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Sanremo specchio dell’Italia, Pino Nicotri trova nelle canzoni e nei voti riscontro alle varie anime della nazione

di Pino Nicotri

Pubblicato il 7 Febbraio 2022 16:35 | Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio 2022 8:56

Sanremo specchio dell’Italia, Pino Nicotri trova nelle canzoni e nei voti riscontro alle varie anime della nazione

Sorpresa a Sanremo! Il podio dei vincitori del Festival è davvero interessante e indicativo sotto vari punti di vista.

La nuova vittoria di Mahmood, questa volta in coppia (con Blanco), conferma che il BelPaese pur volendo il largo ai giovani, più modernità, meno moralismo e conformismo ha voglia di stabilità. Di Usato sicuro. E quindi ricorre alle riconferme per Sanremo come il parlamento a Roma ha voluto riconfermare Sergio Mattarella al Quirinale. Sperando che anche Mario Draghi sia riconfermato a Palazzo Chigi.

Alle spalle di Mahmood e Blanco sono arrivati seconda Elisa e terzo Gianni Morandi.

E questo mi pare significhi che subito dopo il blocco sociale giovane, giovanile e giovanilista “eversivo”, cioè anche “fluido” per quanto riguarda i generi – femminile e maschile, maschi e femmine – e annesse relazioni, c’è il blocco sociale giovane e meno giovane, ma comunque più tradizionalista.

E a seguire ecco il blocco dei non più giovani e degli anziani, conservatori, legati ai propri ricordi giovanili e desiderosi di non uscire di scena.

Attenzione però. In tanta “fluidità” di genere a tenere banco a Sanremo è pur sempre l’uomo, il genere maschile.

Il maschio fiero assertore della propria identità sessuale “a prescindere”, autosufficiente e autoreferenziale. Tanto che nella canzone Brividi di Mahmood e Blanco può cantare il proprio  amore per un altro maschio – forti ed esplicite le parole “Tu che mi mordi la pelle / con i tuoi occhi da vipera / tu che sporchi il letto di vino” – asserendo così la propria superiorità col fare a meno della donna.

E che può anche travestirsi da donna per sostituirla e renderla “più colta”, più sapiente, come Drusilla Foer.

Si parva licet, il fatto che l’uomo Gianluca Gori abbia partorito la donna Drusilla Foer, più colta e sapiente di altre donne, ricorda la nascita di Minerva, dea anche e soprattutto della sapienza, direttamente dalla testa di Giove anziché dal grembo femminile. Uno dei primi episodi/miti di erosione a sfavore delle donne della parità  di genere.

Fluidità e parità di genere, sì, assolutamente e sbandierata. Come sempre, “italiani brava gente”, ora e sempre.

Però guarda caso il conduttore, Amadeus uomo e padre, ha tenuto banco straripando in tutte le cinque serate e cambiando ogni sera il contorno femminile di co-conduttrice, ruolo di co- più velleitario che reale. E come se non bastasse a decidere o a fargli decidere di scegliere anche Sabrina Ferilli come contorno è stato suo figlio di appena 13 anni, ma maschio.

E siccome il BelPaese soprattutto in questo periodo difficoltoso ama le conferme, ecco che Amadeus, uomo, viene già confermato a furor di popolo per l’anno prossimo. Chissà se e che nome femminile gli consiglierà il figlio, maschio, nel frattempo 14enne.  Viene in mente il solito Gattopardo: cambiare tutto per non cambiare niente.

Come spettacolo questa edizione di Sanremo è stata un capolavoro, un trionfo

Ha infatti trasformato definitivamente Sanremo Festival della canzone italiana in Sanremo Fiera, Circo e Teatro, grande spettacolo circense e teatrale, anche delle canzoni italiane, ma soprattutto dell’italianità. Che ama strombazzare i propri cambiamenti e la propria modernità, di fatto più che altro modernismo, ma restando saldamente ancorata alla tradizione. Che fa pur sempre perno sul genere maschile.

Anche in questo caso vale il paragone del festival con il Parlamento degli agitati giorni quirinalizi che lo hanno preceduto, e, anzi, a ben vedere con l’intera politica italiana. Politica che dagli anni ’80, arruolando fin dagli anni d’oro di Bettino Craxi esperti di mercato e di pubblicità utile a far comprare i prodotti da lanciare, s’è trasformata man mano più che altro in politica spettacolo.  Con le televisioni che hanno preso il posto dei partiti in fatto di presenza nel territorio.

Questa edizione del festival, vista da ben 13 milioni di italiani, è stata un trionfo. Anche del suo conduttore e cerimoniere, di fatto il dominus assoluto però con aura anche paterna perché attento ai consigli filiali.

Amadeus è il nuovo patriarca di Mamma Rai

Amadeus grazie anche all’assenza di Fiorello, dei due di certo il più trasgressivo e “audace”,  col suo perfetto saper essere un piacione che piace a tutti, è assurto inopinatamente al rango di  neopatriarca della tv all’antica, quella di mamma Rai.

Amadeus incoronato ogni sera da un donna diversa sul palco e domatore di giovani ribelli dai proclami canori ed estetici “provocatori e innovativi” sì, ma solo fino a un certo punto. Assaltatori del cielo prudentemente dotati di paracaduti e robusta rete di sicurezza salvavita. Assaltatori del cielo sì, ma griffati e comunque senza spingersi troppo in alto: meglio restare sotto il livello delle nuvole…

Un po’ di statistica

Un trionfo, dicevamo. Però l’Italia è abitata da 60 milioni di persone. Perciò i 13 milioni con gli occhi su Sanremo sono il 21% del totale.  Mentre 7 milioni di italiani hanno preferito altre reti tv. E poiché 13 più 7 fa 20, ciò significa che a 40 milioni di italiani del festival di Sanremo non è interessato un bel nulla nonostante lo starsene in casa più del solito causa pandemia. Non è una dato trascurabile. Anche se in linea col più generale largo disinteresse per le stesse elezioni politiche e amministrative.

Nella sua ansia di “provocazione, innovazione e modernità” Achille Lauro, debitamente vestito ancora una volta da Gucci, non proprio un campione di provocazione,  non s’è accorto che è arrivato tardi. E di non pochi anni. Alla fine della sua canzone ha slacciato eroicamente  e molto rivoluzionariamente i pantaloni, a mostrare il basso ventre e un pezzetto di mutande. Compiaciuto della propria asserita impensabile audacia, ha sottolineato il gesto restando languidamente fermo per qualche secondo.

Achille Lauro evidentemente è troppo giovane per sapere o ricordare che una ventina d’anni fa era di gran moda andare in giro esibendo cerniere dei pantaloni, e della gonne se ne erano dotate, pericolosamente abbassate. Ricordo una festa della prima comunione alla quale una della ragazzine festeggiate, ancora odorosa di prima comunione e affiancata dalla mamma orgogliosa e sorridente, aveva la patta dei jeans talmente aperta che non ho capito come non le cadessero a terra.

I pantaloni di 20 anni fa

Ed è troppo giovane per sapere o ricordare che sempre una 20ina di anni fa era di gran moda, per maschi e femmine, indossare pantaloni e gonne che dietro mostravano generosamente en plein air almeno un terzo e a volte una buona metà del sedere e davanti almeno un terzo o una buona metà del monte di Venere.

