I palestinesi? Possono aspettare ancora…. Tanto per cambiare. Biden democratico sì, ma fino a un certo punto. E sicuramente un po’ servo.

I palestinesi? Possono aspettare ancora…. Tanto per cambiare.

Biden democratico sì, ma fino a un certo punto. E sicuramente un po’ servo. 

HAARETZ
“Biden ha detto alle Nazioni Unite che i palestinesi possono aspettare, dando spazio a Bennett d’Israele”

https://www.haaretz.com/us-news/.premium.HIGHLIGHT-biden-told-the-un-the-palestinians-can-wait-giving-israel-s-bennett-breathing-space-1.10231607?utm_source=mailchimp&utm_medium=content&utm_campaign=haaretz-news&utm_content=4ff92a51ad&fbclid=IwAR23_NvRSXON6up9peqt7ap2jSNRVI0iAeNh1IFGA0tt7s1-BfaS6DXNp_k

Un piccolo stop alla prepotenza dei cattolici imposta ed ereditata dal fascismo

https://www.repubblica.it/cronaca/2021/09/10/news/cassazione_su_crocifisso_in_aula_il_prof-317225447/?ref=drrt-2

Una prepotenza vergognosa che esiste solo in Italia, eredità velenosa a suo tempo imposta dal fascismo come regalo alla Chiesa che gli aveva venduto la libertà degli italiani in cambio del ricco piatto di lenticchie del Concordato.
Prepotenza da talebani, condannati a parole ma preceduti e imitati non appena possibile.

1) – Jackson Hole: l’oracolo non ha parlato. O meglio… 2) – Incendio del grattacielo di Milano: mozzicone acceso, non bottiglia

Jackson Hole: l’oracolo è confuso

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

Jackson Hole: l’oracolo non ha parlato. O meglio, come tutti gli oracoli che si rispettano, è stato volutamente poco chiaro, fumoso, aperto a ogni possibile interpretazione.

Quest’anno, il simposio di economisti internazionali e banchieri centrali, tenutosi il 26 agosto sul tema “La politica macroeconomica in un’economia mondiale ineguale”, si è svolto per la seconda volta a distanza. Ma la vera particolarità è rappresentata dalla partecipazione di relatori soltanto americani. Rivela forse una rinnovata tendenza all’isolazionismo? Dopo quello militare e geopolitico ora anche quello monetario ed economico? In tutti i passati incontri, nella cittadina del Wyoming, la presenza internazionale era sempre stata importante, a volte dominante.

La mancata presenza internazionale sarebbe dovuta a importanti comunicazioni del governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, circa l’eventuale riduzione degli acquisti di titoli pubblici da parte della Fed. Il temuto annuncio non c’è stato.

Le parole di Powell sono state queste: “Abbiamo detto che continueremo i nostri acquisti di asset al ritmo attuale fino a quando non vedremo altri progressi sostanziali verso i nostri obiettivi di massima occupazione e di stabilità dei prezzi… La mia opinione è che il test di “nuovo progresso sostanziale” sia stato soddisfacente per quanto riguarda l’inflazione. Ci sono stati anche dei progressi verso la massima occupazione. A luglio sostenni che se l’economia si fosse evoluta come previsto, sarebbe stato opportuno iniziare quest’anno a ridurre il ritmo degli acquisti di asset. Il mese successivo ha portato nuovi progressi per quanto riguarda l’occupazione, ma ha visto anche una maggiore diffusione della variante Delta. Valuteremo attentamente i nuovi dati e i rischi. In ogni caso, anche dopo la fine degli acquisti di asset, le nostre partecipazioni in titoli a più lungo termine continueranno a supportare le condizioni finanziarie accomodanti. I tempi e il ritmo dell’imminente riduzione degli acquisti di attività non intendono essere un segnale diretto per quanto riguarda la tempistica del rialzo dei tassi d’interesse, per i quali è previsto un test diverso e più rigoroso”.

Il problema centrale dell’intero discorso di Powell è stato l’inflazione. Questa è stata la parola più usata, per oltre 70 volte, anche se spesso accompagnata dall’aggettivo “temporanea”.

Nei dodici mesi precedenti allo scorso luglio, i tassi dell’inflazione complessiva e quella dei consumi delle famiglie sono stati rispettivamente del 4,2% e del 3,6%, ben sopra l’obiettivo del 2%.

La spesa per i beni durevoli è aumentata dall’inizio della ripresa e supera di circa il 20% il livello pre-pandemia. In questi settori la domanda supera l’offerta, che è ancora in grande difficoltà per gli effetti dei lockdown. Di conseguenza, i prezzi dei beni durevoli sono il fattore principale che spinge l’inflazione oltre il 2%.

