UN PO’ DI INFORMAZIONE SULLE ATROCITA’ DI ISRAELE CONTRO I PALESTINESI

Non mi conosci. Io sono solo un ragazzo californiano che una volta si innamorò di Israele e vi è rimasto, ma se sei una persona che sostiene Israele in California o in qualsiasi altro posto al di fuori di qui, ho un messaggio per te.
E lo stesso messaggio se si appartiene a StandWithUs o a J Street, o alla Coalizione ebrei repubblicani o al New Israel Fund, all’AIPAC o all’ Americans for Peace Now: “Prima di sostenere Israele un altro giorno, scarica e apri un rapporto chiamato “Ecco come ci siamo battuti a Gaza :. ‘testimonianze e fotografie dalla operazione “soldati a Gaza” (2014) “

Leggilo e non tornare a difendere Israele prima di averlo letto fino in fondo L’onestà è l’elemento centrale. L’onestà di decine di soldati coraggiosi e profondamente sfregiati che hanno prestato servizio in quella guerra la scorsa estate. Non sarà facile da leggere , né deve esserlo.
Chiunque tu sia, qualunque sia la tua politica, è necessario sapere che cosa è successo a Gaza. È necessario essere in grado di iniziare a spiegare – prima di tutto a te stesso – perché almeno la metà, e forse molti di più dei 2.200 palestinesi uccisi dall’esercito israeliano erano civili, molti dei quali bambini. È necessario cominciare a percepire la portata della devastazione in vaste aree della Striscia , dovute all’IDF e alle direttive del governo . E’ necessario , caso dopo caso,, cominciare a sapere cosa è successo.Questo è necessario per il tuo stesso bene
http://frammentivocalimo.blogspot.it/2015/05/bradley-burston-lettera-per-i.html?spref=fb

http://www.democracynow.org/2015/5/6/kill_anything_israeli_soldiers_say_gaza

http://rufini.blogautore.repubblica.it/2015/05/08/spara-a-tutto-quello-che-si-muove/

http://www.today.it/mondo/bambini-palestinesi-violentati-soldati-israeliani.html

http://www.ilgiornale.it/news/i-soldati-israeliani-contro-tel-aviv-gaza-gravissime-irregol-1123852.html

http://monni.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/05/04/breaking-the-silence-denuncia-operazioni-esercito-israeliano-a-gaza/

http://frammentivocalimo.blogspot.it/2013/05/1948-e-i-rifugiati-palestinesi-ben.htmlhttp://frammentivocalimo.blogspot.it/2013/05/1948-e-i-rifugiati-palestinesi-ben.html

FINALMENTE GETTATA NEL CESTINO DELLA CARTA STRACCIA LA MONTAGNA DI BALLE SUL MISTERO DELLA SCOMPARSA DI EMANUELA ORLANDI.

E’ confermato quanto ho scritto su Blitz il 22 aprile ( http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-inchiesta-presto-archiviata-perche-dopo-32-an-2165264/ ): dopo ben 32 anni, cala il sipario sul mistero Orlandi: che, come avevamo anticipato più volte, resta senza soluzione assieme al mistero ruota di scorta della scomparsa della giovanissima Mirella Gregori. Il procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, ha infatti dovuto prendere atto che ha racimolato solo un pugno di mosche e tante chiacchiere anche l’inchiesta giudiziaria nata nel 2008 con le “rivelazioni” della ex tossicomane ed escort Sabrina Minardi ( http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/cronaca/emanuela-orlandi/emanuela-orlandi/emanuela-orlandi.html ) e accompagnata negli ultimi due anni dalle “rivelazioni” del fotografo romano Marco Fassoni Accetti ( http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-flauto-di-marco-fassoni-accetti-dai-resti-di-studio-cine-roma-1888707/ ). Che ora per il fiume delle sue narrazioni auto accusatorie si avvia a essere spedito davanti ai giudici per il reato di calunnia quanto meno contro se stesso. A ore o al massimo domani il comunicato della Procura.
Nel 1997 c’era già stata un’altra archiviazione decisa dall’allora giudice istruttore Adele Rando ( http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/emanuela-orlandi-risponde-nicotri-giovacchino-non-ha-letto-mio-1771.htm ), che pure dovette prendere atto che l’inchiesta dopo 14 anni di indagini aveva accumulato molto fumo, ma neanche un po’ di arrosto.
Pignatone in persona ha chiesto l’archiviazione. E siccome il capo della Procura è lui la sua richiesta equivale a una decisione. Decisione concorde con le richieste e le convinzioni del sostituto procuratore Simona Maisto e della sua collega dell’antimafia Roberta Calò. Ma parzialmente in contrasto con quanto avrebbe invece preferito il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. Questi avrebbe infatti preferito poter approfondire meglio la figura di Marco Fassoni Accetti ( http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-fassoni-accetti-il-flauto-1542471/ ), che auto accusatosi del “rapimento concordato” con le due ragazze e realizzato per conto di una “fazione vaticana in lotta contro un’altra fazione” non ha mai fornito nessun nome di suoi complici, ma che si sarebbe dimostrato a conoscenza di particolari, a dir vero di poco conto, noti solo ai magistrati. Ma a Roma è difficile che un segreto possa davvero restare tale: un magistrato può essere muto quanto vuole, ma come è noto c’è sempre qualcuno tra i vari preposti alle investigazioni che per i più disparati motivi non sa tenere la bocca totalmente chiusa, specie con i giornalisti. Come è successo tra l’altro con Sabrina Minardi, arrivata a spacciarsi per “amante decennale del boss Enrico De Pedis” ( http://www.affaritaliani.it/cronache/segreti_banda_magliana_sabrina_minardi240910.html )
Escono così definitivamente di scena sia don Piero Vergari ( http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-nuzzi-tv-la7-scioglie-1485198/ ), il rettore della basilica di S. Apollinare trattato a pedate da vari mass media – ma NON dai magistrati – per avere permesso nella basilica la sepoltura di Enrico De Pedis, preteso boss della cosiddetta banda della Magliana per quanto sempre assolto anche dalla semplice accusa di averne anche solo fatto parte come gregario. E con don Vergari escono di scena tutti i vari nomi che “supertestimoni” e sicofanti vari hanno voluto inchiodare come membri o come altri boss della stessa banda maglianese dai soprannomi e nomignoli quali i vari “Cilletto”, “Giggetto”, al secolo Angelo Cassani, Libero Angelico, Gianfranco Cerboni, ecc. Uscito di scena anche Sergio Virtù, che la Minardi nelle sua “rivelazioni” aveva promosso ad “autista di De Pedis”, pur non avendo mai De Pedis – che ora può finalmente riposare in pace – avuto un autista nell’intera sua vita. Ovvio che il Procuratore riservi qualche sospettino a carico della Magliana e dintorni, se non altro per evitare di sentirsi appioppare l’accusa di “avvocato difensore di De Pedis e della banda della Magliana”.
E può finalmente non essere più soggetta a insulti e sospetti indebiti la sua vedova Carla De Pedis, la cui salute non è stata certo fortificata dalle ondate di accuse di certi mass media a partire da quando nel settembre 2005 il programma televisivo “Chi l’ha visto?” sulla base – incredibile ma vero – di una telefonata anonima, per giunta abborracciata, ha iniziato la sua lunga campagna contro la tomba di De Pedis in S. Apollinare e a favore delle accuse, le più fantasiose e inattendibili, che volevano “il boss della Magliana” autore del “rapimento” della Orlandi ( http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-rapita-da-banda-della-magliana-depistaggio-2033089/ ). E’ stata l’insistenza mediatica di “Chi l’ha visto?” a innescare l’entrata in scena della “supertestimone” Minardi.
Sotto questo profilo, non è escluso che debba rispondere di calunnia anche Antonio Mancini, pluriassassino scarcerato innanzitempo e diventato anche lui un “supertestimone” di “Chi l’ha visto?”, ma non certo per i magistrati. Mancini infatti era già stato bollato come inattendibile da più di una sentenza.
Soddisfatti gli avvocati Maurilio Prioreschi e Lorenzo Radogna, legali delle vedova Carla De Pedis e poi anche di don Vergari:
“Per rispetto verso i magistrati, preferiamo aspettare le motivazioni della Procura prima di dire la nostra. Per ora possiamo solo dire che è’ stata dura, a volte molto dura assistere a tanto scempio da parte di “supertestimoni” uno più falso dell’altro e di mass media troppo disinvolti, ma finalmente le ondate di fango sono state arrestate e respinte. Ora speriamo che certi personaggi fissati tornino alla realtà. In particolare, speriamo di non sentir più parlare delle “rivelazioni” di Alì Agca ( http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-papa-francesco-ali-agca-pietro-orlandi-peronaci-snobbati-2075373/ ), delle quali abbiamo perso il conto”.
Contento anche don Vergari:
“Come lei sa bene, perché è l’unico giornalista con cui parlo ( http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-don-vergari-ossa-vecchie-1421229/ ), non mi sono mai preoccupato per queste accuse balzane e certo non cristiane contro di me e non solo. L’inchiesta non poteva che concludersi così, a meno di un impazzimento generale. Ora spero che i bugiardi si ravvedano. Avranno anche loro una coscienza. Dovrebbero capire quanta dolore e quanta sofferenza hanno seminato… Per cosa poi? Io li ho già perdonati. Da tempo”.
Chi non ci fa una bella figura, oltre a Fassoni Accetti, è l’ex onorevole, ex sindaco di Roma, ex vice primo ministro ed ex ministro della Cultura Walter Veltroni, che aveva dato sostegno politico alla battaglia contro De Pedis e annessa sepoltura ( http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/nicotri-veltroni-sbagliato-parlare-di-de-586927/ ). Sostegno per correre in soccorso di “Chi l’ha visto?”, programma di Raitre e quindi “in quota” al partito di Veltroni quale che esso fosse man mano che cambiava nome e natura.

