancari, quali la Deutsche Bank, il Crédit Agricole, la Société Générale e l’Hsbc. Tanto che nel 2013, gli organismi di controllo di Bruxelles multarono un altro gruppo di banche per un totale di 1,7 miliardi di euro.
Con il pagamento di una multa, le banche si garantivano che i procedimenti penali fossero chiusi. L’ammissione di colpa e le sanzioni irrogate alle banche diventavano delle “scene teatrali” per l’opinione pubblica. Negli Usa, per esempio, dal punto di vista penale non si applicava il corpus legislativo RICO (Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act), che sancisce che, quando più persone concorrono in un atto criminale, scatta l’accusa di “conspiracy”.
L riforma ci sembra valida e più trasparente. E’ il caso, però, di ricordare che spesso “fatta la legge trovato l’inganno”. Speriamo che non sia così.
*già sottosegretario all’Economia **economista
LE DOMANDE INVIATE VIA PEC PER L’INTERVISTA CHE LO SCORSO 22 DICEMBRE HO CHIESTO INUTILMENTE ALL’EX MAGISTRATO E NEO ROMANZIERE GIANCARLO CAPALDO
/26 Commenti/in Uncategorized /da Pino NicotriSe n’è accorto perfino il papa, anche se “un po'” in ritardo: “Oggi le coppie non vogliono avere figli, ma hanno due cani e due gatti. Così la civiltà diventa più vecchia e senza umanità”
/46 Commenti/in Uncategorized /da Pino NicotriPapa: “Oggi le coppie non vogliono avere figli, ma hanno due cani e due gatti. Così la civiltà diventa più vecchia e senza umanità”
Io non sono il papa, ma da anni vado dicendo quello che è evidente anche a un cieco e che alla fine ha notato anche questo papa. Il BelPaese è malato di mancanza d’amore per eccesso di benessere, e conseguente egoismo. Motivo per cui la nostra “superiore civiltà” verrà ridimensionata. Anche perché mentre noi portiamo a spasso i cani e spendiamo e spandiamo anche per i gatti, per giunta rimbecillendoci di tv, “social”, mania della moda, polemiche del cazzo e cose simili, gli immigrati extracomunitari scopano e fanno figli.
Intendiamoci: ognuno è libero e ha il diritto di vivere la propria vita come meglio crede, compreso il preferire cani e gatti al fare figli. Però i cani e i gatti NON diventano ingegneri, fisici, chimici, architetti, artisti, industriali, politici, dottori, scienziati, progettisti, ecc. Perciò la società di queste figure di professionisti ne avrà carenza crescente. Con tutto il danno che ne consegue. Per la società. Oppure la carenza di quelle figure verrà mitigata o scongiurata dall’arrivo di extracomunitari qualificati. Che giustamente si inseriranno, si spera, in quelle professioni. Facendo cambiare faccia e pelle all’attuale società malata di salvinismo, melonismo, leghismo e “nazionalismo” retorico ciarpame tossico ereditato dal (pessimo) passato.
Purtroppo il papa ha parlato di patria, dicendo pochi giorni fa che il calo demografico danneggia la patria. Termine e concetto pericoloso. Specie in bocca a chi ha vissuto in Argentina e ne è stato arcivescovo della sua capitale: quella Buenos Aires nella quale la dittatura militare faceva sparire migliaia di esseri umani ritenuti oppositori politici o comunque fastidiosi. Il tutto non solo nel silenzio della Chiesa locale, compreso l’allora arcivescovo cardinale Bergoglio, ma anche nella giustificazione fornita dal nunzio apostolico del Vaticano, non ricordo ora se dell’Argentina o del Cile, con la dichiarazione che i movimenti di opposizione avrebbero provocato la reazione “patriottica”. “Patriottismo” che ha torturato nei modi più bestiali migliaia di esseri umani facendone sparire decine di migliaia. Gettati ancora vivi nell’Atlantico dopo essere stati drogati con un’apposita iniezione su consiglio di un pio prelato locale che raccomandava alle belve in divisa di dare una morte “priva di sofferenze”, “più cristiana”
https://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/articolo-ottimo-sulla-panzane-rifilate-con-grande-clamore-da-capaldo-e-purgatori-cose-che-oltretutto-abbiamo-gia-scritto-nel-2011-e-2012-3437424/
/26 Commenti/in Uncategorized /da Pino NicotriPER COMODITA’ RIPORTO L’INTERO TESTO DEL MIO ARTICOLO, ONDE EVITARE LE FASTIDIOSE INTERRUZIONI DA PUBBLICITA’
««Emanuela Orlandi, caso chiuso? dure parole dell’ex procuratore di Roma Pignatone smentiscono la trattativa segreta
di Pino Nicotri – Pubblicato il 14 Dicembre 2021
Emanuela Orlandi, il caso è chiuso? Forse, almeno dal punto di vista giudiziario e delle iniziative clamorose sgorgate attorno.
