LA CONGIURA DEL SILENZIO SUGLI ISRAELIANI CHE DICONO LA VERITA’. ED ECCO COSA C’E’ DA SAPERE PER NON RESTARNE VITTIME

Come ho scritto ieri nel forum del blog sull’argomento precedente, sono andato ad ascoltare nella Sala Verde della chiesa di S. Carlo, a Milano, il giornalista israeliano Gideon Levy, arrivato apposta per il convegno di studio intitolato “Gli accordi di Oslo – 20 anni dopo”. Convegno già tenuto il giorno prima a Roma e reiterato oggi a Torino con altri partecipanti di rango, quali i palestinesi Wasim Dahmash, Jamil Hilal, Joseph Massad. Il convegno è stato organizzato dalla sezione italiana dell’International Solidarity Movement (ISM),  generosamente animata soprattutto dal torinese Alfredo Tradarti.

L’eccezionale statura morale e professionale di Gideon Levy è ben nota: redattore del quotidiano Ha’aretz, è diventato un punto di riferimento internazionale per chi non si accontenta delle verità ufficiali israeliane. I suoi articoli decisamente contro corrente, assieme a quelli della collega Amira Hass, anche lei di Ha’aretz, hanno tra l’altro messo a nudo le malefatte dell’esercito israeliano durante l’invasione di Gaza del 2008-2009 e denunciano puntualemnte gli abusi dei coloni,  le complicità politico militari e la conseguente condizione sempre più invivibile nella quale sono costretti i palestinesi.

Di Levy (spesso scritto Levi), che i suoi estimatori vogliono candidare al Premio Nobel paer la Pace,  mi ha colpito il suo raccontare come il tuo entusiasmo per la nascita dello Stato di Israele sia stato man mano ucciso dalla scoperta della vera politica dei governi israeliani, che con l’alibi della Shoà hanno adottato comportamenti talmente prepotenti e spesso violenti nei confronti dei palestinesi e degli arabi in generale da avere ricevuto oltre 80 condanne e ammonimenti dall’Onu, peraltro sempre totalmente ignorate con disprezzo dai destinatari. La parabola dall’entusiasmo alla scopertà e denuncia dell’amara verità da parte di Levy è la stessa che hanno avuto in molti tra gli ebrei e i non ebrei inizialmente ammiratori della “rinascita dello Stato della Sacra Bibbia”. Amara verità ormai ben nota e così riassumibile:

- i governi israeliani finora succedutisi dicono a parole di volere la pace, ma in realtà per loro la pace è una continua guerra, militare, politica, economica, poliziesca, coloniale, contro i palestinesi avente come fine la loro totale espulsione dalla Palestina storica, cioè da casa loro e dalle loro terre;

- Israele è di fatto uno Stato che nei confronti dei palestinesi pratica l’apartheid esattamente come in Sud Africa i bianchi lo esercitavano sui neri finché la realtà non li ha costretti a cambiare registro;

- tutto ciò ha distrutto la possibilità della nascita di uno Stato palestinese, che non sia una nuova riserva indiana o un nuovo bantustan, e comporterà, esattamente come in Sud Africa, la nascita di uno Stato unico con pari diritti e doveri per ebrei e non ebrei. Proprio quello che volebano gli ebrei sionisti come Judah Magnes, purtroppo battuti dai fanatici, dai terroristi e dagli estremisti andati e succedutisi al governo La fine cioè del monopolito sionista sul potere politico dello Stato di Israele, che forse sceglierà di chiamarsi Israele Palestina.

Delle parole di Levy mi ha colpito un particolare: il racconto di come gli israeliani abbiano accolto da una parte con grande dolore, spazio commosso sulle prima pagine e aperture dei mass media e perfino con funerali, l’uccisione di due cani dell’esercito quando nel 2008-2009 i militari ha invaso Gaza, e dall’altra la mattanza di palestinesi, bambini compresi, con notizie “brevi e relegate con indifferenza a pagina 15”.

Ho scritto ieri nel forum del blog e lo ripeto oggi che il silenzio stampa sulla presenza di Gideon Levy e sul convegno è una grande vergogna. Una vergogna in particolare per la comunità ebraica milanese e per il Corriere della Sera, che affida sempre i suoi servizi su Israele/Palestina e spesso sul Medio Oriente al giornalista milanese Lorenzo Cremonesi, membro della comunità, laureato in Israele, autore di un libro sul sionismo e mi dicono – non so se sia vero – responsabile o ex responsabile della stampa della comunità milanese (ciononostante, all’interno della comunità i suoi servizi giornalistici sono spesso molto criticati perché non aprioristicamente schierati).