Per chi volesse approfondire l’argomento segnaliamo i seguenti link. Con una avvertenza: i link che non sono preceduti dalla scritta http://www. vanno copincollati in Google cliccando poi per la ricerca:

http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/manuela-orlandi-egidio-avvocato-rapimento-1125014/
http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/pino-nicotri-sul-caso-orlandi-nel-mio-libro-ce-tutto-manuela-non-fu-rapita-depistaggi-per-coprire-qualcuno-molto-alto-in-vaticano-456204/
Emanuela Orlandi. Marco Fassoni Accetti: 5 perché i magistrati non gli credono
Emanuela Orlandi. Flauto di Marco Fassoni Accetti dai resti di studio cine Roma?
Emanuela Orlandi. Marco Fassoni Accetti, morte di José Garramon: sentenza, ombre
Marco Fassoni Accetti. La sentenza Garramon smentisce le sue parole
http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/mistero-orlandi-silvana-fassoni-madre-di-1855069/
http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-mistero-del-flauto-del-1546277/
Emanuela Orlandi. Fassoni Accetti vs Corriere: falso Boston. E Chi l’ha visto..
Emanuela Orlandi. Fassoni Accetti: “Peronaci (Corriere) non ha capito, travisa”
Emanuela Orlandi: mistero sui rapporti fra Pietro e “superteste”
Emanuela Orlandi: 30 anni dopo, copione misterioso
Emanuela Orlandi e il mistero della 127 nel Tevere
http://www.blitzquotidiano.it/page/7/?s=emanuela+orlandi
http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-mirella-gregori-flauto-teschi-misteri-1544874/
Emanuela Orlandi: capelli perizia finita e deludente ma i misteri continuano
Emanuela Orlandi. Marco Fassoni Accetti: 5 perché i magistrati non gli credono
Emanuela Orlandi. Eredità di zia porta a morte presunta. Fine del mistero?
Emanuela Orlandi. Fassoni Accetti vs Corriere: falso Boston. E Chi l’ha visto..
http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-papa-francesco-ali-agca-pietro-orlandi-peronaci-snobbati-2075373/
http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/mistero-pietro-orlandi-emanuela-1238611/
http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-mito-rapimento-banda-magliana-tomba-riaprire-renato-de-pedis-641306/
“Emanuela Orlandi è viva”: ma a Roma, non a Londra!
Emanuela Orlandi, Ali Agca il ritorno allunga la lista di ballisti
Ali Agca espulso. Su Emanuela Orlandi solo fantasie, Papa Francesco lo scansa
Emanuela Orlandi: Alì Agca e Fassoni Accetti, documenti fuffa
http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-da-luigi-gastrini-marco-1718778/
Emanuela Orlandi, Fassoni Accetti contro Peronaci: “Scrive bugie, rettifichi”
Emanuela Orlandi. Luigi Gastrini condannato, Fabrizio Peronaci non chiude porta
Emanuela Orlandi – de Rothschild. Marco Fassoni Accetti: “Gennaro Egidio legame”
Emanuela Orlandi. Fassoni Accetti vs Corriere: falso Boston. E Chi l’ha visto..
Emanuela Orlandi. Fassoni Accetti: “Peronaci (Corriere) non ha capito, travisa”
http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/rapimento-emanuela-orlandi-la-farsa-del-960384/
Emanuela Orlandi, quanti si accaniscono sulla sua memoria
Emanuela Orlandi, fine inchiesta. Davanti al Senato non passò, mistero infinito

La dura realtà speculativa dei “derivati” e delle loro bolle. Ovvero, il fallimento del pensiero che ha dominato la politica economica in Italia e nel resto del cosiddetto mondo avanzato.

I derivati e il fallimento del metodo economico

Mario Lettieri* Paolo Raimondi **  

Negli anni passati i governi italiani hanno sottoscritto con 17 banche internazionali e 2 banche italiane vari tipi di derivati finanziari che a dicembre 2014 avevano un valore nozionale di 163 miliardi di euro. Oggi essi hanno una valutazione di mercato (mark to market) negativa per oltre 42 miliardi. Questa è la somma che si dovrebbe sborsare se dovessero essere conclusi adesso. Non lo si deve fare subito. Ma ciò dimostra la pericolosità dei derivati e l’irresponsabilità di chi li ha negoziati.

In ogni caso dal 2001 al 2004, in 4 anni lo Stato ha già pagato ben 13 miliardi di euro a causa di derivati andati male. Questi soldi sono usciti “quatti quatti” dal bilancio pubblico per arrivare sui conti delle solite banche “too big to fail”. Contemporaneamente – lo si ricordi – ci si strappava i capelli per trovare qualche centinaia di milioni per i lavoratori, per i disoccupati, per i precari, per i pensionati e per le Pmi. Forse era una messa in scena perché i riflettori non venissero puntati sui miliardi che silenziosamente fluivano verso le banche internazionali.

“L’esperienza pregressa faceva presumere che …”. Con queste parole inizia sempre la giustificazione per le incompetenti, e a volte fraudolenti, operazioni fatte con i derivati. Più che una insostenibile scusa, esse rivelano il fallimentare pensiero che ha dominato la politica economica in Italia e anche nel resto del cosiddetto mondo avanzato.

I dati statistici sono molto utili per le analisi economiche. Lo studio delle passate esperienze è senz’altro importante per evitare di ripetere certi errori. Ma le decisioni di politica economica per il presente e per il futuro non possono basarsi sui precedenti, sul passato. L’economia esige una capacità di analisi vera delle sue leggi e degli andamenti per compiere scelte, decisioni e azioni corrette.

Come funziona l’economia reale? Qual è il ruolo del credito? Quali devono essere i limiti della finanza? Sono alcune delle domande alle quali non si può rispondere con la statistica. Occorre essere in grado di formulare delle politiche giuste, anche nell’ipotesi di una totale mancanza di dati statistici. Politiche misurabili durante il loro percorso attuativo.

Nella finanza, voler invece perseguire col metodo di un continuo ed identico “passo dopo passo”, soltanto perché fino a quel momento è andato tutto bene, può portare alla catastrofe sistemica. Infatti all’inizio tutte le speculazioni e le bolle finanziarie eccitano la fantasia, stimolano maggior avidità e ingenerano quasi un senso di onnipotenza. Il comportamento truffaldino della speculazione illude e nasconde la verità. Però quando poi si cade, impreparati e illusi, ci si fa veramente male.

Eppure la crescita progressiva ed esponenziale dei derivati più pericolosi, come quelli Over the counter (otc), stipulati fuori dei mercati regolamentati e non riportati nei bilanci, avrebbe dovuto suonare l’allarme per tutti gli economisti ed in particolare per i governi. Questa bolla era iniziata nel 1998 dopo l’eliminazione del Glass-Steagall Act, la legge voluta nel 1933 dal presidente F. D. Roosevelt dopo la Grande Depressione. Proibendo alle banche commerciali di giocare con i depositi dei risparmiatori ai casinò della speculazione, tale legge aveva avuto effetti positivi sia negli Usa che nel resto del mondo occidentale

I derivati otc, sotto gli occhi di tutti, negli anni sono cresciuti a dismisura con la complicità più o meno consapevole degli organi preposti ai controlli bancari e finanziari. Nel 1998 ammontavano a 30 trilioni di dollari. Poi vi è stata una continua crescita:140 trilioni nel 2002, 250 nel 2004, 420 nel 2006, 600 nel 2007. A giugno del 2008, alla vigilia del crac della Lehman Brothers e della crisi globale, erano pari a 683 trilioni. Attualmente gli Otc si mantengono intorno ai 700 trilioni di dollari.