Per supportare la sua analisi di “inflazione temporanea”, Powell ha parlato dell’andamento del mercato delle auto usate, che, dopo una notevole crescita, si sarebbe stabilizzato. Anzi, egli afferma che la discesa dei prezzi in questo settore potrebbe far scendere il livello generale del tasso d’inflazione.

Un’affermazione che ci sembra azzardata e in controtendenza con il riferimento da lui fatto alla mancanza di rifornimenti, come quella dei chip semiconduttori, che sta mettendo in crisi i grandi produttori di automobili. Perciò, si potrebbe avere una diminuzione delle produzioni e dell’offerta di auto nuove, con un inevitabile aumento della domanda e dei prezzi di quelle usate.

I mercati hanno apprezzato che il tasso d’interesse non sia stato toccato e che Powell lo abbia “sganciato” dalle future decisioni riguardanti il cosiddetto tapering, cioè la progressiva riduzione del ritmo di acquisti previsti dal quantitative easing.

Si tenga presente che i bilanci delle maggiori banche centrali ammontano alla stratosferica cifra di 28.000 miliardi di dollari. Un aumento del tasso d’interesse, oltre a modificare gli assetti finanziari internazionali, farebbe crescere automaticamente il costo di mantenere tanto capitale nelle casse delle stesse banche centrali. Un problema che prima o poi si porrà.

*già sottosegretario all’Economia  **economista

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di Pino Nicotri
Leggo con una certa meraviglia che per l’incendio del palazzo di 18 piani di via Antonini a Milano la magistratura indaga “sull’effetto lente” come causa che ha scatenato l’inferno di fiamme e distruzioni conseguenti ( https://milano.repubblica.it/cronaca/2021/09/06/news/incendio_milano_effetto_lente_cause_rogo-316699398/?ref=RHTP-BH-I315657642-P2-S6-T1 ). Secondo questa ipotesi l’effetto lente sarebbe stato prodotto dal riflesso dei raggi solari di una bottiglia che si trovava sul balcone del 15esimo piano, quello da dove è partito l’incendio. Ma si tratta di un’ipotesi francamente assurda. Vediamo perché.

Il vetro delle bottiglie NON può concentrare i raggi solari (né altri raggi non solari) perché le bottiglie sono cilindriche, la loro superficie ha cioè forma convessa e NON concava. Motivo per cui l’effetto lente concentrante è impossibile. Le superfici convesse i raggi li disperdono, il che è il contrario del concentrarli, come invece fanno le superfici concave quali ad esempio i famosi specchi ustori di Archimede (  https://it.wikipedia.org/wiki/Specchio_ustorio  ) o quelli dei telescopi riflettori. Dei telescopi che cioè raccolgono la luce per mezzo di uno specchio concavo, che la riflette concentrata e debitamente trattata verso l’oculare dove poggia l’occhio l’utilizzatore del telescopio stesso, E’ evidente che i raggi solari se anziché venire concentrati vengono dispersi non possano surriscaldare alcunché.

Mi permetterei di suggerire invece un’altra ipotesi, purtroppo non solo più realistica, ma anche più probabile. L’ipotesi cioè del mozzicone di sigaretta o di sigaro buttato giù ancora acceso da uno dei tre piani sopra il 15esimo. Buttato giù e finito nel balcone del 15esimo magari per un colpo di vento o più semplicemente perché chi ha buttato il mozzicone anziché lanciarlo lo ha semplicemente fatto cadere, forse stando appoggiato al muretto del balcone per godersi il panorama o anche solo sporgendo la mano mentre magari se ne stava seduto a parlare con amici o familiari o a sentirsi in santa pace un po’ di musica.

Suggerisco questa ipotesi perché m’è capitato sia a Padova che a Milano e Bari, tutte città dove ho vissuto e passo periodi dell’anno, di dover litigare con gli inquilini del piano di sopra perché, specie d’estate quando cenavano all’aperto in balcone, buttavano giù i mozziconi di sigarette ancora accesi. Loro e i loro ospiti.  Qualche mozzicone cadeva sul mio balcone, col rischio che finisse col dar fuoco alle foglie secche delle mie piante o a fogli di giornale e pezzi di carta vari.

A Padova una vicina di casa particolarmente cafona gettava addirittura i suoi mozziconi di sigarette nel mio balcone sporgendosi appositamente dal suo, separato dal mio solo da una parete di vetro non trasparente.  Una volta la signora non s’è accorta che ero seduto in balcone e l’ho beccata sul fatto. Sono andato a suonare alla sua porta e le ho detto – educatamente – quello che avevo da dirle. E così ha smesso di usare il mio balcone come un portacenere, anzi un portamozziconi accesi.

Gli incendi provocati da mozziconi di sigarette in Europa erano talmente tanti, e uccidevano una media di mille persone l’anno, che la Commissione Europea nel 2011 ha stabilito che nel Vecchio Continente si potessero mettere in commercio esclusivamente sigarette «con ridotta propensione alla combustione , subito ribattezzate dalla stampa firesafe cigarettes, “sigarette antincendio”»  ( https://www.corriere.it/cronache/11_novembre_17/sigarette-anti-incendio_d2fd4dac-1137-11e1-b811-fb0a2ca90bde.shtml ).