Dovrebbe però essere sufficientemente adulto per rendersi conto che il coro che faceva da contorno anche estetico alla sua esibizione era composto esclusivamente da donne: lui il sole al centro, loro i satelliti a lato.

Non propriamente un grande segnale di innovazione ed eguaglianza di genere. E per non infierire taciamo sul particolare che lui è un uomo di pelle bianca che ha voluto come contorno canoro e un po’ ballerino un coro di signore dalla pelle nera.

Sempre riguardo Achille Lauro non si capisce perché alcuni cattolici e uomini di Chiesa abbiano gridato allo scandalo e alla blasfemia quando s’è versato addosso una conchiglia d’acqua come se si auto battezzasse. E’ infatti legittimo far notare che Chiesa e credenti sono rimasti zitti, non hanno avuto nulla da ridire quando a suo tempo il senatur Umberto Bossi, padre fondatore della Lega, battezzava pubblicamente in una adunata leghista suo figlio Renzo, quello definito “più che un mio delfino, una trota”, il governatore del Veneto Luca Zaia e il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli.

POST SCRIPTUM

M’era venuto il dubbio di avere esagerato col mio precedente articolo su Sanremo “festival dei pipponi retorici”. Dubbio svanito quando Sabrina Ferilli, seduta con Amadeus, ha detto che era stato offerto anche a lei di fare un monologo, un bel predicozzo moralista contro qualche vizio del BelPaese. E ha spiegato pacatamente che però lei aveva rifiutato sia perché troppo benestante e quindi poco credibile per fare prediche sia perché non capiva come mai la sua presenza a Sanremo dovesse essere legata a qualche brutto problema.

Inflazione crescente: il dilemma delle banche centrali

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

La politica dei soldi facili ha “drogato” la finanza e l’economia, facendo aumentare i debiti e la propensione per maggiori rischi, e ha determinato la crescita dell’inflazione. Dopo molto tempo anche la Federal Reserve ha ammesso di aver sottovalutato l’impennata inflazionistica, che è più ampia e persistente delle previsioni. Ora, per tutte le grandi economie, la sfida è come correggere le azioni “dettate” dall’inflazione interpretata come “transitoria”.

Le banche centrali da anni, in merito all’inflazione, si basano su tre principi molto “soggettivi” e poco scientifici. Il primo è il target arbitrario del 2% annuo. Il secondo riguarda le “aspettative di inflazione”. I banchieri affermano che sono le aspettative a muovere l’inflazione e che le banche centrali guidano le aspettative. Perciò tutto, secondo loro, sarebbe sotto controllo. Il terzo è il cosiddetto “forward guidance”, una guida anticipata attraverso, per esempio, il controllo della curva dei rendimenti dei titoli pubblici.

Con la Grande Crisi Finanziaria prima e con la pandemia poi, le banche centrali bene hanno fatto ad aprire i rubinetti della liquidità con salvataggi immediati e necessari per il sistema. A lungo andare, però,  i rischi di inflazione sono inevitabili. Infatti, già la scorsa estate, sarebbe stato opportuno riconoscere che i fattori cosiddetti “transitori” erano accompagnati da problemi strutturali. Non si può giustificare tutto con gli effetti della pandemia. Oltre le irrisolte speculazioni sulle commodities, le aziende, in verità, descrivevano la natura persistente delle interruzioni nelle loro catene di approvvigionamento e la mancanza di manodopera specializzata. Gli imprenditori, a differenza di molti economisti accademici, affermavano che questi problemi non sarebbero stati risolti in tempi brevi.

Le banche centrali certamente non hanno tutti gli strumenti per sbloccare le catene di approvvigionamento e il reperimento della forza lavoro. Ma rimanere nella “mentalità inflazionistica transitoria”, rischia di mettere in moto quelle “aspettative” con tassi di inflazione non facilmente tollerabili dall’economia. Anche i crescenti risparmi dei mesi passati, erosi da un’inflazione del 6% o più, potrebbero essere spinti con forza verso l’acquisto di beni, ma troppo velocemente per trasformarsi in nuovi investimenti e in maggiori produzioni, alimentando così la stessa inflazione.

Non si può aspettare. Si rischia una più marcata recessione. E’ un modello conosciuto: dentro la trappola della curva dell’inflazione c’è il rischio di inasprire la politica monetaria in modo brusco, colpendo duramente la domanda e l’occupazione e mettendo fuori gioco le imprese già in difficoltà. Per i mercati si prospetterebbero situazioni d’illiquidità destabilizzante. In verità, già a novembre, il governatore della Fed, Jerome Powell, ha fatto un improvviso cambiamento di politica monetaria, annunciando una riduzione degli acquisti mensili di attività, quello che si chiama in gergo il “tapering” del quantitative easing.

Da parte sua, la Banca centrale europea ha ancora una posizione attendista, credendo fermamente nella “transitorietà” dell’inflazione, che alla fine dovrebbe ritornare al fatidico 2%. Se le pressioni inflazionistiche dovessero, però, diventare generalizzate, non si può escludere una qualche “frenata” disordinata nella politica monetaria.  In questa situazione, secondo noi, le principali banche centrali dovrebbero comunicare con puntualità le proprie azioni politiche in modo da non innescare confusione o una overreaction dei mercati. A differenza del positivo sincronismo pre pandemico, l’attuale disallineamento tra la Fed e la Bce non è di buon auspicio. D’altra parte, se l’inflazione diventasse più alta rispetto alle previsioni, si ridurrebbero anche i redditi reali, innescando un inevitabile scontro sociale, in particolare sui salari e le pensioni.

Indubbiamente, non vi sono facili soluzioni. Però, se nei passati 15 anni le banche centrali sono state super interventiste, non possono adesso diventare troppo attendiste. In questa situazione sono i governi e i parlamenti a dover entrare in gioco con decisione e definire le priorità degli interventi. Sono chiamati a favorire attivamente l’economia reale, le imprese produttive, l’occupazione e i redditi dei cittadini e svincolarsi dalla “presa” prolungata e soffocante della grande finanza.

*già sottosegretario all’Economia **economista

 

 

Dopo tanti scandali, il Libor va in pensione

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

Dal primo gennaio 2022 il London Interbank Offered Rate (Libor), per anni alla base degli scambi di prestiti, è arrivato al capolinea. Lo stesso vale anche per l’Euribor e per altri tassi di riferimento (benchmark).

Essi verranno sostituiti da altri benchmark, che dovrebbero essere più affidabili, tra cui: il Sofr (Secured overnight financing rate), tasso di interesse che misura il costo della raccolta di denaro con scadenza a un giorno (overnight) nel mercato «pronti contro termine» dei titoli del Tesoro Usa; il Sonia (Sterling overnight index average), sviluppato dalla Bank of England; il Saron (Swiss average rate overnight), basato su effettivi scambi di mercato in franchi svizzeri.