E’ a dir poco sconcertante il fatto che non si sia compresa la gravità di tale abnorme andamento. E’ sorprendente che qualcuno possa ancora ritenere che i derivati siano una specie di “polizza di assicurazione”? Perché i contratti in derivati sono mantenuti nel segreto per paura di destabilizzazioni finanziarie? Si sa che essi sono gestiti, quasi tutti, da una ristretta “loggia” di una dozzina di banche too big to fail.

Si mettano da parte le definizioni accademiche del derivato e si affronti, nelle competenti sedi governative europee ed internazionali, la dura realtà speculativa dei derivati e delle loro bolle. Non farlo sarebbe esiziale per l’economia mondiale. E’ ben noto che in piccolissime dosi anche i veleni possono essere utili. Pasteggiare con il cianuro no!

* già sottosegretario all’Economia **economista

LA CINA SI FA AVANTI ANCHE NELLE ISTITUZIONI MONETARIE INTERNAZIONALI

La Cina vuole un ruolo maggiore nelle istituzioni monetarie

Mario Lettieri* Paolo Raimondi**

Dopo la creazione dell’Asian Infrastructure Investments Bank, in cui partecipano l’Italia ed altri importanti Paesi europei, la Cina e i suoi alleati nel Brics proseguono decisi verso la realizzazione di un nuovo sistema monetario internazionale multipolare.

Recentemente il governo di Pechino ha chiesto che lo yuan sia incorporato nei Diritti Speciali di Prelievo (dsp), che di fatto rappresentano la moneta del Fondo Monetario Internazionale.

Furono creati come “strumenti” di riserva del Fmi dagli Accordi di Bretton Woods nel 1944. I dsp sono definiti sulla base di un paniere di monete: per il 41,9% dal dollaro, per il 37,4% dall’euro, per l’11,3% dalla sterlina e per il 9,4% dallo yen. Finora tale composizione è rimasta inalterata. Ogni richiesta di partecipazione da parte cinese è stata rigettata da Washington perché lo yuan non era molto usato nelle transazioni commerciali internazionali e perché il governo cinese di fatto manteneva un controllo sul movimento dei capitali, rifiutando la rivalutazione dello yuan.

Intanto molte cose sono cambiate. Negli ultimi 5 anni lo yuan si è apprezzato del 10% rispetto al dollaro e senza cadere in balia della speculazione internazionale. Contrariamente a tutte le previsioni, dal 2007 l’import cinese dagli Usa è raddoppiato.

Nel frattempo Pechino sta realizzando una serie di importanti riforme finanziarie, in primis l’introduzione di un sistema di garanzie sui depositi, che potranno permettere al suo sistema bancario di operare internazionalmente senza comprometterne la stabilità. Già oggi i crediti commerciali denominati in yuan rappresentano quasi il 10% del totale mondiale.

Con la crescita delle sue esportazioni, l’internazionalizzazione dello yuan ha rimpiazzato sempre di più il dollaro negli scambi commerciali. La quota del commercio cinese denominata in yuan dovrebbe passare dal 25% attuale al 50% nei prossimi 5 anni. La valuta cinese è già la quinta nelle transazioni globali. Quattro anni fa soltanto 900 banche internazionali operavano in yuan, oggi sono più di 10.000. Si prevede che nel 2020 lo yuan, per una somma pari a 500 miliardi di dollari, farà parte delle riserve monetarie delle differenti banche centrali del mondo.

Entro la fine dell’anno lo “scontro” sulla riforma delle quote del Fmi e sulla partecipazione cinese nei dsp dovrebbe essere conclusa positivamente. Almeno lo speriamo.

Nel frattempo i Brics stanno ratificando l’accordo per la creazione di un fondo di riserva, per un valore di 100 miliardi di dollari, in valute internazionali. La Cina verserà 41 miliardi, il Sud Africa 5 ed il Brasile, la Russia e l’India 18 miliardi ciascuno. Il fondo dovrebbe servire a risolvere eventuali problemi relativi alle bilance dei pagamenti e a sostenere le valute in caso di attacchi speculativi. La Russia, che ha assunto la presidenza del Brics dall’inizio di aprile, è chiaramente molto interessata a questa iniziativa di cui è stata la principale promotrice.

E’ da segnalare che, in questo contesto in movimento, la Banca del Sud America, il Bancosur, è diventata operativa nel sostegno allo sviluppo e all’integrazione infrastrutturale del continente latinoamericano.

Anche sul fronte delle agenzie di rating è sempre più scontro aperto tra i Brics e le “tre sorelle”. L’ultimo assalto infatti è stato portato da Moody’s che ha abbassato il rating della compagnia petrolifera brasiliana Petrobas al livello Ba2, cioè “speculativo”. I brasiliani lo hanno giustamente definito un “furto premeditato”. “Sono più significativi i tre milioni di barili prodotti ogni giorno o le opinioni di anonimi analisti della Moody’s?”.

Perciò anche sul rating i Brics si muovono con determinazione per sottrarsi ad ulteriori ricatti. Sta, infatti, assumendo sempre più importanza l’attività dell’agenzia transnazionale Universal Credit Rating Group (UCRG), formata dall’agenzia di rating cinese Dagong, dalla russa RusRating e dall’agenzia americana indipendente Egan-Jones.

Adesso il pallino passa nel campo europeo. L’Unione europea è in ritardo su molte riforme, sia sul terreno interno che su quello internazionale. Però la recente decisione di alcuni Paesi europei di partecipare all’AIIB ci sembra un segnale importante di indipendenza e di iniziativa.

Settant’anni dopo Bretton Woods è arrivato il momento dell’emancipazione europea. Non si tratta di abbandonare i cugini americani “in mezzo all’Atlantico” ma di aiutarli ad uscire da una difficile situazione che mischia pericolosamente il suo debole unilateralismo, la sua nostalgia per la passata egemonia e la tentazione di un anacronistico rancoroso neoisolazionismo.

L’Europa deve affrontare questo nuovo quadro internazionale e svolgere il positivo ruolo di protagonismo e mediazione al fine di compiere concreti passi sul difficile cammino di un progresso globale, sostenibile e pacifico.

(*già sottosegretario all’Economia

**economista)

A PROPOSITO DELLA NUOVA STRAGE DI MILANO

“Qui a Milano barare per entrare in tribunale in barba ai cosiddetti controlli di sicurezza è fin troppo facile. Io per entrare mostro il mio tesserino di avvocato agli addetti ai controlli degli ingressi, ma non c’è mai stato nessuno che abbia non dico controllato se il tesserino è davvero mio, ma neppure guardato bene l’intera sua facciata.
Infatti io il tesserino lo mostro tenendolo in mano, perciò chi mi lascia passare ne vede solo la parte esterna superiore, che è come dire che non vede niente. Non capisco perché non vengano sottoposti a controlli TUTTI coloro che entrano a palazzo di Giustizia. Forse che quando ci si deve imbarcare su un aereo di linea gli addetti alla sicurezza evitano i controlli al metal detector e dei documenti a qualche categoria privilegiata? Forse il personale si accontenta che i biglietti e i documenti d’identità vengano semplicemente sventolati con le mani dai diretti interessati mentre passano senza neppure fermarsi?”.
A parlare è l’avvocato Vincenzo Ferrari, ex preside della Facoltà di giurisprudenza dell’Università Statale di Milano, docente di sociologia del diritto spesso in giro per il mondo invitato a conferenze o a tenere lezioni agli studenti.