La partecipazione al convegno, sia pure solo come spettatore, mi ha fruttato una serie di notizie, che reputo utili riportare qui in modo che chi vuole possa documentarsi sull’altro lato della medaglia israeliana: il lato della ormai 70ennale prepotenza coloniale contro i palestinesi tenuta accuratamente nascosto da chi predica invece l’odio verso gli “altri” e ovviamente lo “scontro di civiltà”. Ho quindi elencato una serie di link dei principali dossier giornalistici sull’argomento, a partireda alcuni articoli di Levy, e scelto 11 titoli di libri per saperne di più. Letture utili per disintossicandosi dalle propagande. Continua a leggere

La Fed stampa dollari. I Brics comprano oro. A quando la resa dei conti? E l’Europa tace.

di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

Se bastasse creare dal nulla liquidità per rilanciare l’economia e uscire dalla crisi, saremmo da tempo nel paese di bengodi, soprattutto negli Usa. Ma così non è. Pertanto la recente decisione assunta della Federal Reserve di continuare ad immettere nel sistema nuova liquidità rivela semplicemente che essa non è più in grado di staccare la spina dell’alimentatore di risorse ad un sistema sempre più “drogato”. Certo le borse hanno risposto in modo vivace con l’aumento dei listini, ma non è detto che ciò sia un reale segnale positivo. Infatti la stessa Fed, dopo il meeting del suo Open  Market Committee, ha dovuto ammettere che “se dovesse continuare l’irrigidimento delle condizioni finanziarie (con l’aumento dei tassi di interesse), osservato nei mesi recenti, il processo di miglioramento dell’economia e del mercato del lavoro potrebbe rallentare.”

L’inevitabile conseguenza di tale “filosofia”è che negli Usa si proseguirà con la “politica monetaria accomodante”, immettendo 85 miliardi di dollari al mese per comprare nuovi titoli del Tesoro e derivati asset-backed-security. Anche il governatore Bernanke, il cui mandato sta per scadere, ha ribadito che i “quantitative easing” continueranno fino a che negli Usa il tasso di disoccupazione non scenderà sotto il 6,5%. E questo si spera avvenga entro la fine del 2014, nel frattempo avremmo però circa 1.500 miliardi di nuovi dollari sui mercati internazionali. Continua a leggere

Il “caso Siria” ha offuscato il G20 di San Pietroburgo, che ha invece aspetti importanti. Anche per gli investimenti di lungo termine nelle infrastrutture

di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

Nonostante i venti di guerra sulla Siria e le pericolose conseguenze militari e geopolitiche, alcune rilevanti e innovative decisioni assunte dal recente Summit del G20 di San Pietroburgo per fortuna non sono state del tutto oscurate. Nel documento finale, infatti, per la prima volta si pone la questione del finanziamento degli investimenti. di lungo termine nelle infrastrutture e nei progetti industriali e di ricerca delle Pmi. Si sottolinea inoltre la necessità di creare un clima favorevole agli investimenti di lungo termine per mobilitare anche i capitali privati.

Un lavoro particolare di preparazione al rilancio delle strategie industriali e di sviluppo nel lungo termine è stato svolto dall’Ocse e dalle varie banche di sviluppo internazionali, tra cui la nostra Cassa Deposti e Prestiti, organizzate nel Long Term Investors Club. Il G20 sollecita, perciò, i vari governi a facilitare gli investitori istituzionali e a promuovere politiche e progetti di investimento e di infrastrutture adeguati, organici e coerenti. Continua a leggere

I paragoni impossibili di Obama e Kerry per spingere ad aggredire (anche) la Siria