Il nuovo sistema sarà fondato su un insieme di tassi overnight, ritenuti quasi privi di rischio (acronimo: rfr), perché basati su transazioni effettivamente avvenute su un mercato attivo e liquido il giorno precedente. I nuovi tassi si decideranno in conformità a contratti già chiusi e non su stime, su sondaggi tra le banche coinvolte. Di conseguenza, con il nuovo sistema l’ammontare degli interessi da pagare sarà determinato dalla media dei tassi overnight durante il periodo del contratto e non conosciuto in anticipo, come avveniva prima.

Com’è noto, il Libor è stato per 45 anni il principale benchmark di riferimento per le transazioni sul mercato interbancario internazionale. A esso erano collegati tutti i tassi applicati ai prodotti bancari, influenzando operazioni finanziarie per circa 800.000 miliardi di dollari.

Il Libor era un tasso variabile, calcolato giornalmente dalla British Bankers’ Association  sulla media di  otto valori forniti da sedici grandi banche. A sua volta, l’Euribor era fissato dalle banche, organizzate nella Federazione bancaria europea.

Va rilevato che esso continuerà a operare fino alla metà del 2023 per circa 230.000 miliardi di dollari di contratti esistenti.

Il cambiamento è dovuto a ragioni di trasparenza, di correttezza e di migliore controllo, a seguito dei tanti scandali e delle manipolazioni fatte dal 1991. Le banche coinvolte avevano fatto “cartello” e, violando l’antitrust, operavano di comune accordo e fornivano valori giornalieri differenti da quelli veri.

Lo scandalo più grande esplose nell’estate del 2012, quando l’inglese Barclays ammise le sue colpe e concordò con le autorità britanniche e statunitensi il pagamento di una multa di 453 milioni di dollari. Molte altre anomalie vennero a galla e coinvolsero le principali banche mondiali. L’Ubs svizzera dovette pagare alle autorità di regolamentazione 1,5 miliardi, la Royal Bank of Scotland 612 milioni, la Deutsche Bank 2,5 miliardi.

Anche la Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic), l’organismo federale USA per la garanzia dei depositi bancari, portò in tribunale ben sedici grandi banche internazionali per aver manipolato il Libor, causando ingenti perdite ad alcuni gruppi finanziari americani.

Le banche coinvolte, processate e sanzionate, comprendevano le americane Jp Morgan, Citigroup, Bank of America; le europee Ubs, Credit Suisse, Deutsche Bank, Société Générale, Hsbc, Barclays e Royal Bank of Scotland e le asiatiche Bank of Tokyo e Mitsubishi.

Simili scandali avvennero anche con l’Euribor. Si certificò che la Barclays manipolò il tasso d’interesse in collaborazione con altri quattro istituti bancari, quali la Deutsche Bank, il Crédit Agricole, la Société Générale e l’Hsbc. Tanto che nel 2013, gli organismi di controllo di Bruxelles multarono un altro gruppo di banche per un totale di 1,7 miliardi di euro.

Con il pagamento di una multa, le banche si garantivano che i procedimenti penali fossero chiusi. L’ammissione di colpa e le sanzioni irrogate alle banche diventavano delle “scene teatrali” per l’opinione pubblica. Negli Usa, per esempio, dal punto di vista penale non si applicava il corpus legislativo RICO (Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act), che sancisce che, quando più persone concorrono in un atto criminale, scatta l’accusa di “conspiracy”.

L riforma ci sembra valida e più trasparente. E’ il caso, però, di ricordare che spesso “fatta la legge trovato l’inganno”. Speriamo che non sia così.

*già sottosegretario all’Economia  **economista

LE DOMANDE INVIATE VIA PEC PER L’INTERVISTA CHE LO SCORSO 22 DICEMBRE HO CHIESTO INUTILMENTE ALL’EX MAGISTRATO E NEO ROMANZIERE GIANCARLO CAPALDO