Il professor Ferrari, come difensore di un imputato di bancarotta, ha avuto modo di conoscere da vicino il giudice Fernando Ciampi, una delle tre vittime dei colpi di pistola sparati dall’imputato di fallimento fraudolento Claudio Giardiello nel palazzo di Giustizia di Milano.
Il docente e avvocato Ferrari prosegue: “Mi dicono che in certe città, per esempio a Venezia, non c’è nessun controllo, né metal detector né servizio di portineria. Spero mi abbiano raccontato delle balle…”.
A quanto pare Giardiello è entrato dall’ingresso di via Manara, dove non si sono metal detector.
“Sì, l’ho sentito. Un colabrodo. E siamo a Milano! Chissà cosa succede nei tribunali delle città di provincia. Giardiello inoltre una volta compiuta la strage ha potuto eclissarsi senza nessun fastidio né disturbo. E senza né correre né affrettarsi troppo. Pazzesco”.
Prima di eclissarsi ha potuto però completare la sua opera uccidendo anche un magistrato.
“Sì, è impressionante che dopo avere sparato all’impazzata nell’aula del processo Giardiello sia potuto scendere al piano di sotto e andare ad ammazzare tranquillamente il giudice Ciampi. Stiamo parlando dell’enorme palazzo di giustizia di Milano, che ha lunghi corridoi e grandi atrii comuni: qui per spostarsi da un ufficio all’altro e ancor più da un piano all’altro c’è da camminare non poco anche a voler usare l’ascensore”.
Possibile che non ci fosse nessun carabiniere o poliziotto?
“Bella domanda! Io però ho visto un video girato col telefonino da un avvocato, e pubblicato da giornali online, che riprendeva la fuga di avvocati e impiegati. Sono rimasto di stucco perché, se non ho visto male, mentre costoro si avviano a passo veloce verso l’uscita e a un certo punto scendono in gruppo le scale si vedono dei carabinieri in divisa appoggiati a un muro, fermi, che si limitano a osservare la scena”.
Lei ha conosciuto il giudice Ciampi. Che tipo era?
“L’ho conosciuto a un processo per fallimento. Io ero il difensore di un imputato di bancarotta fraudolenta, lui era il giudice. Uomo di poche parole, molto riservato. Di grande rettitudine e professionalità. Un buon esempio per tutti”.
Oggi sono in molti a sostenere che i magistrati sono sotto tiro anche per le continue polemiche e accuse che subiscono quando si occupano, con frequenza allarmante, dei reati del mondo politico. In pratica, un modo surrettizio per dire che Giardiello può essere stato suggestionato o spinto a sparare a Ciampi da quest’atmosfera ostile alla magistratura.
“Che i magistrati siano ormai da molto tempo sotto accusa da buona parte del mondo politico è innegabile. Tutto ciò però non c’entra nulla con questa strage a palazzo di Giustizia. Giardiello infatti ha ammazzato anche un avvocato e un coimputato: eppure non c’è nessuna atmosfera “politica” ostile agli avvocati e ai coimputati della marea quotidiana di processi in corso ogni giorno in Italia. Vorrei invece fare un’altra considerazione”.
Quale?
“Siamo sottoposti a un martellamento continuo riguardo il pericolo di terrorismo, fenomeno che abbiamo conosciuto bene nei cosiddetti anni di piombo, anni cioè ’70-’80. Quello era terrorismo nostrano. Ora è di scena il ben più temibile terrorismo internazionale. Spero non ci si faccia sorprendere come ci si è fatti sorprendere in tribunale a Milano. Tra poco inoltre inizia l’Expò, che vedrà grandi spazi espositivi e una marea di visitatori. C’è da augurarsi che chi si occupa della pubblica sicurezza sappia darsi da fare. E che lo faccia meglio degli addetti alla sicurezza del palazzo di Giustizia di Milano”.

E’ bene osservare meglio la tipologia delle vittime. Dopo la strage subito i magistrati ne hanno fatto un esempio dei loro problemi con il sistema politico. “Ci hanno lasciato soli” è stato il leit motiv del lamento. Se però si guarda la lista delle vittime, morti e feriti e anche delle vittime mancate, appare chiaro che i magistrati sono in netta minoranza nel macabro elenco e che la molla che ha armato la mano di Claudio Giardiello non è stata caricata dai tanti, quasi tutti, politici che ce l’hanno con i magistrati in Italia. D’altra parte è diffusa in Italia la tendenza a spostare nell’iperspazio cosmico della sociologia e della politica fatti di cronaca nera che, nella loro tragicità, hanno motivazioni molto semplici, a volte banali. Ricordiamo Laura Boldrini, presidentessa della Camera, quando cercò di trasformare Luigi Preiti, assassino di un carabiniere, in un eroe e vittima della recessione quando si trattava, come scrissero i periti, di una persona affetta da “aggressiva ricerca di riconoscimento pubblico, con l’immaturo desiderio di trasformarsi in una sorta di eroe vendicatore,pubblicamente riconosciuto”.
Nessun magistrato nel mirino, solo i carabinieri addetti alla sicurezza di Palazzo Chigi e dintorni, a Roma.

Il focus delle riflessioni sul caso di Claudio Giardiello si sposta dunque sulla sicurezza: non solo al Palazzo di Giustizia di Milano, ma in generale in Italia. Le esplosioni di follia omicida è pressoché impossibile prevederle e prevenirle ovunque, ma da tutti i resoconti della strage nel tribunale di Milano una cosa appare purtroppo chiara: noi italiani non abbiamo la cultura della sicurezza, siamo lassisti anche in questo nonostante gli allarmi crescenti per esempio per le minacce dell’ISIS, i cui ammiratori ed emuli non hanno esitato a perpetrare la strage di Parigi nella redazione di Charlie Hebdo e quella del supermercato kosher di Porte de Vincennes.
Nelle grandi città degli altri Paesi europei  e degli Stati Uniti, ma anche di molti altri Paesi del mondo, è piuttosto difficile poter entrare abusivamente e girare senza controlli di sorta per tutti i piani e i corridoi di un tribunale enorme come quello di Milano. E appare difficile anche che i militari addetti alla sicurezza di certi palazzoni pubblici vengano sostituiti con una polizia privata e che a un certo punto di quest’ultima vengano dimezzati gli addetti, come è invece accaduto qualche anno fa al palazzo di Giustizia di Milano, e che per giunta di questi addetti ne siano armati solo alcuni. Per carità, i buchi nella vigilanza possono capitare ovunque, ma ciò che stupisce nella recente tragedia milanese è l’evidente mancanza di un piano operativo in caso di brutti eventi straordinari. Eppure non dovrebbe essere difficile capire che in un luogo dove vengono processati e spesso condannati non solo imputati restii alla violenza, ma anche criminali dalla violenza facile, compresa quella per interposta persona, può purtroppo capitare che qualcuno impugni un’arma e spari.
Che un piano operativo mancasse lo si capisce dalle immagini dei carabinieri che assistono al fuggi fuggi generale evidentemente senza avere avuto istruzioni precise su cosa fare. Quei carabinieri in qualche modo proteggono la fuga della massa terrorizzata, ma è chiaro che nessuno ha detto loro cosa fare. Ciò vuol dire che o è mancato un piano d’emergenza specifico o è mancato un centro che lo rendesse operativo velocemente. Cosa deve succedere nel tribunale di Milano, o in altri simili edifici pubblici, perché ci si attrezzi se non per tutte le evenienze almeno per quelle più prevedibili?

A differenza di altre città italiane, il palazzo di Giustizia di Milano è ancora dove è stato costruito molti decenni fa, cioè in pieno centro cittadino. Perché non è stato costruito ex novo, e in modo più razionale e funzionale, in una zona decentrata facile da raggiungere per tutti – magistrati, avvocati, dipendenti, imputati e parenti di imputati – e più facile anche da controllare in caso di emergenza? Nessuno ama dirlo, ma circola una leggenda metropolitana che addebita tale immobilismo al fatto che magistrati di peso hanno casa vicino al tribunale e sono perciò contrari al doversi sobbarcare poco o tanto pendolarismo con l’auto propria o con i mezzi pubblici nel caso di trasferimento dei loro uffici. La leggenda metropolitana aggiunge che nei pressi dell’attuale tribunale ci sono pensioni e pensioncine utilizzatissime da imputati a piede libero e dai loro parenti quando per essere processati vengono da fuori Milano e devono fermarsi in città per uno o più giorni.