In questa tragica e oscura vicenda siriana credo proprio sia il caso di dar retta a quanto dice Papa Francesco. E non solo perché, come giustamente ha detto,  le guerre portano solo altri morti e servono per far lucrare l’industria degli armamenti, oggi più formidabile che mai in tutto il mondo (e asse trainante della ricerca e dell’industria degli Usa), ma anche per altri motivi che inducono tutti a concludere che la prudenza non è mai troppa. Non a caso il Papa alla preghiera domenicale  dell’Angelus ha aggiunto: “No all’odio fratricida e a menzogne di cui si nutre”.
Cominciamo col dire che comunque il problema in Siria non sono tanto i 1.600 uccisi dal gas, chiunque li abbia usati, quanto gli almeno 100.000 morti, la massa di feriti e mutilati, le distruzioni e i milioni di sfollati collezionati dall’inizio della rivolta. Che, è doveroso dirlo chiaramente, è stata voluta e viene foraggiata dalle pessime monarchie saudita e del Golfo con il non disinteressato aiuto di Paesi occidentali. Detto questo, ammettiamo che i gas li abbia davvero usati l’esercito di Assad, come sostengono in molti, ma finora senza prove, anziché i ribelli e i mercenari, provocando la morte di 1.600 siriani. Basta questo per sostenere che “Assad è come Hitler”, cioè come l’inventore e il capo del nazismo che ha scatenato la seconda guerra mondiale e fatto ricorso ai campi di sterminio provocando in totale la morte di 40-50 milioni di persone? Basta questo per dire che “bisogna evitare una nuova Monaco”? Vale a dire, un nuovo accordo come quello che venne firmato da Inghilterra, Francia e Italia con la Germania nazista nel settembre del 1938, un anno prima che la Germania iniziasse la guerra. Basta questo per dire che “il mondo è in pericolo”?  O che “è in pericolo la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”?
Evidentemente no, non basta neppure alla lontana. Eppure è quanto hanno sostenuto e sostengono il presidente Obama e il suo segretario di Stato John Kerry a partire dalla recente riunione del G 20, come si chiama il consesso del 20 Paesi più sviluppati del mondo. Continua a leggere

Dopo l’Iraq e la Libia, ora tocca alla Siria. In attesa di poter colpire di nuovo l’Iran. Intanto con la politica monetaria strangoliamo anche le economie emergenti

Paragonare il siriano Assad, o chiunque altro, a Hitler è solo da ignoranti, cinici, bari e quindi disonesti. Eppure è  il comportamento del Segretario di Stato Usa John Kerry, nonostante che lui la sua signora con Hitler-Assad ci abbiano beatamente cenato qualche anno fa. Tanta cialtroneria da parte di Kerry è solo il patetico tentativo di ipnotizzare di nuovo gli americani e il mondo come già fatto a suo tempo per poter invadere l’Iraq. Questa volta però non potendo ripetere la gigantesca balla e il gigantesco inganno, al proprio popolo di statunitensi e al mondo intero, delle “bombe atomiche e altre armi di distruzione di massa di Saddam” ecco che si ripiega sull’uso dei gas attribuito ad Assad. Anche questa volta sono stati subito scoperti dei falsi, per esempio l’uso di una foto che mostra decine di cadaveri già usata per accusare di stragi Saddam ora usata di nuovo per accusare di stragi Assad.

Domanda: cosa può fare Kerry, oltre a fregare ancora di più i palestinesi, nella sua veste di asserito mediatore negli incontri da lui voluti tra palestinesi e israeliani per la ormai mitologica ricerca di un accordo di pace?

E’ particolarmente vergognoso che a mentire pur di arrivare a colpire militarmente un altro Paese sia un premio Nobel per la Pace qual è Obama. La vergogna è doppia perché a colpire la musulmana Siria, sempre con l’obiettivo di fondo di colpire infine l’Iran per accontentare il governo israeliano, sia lo stesso Obama che all’inizio del suo primo mandato ha promesso in un discorso a Il Cairo “un’era di rapporti nuovi con il mondo islamico”. S’è visto…. E teniamo presente che gli Usa hanno già colpito pesantemente l’Iran due volte: la prima volta quando organizzarono il colpo di Stato contro il democraticamente eletto presidente Mossadeq, la seconda quando aiutarono in tutti i modi l’Iraq di Saddam nella sanguinosa guerra, qualche milione di morti, contro l’Iran.