Una pietra forse definitiva sul caso Orlandi l’ha messa una lettera al Corriere della Sera dell’ex procuratore capo della Procura della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, oggi presidente del Tribunale del Vaticano.
Pignatone scrive al Corriere per replicare alle affermazioni di un suo ex sottoposto, il procuratore Giancarlo Capaldo, contenute in una intervista a Andrea Purgatori pubblicata sullo stesso Corriere domenica 12 dicembre 2021.
Nel presentare l’intervista a Capaldo, il giornale parla di “nuove rivelazioni” su Emanuela. Pignatone smentisce tutto, in modo anche abbastanza sprezzante nei confronti del suo ex vice.
Pignatone è da tempo sotto attacco di un gruppo abbastanza trasversale che ha interesse a vario titolo e modo a tenere in piedi la dolorosa e misteriosa vicenda di Emanuela Orlandi. Tra costoro c’è persino Ali Agca, il turco attentatore di Papa Giovanni Paolo II.
Ricostruiamo gli sviluppi recenti.
1)-L’ex magistrato Giancarlo Capaldo scrive un romanzo, “La ragazza scomparsa”, nel quale la ragazza è ovviamente Emanuela Orlandi. Vi adombra una trattativa tra Capaldo e il Vaticano, tramite il Vicariato, che NON può assolutamente esserci stata. La trattativa era: “Io sposto la salma di Enrico De Pedis dal sotterraneo della basilica di S. Apollinare e voi mi fate trovare i resti di Emanuela Orlandi”.
Trattativa che è impossibile ci sia stata. Perché NON può esserci stata? Calma, lo vedremo tra poco.
2) – Il Corriere della Sera di ieri, domenica 12 dicembre, dedica una intera pagina, a firma Andrea Purgatori, per annunciare una puntata televisiva di Atlantide, programma condotto dallo stesso Purgatori. Si annunciano fuochi d’artificio alla grande, come ai bei tempi. Quando il continuare a raccontar fole sul caso Orlandi non suscitava ancora sbadigli. Ma le polveri si rivelano subito bagnate, anche se il lettore – e in serata il telespettatore – non ci fanno caso.
Purgatori inizia infatti il suo articolone con queste parole, che da sole bastano per voltar pagina e leggere qualcos’altro:
“Nella primavera del 2012 due emissari di Papa Ratzinger, verosimilmente due alti prelati, diedero la disponibilità del Vaticano a far ritrovare alla famiglia Orlandi il corpo della quindicenne Emanuela, svanita nel nulla nel 1983”.
“Verosimilmente due alti prelati”?
E chi ci dice che non fossero invece due uscieri? O due mattacchioni tra le decine che hanno tenuto banco a turno per decenni. Anche prendendo in giro lo stesso Capaldo per lungo tempo. Trasformando in farsa la tragedia della scomparsa di una ragazzina. Ma l’osservazione più importante è: “Due emissari di Papa Ratzinger” danno una tale clamorosa “disponibilità” e Capaldo, all’epoca titolare dell’inchiesta giudiziaria sulla scomparsa di Emanuela, non si fa dire i loro nomi? Non si fa dire chi siano? A che titolo e in che veste parlano e promettono? Suvvia….