- Ammettiamo che esistano davvero i nastri di cui parlano alcuni giornali, i nastri cioè con le registrazioni di suoi colloqui con emissari del Vaticano riguardo la possibilità di far trovare i resti di Emanuela Orlandi. Ammessa la loro esistenza, le pongo delle domande che mi pare siano dovute.
+ Come mai non ne ha parlato né al suo superiore procuratore della Repubblica né alla collega che conduceva con lei la stessa indagine giudiziaria sulla scomparsa della ragazza?
+ Non le pare che il suo silenzio in merito costituisca una omissione d’atti d’ufficio?
+ Ed essersi teuto lei i nastri non le pare che costituisca sottrazione ed appropriazione indebita d’atti d’ufficio?
+ La pare professionalmente, moralmente e umanamente accettabile che lei si sia tenuto questi nastri per anni e li tiri fuori solo ora, quando cioè di fatto servono come pubblicità per il suo romanzo?
+ Secondo lei perché i giornalisti che finora l’hanno intervistata non hanno rilevato nessuno di questo quattro aspetti?
- Ci sono giornalisti, come Andrea Purgatori, che riguardo la sua asserita trattativa coi messi vaticani parla di “probabilmente due alti prelati”, e ci sono giornalisti, come Gianluigi Nuzzi, che invece scrivono che lei “, ha stilato la lista di monsignori, ufficiali e militari dei carabinieri, cancellieri che a vario titolo, chi come protagonista, chi come testimone, avrebbero partecipato alla trattativa”. Ma insomma, lei con quante persone avrebbe trattato? Due o molte di più?
- Immagino lei ricordi di avere chiesto a me di trovarle un canale di comunicazione con la Segretria di Stato vaticana, e che me lo ha chiesto dopo la rimozione della salma di De Pedis dallo scantinato sconsacrato della basilica di S. Apollinare. Ciò non fa pensare che lei quindi in realtà almeno con la Segreteria di Stato non avesse avuto nessun contatto, neppure per la “trattativa”, prima della rimozione della salma?
- Secondo un articolo de Il Fatto Quotidiano, gli asseriti prelati le hanno chiesto di far spostare la salma di De Pedis perché l’allora papa Ratzinger aveva diritto a visitare l’Università della Santa Croce, dell’Opus Dei, senza l’imbarazzo della campagna di stampa per la presenza della sepoltura di De Pedis nella continua basilica. E lei avrebbe risposto che “anche la famiglia della ragazza sparita nel 1983 aveva diritto a ritrovare la pace con la verità su Emanuela”. Ma questa sua risposta è una netta e chiara accusa al Vaticano se non di colpevolezza almeno di sapere e tacere. Su che base lei ha lanciato quella sua accusa? E non temeva che i suoi asseriti interlocutori reagissero accusandola quanto meno di insinuazioni e oltraggio?
- Lei in un suo libro del 2013 – Roma mafiosa Cronaca dell’assalto criminale allo Stato – ha puntato il dito sull’usanza di vari magistrati di passare sottobanco notizie ai giornalisti amici in modo da creare una sorta di verità di comodo utile agli stessi magistrati in questione. Non ritiene che le clamorose affermazioni di alcuni giornalisti riguardo la sua asserita trattativa somigli a quella sua descrizione? In definitiva nessuno sa nulla della sua trattativa, quindi che ne scrive fornendo anche dei particolari da chi può avere avuto notizia di tali particolari?
- Riguardo lo spostare la salma di De Pedis non aveva nessun potere né lei né il Vaticano, perché era un argomento sul quale potevano decidere solo ed esclusivamente i due fratelli e la vedova di De Pedis, signora Carla Di Giovanni. Quindi tra lei e il Vaticano non era possibile tnessuna trattativa su tale argomento. Cosa c’era quindi da trattare?
- Sulla presenza della sepoltura di De Pedis nello scantinato sconsacrato della basilica di S. Apollinare aveva già condotto un’inchiesta il magistrato Andrea De Gasperis. L’inchiesta era durata due anni, dal 1995 al 1997 , e aveva concluso che non c’era nulla di illegale, indebito o anche solo sospettabile. Eppure sulla base di una telefonata anonima arrivata nel luglio 2005 a “Chi l’ha visto?”, telefonata a quanto pare partita dall’interno della Rai, e trasmessa nel settembre del 2005, cioè 8 anni dopo la conclusione dell’inchiesta di De Gasperis, è stato scatenato il tormentone di sospetti, polemiche e accuse di fatto ancora in corso. Tormentone arrivato al punto che lei ha ordinato di aprire la bara per controllare se ci fosse davvero dentro anche Emanuela Orlandi (e pure Mirella Gregori!). Ma se De Gasperis già vari anni prima aveva appurato che non c’era nulla da segnalare perché non tenerne conto? Perchè si è voluto ignorare il lavoro di De Gasperis? Trattandolo di fatto come un incapace o peggio, magari un colluso.
- Quando il suo superiore Giuseppe Pignatone le ha restituito la requisitoria che lei aveva scritto a conclusione dell’inchiesta sulla scomparsa della Orlandi, lei non l’ha firmata. Per quale motivo? Ovvero: cosa avrebbe voluto che ci fosse o non ci fosse nel testo restituitole dal procuratore Pignatone?
- Il fatto che invece l’abbia firmato la collega Simona Maisto impegnata nell’inchiesta con lei fa pensare che in ogni caso non si trattava di cose gravi. O crede che la sua collega Maisto fosse rinunciataria e/o incapace?
- Nella sua requisitoria, quella che poi non ha firmato quando le è stata restituita dal suo superiore Giuseppe Pignatone, lei ha definito Enrico De Pedis un boss o un capo della famosa banda della Magliana, la quale peraltro le sentenze giudiziarie non attribuscono la stessa importanza attribuita dalle narrazioni giornalistiche, romanziere, filmiche e seriali. Su quali basi lei ha fatto una tale affermazione, atteso che De Pedis è sempre stato assolto e quando è stato ucciso non aveva carichi pendenti? Ma le leggi italiane non vietano di definire colpevole di uno o più reati chi è stato invece assolto da tutti i reati in questione?
- E perché quando a suo tempo le ho fatto questa banale e dovuta domanda lei ha reagito malamente, chiedendomi di non farmi più vivo con lei dopo anni di rapporti amichevoli?
- Stando le leggi in vigore sulla presunzione di innocenza fino a condanna definitiva e stando le leggi che vietano di definire colpevole chi è stato invece assolti, non le pare che il suo avere definito De Pedis come lo ha definito costituisca sia il reato di falso in atti pubblici sia il reato di diffamazione o calunnia nei confronti dello stesso De Pedis?
- – Si è mai chiesto perché i pentiti che hanno accusato di reati De Pedis lo hanno fatto solo dopo che lui era morto e non poteva quindi più difendersi?
- Non ha notato che tra quei pentiti c’è chi è stato per questo condannato per calunnia e chi, sbugiardato dalle infagini, s’è scusato in aula per avere accusato dei morti perchè temeva la vendetta dei veri colpevoli ancora vivi?
- Non ha notato neppure che prima della sua uccisione De Pedis nelle inchieste giornalistiche sulla banda della Magliana o non era mai nominato o era un nominato di scarsa importanza?
- Non si rende conto che lei definendo De Pedis come lo ha definito di fatto accusa di incapacità o collusione tutti i magistrati dei vari gradi di processo che lo hanno assolto? Tutti i magistrati cioè dei processi di primo grado, dei processi d’appello e infine anche i magistrati della Cassazione.
- Lei ed io ci siamo visti la prima volta il 20 gennaio 2010, quando lei nella libreria Mondadori vicina alla fontana di Trevi prese parte alla presentazione del libro “Mai ci fu pietà”, della giornalista Angela Camuso, che parlava della banda della Magliana. Il libro citava peraltro solo ed esclusivamene i documenti accusatori, mai quelli della difesa. Non le venne il dubbio che non fosse corretto parlare pubblicamente di un argomento, la banda della Magliana, del quale lei si stava occupando con un’inchiesta giudiziaria ancora in corso?
- Era il periodo in cui la credibilità di Sabrina Minardi, la cosiddetta “supertestimone” che del sequestro Orlandi accusava De Pedis, stava letteralmente crollando. A un certo punto lei disse: “Non abbiamo più bisogno della testimonianza della Minardi per sostenere che a rapire Emanuela Orlandi è stato De Pedis in persona”. Io chiesi la parola per far notare che quella sua affermazione era una grave scorrettezza perché si riferiva a una sua inchiesta giudiziaria ancora in corso. In altre democrazie le avrebbero probabilmente tolto l’inchiesta. Le è mai venuto il dubbio che quella sua perentoria affermazione decisamente accusatoria fosse una grave scorrettezza professionale?

Se n’è accorto perfino il papa, anche se “un po'” in ritardo: “Oggi le coppie non vogliono avere figli, ma hanno due cani e due gatti. Così la civiltà diventa più vecchia e senza umanità”

Papa: “Oggi le coppie non vogliono avere figli, ma hanno due cani e due gatti. Così la civiltà diventa più vecchia e senza umanità”

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/05/papa-oggi-le-coppie-non-vogliono-avere-figli-ma-hanno-due-cani-e-due-gatti-cosi-la-civilta-diventa-piu-vecchia-e-senza-umanita/6445922/

Io non sono il papa, ma da anni vado dicendo quello che è evidente anche a un cieco e che alla fine ha notato anche questo papa. Il BelPaese è malato di mancanza d’amore per eccesso di benessere,  e conseguente egoismo. Motivo per cui la nostra “superiore civiltà” verrà ridimensionata. Anche perché mentre noi portiamo a spasso i cani e spendiamo e spandiamo anche per i gatti, per giunta rimbecillendoci di tv, “social”, mania della moda, polemiche del cazzo e cose simili, gli immigrati extracomunitari scopano e fanno figli.
Intendiamoci: ognuno è libero e ha il diritto di vivere la propria vita come meglio crede, compreso il preferire cani e gatti al fare figli. Però i cani e i gatti NON diventano ingegneri, fisici, chimici, architetti, artisti, industriali, politici, dottori, scienziati, progettisti, ecc. Perciò la società di queste figure di professionisti ne avrà carenza crescente. Con tutto il danno che ne consegue. Per la società. Oppure la carenza di quelle figure verrà mitigata o scongiurata dall’arrivo di extracomunitari qualificati. Che giustamente si inseriranno, si spera,  in quelle professioni. Facendo cambiare faccia e pelle all’attuale società malata di salvinismo, melonismo, leghismo e “nazionalismo” retorico ciarpame tossico ereditato dal (pessimo) passato.