E’ infine raccapricciante che a fare la voce grossa e a minacciare sfracelli per l’asserito uso di gas da parte del governo  siriano  siano quegli Usa che oltre a usare il gas per eseguire le sentenze di condanne a morte dei propri cittadini sono gli stessi Usa che aiutarono Saddam a sterminare col gas almeno quattro volte migliaia di iraniani durante la guerra Iraq-Iran. Gli Usa infatti fornirono  all’Iraq le informazioni di intelligence per poter colpire senza errori le truppe iraniane. E quando gli iraniani inviarono vari rapporti ai servizi segreti Usa per denunciare l’uso dei gas da parte degli iracheni i servizi segreti statunitensi fecero vergognosamente finta di niente. Da notare che una ricerca ha dimostrato vari anni fa che almeno il 10% delle condanne a morte negli Usa colpiscono innocenti. Cittadini statunitensi gasati quindi benché innocenti. Esattamente come farebbe Saddam stando a quanto affermano Kerry e Obama. Ma cos’è più grave? L’eventuale uso di gas da parte di Assad che avrebbe ammazzato 1.500 siriani o l’uso delle menzogne sulle “bombe atomiche irachene” da parte di Bush junior che mandò così a farsi ammazzare ben più di 1.500 soldati statunitensi? Per una guerra, si noti, che ha provocato centinaia di migliaia di morti tra gli iracheni e, da parte deglle truppe Usa, anche l’uso delle armi al fosforo bianco proibite esattamente come i gas.

La realtà è che gli Usa e l’Europa, cioè l’Occidente, non intendono accettare che i popoli sfruttati prima col colonialismo e poi con il neocolonialismo e imperialismo possano dotarsi di Stati unitari, e di economie ben sviluppate, che non siano regimi orribili e fanatici in fatto di religione come l’Arabia Saudita o le monarchie del Golfo. Orribili, ma felici di incassare e godersi le cifre gigantesche ricavate con le  vendite di petrolio all’Occidente, che sulle loro malefatte, in primo luogo il trattare le donne come oggetti privi di ogni diritto, chiude entrambi gli occhi pur di essere rifornito di petrolioe sogna che restino solo i nostri serbatoi di oro nero. E anzi mostra felice alle proprie opinioni pubbliche le enormi Disneyland quali sono di fatto le capitali del Golfo, tacendo da cosa sono corcondate nel resto del territorio. Tutti gli Stati laici, dall’Iran di Mossadeq alla Libia di Gheddafi passando per l’Iraq di Saddam, sono stati combattuti e frantumati spingendoli verso il tribalismo e il fanatismo religioso. Gli Usa e l’Europa al mondo islamico che non si piega sanno offrire solo la fine fatta fare agli indiani d’America, agli indios del Centro e Sud America e agli aborigeni australiani. Ma sperare in un bis del successo di quella ricetta è forse illusorio, in un mondo decisamente cambiato e nel quale crescono giganti economico militari che non hanno nessun motivo per amarci. Avanti di questo passo, con il continuo trasferimento di richezza finanziaria verso i “Paesi produttori”, è più probabile che faremo la fine dell’impero romano: da una parte rovinato dalla bella vita e dai vizi, dall’altra impoverito per il continuo trasferimento della massa monetaria, vale a dire oro e argento,  verso l’Oriente produttore di ogni  ben di Dio, dalle spezie alle sete e ale pietre preziose, ben di Dio che costava sempre più caro, ma senza il quale i romani non sapevano più vivere. Il ben di Dio che forse ci colerà a picco è quell’energia elettrica e quella benzina che, ricavate dal petrolio che non possediamo a sufficienza, sono ormai alla base dell’intera nostra vita.

Da una parte lo strangolamento politico militare. Dall’altra, come dimostra l’articolo di Raimondi e Lettieri che segue il mio, lo strangolamento monetario e finanziario delle economia emergenti.

Ma torniamo alla situazione siriana. Continua a leggere

Esistono ancora i cappellani militari, preti con le stellette che arrivano al grado di generale! Pagati, stipendio e pensione, dallo Stato italiano

Infuriano le polemiche per l’acquisto degli aerei militari F35, pur ridotti da 131 a 90 esemplari comporteranno una spesa difficilmente inferiore ai 18 miliardi di euro, e per la mancanza di un numero sufficiente di aerei antincendio tipo Canadair. Per acquistare qualche Canadair in più il capo del governo, Enrico Letta, ha deciso di vendere tre aerei di Stato. Nessuno però solleva il problema di una spesa militare quanto mai discutibile e assai poco militare, che ogni anno ingoia 17 milioni di euro. Per risparmiare, perché non abolire quel rimasuglio di istituzione ormai antiquata, voluta da Costantino, potenziata da Carlo Magno ed ereditata dai sabaudi, che oggi va sotto il nome di Ordinariato Militare? Si tratta dell’insieme dei cappellani militari e della loro struttura di comando, che fa capo a un Ordinario: la loro professione è duplice: religiosa e militare nello stesso tempo. Continua a leggere