Nonostante la decisione dell’Unione Europea gli incendi da sigaretta hanno continuato tranquillamente a fare danni (e non di radi anche a mietere vittime). Tanto che, per esempio, nel dicembre dell’anno scorso i vigili del fuoco di Piacenza hanno reso noto che nei primi 10 mesi dell’anno dei 532 incendi che sono dovuti correre a spegnere il 26% era stato provocato da mozziconi di sigaretta o fiammiferi.  Nell’anno in corso, 2021, il corpo forestale della Sardegna lamenta la pericolosa mania di troppi automobilisti di lanciare dal finestrino mozziconi accesi ( http://www.sardegnaambiente.it/index.php?xsl=612&s=147197&v=2&c=4577&idsito=19  ).

Tornando al disastro milanese di via Antonini è il caso di segnalare due cose:

– è vero che per fortuna nessuno degli inquilini dei 18 piani – e dei negozi a pian terreno – è morto né è rimasto ferito o ha riportato scottature, ma che fine hanno fatto i cani e i gatti rimasti chiusi in casa?

– Tutti i video dell’intervento dei vigili del fuoco mostrano che le autoscale con gli idranti dei pompieri non riuscivano ad andare più su della metà del palazzo. Significa forse che Milano “metropoli europea” e “capitale morale d’Italia” non è adeguatamente dotata di mezzi in grado di spegnere incendi anche  oltre gli ottavi piani? Al comando dei vigili del fuoco assicurano che hanno in dotazione anche mezzi con scale che arrivano a 50 metri di altezza (pari a un palazzo di 15-16 piani). Però spiegano anche che in strada le prese d’acqua con la necessaria pressione per spingere così in alto l’acqua degli idranti non sempre si trovano.

USA: un’economia con infrastrutture obsolete

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

 Quando le campagne elettorali dei partiti s’intrecciano alle scelte politiche ed economiche, i risultati non sono sempre positivi, ovunque nel mondo. Anche in Italia e negli Stati Uniti. 

 Per esempio, il programma di investimenti in infrastrutture de l presidente Biden è stato di fatto dimezzato. Il partito Repubblicano non intende permettere che esso diventi un successo per i Democratici nelle elezioni di metà mandato del 2022. Per evitare un ostruzionismo paralizzante al Senato, il governo si è detto disposto a un accordo bipartisan per progetti più “annacquati”. Il piano infrastrutturale iniziale di Biden era di 1.900 miliardi di dollari in otto anni. E’ stato ridotto a 1.200 miliardi di cui, però, 650 già stanziati in precedenza dall’amministrazione Trump. I nuovi investimenti, quindi, ammontano a 550 miliardi.

 Sembra una cifra ragguardevole. Non lo è se, però, si tiene conto che la maggioranza delle infrastrutture è obsoleta, vecchia di 40 anni o più. Il Rapporto 2021 dell’American Society of Civil Engineers (ASCE), l’organizzazione indipendente degli ingegneri civili, identifica in dettaglio le aree di sviluppo infrastrutturale e quantifica in ben 2.590 miliardi di dollari la necessità di investimenti in 10 anni. Servono almeno 786 miliardi solo per modernizzare o riparare le strade e i ponti. Biden ne prevede ora 110 miliardi.

La seconda area che richiede un grande intervento riguarda l’acqua potabile e le relative infrastrutture. L’ASCE stima che il gap di investimenti potrebbe salire a 434 miliardi di dollari entro il 2029. Nel programma dell’Amministrazione sono previsti soltanto 55 miliardi.

Vi sono poi i settori dell’energia il cui gap potrebbe aggirarsi intorno ai 200 miliardi di dollari entro il 2029. Ma ne sono previsti solo 73.

Tutto ciò non sorprende: è la conseguenza della profonda trasformazione degli Usa, dove nei passati decenni la finanziarizzazione dell’economia e l’outsourcing (lo spostamento delle industrie all’estero per pagare meno il costo del lavoro e le tasse) sono cresciuti enormemente, a discapito dei settori produttivi. Infatti, mentre nel 1965 il settore delle macchine utensili rappresentava il 28% dell’intero mercato mondiale, oggi tale percentuale è ridotta al 5%. Nel 2018 i produttori di macchine utensili ne hanno esportato per 4,2 miliardi di dollari e importato per 8,6 miliardi.  

Se si produce di meno e si vuole mantenere alti i livelli di consumo, l’unica via è il debito. Non solo quello pubblico delle amministrazioni centrali e periferiche, ma anche quello privato. Infatti, nel secondo trimestre del 2021 il debito delle famiglie americane ha raggiunto quasi 15.000 miliardi di dollari, dei quali oltre 10.000 per ipoteche sulla casa.  In un solo trimestre l’aumento del debito privato è cresciuto del 2,1%. Anche la spesa sanitaria delle famiglie è aumentata enormemente.