In fatto di sicurezza, vogliamo le nozze con i classici fichi secchi. I più assidui nel pretendere “più sicurezza” sono i negozianti, specie i gioiellieri, purtroppo però le statistiche sull’evasione fiscale mostrano che a essere allergici al pagare le tasse sono in maggioranza proprio le categorie che più si sgolano a pretendere “più sicurezza”. Per realizzare la quale si dovrebbero assumere più uomini, dai vigili urbani ai poliziotti e ai carabinieri, che però è impossibile assumere, cioè pagare, specie in questi tempi di crisi economica e di risparmio nella spesa pubblica, se l’evasione fiscale continua a essere formidabile.
Viceversa, il fiume di denaro rastrellato con le tasse dovrebbe essere meglio utilizzato, anche in fatto di sicurezza. Abbiamo la pressione fiscale tra le più alte d’Europa, ma in molti casi abbiamo i servizi pubblici peggiori. Compreso il servizio pubblico chiamato Giustizia, i cui processi durano anni e anni, non di rado esasperando non poco non solo gli imputati. Il processo che vedeva imputato  Claudio Giardiello, l’autore del triplice omicidio nel tribunale di Milano, è nato da un fallimento di una società avvenuto nel 2008: cioè a dire, ben sette anni fa. Sette anni durante i quali Giardiello non ha fatto altro che accumulare risentimenti e odio verso più di una persona. Risentimenti e odio esplosi con 13 colpi di pistola che hanno ammazzato tre persone e ne hanno ferita una, con un quarto morto evitato solo perché finalmente i carabinieri sono riusciti a bloccare la fuga in motorino del pluriomicida deciso a continuare la mattanza.

Infine, un’ultima osservazione. Il clamore per questa nuova tragedia milanese, e italiana, è senza dubbio grande e non mancano certo lo sdegno, le accuse e le critiche. Ma il clamore sarebbe un frastuono ben più grande e lo sdegno e le accuse raggiungerebbero ben altre vette se a sparare fosse stato, poniamo il caso, un extracomunitario, uno “zingaro” o peggio ancora un patito dell’ISIS. Comprensibile? Non è detto. Quel che è certo è che l’uso di due pesi e due misure nelle reazioni anche di fronte a eventi tragici è un sintomo del non saperli prevedere e prevenire con la dovuta razionalità ed efficacia. Senza lasciarsi sorprendere impreparati perché una strage è compiuta da un “colletto bianco” o comunque da “uno come noi” anziché da un appartenente a categorie di esseri umani visti sempre e comunque con sospetto.

MUORE IL TORERO, IN ITALIA SU FACEBOOK C’E’ CHI NE E’ FELICE, FESTEGGIA E SI AUGURA ALTRI TORERI UCCISI DAL TORO!

Eduardo-Hidalgo-del-Villar

Abolita finora solo in Catalogna e alle Canarie, la corrida è uno spettacolo cruento che molti vorrebbero mettere al bando, a partire dagli animalisti che la odiano furiosamente Ma non era ancora avvenuto che si arrivasse a gioire pubblicamente per l’uccisone del torero incornato dal toro in piena arena. Nei giorni scorsi è successo anche questo. Durante una corrida nella località messicana Seybaplaya Campeche è stato incornato a morte il giovane torero Eduardo Del Villar ( http://eldiariodechihuahua.com.mx/notas.php?seccion=Deportes&f=2014%2F05%2F19&id=c9b02a724530b6c7b9a66299b2393241 ). Colpito da una cornata nell’arteria iliaca, con devastazione fino allo stomaco, Del Villar è morto poco dopo in ospedale, a soli 26 anni.
A suo tempo il poeta spagnolo Federico Garcia Lorca per l’uccisione del torero Ignacio Sanches Mejias compose come “lamento” funebre la celeberrima e bellissima poesia “Alle cinque della sera” ( http://www.antoniogramsci.com/garcia-lorca/poesia_ita.htm ), l’ora in cui Mejias perse la vita. Oggi invece per la morte di Del Villar si compone tutt’altro. Su Facebook per esempio c’è chi ha pensato di “comporre” non un lamento, ma un festeggiamento:

Laura V Mattei
Ieri alle 13.41 ·
Uno di meno.

Messico: morto incornato dal toro il matador Eduardo Hidalgo del Villar | All4Animals – Notizie… (  http://www.all4animals.it/2015/04/03/messico-morto-incornato-dal-toro-il-matador-eduardo-hidalgo-del-villar/ )
ALL4ANIMALS.IT ( http://www.all4animals.it/2015/04/03/messico-morto-incornato-dal-toro-il-matador-eduardo-hidalgo-del-villar/ )
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Anna Pandi

A me dispiace solo per il toro che tra l,altro povera creatura ignara ed innocente…..è stato come sempre sacrificato !
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Ivano Medicina

Olè!!!
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Luca Senzacognome

spero che non resti un fatto isolato,ancora troppi di sti coglioni campano.
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Monia Pancrazi

Se se ne stava a casa non gli sarebbe successo niente…Speriamo che prima o poi si estinguino!!!
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Alessia Arsieni

Bene uno di meno
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Gino Ambrosio

ogni tanto una buona notizia.
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Gino Ambrosio
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Gino Ambrosio
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Gino Ambrosio

io mi sono ubriacato dalla contentezza di questa buona notizia . spero che ne arrivino altre come queste. e ci sara la fine totale di questi assassini maledetti……..
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Gino Ambrosio

che siate maledetti voi e le vostre famiglie che vivono del vostri guadagni sporchi di sangue…………..
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Gino Ambrosio
Ieri alle 15.52 · Mi piace

Gino Ambrosio

in ogni volta che sarete in una corrida sarete perseguitati dalla male sorte fino ha perdere la vita che è la cosa giusta nei confronti di un povero toro che è una creatura innocente che vorrebbe vivere in pace…….
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Lia Maiello

Se faceva il pasticcere ora stava sfornando le colombe… Invece
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Sabrina Tirtei

Bene! Olè!
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Massimo Lovetti

oleeeeeee
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Massimo Lovetti

quanto mi dispiace…………………………………
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Massimo Lovetti

el matador matado…… bel pirla
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La Cina è sempre più vicina

AIIB: un passo verso una nuova governance monetaria internazionale

Mario Lettieri* Paolo Raimondi**

*già sottosegretario all’Economia **economista

L’adesione dell’Italia, della Germania, della Francia e della Gran Bretagna al processo di creazione della Asian Infrastructure Investment Bank promossa dalla Cina è indubbiamente un fatto molto rilevante nello scacchiere geopolitico. E’ il messaggio che l’Europea e il nostro Paese non intendono restare fuori dai processi importanti dello sviluppo economico globale. Non partecipare, semplicemente per seguire il sentiero stretto e isolato indicato da Washington, ci avrebbe pesantemente penalizzato sui mercati cinesi e asiatici in veloce crescita.

Sarebbe però errato limitare la valutazione soltanto alle grandi opportunità economiche. Insieme alla Banca di Sviluppo dei Paesi del Brics appena varata, l’AIIB è un altro tassello importante nel percorso per ridefinire l’intero sistema monetario internazionale.

In tutti i recenti summit del G20, da ultimo quello di Brisbane, si è ripetuta la stessa scena: i Brics con gli altri cosiddetti Paesi emergenti chiedevano una riforma della governance economica globale e un loro peso maggiore nelle vecchie istituzioni del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale mentre gli Stati Uniti apertamente bloccavano ogni cambiamento significativo.

Adesso invece i passi verso una ridefinizione dell’intero sistema economico, monetario, finanziario e commerciale mondiale possono e debbono essere fatti alla luce del sole.

Dopo oltre settanta anni dalla sua creazione, il sistema di Bretton Woods ha terminato il suo ciclo storico ed è arrivato il momento per creare un nuovo modello multipolare, più giusto. Solo una pericolosa miopia politica può cercare di ritardare simili profondi cambiamenti, generando inevitabilmente gravi tensioni e conflitti difficilmente gestibili.

In questo processo noi riteniamo centrale e fondamentale il ruolo dei Paesi europei e dell’Unione europea. Occorre essere consapevoli delle strategie necessarie per realizzare la Grande Riforma in modo da diventarne protagonisti e non attori secondari, magari in cerca soltanto di qualche business appetibile. Ci sembra doveroso sottolineare che senza l’Unione europea e senza un euro stabile qualsiasi tentativo di riforma rischia di deragliare o di diventare una semplice questione regionale. Si tratta, invece, di una sfida che richiede una vera maturazione del ruolo politico dell’Ue.

La Cina ha riserve in valuta e in oro per 4.000 miliardi di dollari. E’ una capacità monetaria notevole ma insufficiente a portare gli Usa sul sentiero del cambiamento necessario. Un’Europa politicamente determinata potrebbe farlo. Anche la decisione inglese di partecipare all’AIIB ha una grande valenza in quanto Londra prende una posizione completamente autonoma da Washington. Ciò sta creando riverberi importanti anche in Australia, in Giappone e nella Corea del Sud. Fatto non irrilevante, considerando che questi Paesi finora si sono tenuti in linea con gli Usa.