La crisi dell’euro fa bene: alla Gemania

La crisi euro ha fatto risparmiare 40 miliardi alla Germania

Mario Lettieri*  Paolo Raimondi**

In questi anni di profonda crisi dell’euro, la Germania complessivamente non ci ha rimesso. Anzi ci ha guadagnato e non poco. Non c’è lo dice uno dei tanti analisti europei con il dente avvelenato per le troppe polemiche tedesche sull’utilizzo delle loro finanze per salvare altri Paesi europei in deficit e con elevato debito pubblico. E’ direttamente il ministero delle Finanze di Berlino a fornire dati precisi e incontrovertibili. Secondo il settimanale Der Spiegel, il governo tedesco, rispondendo ad una interrogazione parlamentare, ha dichiarato che, calcolando costi e benefici, al netto avrebbe speso la modica cifra di 599 milioni per sostenere il sistema dell’euro! Secondo il ministero delle Finanze però, dal 2010 al 2014 la Germania risparmierà ben 40,9 miliardi di euro, solo per minori pagamenti di interesse sui suoi titoli di Stato.

Questo è il risultato di una forte domanda di obbligazioni tedesche, dagli investitori ritenute titoli sicuri e rifugio nella crisi generalizzata dei debiti pubblici europei. Di conseguenza il tasso di interesse di tutte le nuove obbligazioni emesse in Germania è sceso di circa un punto percentuale. La combinazione del risparmio sui tassi di interesse e dell’aumento degli introiti fiscali nazionali generati da una economia in crescita ha fatto anche scendere il livello del nuovo debito pubblico tanto che per il periodo 2010-12 la riduzione è stata di 73 miliardi di euro. Continua a leggere

Egitto, fine delle illusioni occidentali sulla bontà dei colpi di Stato in casa altrui quando ci fa comodo.

La tragedia egiziana ha posto la parola fine a un’altra illusione dell’Occidente, e dell’Europa in particolare: all’illusione, vale a dire, che i colpi di Stato militari possano arginare man mano e una volta per tutte le spinte popolari extra occidentali che per un motivo o per l’altro non ci piacciono. Quest’illusione si fonda sul fatto che di norma gli ufficiali militari che costituiscono l’ossatura delle forze armate altrui sono stati formati quasi tutti nelle più prestigiose accademie e scuole militari degli Usa e dell’Europa. Quelle italiane, per esempio,  hanno contribuito a formare il colonnello Gheddafi e il generale Siad Barre, ex sottotenente dei carabinieri italiani, diventati a suo tempo con i rispettivi colpi di Stato i padroni di lungo corso della Libia il primo e della Somalia il secondo. Finiti entrambi come sono finiti: ucciso dai ribelli il primo, cacciato a furor di popolo il secondo.

In Tunisia il generale Ben Ali, che nel 1987 abbatté con un colpo di Stato morbido il presidente Bourguiba prima di essere cacciato a sua volta con la cosiddetta “primavera araba” nel gennaio 2011, si guadagnò i gradi nella prestigiosa Ecole spéciale militaire de Saint-Cye e nell’Ecole d’application de l’artillerie de Chalons-sur-Marne, per poi perfezionarsi nella Senior Intelligence School e infine nella School for Anti-Aircraft Field Artillery negli Usa. E a metterlo in sella a Tunisi furono i nostri segreti militari, che seppero agire con discrezione: Bourguiba fu deposto per senilità a 84 anni e fatto accudire da una equipe di medici nel suo dorato palazzo di Monastir.