3) – Ed eccoci alle puntata di Atlantide. Dove l’ex magistrato neo romanziere e il giornalista conduttore televisivo si diffondono nel raccontare la asserita trattativa.
Che però Capaldo in tv specifica che non era proprio una trattativa, ma una generica “disponibilità a collaborare”… E NON erano neppure due “alti prelati”. Ma allora chi e quanti erano?
Il giorno dopo la puntata, cioè ieri lunedì 13 dicembre, lo spiega un altro giornalista conduttore televisivo, Gianluigi Nuzzi, nell’intera pagina 15 de La Stampa con un articolo che inizia così:
“ [Capaldo] ha stilato la lista dei monsignori, ufficiali e militari dei carabinieri, cancellieri che a vario titolo, chi come protagonista, chi come testimone, avrebbero partecipato alla trattativa da lui condotta con il Vaticano per ritrovare i resti della giovane sparita nel 1983 e mai più ritrovata”.
Insomma, come il pane e i pesci del miracolo di Gesù i due “presumibilmente alti prelati” di Purgatori si sono moltiplicati: non due, ma una mucchio di persone.
Nomi? Neppure un accenno. Del resto Capaldo in tv a Purgatori ha detto che è disposto a farli solo se “interrogato dalla magistratura vaticana”.
La trattativa su Emanuela NON può esserci stata non solo per quanto ho già scritto più volte di recente.E allora è il caso di andare al sodo.
Capaldo s’è rivolto proprio a me per avere un canale di comunicazione con la Segreteria di Stato del Vaticano DOPO il trasloco della salma di De Pedis. E se ancora DOPO tale trasloco il magistrato NON aveva un canale di comunicazione con la Segreteria di Stato ciò significa che il canale NON lo aveva neppure prima. “Elementare, Watson!”
Ma, come dicevo, il motivo principale che taglia la testa al toro e DIMOSTRA che la trattativa NON può esserci stata e che né il Vaticano/Vicariato né il magistrato Capaldo avevano titoli, cioè il potere, per decidere alcunché sulla salma di De Pedis.
La salma, e il relativo sarcofago, erano proprietà privata dei due fratelli e della vedova di De Pedis, signora Carla Di Giovanni, morta precocemente anche per i dolori provocati da anni e anni di accuse a vanvera al marito ormai morto. E solo loro potevano decidere, come infatti alla fine hanno deciso, di spostare i resti mortali del defunto.
Abbiamo anche scritto più volte, nel 2011 e 2012, che il generale Domenico Giani, capo della Gendarmeria del Vaticano, ha più volte fatto pressione su Carla Di Giovanni, anche con qualche velata minaccia sbottando “Ma allora lei vuole la guerra!”, perché si decidesse a spostare la salma.
Ma la vedova di De Pedis ha sempre rifiutato.
“Finché il magistrato non si decide a controllare il contenuto del sarcofago e della bara, io non sposto nulla. C’è un delirio secondo il quale Emanuela Orlandi, e pure Mirella Gregori scomparsa anche lei a 16 anni, sarebbero sepolte con mio marito. Perciò io non sposto nulla prima che il magistrato abbia fatto i dovuti controlli.
Mica sono scema: se sposto la salma prima dei controlli della magistratura ci sarà senza dubbio qualche figlio di buona donna che mi accuserà di avere fatto sparire magari i resti di Emanuela. E pure quelli di Mirella”.
E infatti, il trasloco è avvenuto solo DOPO che Capaldo s’è deciso a ordinare il macabro e inutile controllo della bara alla ricerca dei resti di Emanuela.
Quindi, al massimo ci sarà stata una “trattativa” con la quale Capaldo si impegnava NON a traslocare la sepoltura, ma a dare finalmente l’ordine di ispezionarla. Oltretutto alla basilica di S. Apollinare era stato concesso lo status dell’extraterritorialità: territorio vaticano, NON italiano. Territorio sul quale la magistratura italiana nulla poteva e nulla può senza l’assenso del Vicariato.