Circa 30 Paesi, soprattutto dell’Asia, parteciperanno alla creazione della banca, che parte con un capitale di 50 miliardi di dollari. La Russia ha già espresso il suo interesse anche se per il momento resta l’attore più attivo nella realizzazione dell’altra banca di sviluppo, quella del Brics. In questo contesto l’Unione Eurasiatica ha recentemente annunciato di voler creare una sua unione monetaria per poter giocare un ruolo importante negli scenari di sviluppo dell’intero continente euro-asiatico e fronteggiare gli attacchi speculativi condotti dopo la manipolazione del prezzi del petrolio..

Non meno importante è il fatto che l’AIIB intende essere la banca che vuole sostenere e guidare gli investimenti di lungo termine nella realizzazione delle grandi infrastrutture di cui in Asia c’è un grande fabbisogno. In tal senso sarà un partner delle banche di sviluppo multilaterali esistenti e quindi anche di quelle del Long Term Investors Club, cui partecipa anche la nostra Cassa Depositi e Prestiti.

Si pone di fatto come il fulcro di una nuova industrializzazione e modernizzazione tecnologica nelle zone dell’Asia e del Pacifico dove vive la maggioranza della popolazione mondiale.

E’ quindi un modello alternativo alla fallimentare finanziarizzazione dell’economia globale e alle varie “ideologie post industriali”. Il che può significare una svolta epocale.

I primi grandi progetti che intende promuovere sono legati alle Nuove Vie della Seta, quello che i cinesi chiamano “One road, one belt”, cioè la grande strada di collegamento con il resto del continente fino all’Europa creando un’ampia cintura di sviluppo economico, urbano e sociale lungo il suo percorso. Negli ultimi mesi ci sono stati anche intensi contatti e collaborazioni per collegare la nuova via della seta con il corridoio euro-asiatico “Razvitie” di sviluppo infrastrutturale che collegherà il Pacifico con l’Europa occidentale attraversando e sviluppando i vastissimi territori siberiani.

Ne abbiamo già scritto e siamo sempre più convinti che, per la realizzazione di questi grandi progetti, sia fondamentale e insostituibile la capacità industriale, tecnologica e professionale dell’Ue.

Il fiume di denaro erogato dalla BCE per far ripartire l’economia europea verrà parcheggiato nelle banche?

QE europeo: verrà “parcheggiato” nelle banche?

Di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi** 

C’è troppa “psicologia” e poca economia reale nel quantitative easing, l’allargamento quantitativo di Mario Draghi. E anche in molti commenti alla politica della Bce.

Il governatore centrale europeo afferma chiaramente che gli acquisti per 60 miliardi di euro, di bond dei debiti pubblici, di attività cartolarizzate (asset-backed securities) e di obbligazioni garantite, ogni mese fino a settembre 2016, ed eventualmente oltre, servono essenzialmente a far salire il tasso di inflazione fino al 2%. La mission del QE della Bce, quindi, è questo cosiddetto “medium term price stability” .

Nel suo recente discorso al Center for Financial Studies di Francoforte dell’11 marzo ha ripetuto per almeno una dozzina di volte questa valutazione. Infatti, secondo la Bce, l’indicatore principale per poter dire se ci sono stabilità e ripresa oppure deflazione e crisi è costituito di fatto dal dato relativo all’inflazione. A noi sembra un approccio errato e fuorviante. Si tratta di una strana e limitativa idea, molto simile a quella che aveva il governatore della Fed, Ben Bernanke, negli anni del crac finanziario, quando intravedeva nell’andamento del mercato immobiliare americano l’oracolo per capire l’evoluzione della crisi globale.

La domanda vera dovrebbe essere: quanta parte dei nuovi soldi immessi nel sistema andrà veramente a sostenere gli investimenti nell’economia reale e i redditi delle famiglie, generando maggiore occupazione?

Occorre tenere presente che le obbligazioni dei debiti pubblici saranno acquistate sul mercato secondario, di fatto quindi comprate dalle banche. Lo stesso dicasi per gli abs. Perciò la massa di liquidità fluirà nel sistema bancario e, ancora una volta, senza alcuna condizione. Infatti, al di la dei desideri del governatore Draghi, non c’è nessun impegno formale a che essa affluirà verso il sistema produttivo.

Del resto l’esperienza degli oltre mille miliardi di fondi TLTRO, dalla Bce in passato messi a disposizione delle banche europee a bassissimi tassi di interesse, non è stata affatto positiva. Anzi, i crediti concessi dalle grandi banche ai settori non finanziari dell’economia sono addirittura diminuiti. Era di -3,2% a febbraio 2014, rispetto a dodici mesi precedenti, e si è ridotto a -0,9% lo scorso gennaio, ma resta sempre negativo. Soltanto le banche di credito cooperativo e quelle locali collegate al territorio hanno mantenuto e aumentato i flussi di credito alle Pmi e alle famiglie.

Mentre negli Usa l’accesso al capitale passa per due terzi attraverso il mercato e solo per un terzo attraverso il sistema bancario, in Europa è esattamente il contrario.

Draghi ammette che, acquistando titoli di Stato e abs, la Bce di fatto “pulirà” i bilanci delle banche che, di conseguenza, dovrebbero allargare i loro prestiti. In pratica, mentre è certo il beneficio al sistema delle grandi banche europee, non c’è affatto garanzia che esse aumenteranno i crediti alle industrie e alle altre attività volte alla modernizzazione e all’esportazione.

Certamente il QE della Bce farà scendere i rendimenti dei titoli dei debiti sovrani. Alcuni miliardi di euro di interessi saranno risparmiati. I bilanci degli Stati ne gioveranno. Si dovrebbero anche migliorare le condizioni di indebitamento delle imprese e delle famiglie. La maggior liquidità contribuirà a mantenere basso il cambio dell’euro nei confronti del dollaro e delle altre monete rendendo più competitive le esportazioni europee. L’altra faccia della medaglia sarà il maggior costo delle materie prime importate. Ovviamente gran parte di essa finirà per riversarsi sulle borse facendo salire i già gonfiati listini.

Le aspettative rosee della Bce si basano su delle desiderabili ricadute positive nel tessuto produttivo e nei consumi dell’intero continente. Si auspica un automatismo ancora tutto da verificare. Non vorremmo che fosse solo un pio desiderio.

Inevitabilmente, oltre alle grandi banche europee e ai loro alleati internazionali, i Paesi più solidi, come la Germania, saranno i maggiori beneficiari del QE in quanto la Bce distribuirà gli acquisti di titoli in relazione alle quote di partecipazione al suo capitale. La Grecia, purtroppo, ne resterà esclusa fintanto che non finirà il programma di revisione fiscale e di bilancio imposto dalla Troika.

Di fatto il gap tra il centro e le periferie dell’Europa, nell’economia e nella distribuzione del reddito, aumenterà invece di diminuire.

La scelta della Bce, per quanto importante e significativa, manca quindi di almeno tre elementi. Non impone delle regole di comportamento al sistema bancario. Non indica dei percorsi certi e controllati per far fluire la liquidità verso i nuovi investimenti. Non sollecita e non “guida” un vero programma di sviluppo, di investimenti e di infrastrutture che siano decisivi per la ripresa economica. La Bce, di fronte a queste sfide, si trincea dietro al suo mandato di semplice guardiano dell’inflazione. Noi riteniamo, invece, che tale giustificazione non sia accettabile rispetto alla necessità di un profondo e radicale cambiamento che l’Unione europea dovrebbe affrontare, pena la sua disgregazione.

*già sottosegretario all’Economia ** economista

Perché si tace sull’importantissimo processo a Trani contro le agenzie di rating che hanno provocato all’Italia un enorme danno finanziario?

Di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi** 

I responsabili politici e governativi e anche i media italiani stanno trattando con troppa sufficienza, se non con ostilità, il processo in corso presso il Tribunale di Trani nei confronti delle agenzie di rating, la Standard and Poors’ e la Fitch. Tra maggio 2001 e gennaio 2012 esse resero pubbliche delle analisi che declassavano drasticamente l’Italia e il suo debito pubblico, provocando un terremoto economico e finanziario. Ciò, come è noto, fece schizzare lo spread, la differenza tra i tassi di interesse dei bond italiani e di quelli tedeschi, fino a 575 punti.