E’ francamente incomprensibile, se non con l’odio verso gli islamici in generale, la simpatia con la quale soprattutto in Italia è stato accolto il colpo di Stato che in Egitto ha portato in galera il presidente Mohamed Morsi. Candidato dei Fratelli Musulmani, Morsi nel giugno dell’anno scorso ha vinto le prime elezioni libere e democratiche egiziane, che hanno posto fine ai quasi 30 anni di potere di Hosmi Mubarak, generale dell’aeronautica diventato presidente. I generali che hanno deposto e arrestato Morsi, primo non militare diventato presidente,li abbiamo applauditi come “salvatori della democrazia”, nonostante siano stati le colonne portanti del potere man mano sempre più duro di Mubarak. Il precedente algerino avrebbe dovuto invece farci riflettere di più, ma si è preferito ignorarlo. Purtroppo i fatti però sono testardi, e continuano a esistere anche se non se ne parla. Com’era prevedibile, in Egitto si sta ripetendo infatti quanto successo in Algeria nel 1992, quando alla vittoria schiacciante del Fronte Islamico di Salvezza Nazionale, che nel primo turno delle libere elezioni aveva riportato nel dicembre 1991 il 60% dei voti, l’esercito applaudito dall’intero Occidente rispose con un golpe. Golpe che se ha rassicurato in particolare la Francia, ha però aperto la strada a una guerra civile particolarmente feroce, che ha mietuto centinaia di migliaia di morti. E che tuttora lascia aperta la porta ad altre possibili convulsioni dagli sbocchi potenzialmente ancora più gravi. Continua a leggere

Progetti importanti tra illusioni di ripresa. E la rischiosa abboffata di profitti della banche Usa

di Mario Lettieri*  e Paolo Raimondi**

1) – Mobilitare il nostro sistema-paese sul territorio e a livello internazionale

Riteniamo che le prospettive economiche del nostro Paese non si possano misurare con meri dati statistici o peggio con qualche altro indicatore basato magari sulle aspettative degli intervistati. Le tante esternazioni di questi giorni sulla fine della recessione e sulla svolta economica positiva prevista per il terzo trimestre 2013 ci suonano più come auguri di Ferragosto che serie analisi suffragate da dati e andamenti reali. Non si tratta di iniziare una diatriba tra ottimisti e pessimisti sul futuro dell’economia nazionale. In passato questi “psicologismi spiccioli” hanno infatti dato spazio solo alla frustrazione e alla rabbia. Siamo consapevoli che spesso certe valutazioni negative sulla nostra economia, come quelle delle agenzie di rating, si sono tradotte, purtroppo, in tagli e spesso in cieca politica di bilancio.

Allo stato non esistono però concreti e solidi elementi per poter salutare l’uscita dalla crisi né a livello globale né a livello europeo e tanto meno a livello nazionale. Basti pensare che l’Ocse prevede un alto livello di disoccupazione. Per l’Italia il tasso relativo dovrebbe salire al 12,5% alla fine del 2014! E’ davvero difficile quindi immaginare una ripresa economica mentre l’occupazione scende così vistosamente, determinando ovviamente un conseguente generalizzato aumento della povertà. In Italia, purtroppo, da tempo manca una seria programmazione con una conseguente puntuale verifica di quanto realizzato. E’ indispensabile indicare percorsi di sviluppo ma anche progetti sul medio e lungo termine e scadenze precise.  Continua a leggere

Il giudice della Cassazione Antonio Esposito ha sbagliato. Punto.

Che il magistrato Antonio Esposito abbia sbagliato non ci piove. A mio avviso bene farà il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) a sanzionarlo in qualche modo, ammonendolo o trasferendolo. Giudice della sezione della Cassazione che nei giorni scorsi ha confermato la nota condanna di Silvio Berlusconi a quattro anni di detenzione, Esposito è stato così sprovveduto, ingenuo, imprudente e scorretto da accettare di conversare al telefono con un giornalista riguardo le motivazioni della sentenza nonostante la Cassazione non le renderà note prima di un paio di mesi. E, come se non bastasse,  tale giornalista ha anche autorizzato a pubblicare come sua intervista il testo con le domande e le risposte inviatogli via fax. Che poi tale giornalista sia “una persona che conosco da 35 anni” non fa che peggiorare le cose. Esposito non è stato “tradito da un amico”, ma dalla propria leggerezza e dabbenaggine.

Detto questo, e senza minimizzare la gravità dell’episodio né dimenticare l’obbligo dei magistrati di parlare solo attraverso le proprie sentenze, c’da chiedersi se il giornalista in questione abbia o no commesso un illecito, anzi due. Il primo avere pubblicato come intervista un testo diverso da quello inviato per l’approvazione a Esposito. Posso io pubblicare un’intervista a Berlusconi nella quale aggiungo come sue alcune affermazioni utili a sputtanarlo? Non credo che Il Giornale, Libero e le tre reti Mediaset sarebbero contente. Neppure lo stesso Berlusconi, immagino. O no? Continua a leggere

La resistibile ascesa grazie ai vari Veltroni e l’indecorosa caduta del Cavaliere per antonomasia



[Didascalia della foto: come si vede, la trippa del Cavaliere non solo deborda, ma si piega in avanti come la panza di Giuliano Ferrara. Chissà la goduria anche estetica della fidanzata Francesca Pascale, una vecchiaccia di 27 anni, nell’intimità con il giovanissimo Silvio di appena 49 anni più di lei.]