Ecco cosa abbiamo scritto su Blitz già il 24 aprile 2012.
“Alle 9,30 di giovedì 26 aprile, il cardinale Agostino Vallini, dal giugno 2008 Vicario del Papa per la diocesi di Roma, inizierà nel suo ufficio una riunione decisamente rovente. Saranno presenti un rappresentante del Comune di Roma e un rappresentante della Gendarmeria del Vaticano, il colonnello Costanzo Alessandrini forse in compagnia del comandante Domenico Giani, l’ex ufficiale della Finanza diventato il capo della Gendarmeria nel 2006.
Ordine del giorno: il trasferimento della salma di Enrico De Pedis, detto “Renatino”.
Dai sotterranei della basilica di S. Apollinare al cimitero comunale di Prima Porta, noto anche come cimitero Flaminio perché sito lungo la via Flaminia. La decisione del trasloco arriva dopo anni di clamori, insinuazioni e proteste crescenti contro la presenza di quel defunto nei sotterranei della basilica, nei quali era giunto nel 1990 dalla tomba della famiglia di sua moglie Carla al cimitero del Verano. In S.Apollinare Carla e Enrico De Pedis si erano sposati, lei lavora anche là vicino, e ragioni sentimentali e pratiche l’avevano spinta a ottenere la traslazione, senza prevedere il polverone di vent’anni dopo.
Passare dalle parole ai fatti non sarà però facile come sembra. Il Vicariato infatti ha sì competenza sul contenuto della basilica di S. Apollinare, ma non può decidere nulla su una proprietà privata – quale è la salma di De Pedis, compresa la cripta che la contiene – senza il permesso dei legittimi proprietari, in questo caso la vedova e i due fratelli di De Pedis.
Poiché la basilica per decisione della Corte Costituzionale gode del privilegio dell’extraterritorialità, la magistratura italiana può decidere l’ispezione della tomba, visto che sono consenzienti sia il Vicariato che i De Pedis, ma non il trasloco se questi ultimi non sono d’accordo. Idem il Comune”.
La cosa curiosa di questa brutta storia è che la favola della trattativa è nata da un nostro articolo su Blitz del 13 ottobre 2011.
Sapevamo che Papa Ratzinger avrebbe voluto andare in visita alla Pontificia Università della Santa Croce, messa in piedi dall’Opus Dei nel palazzo di S. Apollinare. Nel palazzo cioè dove negli anni ’80 c’era ancora la scuola pontificia di musica frequentata da Emanuela.
E sapevamo che Ratzinger aveva deciso di rinviare a causa del furore delle polemiche relative alla sepoltura di De Pedis nella omonima basilica. Basilica attaccata al palazzo di S. Apollinare perché nata come sua cappella quando c’era la scuola di teologia del Vaticano.
Tutto questo incredibile casino è nato dall’articolo del 13 ottobre 2011. Articolo che iniziava infatti con queste parole.
“In realtà, è papa Ratzinger che vorrebbe sfrattare la salma di De Pedis per poter andare in visita all’Università dell’Opus Dei del palazzo di S. Apollinare, ma nessuno ha il coraggio di dirlo. Ecco allora che i titoli e i sommari dei giornali non hanno dubbi: “Irregolare sepoltura De Pedis nella basilica S. Apollinare”; “Il corpo del boss della Banda della Magliana, Renato De Pedis, venne inumato nella Chiesa romana di Sant’Apollinare in spregio alla severa normativa dell’epoca. L’Antimafia, sollecitata da Walter Veltroni, ha svolto accertamenti dettagliati che hanno dato questo riscontro”.
Tutte affermazioni fasulle perché il magistrato Andrea De Gasperis lo aveva già accertato
Con la sua inchiesta durata due anni, dal 1995 al 1997, che nel trasferimento della salma dal cimitero del Verano allo scantinato – da decenni sconsacrato – della basilica di irregolare e/o sospetto non aveva proprio nulla.