L’amministrazione Biden ha un programma di investimenti, sulla carta, molto ambizioso. Oltre alle infrastrutture, vi sono dei pacchetti di spesa per il digitale, per i cambiamenti climatici e soprattutto per l’infanzia e le scuole.

E’ chiaro che fare tutto a debito, emettendo Treasury bond e stampando moneta, non sarebbe possibile. Per questa ragione Biden ha annunciato la volontà di aumentare le tasse sui profitti delle grandi corporation e per i super ricchi. Anche su questo è in corso una battaglia ideologica, con ricadute elettorali.

D’altra parte, la politica di Trump di tagliare le tasse per 1.900 miliardi di dollari non ha dato grandi frutti. La narrazione liberista sosteneva che le tasse condonate si sarebbero automaticamente trasformate in nuovi investimenti nei settori dell’economia reale. Così non è stato!

Diminuire le tasse per le pmi, per le famiglie e anche per le industrie grandi, produttive e innovative, è positivo. Però, è pratica di certe multinazionali e di alcuni settori dei servizi, in primis quelli finanziari, utilizzare i soldi rimasti nelle loro casse per differenti operazioni di borsa, come il riacquisto delle proprie azioni, di buyout, cioè per l’acquisto di altre imprese con denaro preso a prestito, o per distribuire dividenti più alti. Il contrario di quanto dovrebbe essere fatto, non solo negli Usa.

*già sottosegretario all’Economia   **economista     

 

 

 

 

Cresce l’insicurezza alimentare nel mondo

Mario Lettieri e Paolo Raimondi  *già sottosegretario all’Economia **economista

In preparazione del summit di settembre delle Nazioni Unite, si è tenuto a Roma a fine luglio un incontro preparatorio della Food and Agriculture Organization (FAO) e del World Food Programme (WFP) sul sistema mondiale del cibo, anche con la partecipazione dei rappresentanti dei 500 milioni di piccoli agricoltori del mondo. C’è il rischio, o la quasi certezza, che gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu di ridurre la povertà, la fame e le diseguaglianze entro il 2030 possano essere mancati.

Indubbiamente la pandemia ha complicato la situazione economica mondiale e indebolito i programmi di sviluppo, ma al riguardo è evidente anche la mancanza di volontà e di azione da parte dei principali attori economici e politici mondiali.

 Ancora oggi la povertà, le disparità di reddito e gli alti costi del cibo fanno sì che 3 miliardi di persone non abbiano accesso a un dieta sana e giusta.  Secondo un rapporto pubblicato dalla FAO, lo scorso anno 811 milioni di persone, circa un decimo della popolazione mondiale, hanno affrontato la fame. 161 milioni di persone in più rispetto al 2019.

Nel 2020 la fame è aumentata sia in termini assoluti sia proporzionali, superando la crescita della popolazione Si stima che circa il 9,9% degli abitanti del pianeta abbia sofferto di malnutrizione, rispetto all’8,4% del 2019. Più della metà di tutte le persone denutrite (418 milioni) vive in Asia; più di un terzo (282 milioni) in Africa; e una percentuale minore (60 milioni) in America Latina e nei Caraibi. Ma l’aumento più marcato della fame si è verificato in Africa, con il 21% della popolazione, più del doppio di quella di qualsiasi altra regione del globo.

 Anche la disuguaglianza di genere si è aggravata: per ogni 10 uomini vittime dell’insicurezza alimentare, nel 2020 c’erano 11 donne nella stessa situazione, in crescita rispetto al 10,6 del 2019. Sono i bambini a pagare il prezzo più alto. Si stima che nel 2020 oltre 149 milioni di bambini sotto i cinque anni siano rachitici, o troppo bassi per la loro età e più di 45 milioni troppo magri per la loro statura.

La pandemia ha anche causato un generale calo del reddito agricolo e ha influito più negativamente sui redditi delle famiglie rurali in tutte le regioni in via di sviluppo. Si tenga presente che l’80% dei cittadini più poveri del mondo, in altre parole 600 milioni di persone – più dell’intera popolazione europea – vive in aree rurali, lavora nel settore agricolo, ma soffre la malnutrizione.

 Se non si intraprenderanno azioni urgenti, la FAO teme che nel 2030 non solo la fame e la povertà non saranno sradicate ma ci potrebbero essere ancora 600 milioni di persone esposte al rischio di fame.