“La Rivoluzione Berlusconi è di gran lunga la più importante, cui ancora qualcuno si ostina a non portare il rispetto che merita per essere stato il principale agente di modernizzazione, nelle aziende, nelle agenzie, nei media concorrenti. Una rivoluzione che ha trasformato Milano in capitale televisiva e che ha fatto nascere, oltre a una cultura pubblicitaria nuova, mille strutture e capacità produttive”. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano difficilmente sottoscriverebbe anche oggi queste parole apparse nell’ormai lontanissimo 1986 sul periodico Il Moderno, organo della corrente “migliorista” del Partico comunista italiano della quale lui era il leader. Oggi siamo arrivati al punto che lo stesso Napolitano viene spintonato per evitare che Berlusconi sia trattato come un cittadino italiano anziché come un satrapo medioevale.

Ma come si è arrivati a questo punto? Cercare di capirlo è davvero istruttivo. Prima però osserviamo alcune cose delle ultime ore. Continua a leggere

Uno strano terzetto: Matteo Renzi e i suoi consiglieri Yoram Gutgeld e Davide Rocca

Matteo Renzi sarà anche la carta vincente del Partito Democratico, ma sta dicendo qualche banalità di troppo. Giorni fa per esempio ha dichiarato: “Per me è più di sinistra pensare a chi non ha lavoro che discutere delle tutele più o meno corrette per chi invece il lavoro ce l’ha. So che non è la linea della Cgil e che parte del gruppo dirigente della Cgil mi detesta. Ma la penso così”. L’affermazione suona bene, ma è illogica di per sé per un paio di motivi.

Il primo motivo è che i sindacati si occupano giustamente degli occupati, cioè di chi ha un lavoro, oltre che dei cassintegrati e dei licenziati, cioè di chi il lavoro ce l’ha ma ne è temporaneamente sospeso e di chi il lavoro lo aveva ma non ce l’ha più. I sindacati non possono certo occuparsi dei disoccupati che un lavoro non l’hanno ancora avuto, altrimenti non sarebbero dei sindacati, bensì dei partiti o dei movimenti. E’ come dire che una banca deve preoccuparsi non solo e non soprattutto dei risparmi dei propri correntisti e di chi comunque vi ha depositato i propri quattrini, ma di chi con essa nulla ancora ha a che vedere.

Con un paragone che certo Matteo Renzi può capire al volo, è come dire che lui, sindaco di Firenze, debba occuparsi anche dei non fiorentini. Certo che può occuparsi anche dei non fiorentini, dai palermitani ai torinesi, ma cambiando mestiere: come parlamentare e non come sindaco. Per giunta, come parlamentare che, contrariamente al solito, non si limiti a curare il proprio orticello elettorale e gli interessi dei propri elettori. Continua a leggere

1) – Affondiamo nel ridicolo per il petrolio in mani poco chiare. 2) – Le grandi banche diventano corporation industriali

Per capire meglio come mai i diplomatici kazaki se la facciano quasi da padroni nel Belpaese, obbediti a bacchetta perfino dal ministero dell’Interno, è utile leggersi l’agile e documentatissimo libro “Extra virgin oil”, edito dalla casa editrice Aracne, specializzata in testi universitari, scritto dal docente universitario Aldo Ferrara e dal giornalista Filippo Bellantoni. Ferrara era tra i consulenti di Dario Fo all’epoca della sua candidatura a sindaco di Milano e aveva preparato un programma per abbattere l’inquinamento della città.  “Extra virgin oil” documenta gli intrecci  e gli enormi interessi, compresi quelli italiani, che stanno dando vita alla rete dei giganteschi oleodotti e gasdotti che trasporteranno in Europa il gas e il petrolio dell’Asia Centrale. Tra i protagonisti non mancano gli italiani, compresi Silvio Berlusconi e uomini di sua stretta fiducia.