Per quanta pubblicità gli facciano, con questi strani metodi, il romanzo dell’ex magistrato Giancarlo Capaldo non avrà mai il furioso successo del romanzo intitolato Romanzo criminale scritto da un altro Giancarlo. Scritto cioè dal magistrato Giancarlo de Cataldo sulla storia – molto romanzata – della cosiddetta Banda della Magliana. E che ha dato origine al tormentone della sepoltura di De Pedis in S. Apollinare con dentro anche la Orlandi e per buona misura anche Mirella Gregori.
Per approfittare dello strepitoso successo di Romanzo criminale, del quale a settembre sarebbe arrivato nei cinema anche un film, una telefonata anonima suggerì infatti a fine luglio 2015 alla redazione di “Chi l’ha visto?”, programma tv di Raitre, che per la soluzione del mistero Orlandi si doveva “controllare il contenuto della bara di De Pedis”.
Da notare che dai controlli fatti dalla magistratura la telefonata anonima risulta partita NON dall’esterno della Rai.
Terminiamo dicendo che ci spiace dover rilevare come Pietro Orlandi sia piuttosto smemorato. In questi giorni su Facebook ha infatti scritto che a lui della sepoltura di De Pedis in S. Apollinare “non frega un cazzo”. Quando invece a suo tempo chiese a Capaldo, che gli rise in faccia, di presenziare all’apertura della bara e relativi controlli.
Ma soprattutto ci dispiace che Carla Di Giovanni, massacrata da anni e anni di accuse pazzesche contro il marito anche per la scomparsa di Emanuela, abbia finito con l’ammalarsi gravemente. Fino a morire pochi anni dopo essere andata in pensione. »»
Ma gli ipocriti guerrafondai si preoccupano della Cina che ha relazioni crescenti con l’Africa, aasolutamete diverse ed estranee al nostro laido e sanguinario colonialismo
/33 Commenti/in Uncategorized /da Pino Nicotri- A proposito di lapidazione. E a proposito di dilapidazi...11 settembre 2010 - 11:30
- Ormai è ufficiale: il governo Berlusconi si regge sugli...22 agosto 2010 - 23:27
- LETTERA APERTA AL COLLEGA DEL CORRIERE DELLA SERA FABRIZIO...23 aprile 2012 - 20:42
- Israele, Palestina, Blair, rom di Francia, Iran, Sakineh,...2 settembre 2010 - 20:50
- Lo Strapaese del Bunga Bunga e di Bongo Bongo. Svegliaaaaa!...31 ottobre 2010 - 12:23
- Ridicolini è in affollata compagnia: tutti a far finta...15 marzo 2010 - 11:39
- Il transatlantico che prosegue la crociera di lusso ad Haiti...20 gennaio 2010 - 3:27
- Gli insuccessi del primo governo Trump22 febbraio 2025 - 11:18
- 18 febbraio 2025 - 1:47
- Dazi Usa: la lezione della Grande Depressione5 febbraio 2025 - 17:20
- 20 gennaio 2025 - 23:56
- La zavorra africana del debito21 dicembre 2024 - 16:19
- L’Africa è stanca di essere povera13 dicembre 2024 - 11:25
- Sempre pericoloso il gioco dei bitcoin29 novembre 2024 - 12:27
It's nearly impossible to find well-informed people about...12 marzo 2024 - 9:16 da uniform skirts
Auguroni. L.9 agosto 2023 - 23:15 da Linosse
Non era una password, era solo il memorandum della grandezza...3 luglio 2023 - 22:03 da Pino Nicotri
Ho cercato in tutto il sito ma proprio un indirizzo email...3 luglio 2023 - 22:03 da Fabio
La Cina ha presentato il suo piano di pace che era già...17 febbraio 2023 - 18:16 da Uroburo
PER CC CC valuta la richiesta di Peter: al lago di Garda...17 febbraio 2023 - 18:16 da Uroburo
Caro Peter, un cordialissimo ben tornato. Io non distinguo...17 febbraio 2023 - 18:16 da Uroburo