Purtroppo il papa ha parlato di patria, dicendo pochi giorni fa che il calo demografico danneggia la patria. Termine e concetto pericoloso. Specie in bocca a chi ha vissuto in Argentina e ne è stato arcivescovo della sua capitale: quella Buenos Aires nella quale la dittatura militare faceva sparire migliaia di esseri umani ritenuti oppositori politici o comunque fastidiosi. Il tutto non solo nel silenzio della Chiesa locale, compreso l’allora arcivescovo cardinale Bergoglio, ma anche nella giustificazione fornita dal nunzio apostolico del Vaticano, non ricordo ora se dell’Argentina o del Cile, con la dichiarazione che i movimenti di opposizione avrebbero provocato la reazione “patriottica”. “Patriottismo” che ha torturato nei modi più bestiali migliaia di esseri umani facendone sparire decine di migliaia. Gettati ancora vivi nell’Atlantico dopo essere stati drogati con un’apposita iniezione su consiglio di un pio prelato locale che raccomandava alle belve in divisa di dare una morte “priva di sofferenze”, “più cristiana”

https://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/articolo-ottimo-sulla-panzane-rifilate-con-grande-clamore-da-capaldo-e-purgatori-cose-che-oltretutto-abbiamo-gia-scritto-nel-2011-e-2012-3437424/

PER COMODITA’ RIPORTO L’INTERO TESTO DEL MIO ARTICOLO, ONDE EVITARE LE FASTIDIOSE INTERRUZIONI DA PUBBLICITA’
««Emanuela Orlandi, caso chiuso? dure parole dell’ex procuratore di Roma Pignatone smentiscono la trattativa segreta

di Pino Nicotri – Pubblicato il 14 Dicembre 2021

Emanuela Orlandi, il caso è chiuso? Forse, almeno dal punto di vista giudiziario e delle iniziative clamorose sgorgate attorno.

Una pietra forse definitiva sul caso Orlandi l’ha messa una lettera al Corriere della Sera dell’ex procuratore capo della Procura della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, oggi presidente del Tribunale del Vaticano.

Pignatone scrive al Corriere per replicare alle affermazioni di un suo ex sottoposto, il procuratore Giancarlo Capaldo, contenute in una intervista a Andrea Purgatori pubblicata sullo stesso Corriere domenica 12 dicembre 2021.

Nel presentare l’intervista a Capaldo, il giornale parla di “nuove rivelazioni” su Emanuela. Pignatone smentisce tutto, in modo anche abbastanza sprezzante nei confronti del suo ex vice.

Pignatone è da tempo sotto attacco di un gruppo abbastanza trasversale che ha interesse a vario titolo e modo a tenere in piedi la dolorosa e misteriosa vicenda di Emanuela Orlandi. Tra costoro c’è persino Ali Agca, il turco attentatore di Papa Giovanni Paolo II.

Ricostruiamo gli sviluppi recenti.

1)-L’ex magistrato Giancarlo Capaldo scrive un romanzo, “La ragazza scomparsa”, nel quale la ragazza è ovviamente Emanuela Orlandi. Vi adombra una trattativa tra Capaldo e il Vaticano, tramite il Vicariato, che NON può assolutamente esserci stata. La trattativa era: “Io sposto la salma di Enrico De Pedis dal sotterraneo della basilica di S. Apollinare e voi mi fate trovare i resti di Emanuela Orlandi”.

Trattativa che è impossibile ci sia stata. Perché NON può esserci stata? Calma, lo vedremo tra poco.

2) – Il Corriere della Sera di ieri, domenica 12 dicembre, dedica una intera pagina, a firma Andrea Purgatori, per annunciare una puntata televisiva di Atlantide, programma condotto dallo stesso Purgatori. Si annunciano fuochi d’artificio alla grande, come ai bei tempi. Quando il continuare a raccontar fole sul caso Orlandi non suscitava ancora sbadigli. Ma le polveri si rivelano subito bagnate, anche se il lettore – e in serata il telespettatore – non ci fanno caso.

Purgatori inizia infatti il suo articolone con queste parole, che da sole bastano per voltar pagina e leggere qualcos’altro:

“Nella primavera del 2012 due emissari di Papa Ratzinger, verosimilmente due alti prelati, diedero la disponibilità del Vaticano a far ritrovare alla famiglia Orlandi il corpo della quindicenne Emanuela, svanita nel nulla nel 1983”.

“Verosimilmente due alti prelati”?

E chi ci dice che non fossero invece due uscieri? O due mattacchioni tra le decine che hanno tenuto banco a turno per decenni. Anche prendendo in giro lo stesso Capaldo per lungo tempo. Trasformando in farsa la tragedia della scomparsa di una ragazzina. Ma l’osservazione più importante è: “Due emissari di Papa Ratzinger” danno una tale clamorosa “disponibilità” e Capaldo, all’epoca titolare dell’inchiesta giudiziaria sulla scomparsa di Emanuela, non si fa dire i loro nomi? Non si fa dire chi siano? A che titolo e in che veste parlano e promettono? Suvvia….

3) – Ed eccoci alle puntata di Atlantide. Dove l’ex magistrato neo romanziere e il giornalista conduttore televisivo si diffondono nel raccontare la asserita trattativa.

Che però Capaldo in tv specifica che non era proprio una trattativa, ma una generica “disponibilità a collaborare”… E NON erano neppure due “alti prelati”. Ma allora chi e quanti erano?

Il giorno dopo la puntata, cioè ieri lunedì 13 dicembre, lo spiega un altro giornalista conduttore televisivo, Gianluigi Nuzzi, nell’intera pagina 15 de La Stampa con un articolo che inizia così:

“ [Capaldo] ha stilato la lista dei monsignori, ufficiali e militari dei carabinieri, cancellieri che a vario titolo, chi come protagonista, chi come testimone, avrebbero partecipato alla trattativa da lui condotta con il Vaticano per ritrovare i resti della giovane sparita nel 1983 e mai più ritrovata”.

Insomma, come il pane e i pesci del miracolo di Gesù i due “presumibilmente alti prelati” di Purgatori si sono moltiplicati: non due, ma una mucchio di persone. 

Nomi? Neppure un accenno. Del resto Capaldo in tv a Purgatori ha detto che è disposto a farli solo se “interrogato dalla magistratura vaticana”.

La trattativa su Emanuela NON può esserci stata non solo per quanto ho già scritto più volte di recente.E allora è il caso di andare al sodo.

Capaldo s’è rivolto proprio a me per avere un canale di comunicazione con la Segreteria di Stato del Vaticano DOPO il trasloco della salma di De Pedis. E se ancora DOPO tale trasloco il magistrato NON aveva un canale di comunicazione con la Segreteria di Stato ciò significa che il canale NON lo aveva neppure prima. “Elementare, Watson!”

Ma, come dicevo, il motivo principale che taglia la testa al toro e DIMOSTRA che la trattativa NON può esserci stata e che né il Vaticano/Vicariato né il magistrato Capaldo avevano titoli, cioè il potere, per decidere alcunché sulla salma di De Pedis.