 Il rapporto afferma anche che nei prossimi quattro mesi almeno 23 aree mondiali saranno colpite da una elevata insicurezza alimentare e dalla fame. 17 sono in Africa e le altre in zone di guerra, come l’Afghanistan e lo Yemen. 41 milioni di persone rischiano la carestia se non riceveranno immediatamente cibo e assistenza. Secondo il Global Report on Food Crises del WFP, il 2020 ha visto 155 milioni di persone affrontare un’insicurezza alimentare acuta in 55 paesi, con un aumento di oltre 20 milioni rispetto al 2019.

La stragrande maggioranza delle persone più esposte sono agricoltori. Sarà fondamentale che, accanto all’assistenza alimentare, essi siano aiutati a ricominciare la propria produzione alimentare, in modo che le famiglie e le comunità possano tornare all’autosufficienza. Quest’ultima si può perdere a seguito dello spostamento della popolazione, dell’abbandono di terreni agricoli, dell’interruzione del commercio e dei raccolti e del mancato accesso ai mercati.

Secondo la Banca Mondiale, le perdite di reddito causate dalla crisi sanitaria e dai lockdown   hanno fatto crescere di 97 milioni le persone che vivono in povertà. Il rapporto FAO/WFP ha anche rilevato che i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati costantemente da giugno 2020 a maggio 2021. A causa della forte domanda registrata durante la ripresa economica dopo la prima ondata della pandemia, vi è stata un’impennata dei prezzi degli oli vegetali, dello zucchero e dei cereali,.

Nel giugno 2021, i prezzi dei generi alimentari, misurati dall’Indice FAO dei prezzi del cibo,  sono aumentati di oltre il 30% in un anno. È probabile che gli alti prezzi internazionali dei prodotti alimentari, insieme agli elevati costi di trasporto, facciano aumentare il costo delle importazioni alimentari globali, specialmente nei Paesi in via di sviluppo. Ciò, una volta trasmesso ai mercati nazionali, limiterà l’accesso al cibo delle famiglie più vulnerabili e avrà un impatto negativo sulla sicurezza alimentare.

David Beasley, direttore del WFP, è stato molto chiaro: “Mentre corriamo nello spazio, 41 milioni di persone in più rischiano di morire di fame”. Se i miliardari, che in un anno si sono arricchiti di oltre mille miliardi di dollari, contribuissero con 40 miliardi all’anno, entro il 2030 la fame potrebbe essere debellata nel mondo, ha polemicamente affermato.

 

Afganistan: quanta ipocrisia (e ignoranza). Ho denunciato 20 anni fa l’obbligo degli immigrati musulmani di predicare la sharia anche in Italia e in Europa, ma i politici se ne sono strafregati. E ora la sharia la scoprono, sì, ma solo in Afganistan. Intanto continuiamo a leccare il culo all’Arabia Saudita, che la sharia ce l’ha come Costituzione.

https://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/afghanistan-sharia-e-caccia-ai-collaborazionisti-amori-usa-nellislam-estremo-i-precedenti-in-francia-e-italia-3400287/

Tanta retorica, ovviamente nascondendo il tradimento compiuto anche contro la stessa S. Anna di Stazzema col disonore dell’Armadio della Vergogna

Il presidente della Repubblica anziché tacere avrebbe potuto e dovuto spiegare e chiedere perdono agli abitanti di S. Anna di Stazzema e a  tutti gli altri traditi dalla nostra vigliaccheria. Invece…. silenzio. Italiani sempre e solo “brava gente”! A partire dal nostro presidente.
https://www.repubblica.it/politica/2021/08/12/news/mattarella_sant_anna_di_stazzema-313795664/?ref=RHTP-VS-I287409039-P8-S8-T1

https://it.wikipedia.org/wiki/Armadio_della_vergogna#I_contenuti_rinvenuti

Iniziative dell’Unione Europea contro il riciclaggio di danaro illegale. Spazzata via una nostra norma.

Mario Lettieri*  Paolo Raimondi**  *già sottosegretario all’Economia **economista

L’Europol stima che l’1% del Pil dell’Unione europea, equivalente a circa 160 miliardi di euro, è coinvolto in attività finanziarie illegali. E’ clamoroso il caso della filiale estone della banca danese Danske Bank, che dal 2007 al 2015 sarebbe stata il veicolo di transazioni molto sospette per oltre 200 miliardi di euro.

Del resto è risaputo che il riciclaggio di soldi per fini illegali, per il sostegno al terrorismo e per l’evasione e l’elusione fiscale ha assunto dimensioni preoccupanti. Anche le reti criminali si sono dimostrate molto esperte a “dribblare” i regolamenti e i controlli dei singoli Paesi, sfruttandone le differenze, le incongruità e anche le reciproche avversità.

In questa materia l’Unione europea si “barcamena” tra un desiderato coordinamento centralizzato e i provvedimenti dei diversi governi. 

Recentemente la Commissione ha presentato delle condivisibili proposte legislative al Parlamento e al Consiglio europeo per consolidare le norme Ue per contrastare il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Da notare che inizialmente l’iniziativa era stata osteggiata da alcuni Paesi membri, tra cui Cipro, Malta ed Estonia.