 Il comportamento delle suddette agenzie di rating era consapevolmente viziato e, attraverso un’informazione falsa e una tempistica manovrata, mirava a mettere in ginocchio l’Italia e a destabilizzare l’intera Europa. Secondo noi erano proprio l’Unione europea e l’euro i veri bersagli economici e geopolitici degli attacchi speculativi.

 Chi cerca di denigrare il sostituto procuratore di Trani, Michele Ruggiero, come un esagerato complottista dovrebbe rileggere i dossier preparati dalle varie commissioni americane sul ruolo nefasto delle agenzie di rating nel favorire prima la crisi finanziaria globale più devastante della storia e poi nel detonarla.

 Il rapporto del 2011 della bipartisan “Financial Crisis Inquiry Commission” di Phil Angelides, al termine di centinaia di pagine piene di dettagli comprovanti le varie responsabilità degli attori coinvolti, dice: “Sosteniamo che i comportamenti fallimentari delle agenzie di rating siano stati le componenti essenziali nel meccanismo della distruzione finanziaria. Le tre agenzie sono state gli attori chiave del meltdown finanziario. I derivati emessi sulle ipoteche, che sono al centro della crisi, non potevano essere piazzati né venduti senza il loro bollino di approvazione. Senza le agenzie di rating la crisi non ci sarebbe stata.“

 Anche la Commissione d’indagine del Senato americano, guidata da Carl Levin e Tom Coburn, nel rapporto “Wall Street and the Financial Crisis: The Role of Credit Rating Agencies” del 2010 scriveva:” La Commissione ha provato che le suddette agenzie di rating hanno permesso a Wall Street di influenzare le loro analisi, la loro indipendenza, la loro reputazione e la loro credibilità. E lo hanno fatto per soldi.. Esse hanno operato con un inerente conflitto di interesse in quanto venivano pagate dagli stessi istituti che emettevano i titoli a cui loro davano il rating.”

 Secondo noi è rilevante il fatto che a Trani anche la banca americana Morgan Stanley, uno dei colossi della speculazione in derivati otc, sia stata messa sul banco degli imputati. Essa era azionista della S&P e, proprio nel mezzo dello sconquasso provocato dal declassamento del rating dell’Italia, mise all’incasso un derivato sottoscritto con il Tesoro italiano nel 1994. Si trattava di un classico derivato capestro che, a seguito dell’impennata dei tassi di interesse, era arrivato fino a 2 miliardi e mezzo di euro. Nel corso del 2012 il governo italiano pagò senza fiatare. Quei dirigenti che sollevarono dubbi e richieste di ulteriori valutazioni vennero zittiti. La Morgan Stanley avrebbe portato, a giustificazione della repentina richiesta di monetizzazione del derivato, supposte pressioni fatte dalle autorità di vigilanza americane e inglesi che avrebbero ritenuto inaccettabile l’esposizione della banca con l’Italia.

 Anche in questo caso emerge chiaramente il conflitto di interesse tra l’agenzia di rating e la banca in questione. Era una cosa risaputa e generalizzata. Perciò si rende ridicolo, se non peggio, chi sostiene di non aver saputo di una tale commistione di interessi!

Già nel 2006 analizzammo e pubblicammo le strutture di controllo delle agenzie di rating per evidenziare, ancora prima del fallimento delle Lehman Brothers, come le “tre sorelle” fossero compenetrate e teleguidate dalla grande finanza globale.

 Non era certamente proibito, ma era sorprendente trovare nei direttivi delle agenzie di rating uomini che provenivano dalle grandi banche impegnate nella speculazione con derivati finanziari ad altissimo rischio.

 Ad esempio, la Standard & Poor’s (S&P) è una controllata della multinazionale McGraw-Hill Companies, il colosso delle comunicazioni, dell’editoria, delle costruzioni che è presente in quasi tutti i settori economici. Allora era guidata dal presidente della Citigroup Europa, dal presidente della Coca Cola, della BP, ecc., nonché partecipata anche dalla citata Morgan Stanley.

 La ragione vera degli attacchi contro il lavoro del sostituto procuratore Ruggiero, secondo noi, è dovuta al fatto che a Trani si sta celebrando il primo, e finora unico, vero processo a livello internazionale nei confronti delle agenzie di rating. Nemmeno negli Stati Uniti si sono tenuti dei validi processi contro di loro. Anche per questa considerazione sarebbe stato opportuno che il governo italiano si fosse costituito parte civile nel processo di Trani.

 Se a Trani le agenzie di rating dovessero essere condannate allora si potrebbe avere ovunque un’ondata di casi legali contro le stesse. Le richieste di risarcimento sarebbero di proporzioni gigantesche. Probabilmente emergerebbero anche tante verità sui giochi e sulle manipolazioni delle grandi banche. Ecco perché la finanza mondiale sta facendo di tutto per far passare sotto silenzio il processo in questione.

* già sottosegretario all’Economia **economista

Lista Falciani e non solo: una banca molto presente nel campo delle frodi fiscali e operazioni finanziarie illecite

HSBC: la banca al centro di molte  frodi fiscali e le operazioni finanziarie illecite

Di Paolo Raimondi * e Mario Lettieri** 

E’ dal 2008 che liste di grandi evasori fiscali sono emerse e portate all’attenzione degli organi di vigilanza finanziaria e dei governi di molti Paesi. In primis degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Finora però vi sono stati solo grandi polveroni mediatici, misere condanne ufficiali e scarse contromisure legali.

Prima Hervè Falciani, poi SwissLeaks e infine il Consorzio Internazionale di Giornalisti Investigativi hanno indicato la HSBC Private Bank SA di Ginevra in Svizzera come uno dei centri operativi che organizzano servizi finanziari illegali, lavaggi di soldi sporchi e frodi fiscali per cittadini e organizzazioni interessati.

Le frodi fiscali complessivamente coinvolgerebbero almeno 130.000 potenziali evasori internazionali (industriali, politici, attori, sportivi, ecc) per parecchie centinaia di miliardi di dollari. Oltre 7.000 sarebbero cittadini italiani.

A questo punto riteniamo sia indispensabile gettare luce sulla HSBC e sul suo ruolo di leader della grande finanza globale. La banca di Ginevra è la filiale delle britannica Hong Kong and Shanghai Banking Corporation. E’ la maggiore banca europea ed è la terza al mondo. Fu fondata nel 1865 da un consorzio di interessi coinvolti nel commercio della seta, delle spezie e, si dice, anche dell’oppio. Oggi ha 60 milioni di clienti in 80 Paesi e ha attività pari a 2,7 trilioni di dollari.

E’ la classica banca “too big to fail” con una capacità di fuoco ed una influenza politica senza pari. Gli uffici centrali e le sue filiali sono coinvolti in tutte le indagini più grandi ed esplosive. Finora però ne è sempre uscita quasi indenne, pagando pochi spiccioli di multa.

Le autorità americane hanno denunciato la HSBC Bank Usa (HBUS) per complicità nel lavaggio dei soldi sporchi dei cartelli della droga messicani e in operazioni fatte per aggirare le sanzioni nei confronti di Paesi come Cuba e l’Iran. Secondo l’Office of the Comptroller of the Currency americano dal 2006 al 2009 la HBUS avrebbe incrementato del 50% i trasferimenti di denaro via wire fino a raggiungere i 94,5 trilioni all’anno senza veri controlli e avrebbe permesso in particolare il trasferimento di 15 miliardi in contanti da parte delle filiali messicane.

La Commissione per le Indagini del Senato, guidata dal democratico Carl Levin, nel 2012 ha formalmente denunciato la HBUS di riciclaggio di soldi provenienti dal traffico di droga. La HSBC messicana nel 2008 aveva creato anche una filiale nel paradiso fiscale delle Cayman Islands, senza uffici e senza impiegati, con oltre 50.000 conti correnti di clienti anonimi. Nel suo rapporto “US vulnerability to money laundering, drug and terrorist financing. HSBC case history” di 330 pagine la Commissione sostiene anche che i controlli messi in atto dalla banca per evitare che la propria struttura fosse sfruttata da organizzazioni criminali erano inefficaci e che i campanelli d’allarme suonati da alcuni dipendenti sono stati regolarmente ignorati dal top management.

Di fronte ad innumerevoli ed inconfutabili prove, nel 2012 la banca ha preferito pagare una multa complessiva di 1,9 miliardi di dollari e chiudere convenientemente i casi legali. D’altra parte questa cifra era solo l’8,6% dei 22 miliardi di profitto di quell’anno. Nessuno venne condannato per i crimini penali.