La salma, e il relativo sarcofago, erano proprietà privata dei due fratelli e della vedova di De Pedis, signora Carla Di Giovanni, morta precocemente anche per i dolori provocati da anni e anni di accuse a vanvera al marito ormai morto. E solo loro potevano decidere, come infatti alla fine hanno deciso, di spostare i resti mortali del defunto.

Abbiamo anche scritto più volte, nel 2011 e 2012, che il generale Domenico Giani, capo della Gendarmeria del Vaticano, ha più volte fatto pressione su Carla Di Giovanni, anche con qualche velata minaccia sbottando “Ma allora lei vuole la guerra!”, perché si decidesse a spostare la salma.

Ma la vedova di De Pedis ha sempre rifiutato.

“Finché il magistrato non si decide a controllare il contenuto del sarcofago e della bara, io non sposto nulla. C’è un delirio secondo il quale Emanuela Orlandi, e pure Mirella Gregori scomparsa anche lei a 16 anni, sarebbero sepolte con mio marito. Perciò io non sposto nulla prima che il magistrato abbia fatto i dovuti controlli.

Mica sono scema: se sposto la salma prima dei controlli della magistratura ci sarà senza dubbio qualche figlio di buona donna che mi accuserà di avere fatto sparire magari i resti di Emanuela. E pure quelli di Mirella”.

E infatti, il trasloco è avvenuto solo DOPO che Capaldo s’è deciso a ordinare il macabro e inutile controllo della bara alla ricerca dei resti di Emanuela.

Quindi, al massimo ci sarà stata una “trattativa” con la quale Capaldo si impegnava NON a traslocare la sepoltura, ma a dare finalmente l’ordine di ispezionarla. Oltretutto alla basilica di S. Apollinare era stato concesso lo status dell’extraterritorialità: territorio vaticano, NON italiano. Territorio sul quale la magistratura italiana nulla poteva e nulla può senza l’assenso del Vicariato.

Ecco cosa abbiamo scritto su Blitz già il 24 aprile 2012.

“Alle 9,30 di giovedì 26 aprile, il cardinale Agostino Vallini, dal giugno 2008 Vicario del Papa per la diocesi di Roma, inizierà nel suo ufficio una riunione decisamente rovente. Saranno presenti un rappresentante del Comune di Roma e un rappresentante della Gendarmeria del Vaticano, il colonnello Costanzo Alessandrini forse in compagnia del comandante Domenico Giani, l’ex ufficiale della Finanza diventato il capo della Gendarmeria nel 2006.

Ordine del giorno: il trasferimento della salma di Enrico De Pedis, detto “Renatino”.

Dai sotterranei della basilica di S. Apollinare al cimitero comunale di Prima Porta, noto anche come cimitero Flaminio perché sito lungo la via Flaminia. La decisione del trasloco arriva dopo anni di clamori, insinuazioni e proteste crescenti contro la presenza di quel defunto nei sotterranei della basilica, nei quali era giunto nel 1990 dalla tomba della famiglia di sua moglie Carla al cimitero del Verano. In S.Apollinare Carla e Enrico De Pedis si erano sposati, lei lavora anche là vicino, e ragioni sentimentali e pratiche l’avevano spinta a ottenere la traslazione, senza prevedere il polverone di vent’anni dopo.

Passare dalle parole ai fatti non sarà però facile come sembra. Il Vicariato infatti ha sì competenza sul contenuto della basilica di S. Apollinare, ma non può decidere nulla su una proprietà privata – quale è la salma di De Pedis, compresa la cripta che la contiene – senza il permesso dei legittimi proprietari, in questo caso la vedova e i due fratelli di De Pedis.

Poiché la basilica per decisione della Corte Costituzionale gode del privilegio dell’extraterritorialità, la magistratura italiana può decidere l’ispezione della tomba, visto che sono consenzienti sia il Vicariato che i De Pedis, ma non il trasloco se questi ultimi non sono d’accordo. Idem il Comune”.

La cosa curiosa di questa brutta storia è che la favola della trattativa è nata da un nostro articolo su Blitz del 13 ottobre 2011.

Sapevamo che Papa Ratzinger avrebbe voluto andare in visita alla Pontificia Università della Santa Croce, messa in piedi dall’Opus Dei nel palazzo di S. Apollinare. Nel palazzo cioè dove negli anni ’80 c’era ancora la scuola pontificia di musica frequentata da Emanuela.

E sapevamo che Ratzinger aveva deciso di rinviare a causa del furore delle polemiche relative alla sepoltura di De Pedis nella omonima basilica. Basilica attaccata al palazzo di S. Apollinare perché nata come sua cappella quando c’era la scuola di teologia del Vaticano.

Tutto questo incredibile casino è nato dall’articolo del 13 ottobre 2011. Articolo che iniziava infatti con queste parole.

“In realtà, è papa Ratzinger che vorrebbe sfrattare la salma di De Pedis per poter andare in visita all’Università dell’Opus Dei del palazzo di S. Apollinare, ma nessuno ha il coraggio di dirlo. Ecco allora che i titoli e i sommari dei giornali non hanno dubbi: “Irregolare sepoltura De Pedis nella basilica S. Apollinare”; “Il corpo del boss della Banda della Magliana, Renato De Pedis, venne inumato nella Chiesa romana di Sant’Apollinare in spregio alla severa normativa dell’epoca. L’Antimafia, sollecitata da Walter Veltroni, ha svolto accertamenti dettagliati che hanno dato questo riscontro”.

Tutte affermazioni fasulle perché il magistrato Andrea De Gasperis lo aveva già accertato

Con la sua inchiesta durata due anni, dal 1995 al 1997, che nel trasferimento della salma dal cimitero del Verano allo scantinato – da decenni sconsacrato – della basilica di irregolare e/o sospetto non aveva proprio nulla.

Per quanta pubblicità gli facciano, con questi strani metodi, il romanzo dell’ex magistrato Giancarlo Capaldo non avrà mai il furioso successo del romanzo intitolato Romanzo criminale scritto da un altro Giancarlo. Scritto cioè dal magistrato Giancarlo de Cataldo sulla storia – molto romanzata – della cosiddetta Banda della Magliana. E che ha dato origine al tormentone della sepoltura di De Pedis in S. Apollinare con dentro anche la Orlandi e per buona misura anche Mirella Gregori.

Per approfittare dello strepitoso successo di Romanzo criminale, del quale a settembre sarebbe arrivato nei cinema anche un film, una telefonata anonima suggerì infatti a fine luglio 2015 alla redazione di “Chi l’ha visto?”, programma tv di Raitre, che per la soluzione del mistero Orlandi si doveva “controllare il contenuto della bara di De Pedis”.

Da notare che dai controlli fatti dalla magistratura la telefonata anonima risulta partita NON dall’esterno della Rai.

Terminiamo dicendo che ci spiace dover rilevare come Pietro Orlandi sia piuttosto smemorato. In questi giorni su Facebook ha infatti scritto che a lui della sepoltura di De Pedis in S. Apollinare “non frega un cazzo”. Quando invece a suo tempo chiese a Capaldo, che gli rise in faccia, di presenziare all’apertura della bara e relativi controlli.