Non convincente, invece, è l’introduzione del massimale di 10.000 euro per i pagamenti in contanti. Si ricordi che in Italia esso è di 2.000 euro. In un attimo, tutta la passata battaglia ideologica di casa nostra sull’argomento è stata spazzata via.

Il citato pacchetto mira anzitutto a creare una nuova autorità europea in materia di riciclaggio. E’ previsto un regolamento con norme direttamente applicabili. C’è una direttiva, relativa agli organismi di vigilanza, da recepire ai vari livelli nazionali. Lungimirante, ci sembra, è il regolamento per tracciare i trasferimenti in cripto-valute.

La nuova autorità europea dovrebbe rafforzare la vigilanza e prevedere un unico sistema integrato per meglio coordinare gli organismi nazionali di monitoraggio. Gli attuali registri nazionali dei conti bancari dovrebbero essere collegati tra loro, consentendo alle varie Unità d’informazione finanziaria di accedere rapidamente ai movimenti sui conti correnti.  

Compito non secondario sarebbe la vigilanza su alcuni enti finanziari che si ritengono più rischiosi.

Per quanto riguarda le cripto-valute e le cripto-attività, si rileva che attualmente solo alcuni prestatori di detti servizi sono soggetti alle norme di antiriciclaggio. Il che è una negligenza grave che potrebbe essere sfruttata anche da interessi illegali. Perciò è positiva la previsione di modifiche per la tracciabilità dei trasferimenti di cripto-attività, come i bitcoin. Saranno inoltre vietati i portafogli anonimi di cripto-attività.

Naturalmente il riciclaggio è un fenomeno globale che richiede una forte cooperazione internazionale. La Commissione è già parte del Gruppo di azione finanziaria internazionale (Gafi), che è il garante a livello mondiale della lotta al riciclaggio di denaro. Gli elenchi del Gafi saranno inseriti in quelli dell’Ue. Essi avranno una “lista nera”, in cui figurano la Corea del Nord e l’Iran, e una “lista grigia”.

Quest’ultima comprende 22 Stati. Oltre a quelli sospettati di terrorismo o coinvolti in guerre, ci sono alcuni dei paradisi fiscali più “gettonati” da interessi europei, tra cui le Barbados, le Cayman, Giamaica, Panama Albania e Malta (!). Anche la Romania stava per esservi inclusa.

E’ incredibile che vi siano coinvolti dei Paesi europei e persino dell’Ue!

Il documento è ricco di dati che evidenziano i rischi connessi ai vari settori economici influenzati o influenzabili dal riciclaggio di soldi sporchi. Ad esempio, si afferma che esso opera principalmente ancora attraverso il trasferimento di contanti e che le banconote da 500 euro sono state largamente usate a tal fine. Si stima che a livello mondiale il riciclaggio sfrutterebbe il mercato immobiliare per 1.600 miliardi di dollari l’anno e quello dei diamanti, che è concentrato soprattutto in Belgio. Il rapporto rileva la crescita dell’utilizzo dei paradisi fiscali quali veicoli per il riciclaggio: già nel 2016 i residenti Eu tenevano ben 1.600 miliardi di dollari nei centri off shore.  

Le nuove proposte della Commissione affrontano la sfida principale per il futuro dell’Unione: operare congiuntamente, senza sabotaggi di varia natura, per fronteggiare e sconfiggere il riciclaggio di soldi sporchi, che mina la sicurezza, la stabilità e il bilancio dell’Europa.

 

Marco Travaglio spara una grande fesseria, ma nessuno se ne accorge. Ignoranza dei giornalisti, che preferiscono il moralismo fuori luogo.