Questo “lassismo” nei controlli sui movimenti finanziari sembra sia stato sfruttato anche da reti e sospette organizzazioni fondamentaliste islamiche.

Si ricordi che la HSBC è anche sotto inchiesta per i noti scandali Libor ed Euribor. Nel 2012 gli organismi di controllo finanziario, l’americana SEC e la britannica FSA denunciarono una ventina di banche internazionali per aver manipolato il famoso London interbank offered rate (Libor), cioè il tasso che stabilisce la base per definire tutti gli altri tassi di interesse applicati sui mercati finanziari. La HSBC era in testa alla lista. Dal 2005 al 2007 le banche in questione avevano gonfiato i loro dati per far salire il Libor e incassare sui tassi alti. Dopo lo scoppio della crisi hanno invece giocato i loro dati al ribasso per mascherare le proprie difficoltà ed abbassare il costo dei prestiti di cui avevano bisogno per sopravvivere. Hanno quindi semplicemente fornito informazioni fasulle a proprio profitto.

La HSBC è anche una delle 5 grandi banche internazionali che hanno manipolato per anni, almeno dal 2009 fino alla fine del 2013, i cosiddetti tassi Forex, i tassi di scambio delle valute, sfruttando la conoscenza di informazioni confidenziali dei clienti e operando pochi secondi prima che i tassi di riferimento fossero fissati. Ogni giorno sul mercato dei cambi si fanno operazioni per 5,3 trilioni di dollari. Anche per queste manipolazioni la multa da pagare avverrà con la solita completa sanatoria delle violazioni e dei reati.

E’ chiaro che se la HSBC fosse una banca italiana verrebbe chiamata la “banca della mafia e del crimine organizzato”. Il fatto che non sia un semplice sportello locale “occupato” dalla camorra, ma una delle principali banche globali, pone delle domande inquietanti sull’intero sistema delle grandi banche internazionali e della “finanza ombra”.

Ne abbiamo scritto altre volte, ma ora riteniamo che la riforma e la trasparenza del mondo finanziario e bancario non siano più eludibili. Sono troppi gli squilibri economici che di volta in volta questo sistema malato provoca.

*economista **già sottosegretario all’Economia

LA PALESTINA ASPETTA DA 67 ANNI

La Palestina aspetta da 67 anni….
Aspetta ai checkpoint.
Aspetta per andare a scuola e a lavorare.
Aspetta per andare a visitare un parente e per curarsi.
Aspetta di avere libero accesso alla sua acqua.
Aspetta il permesso di costruire sulla propria terra.
Aspetta che si smettano di demolire le sue case.
Aspetta che cessino le discriminazioni.
Aspetta di poter avere un’economia autonoma.
Aspetta che si smetta di negare la sua storia.
Aspetta che vengano attuate decine di risoluzioni ONU e rispettate le convenzioni di Ginevra.
Aspetta che cessino le punizioni collettive.
Aspetta che finiscano le incarcerazioni senza accuse e senza processo.
Aspetta di poter decidere liberamente del proprio futuro.
Aspetta che si rompa il silenzio e cessi l’indifferenza.
Aspetta che finisca l’occupazione.
Aspetta sempre.
E malgrado tutto questo, esiste.

Pax Christi

La retorica dello sdegno facile e a senso unico del vicepresidente del parlamento europeo, l’italiano David Sassoli, ha finito col fargli spacciare la profanazione di tombe islamiche per una profanazione di tombre ebraiche!

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Clamorosa e imbarazzante gaffe del vicepresidente del parlamento europeo eletto con il Partito Democratico, l’ex vice direttore del Tg1 David Sassoli. Nella sua pagina ufficiale su Facebook Sassoli alle 19:26 del 18 febbraio ha pubblicato il seguente stringatissimo post:

“Il cimitero ebraico profanato dai nazisti in Francia. Che schifo”.

E per sottolineare il suo schifo l’ha corredato con la foto di quello che avrebbe dovuto essere il cimitero ebraico profanato di fresco da neonazisti. I quali hanno avuto cura di disegnare su ogni tomba con vernice rossa un bel po’ di svastiche, simboli delle famigerate SS naziste e di gruppi neonazisti di oggi.

Peccato però che la foto ritraeva la porzione islamica di un cimitero profanato dai neonazisti e che la presenza di un paio di uomini in maniche di camicia, due dei quali a maniche corte, dimostrava in modo incontrovertibile che si tratta di una foto scatta d’estate e non nei giorni scorsi. Per l’esattezza, si tratta del cimitero militare di Notre Dame de Lorette, vicino Arras (Pas de Calais).

La foto è stata tratta da un articolo pubblicato l’8 dicembre 2008 ( http//www.20minutes.fr/france/279722-20081208-profanations-cimetieres-musulmans-france-depuis-cinq-ans ) che metteva in risalto come i profanatori di tombe musulmane fossero stati attivi in Francia più d’una volta ( http://www.20minutes.fr/france/279646-20081208-nouvelle-profanation-carre-musulman-cimetiere-notre-dame-de-lorette ). Per l’esattezza, erano già entrati in azione il 21 ottobre 2003, il 5 aprile, il 14 e il 24 giugno, e il 6 ottobre 2004, il 18-19 aprile 2007, il 5-6 aprile e il 7-8 ottobre 2008.

La cosa strana è che vari lettori della pagina Facebook di Sassoli si sono accorti dell’errore e lo hanno fatto rilevare in vari commenti, indicando anche la località del cimitero della foto. Niente da fare: ancora oggi la foto è inspiegabilmente al suo posto. Tant’è che un lettore della pagina ufficiale di Sassoli ha perso la pazienza e ha denunciato la gaffe direttamente alle autorità francesi:

“Di fronte alla disinformazione ed al silenzio inspiegabile del sig. Sassoli riguardo la foto della profanazione di un cimitero di guerra di soldati musulmani morti per la Francia, spacciata per cimitero ebraico, una copia del seguente post con lettera di protesta è stata inoltrata per informazione all’Union Nationale des Anciens Combattants Français Musulmans e al Ministère des Anciens Combattants Français”.

Evidentemente il prode Sassoli è troppo preso da chilate di altri sdegni facili e a senso unico per potersi accorgere della gaffe e per mettersi a leggere i commenti alle sue grida e ai suoi schifi.  Però con il grasso stipendio e con i bei altri quattrini intascati a vario titolo potrebbe almeno ingaggiare qualcuno che si prenda la briga di stare ad ascoltare i suoi lettori su Facebbok anziché lasciarli gabbati. Altrimenti la sua esclamazione “Che schifo” qualcuno potrebbe rivoltargliela contro. 

Da notare che un migliaio di persone hanno condiviso quella pagina con annessa foto e oltre mille persone hanno cliccato Mi piace. Ciò vuol dire che il falso è stato propagato alla velocità della luce nel vasto mare del web. Con danni enormi. Di chi la responsabilità, se non del prode Sassoli? 

Sorriso inossidabile a 32 denti, da pastore di anime benedicente,  Sassoli nella sua pagina Facebook è un orgoglioso specialista dello sdegno scontato: 

“120 cristiani sequestrati dall’Isis. Starebbero per essere mostrati in un video. E lo so che nessuno o quasi ne parla, che a questo punto la normalità dell’orrore, rischia di non fare notizia. Ma io a urlare il mio sdegno non rinuncio. Non possiamo restare insensibili a questo grido di dolore”.

Però si occupa anche di temi leggeri dal sapore buonista più veltroniano che deamicisiano:

“Debora Di Meo si è tuffata in acqua a Napoli per aiutare con le sue mani una balenottera rimasta incastrata tra gli scogli sotto un’antica villa romana. Debora adesso dice: “Amo troppo il mare, non potevo lasciarla morire””.

Nel frattempo il danno arrecato con il falso è enorme, è infatti andato in circolazione nel web come una tossina dell’odio: oltre mille “Mi piace” e un migliaio di condivisioni, cioè un migliaio di persone che su Facebook hanno pubblicato sul proprio profilo la grave panzana.

Certo è che se Sassoli fa politica e gestisce la vicepresidenza del parlamento europeo con la stessa disinvoltura dei suoi sdegni e dei suoi schifi, allora siamo proprio malmessi. Come sempre, “italiani brava gente”. Anche a Bruxelles.

Post scriptum – Col cavolo che Sassoli e i suoi oltre mille estimatori e i quasi mille condivisori Facebook esprimono o hanno mai espresso lo sdegno e lo schifo per le tombe islamiche violate! Siamo pertanto noi a poter dire a Sassoli e ai suoi fan “che schifo!”.