Ma soprattutto ci dispiace che Carla Di Giovanni, massacrata da anni e anni di accuse pazzesche contro il marito anche per la scomparsa di Emanuela, abbia finito con l’ammalarsi gravemente. Fino a morire pochi anni dopo essere andata in pensione. »»

Ma gli ipocriti guerrafondai si preoccupano della Cina che ha relazioni crescenti con l’Africa, aasolutamete diverse ed estranee al nostro laido e sanguinario colonialismo

Da Quora:
Esiste un personaggio storico, poco conosciuto, che ha ucciso milioni di persone?
Si purtroppo, ed è stata una figura rilevante ma menzionata raramente nei libri di storia, forse perché uccise solo africani.
Tra il 1880 e l’inizio della prima guerra mondiale, i più potenti stati europei occupano quasi interamente l’Africa, dividendone i territori tra loro.
Grazie ad una buona dose di razzismo, il pretesto di questa conquista fu fornire civilizzazione e conoscenze alle popolazioni autoctone in quanto meno evolute e non in grado di accedere autonomamente alla civiltà. La realtà ovviamente era che i colossi europei volevano accaparrarsi le infinite risorse del continente nero.
Enormi quantità di denaro comportano enormi quantità di morti.
Una di queste nazioni, il Congo, era ricco di oro, avorio e gomma ed entrò ben presto nei desideri di un sovrano del vecchio continente: Leopoldo II, re del Belgio.
Lo stato fiammingo però non era interessato all’acquisizione di territori coloniali, perciò il belga divenne reggente dell’intera popolazione congolese, composta al tempo da 30 milioni di abitanti (a fronte dei 6 milioni di Belgi), con un territorio vastissimo, privo di alcuna costituzione e di supervisione da parte di organismi internazionali.
Leopoldo II instaurò un regime dittatoriale schiavizzando i nativi e creando enormi piantagioni in tutto il paese; “l’ordine” era difeso dalla Force Publique, dei commandi di nativi che reprimevano nel sangue i rivoltosi. I più “meritevoli” ricevevano in dono un territorio diventandone i governatori.
Ai sudditi che non raggiungevano la quota di raccolta giornaliera venivano amputate le mani nei migliori dei casi. L’esaurimento fisico, le malattie, l’assoluta mancanza di igiene e gli efferati omicidi portarono alla morte di milioni di persone.
Le stime variano dai 3 ai 10 milioni.
Nel 1908 le pressioni della stampa e dell’opinione pubblica al trapelare delle notizie sulle atrocità commesse, fecero si che il Belgio annettesse ufficialmente il Congo, mettendo fine alle persecuzioni nei confronti dei nativi.
Lo stato africano diverrà indipendente nel 1960.263508066_10219463068382638_1068804350664092622_n

LA CRESCITA DELLE CRIPTOVALUTE IN AFRICA

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

Da qualche tempo i media esaltano la crescita straordinaria delle criptovalute nei Paesi dell’Africa e, in generale, in quelli emergenti e in via di sviluppo. Secondo Chainalysis, la società privata di New York che studia le applicazioni delle nuove tecnologie chiamate blockchain, nel 2020 il mercato delle criptovalute in Africa è cresciuto più del 1200%. Nella top list internazionale dei 20 Paesi, primi per il loro utilizzo, 5 sono africani, la Nigeria, il Kenya, il Togo, il Sudafrica e la Tanzania.

Per l’Africa non si tratta della quota del mercato ma del numero di cittadini coinvolti. Anche il World Economic Forum afferma che nel 2020 il settore sarebbe cresciuto di 105,6 miliardi di dollari nel continente africano.  La cosiddetta blockchain è un insieme di tecnologie informatiche che permettono di creare un registro digitale che memorizza le transazioni di dati tra diverse parti collegate tra loro in modo aperto e protetto. Può avere applicazioni positive e innovative in vari settori. Può essere usata anche in rapporto al cosiddetto “internet del valore”, con il quale, invece delle informazioni, si scambiano dei valori, come le monete.

E qui entrano in gioco le criptovalute, di cui abbiamo parlato in passato. Esse operano globalmente attraverso reti informatiche che mettono in contatto diretto, peer-to-peer, gli utenti e i loro computer. Sono decentralizzate e, quindi, senza la tradizionale gestione centralizzata delle banche e dei governi. Sono già parecchie centinaia. Anche tutte le bigtech, i giganti tecnologi globali, come Amazon, Google, Facebook, la cinese Alibaba, ecc. lavorano per creare le proprie criptomonete, totalmente private e fuori da ogni tipo di controllo governativo e istituzionale. Ve ne sono per transazioni finanziarie di ogni dimensione, come la dash per piccoli acquisti, il litecoin per pagare le bollette, gli abbonamenti, la paxful in particolare per le rimesse e il bitcoin per operazioni più grandi.

Per la popolazione africana, che per il 57% non ha ancora accesso ai servizi bancari, esse sono molto attraenti. Basta avere uno smartphone. In Africa, anche la debolezza delle monete locali, i tassi di cambio volatili, i sistemi politici e bancari instabili, le restrizioni finanziarie, i rischi d’inflazione e la poca fiducia nelle istituzioni nazionali, giocano un ruolo a favore delle criptovalute.

Possono essere usate, e lo sono già, per le rimesse dei migranti.  I costi di transizione sono inferiori a quelli dei centri di money transfer. Il volume di rimesse supererebbe i 50 miliardi di dollari in criptomonete. Per esempio, un terzo degli utenti della paxful si trova in Africa, in particolare in Nigeria, dove se ne contano già un milione e mezzo. Se a livello locale appaiono interessanti, a livello globale le cose sono più complesse. L’andamento altalenante del bitcoin nel 2021 docet!.

Non si tratta di semplice “volatilità” ma di speculazioni forsennate e fuori da ogni controllo. In caso di un loro crollo, si perderebbe tutto. La loro capitalizzazione totale è passata dai 16 miliardi di dollari di 5 anni fa a oltre 2.300 miliardi di oggi. Sono diventate un potenziale “rischio sistemico” e possono provocare degli sconquassi finanziari globali. I governi e le banche centrali del mondo sono giustamente preoccupati per la tenuta del sistema monetario. Sottraendosi a ogni controllo, le criptovalute possono anche essere usate da organizzazioni criminali e terroristiche. Non è un caso che gli hacker abbiano recentemente sottratto informazioni preziose alla Regione Lazio e alla SIAE, chiedendo un riscatto in bitcoin per rilasciare i dati rubati.

Il G7 e la Banca dei regolamenti internazionali di Basilea hanno definito le criptomonete una «crescente minaccia alla politica monetaria, alla stabilità finanziaria e alla concorrenza». Ovviamente, le monete digitali, come l’eNaira della Nigeria o l’euro digitale, non sono da confondere con le criptovalute. Tutti i Paesi del mondo stanno affrontando la digitalizzazione dei pagamenti e dei trasferimenti monetari. Le prime sono gestite dalle autorità governative e dalle banche centrali, le seconde, invece, non avendo alcuna garanzia né controllo, sono delle valute esclusivamente private. Come nel medio evo!