Sorprende che delle infelici frasi del discorso di Marco Travaglio a Bologna contro Mario Draghi nessuno si sia accorto dell’enorme fesseria declamata sotto il sole cocente, della quale parleremo più avanti,  e che tutti abbiano invece puntato il dito scandalizzati contro l’affermazione che l’attuale premier è stato un figlio di papà. A detta degli scandalizzati lo scandalo deriva dal fatto che Mario Draghi è rimasto orfano del padre, cioè del papà, a soli 15 anni “e l’anno dopo” (in realtà quattro anni dopo) anche della madre.
Come i libri di Storia insegnano, si può essere figlie e figlie di papà anche se orfani di entrambi i genitori fin dalla più tenera età, come dimostra la lunga serie di teste coronate diventate tali già da bambini per morte del genitore titolare del trono o di grandi ricchezze e annesso potere. Il padovano Carlo Draghi, padre di Mario,  non era un re, ma un dirigente della Banca d’Italia, proprio quella dove poi regnerà suo figlio, oltre che in seguito un dirigente dell’IRI e della Banca Nazionale del Lavoro. Posizione sociale, professionale ed economica più che solida quella del papà Carlo, già di per se capace di assicurare al figlio – anzi ai tre figli – una ottima educazione e formazione non solo scolastica, di quelle che un po’ per invidia si definiscono da figlio di papà. Anche se un tale papà passa a miglior vita quando il figlio è 15enne, questi non resterà certo sul lastrico. 
La madre di Mario Draghi, Gilda Mancini, era una farmacista titolare della  farmacia di famiglia a Monteverde, posseduta dal nonno e dal padre. Anche la mamma quindi, che scompare quando il figlio ha 19 anni, ha una ottima posizione economica e non lascia certo i figli sul lastrico. Tant’è che la figlia Andreina, diplomata al famoso liceo Tasso a Roma, ha potuto diventare una storica dell’arte e il figlio minore, Marcello, un imprenditore. Sia Marcello che Mario hanno frequentato a Roma il liceo classico dell’Istituto Massimiliano Massimo, retto dai gesuiti e mai frequentato da indigenti.
Tutte scuole più da figli di ricchi, o come si suol dire da “figli di papà”, e papà membri della classe dirigente, che scuole da figli di proletari. Tant’è che al Massimiliano Massimi il nostro futuro premier si è trovato nella stessa classe di Luca Cordero di Montezemolo e Luigi Abete, altri due bei figli di papà.  E in ogni caso a Monteverde molti ricordano (  https://web.archive.org/web/20140904171649/http://corriereirpinia.it/default.php?id=999&art_id=25000  ) le riunioni di famiglia dei Draghi per dividersi le non irrilevanti proprietà lasciate in eredità da genitori e nonni.
Come si vede, assolutamente fuori luogo dare addosso a Travaglio per avere definito Mario Draghi “figlio di papà”, anche se ha purtroppo usato un linguaggio piuttosto volgare e tranciato giudizi per emettere i quali Travaglio  non ha nessun titolo. Ma si sa, il successo, la comproprietà di un giornale ed esserne il direttore  possono anche insuperbire e dare un po’ alla testa. Così come può dare alla testa stare seduto e parlare sotto un sole boia al parco Cevenini di  Bologna, dove domenica scorsa alla festa nazionale di Articolo Uno Travaglio ha presentato il suo ultimo libro: “I segreti del Conticidio”. 
La tesi del libro è che il governo Conte è stato ucciso da un complotto ordito dai poteri massonici, con alla testa Draghi, e gestito dal Quirinale con il supporto operativo della Cia e di servizi segreti, ovviamente deviati. Complotto che ha armato la mano del killer Matteo Renzi fattosi assassino del governo Conte Due proprio quando, amato da tutti in Italia ed Europa, stava facendo cose meravigliose.
 
Veniamo ora all’enorme fesseria declamata dal direttore del Fatto Quotidiano e passata stranamente inosservata. Nel suo applaudito discorsetto seduto in poltrona  sotto un sole cocente Travaglio riferendosi al secondo governo di Giuseppe Conte ha tra l’altro detto:
 “E il problema è che quel governo era popolare per estrazione ma era popolare anche per la popolarità che aveva. Il presidente del consiglio era il presidente del consiglio più popolare degli ultimi venticinque anni (come risultava dai sondaggi fatti da Repubblica). E i ministri come Speranza erano ai primi posti della graduatoria della popolarità. E quindi voi capite per quale motivo invece di dire “sono popolari” si dice “sono populisti”: perché “popolare” è un pregio, “populista” è un difetto (l’”ismo” è sempre deteriore, no?).  (  https://www.primaonline.it/2021/07/26/328123/travaglio-lha-fatta-fuori-dalla-vaso-con-il-suo-intervento-alla-festa-di-articolo-1-grande-imbarazzo-di-speranza-che-non-ha-capito-la-strategia-del-direttore-del-fatto/  ).
Stando quindi a Travaglio, il suffisso “ismo” è tipico delle parole con le quali si vogliono indicare cose deteriori, spregevoli. E nell’applauso partito freneticamente nessuno si è accorto – come nessuno se n’è accorto neppure nei giorni successivi – che finisce in “ismo” anche la parola “giornalismo”, quella cioè indicante la professione dello stesso Travaglio. 
Per l’esattezza, come indica la Treccani ( https://www.treccani.it/vocabolario/ismo/  ), “ismo” è il suffisso di molti vocaboli astratti utilizzati per indicare dottrine e movimenti religiosi, sociali, filosofici, letterarî, artistici, politici (per es.: manicheismo, islamismo, socialismo, suffisso, empirismo, …). Per un totale di parole tra le 1537 (  https://www.parolecon.it/search.php?f=ismo&tv=2  ) e le 1552 (  https://www.listediparole.it/f/i/4/parolefinisconoismo.htm  ). 
Come si vede, anziché dare addosso a Travaglio per avere definito Mario Draghi “un figlio di papà”, meglio e molto più fondato sarebbe stato attaccarlo per la sua ignoranza della lingua italiana almeno per quanto riguarda i suffissi, a partire da quello della parola “giornalismo”. Ignoranza che per un giornalista, per giunta direttore di giornale, è molto più grave dell’ignorare che Draghi è rimasto orfano di padre a 15 anni e di madre a 19. 
Evidentemente però tale ignoranza è anche di tutti i colleghi che in preda al solito moralismo (suffisso in “ismo) un tanto al chilo hanno massacrato Travaglio per la faccenda “figlio di papà” anziché infilzarlo con la boiata dell’”ismo sempre deteriore”.  