Ferrara riassume così le odierne perplessità per il caso della signora Shalabeyeva e figlia:
” L’Eurasia è scenario di affari petroliferi. Un tempo Enrico Mattei cercava il greggio al minore costo possibile nell’interesse del consumatore, adesso numerosi imprenditori italiani, politici e dirigenti di Aziende Statali fanno affari con le nuove pipeline come South e North Stream, Nabucco etc. Questi oleodotti passano quasi tutti dal Kazakhastan. E’ possibile non esaudire le “minime” richieste” politiche di Nursultan Nazarbayev?”. Continua a leggere

Altra vergogna senza limite in Israele contro un bambino di 5 anni. Protagonista lo stesso esercito che protegge sempre e comunque ogni sopruso e atto di teppismo dei coloni.

Tanto più grave, greve e incivile il comportamento della soldataglia israeliana contro il bambino di 5 anni Waadi Maswada, accusato e di avere lanciato un sasso contro l’auto di alcuni coloni a Hebron, sia perché non si tratta di un’eccezione sia perché si tratta della stessa soldataglia che a Hebron protegge i coloni teppisti qualunque atto di prepotenza facciano contro i palestinesi sia infine perché MAI i soldati sono intervenuti contro gli infiniti casi di pietre lanciate addosso a persone fisiche palestinesi. Lanci, quest’ultimi, documentati da una marea di video. A Hebron, ricordiamolo, oltre 100 mila palestinesi cono costretti a vivere sopportando soprusi di ogni genere, compresa la vergognosa chiusura di molte strade e centinaia di negozi, perché Israele ha voluto e vuole far spazio alle poche centinaia di coloni di una vicina colonia. Abitata da una tale gentaglia che venera ancora la tomba del pluriassassino Baruch Goldstein che qualche anno fa abitava proprio in quella colonia e una mattina andò a far strage con il suo mitra di palestiensi in preghiera nella moschea di Abramo. Sulla tomba, che fa bella mostra di sé all’interno della colonia, ancora oggi si legge che Goldstein era un uomo giusto e santo e che quella mattima compì una buona azione…

L’unica nota positiva di questo obbrobbrio incivile contro un (altro) bambino palestinese è che l’intero episodio è stato ripreso e denunciato da attivisti di una organizzazione pacifista che riunisce sia israeliani che palestinesi. Altra nota positiva è che a dar spazio alla denuncia in Italia sono i giornali di Carlo De Benedetti che a volte ci tiene a far sapere che lui è ebreo. Queste due note positive sono la miglioare dimostrazione che si può essere israeliani e filoisraeliani senza per questo essere fascisti o avere posizioni repellenti come quella di chi si affanna vergognosamente perfino a giustificare il nuovo sopruso consumato a Hebron prima contro un bimbo di 5 anni e poi anche contro suo padre.

Altra nota comunque positiva è che in Israele documenti come questi filmati non vengono sequestrati e possono circolare, almeno quando sono prodotti da organismi che comprendono anche israeliani.

http://www.youtube.com/watch?v=0LKhQS5f9oo

http://www.youtube.com/watch?v=TxA3oI9PZRc

https://triskel182.wordpress.com/2013/07/12/quel-bambino-palestinese-arrestato-per-un-sasso-adriano-sofri/

Quel bambino palestinese “arrestato” per un sasso (Adriano Sofri).

TRATTARE un bambino di cinque anni e nove mesi, che piange spaventato, come se fosse un pericoloso nemico adulto, e umiliare suo padre davanti a lui e a causa di lui, non è solo un’infamia: vuol dire fare di quello e di tanti altri bambini, asciugate le lacrime, irriducibili e temibili nemici. Continua a leggere

Le banche centrali hanno fallito. Non si può penalizzare il lavoro e le imprese.

Le banche centrali hanno fallito. Non si può penalizzare lavoro e imprese

Mario Lettieri* Paolo Raimondi**

Le recenti stime della Banca dei Regolamenti Internazionali ci dicono che dal 2007 al 2012 il debito aggregato globale, comprendente non solo quello del settore pubblico degli Stati ma anche quello delle famiglie e delle imprese non finanziarie, è cresciuto del 20% in rapporto al Pil, cioè di ben 33  trilioni di dollari! E’ cresciuto di circa il 40% negli Usa, di oltre il 50% in Francia e di circa il 65% nel Regno Unito. In Italia è aumentato del 25%. Pur se nel mezzo di un reale sviluppo economico, anche la Cina ha registrato una crescita di oltre il 50% del proprio debito aggregato in rapporto al Pil che, però, riguarda esclusivamente le famiglie e il settore delle imprese non finanziarie.

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