*già sottosegretario all’Economia  **economista

Fondi speculativi all’assalto della sanità americana

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

Negli Usa, com’è noto, l’assistenza sanitaria è privata e coperta da polizze assicurative. Da qualche tempo, però, i fondi di private equity stanno comprando pezzi importanti del sistema sanitario americano e anche le reti sanitarie di base. Un fenomeno da tenere sotto la lente, perché “merce di esportazione”. Soprattutto in Europa.  I fondi equity sono poco regolati e puntano al massimo profitto in tempi brevi. Solitamente operano attraverso dei manager che gestiscono capitali di un numero limitato di partner privati e istituzionali. Spesso le loro operazioni di acquisizioni sono fatte attraverso il cosiddetto “leveraged buyout”, cioè mediante lo sfruttamento della capacità d’indebitamento della società acquisita. Il che rende indispensabile un ritorno veloce di dimensioni rilevanti.

La spesa sanitaria negli Usa è una parte notevole del pil. E’ passata dal 5% del 1960 al 18% del 2020. Dovrebbe arrivare al 20% nel 2024. I costi ospedalieri sono cresciuti del 42% nel periodo 2007-2014 e si ritiene che, in futuro, le spese per la sanità assorbiranno il 25-50% del salario della cosiddetta classe media americana. Fino alla legge Affordable Care Act (ACA) del 2010, meglio conosciuta come Obamacare, una parte del sistema sanitario era regolata e sostenuta con fondi pubblici da due strutture, Medicare per gli over 65 e Medicaid, per le famiglie a basso reddito. Pur con i suoi limiti, l’Obamacare ha dimezzato il numero delle famiglie americane ancora senza una copertura assicurativa sanitaria.

All’interno dell’Obamacare era stato introdotto il concetto di Accountable Care Organizations (ACOs)  per rendere la sanità più efficiente e meno costosa per i pazienti. Invece, si è avuto una maggiore concentrazione del settore sanitario con la formazione di veri e propri cartelli di ospedali, di cliniche e di centri diagnostici. Nel 2021 il processo di acquisizioni e di concentrazioni è cresciuto enormemente. Nel secondo trimestre del 2021, rispetto a quello del 2020, gli investimenti per gli acquisti di studi medici sarebbero cresciuti di 10 volte. La società di consulenza Solic Capital Mangement, sostiene che gli investimenti per acquisizioni nella sanità sarebbero stati ben 126,1 miliardi di dollari nel periodo menzionato rispetto ai 12,1 miliardi del 2020. Gli istituti di lunga degenza, gli ospedali e la medicina telematica sarebbero i settori più interessati.

Oggi gli investitori nel sistema sanitario sono principalmente i fondi di private equità e certi enti finanziari specialmente creati per acquisizioni mirate. Il loro “appetito” è cresciuto anche in relazione all’American Family Bill, di circa 3.500 miliardi di dollari, proposta dal  presidente Biden. Ovviamente, tra i fondi equity e le assicurazioni è scoppiata una “guerra” per il controllo del settore sanitario americano.

Secondo un articolo del New York Times del 2019, un’organizzazione di medici, che fortemente si oppose alla proposta di legge per disciplinare il fenomeno delle “fatturazioni a sorpresa”, fatte attraverso la maggiorazione dei costi e la pratica delle prestazioni mediche più costose e, a volte, non indispensabili, aveva avuto un consistente appoggio di due grandi ditte fornitrici dei settori dell’emergenza sanitaria, la Envision, controllata dal fondo equity KKR, e la TeamHealth, controllata dal fondo Blackstone. Vanguard, BlackRock e Bain & Co. sono i fondi equity più attivi nella sanità mondiale con parecchie decine di miliardi di dollari di asset. Oltre ai fondi “leader” americani, vi sono quelli con base a Londra e in Francia, che operano soprattutto in Europa e in Italia.

La privatizzazione della sanità, se non è regolata, può diventare il problema sociale ed economico più serio per le famiglie e per i governi. Lo abbiamo visto durante la pandemia, quando la debolezza delle strutture sanitarie pubbliche, soppiantate da quelle private, e la mancanza di imprese farmaceutiche funzionanti nell’interesse generale, hanno messo i governi e le sanità pubbliche in grande affanno nell’affrontare l’emergenza Covid.

*già sottosegretario all’Economia **economista

Oggi 30 ottobre Lanciano diventa capitale dell’intercultura

Oggi 30 ottobre Lanciano diventa capitale dell’intercultura ospitando due importanti appuntamenti la cui partecipazione è libera e gratuita.

L’associazione Them Romano di Lanciano in collaborazione con la Regione Abruzzo, l’UCRI (Unione delle Comunità Romanès in Italia), l’Anpi di Lanciano, l’ANPI di Lecce, l’associazione Logos Cultura di Pescara, l’ARCI di Pescara, l’Associazione Il Sorriso di Marinella di Pescara, l’ Università della LIBERTÀ “Nicola Perrotti”- Città di Penne (Pescara), la Novagro dell’imprenditore lancianese Francesco Pace e altre associazioni locali promuovono i due importanti appuntamenti lancianesi.
Alle ore 11.00 presso il Parco delle Memorie si terrà l’anniversario dell’inaugurazione in Italia del primo grande monumento al Samudaripen (genocidio) dei rom e sinti alla presenza delle autorità, di studenti ed insegnanti, associazioni e rom e sinti e con la partecipazione del Coro Polifonico di Pescara diretta dal M^ Nicola Russo.
Alle ore 16.30 presso il Teatro Fenaroli si svolgerà la solenne cerimonia di premiazione del 28^ Concorso Artistico Internazionale “Amico Rom” il più importante e longevo concorso al mondo che riguarda la popolazione romanì (rom, sinti, kale, manouches e romanichals).
Il concorso è stato vinto dalla scrittrice Rom Serba Maja Jovanovic, che sarà presente alla premiazione.
Il Premio alla Carriera 2021 andrà alla docente universitaria kali/gitana spagnola Ana Gimenez ed al Parlamentare Macedone Rom Samka Ibraimoski.
Il Premio Eccellenza Romani 2021 è stato conferito al ristoratore laertino Giuseppe Barbetta (Laterza), al chimico e farmacista Moreno Di Rocco (Montesilvano), al pugile campione europeo Michele Di Rocco (Roma) ed al Presidente del Centro di Cultura Rom di Craiova avvocato Romeo Tiberiade (Romania).
Il Premio PHRALIPÉ 2021 (Solidarietà, Fratellanza, Cittadinanza Onoraria Rom) verrà conferito quest’anno al ricercatore del CNR Sandro Turcio (Castellammare di Stabia), al violinista Marco Bartolini (Pesaro), alla presidente dell’ISTORECO Fausta Messa (Sondrio), al musicista e intellettuale Gualtiero Lamagna (Marano di Napoli -NA), alla scrittrice per i diritti umani Maria Angela Zecca (Lecce).

Nel Comitato d’Onore Internazionale figurano tante personalità e tante eccellenze abruzzesi che saranno presenti per la consegna dei premi.
Un evento artistico internazionale imperdibile. Per conoscere, capire e rispettare l’arte, la lingua e la cultura romanì in quanto patrimonio dell’umanità.
Per Info e Contatti:
danieladerentiis@gmail.com
340 6278489