La proposta del G20 per l’Africa

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi **  *già sottosegretario all’Economia  **economista

Lo sviluppo e il futuro dell’Africa sono sempre menzionati nelle conferenze internazionali dei Paesi cosiddetti avanzati. Ma spesso ci si ferma a mere parole vuote o a pochi aiuti caritatevoli. Eclatante è il caso della pandemia: nessuna sospensione dei brevetti dei vaccini che permetterebbe la loro produzione anche in loco ma tante promesse di “regalare” centinaia di milioni di dosi in modi e tempi troppo incerti. Eppure, tutti sanno che le economie dei Paesi africani sono state colpite duramente, in particolare quelli della regione sub sahariana. Sono state già penalizzate dalla Grande Crisi per responsabilità altrui. Si aggiunga che nei prossimi tre anni il debito pubblico dei Paesi africani supererà i 950 miliardi di dollari.

In questa situazione povera di idee e di interventi concreti, vi è, per fortuna, una iniziativa lungimirante, la proposta del cosiddetto “Release G20”, fatta da un gruppo di ong italiane impegnate nella cooperazione internazionale, coordinate dall’organizzazione LINK2007 con sede a Milano. Essa propone la ristrutturazione e la riconversione di parte del debito in investimenti in valuta locale finalizzati agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Nello specifico, si propone una conversione flessibile, totale o parziale, del debito sovrano di uno Stato africano debitore in un fondo in valuta locale. Ciò garantirebbe l’alleggerimento del peso del debito e nello stesso tempo favorirebbe il progresso delle comunità tramite l’avvio di investimenti produttivi di medio-lungo termine. Il fondo sarebbe gestito dal governo del singolo Stato, il quale, in assenza di pressioni dovute al debito, potrebbe promuovere e realizzare i progetti di sviluppo.

Al fine di garantire il rispetto dei principi di trasparenza, efficacia e accountability, “Release G20” prevede l’utilizzo di efficaci meccanismi di monitoraggio e di supervisione da parte del Ministero delle finanze dello Stato interessato e il coinvolgimento degli altri ministeri competenti e delle organizzazioni della società civile. Questi strumenti e procedure servirebbero a rafforzare le capacità amministrative e operative nell’utilizzo dei fondi.

La proposta è stata fatta pervenire al G20 a presidenza italiana. Pochi giorni prima della Conferenza ministeriale “Sviluppo” del G20 tenutasi a Matera il 29 giugno, essa è stata presentata in un incontro online, promosso dalla rete di ong LINK2007 in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI).

Nel citato incontro online, cui hanno partecipato numerosi ambasciatori dei Paesi africani, il vice ministro Marina Sereni ha spiegato che «ridurre il debito dei Paesi più poveri è una sfida cui l’Italia non si sottrae, soprattutto ora che, con la crisi di Covid-19, diventa sempre più difficile, in particolare in Africa, perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Onu». Ha ricordato, inoltre, che “i ministri delle finanze del G20 stanno lavorando a strategie di finanziamento di questi obiettivi, accogliendo così le proposte che emergono, come nel caso di quest’incontro, dalle organizzazioni della società civile”.

Ibrahim Assane Mayaki, responsabile di “NEPAD”, l’agenzia per lo sviluppo dell’Unione Africana, ha dichiarato che “la ristrutturazione del debito può aiutare l’Africa ad andare avanti a perseguire gli obiettivi dell’Onu in tutti i settori chiave”. Ha ricordato che “il continente perde circa 90 miliardi di dollari ogni anno a causa di flussi finanziari illeciti. Per tale ragione, “Release G20” è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu”.

La trasformazione del debito sovrano in investimenti per la ripresa post Covid-19 sarebbe auspicabile non solo in una prospettiva politica di rafforzamento della collaborazione tra gli Stati ma anche per qualificare la cooperazione internazionale con l’avvio di un’effettiva programmazione di investimenti orientati dai principi dell’equità e della sostenibilità.

In un più recente incontro online organizzato dall’Eurispes, Roberto Ridolfi, presidente di LINK2007, ha invitato i Paesi BRICS a far propria e a sostenere con forza l’iniziativa “Release G20”. Il che non sarebbe irrilevante ai fini della sua concreta realizzazione.