Risonanze & stravaganze da non perdere a Venezia

Se la mia è musica da ripostiglio, quella di Risonanze è da scantinato! Anche quest’anno l”associazione Vortice con Enrico Bettinello propone al teatro Fondamenta Nuove di Venezia una manciata di concerti sfrontatamente incuranti della popolarità e vendibilità dei musicisti arruolati. Non sempre le aspettative vengono saziate, qualche musicista o dj è sopravvalutato e delude, ma val sempre la pena di tenere in vita, e in ottima salute, la curiosità. Vi allego il programma autunno/inverno. Vedete voi. Io aggiungo per contorno che la Biennale d’arte chiude a fine mese. Un buon motivo in più per andare a Venezia, stupenda anche in novembre.

RISONANZE fall 2009
Rassegna di nuove musiche contemporanee
Venezia, Teatro Fondamenta Nuove

Venerdì 30 ottobre 2009 ore 21
JENNIFER WALSHE
Jennifer Walshe | voce, strumenti vari
in collaborazione con la Fondazione Claudio Buziol
Domenica 15 novembre 2009 ore 21
”BERLIN NIGHT” 
[progetto speciale in occasione del ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino]
dj sets by GUDRUN GUT & THOMAS FEHLMANN
Gudrun Gut, Thomas Fehlmann | elettronica
Alle ore 18, proiezione del film Die Mauer (Il muro), regia Jürgen Böttcher (RDT, 1990, 99′)
Con il patrocinio del Goethe Institut Italien e in collaborazione con l’Associazione Culturale Italo-Tedesca
Giovedì 3 dicembre 2009 ore 21
GARY LUCAS & DEAN BOWMAN
”CHASE THE DEVIL”
Gary Lucas | chitarra
Dean Bowman | voce
Sabato 30 gennaio 2010 ore 21
ERIK FRIEDLANDER 
”BROKEN ARM TRIO”
Erik Friedlander | violoncello
Trevor Dunn | contrabbasso
Mike Sarin | batteria

Si svolgerà all’insegna delle proposte più originali e visionarie delle musiche di oggi Risonanze Fall 2009, la popolare rassegna di nuove musiche contemporanee del Teatro Fondamenta Nuove di Venezia, che traccia nel cuore della città lagunare, come di consueto, un intenso percorso attraverso il jazz più avventuroso, la multimedialità, l’elettronica, il blues e la ricerca.

In occasione poi del ventesimo anniversario della caduta del Muro, la serata di domenica 15 novembre è dedicata alla città di Berlino: si parte alle 18, con la visione dello straordinario documentario “Die Mauer” (Il muro) di Jürgen Böttcher, per poi tuffarsi dalle 21 in una “Berlin Night” illuminata dalle sonorità elettroniche dei dj-set di due degli artisti più rappresentativi della scena berlinese, Gudrun Gut [storica fondatrice degli Einzurstende Neubauten] e Thomas Fehlmann [degli ORB].
Giovedì 3 dicembre spazio all’emozionante duo tra il chitarrista Gary Lucas e il cantante Dean Bowman: gospel, blues, musica liturgica ebraica, canto quawwali e originale songwriting sono alla base di questo sodalizio tra un vocalist che sa unire tradizione e ricerca e una delle figure più rappresentative della scena newyorkese come Lucas, chitarrista della Magic Band di Captain Beefheart negli anni ’80 e scopritore di Jeff Buckley, un artista capace di collaborare con la stessa facilità con Leonard Bernstein o con Patti Smith. Una collaborazione che dà un significato nuovo alla parola “soul”!
La rassegna proseguirà poi sabato 30 gennaio, con uno degli eventi jazz più attesi dagli appassionati: torna infatti a Venezia il fenomenale violoncellista Erik Friedlander [storico collaboratore di John Zorn], alla testa del suo Broken Arm Trio, completato da Trevor Dunn e Mike Sarin, formazione capace di una sintesi emozionante tra la tradizione e le traiettorie più innovative della musica jazz.

BIGLIETTI/TICKETS
Intero/Full Price € 12
Ridotti/Reduced € 10 [ residenti Comune di Venezia, giovani (under 18), anziani (over 65), Rolling Venice, Carta Giovani, Venice Card, San Servolo Card]
Soci Vortice € 8
Giovani a Teatro € 2.50

PREVENDITE
BIGLIETTERIA ON LINE / BUY ON LINE
RETE DI VENDITA HELLO VENEZIA
call center (+39) 041 24.24
www.hellovenezia.it
APT VENEZIA
Uffici di Piazzale Roma, San Marco, Giardini reali, Lido
Informazioni e prenotazioni/Information and reservations:
041 5224498, info@teatrofondamentanuove.it
Vortice – Associazione Culturale
email: vortice@provincia.venezia.it

Kazabian, Dead Weather, LNRipley e altra musica da ripostiglio

Anche in questi ultimi mesi ho ascoltato molta musica da ripostiglio. La definizione, astrusa quanto azzeccata, è della mia primogenita Anna, musicofila onnivora nonostante la verdissima età. L’altro giorno eravamo in macchina, il mio Ipod in funzione. Suggerisco di selezionare “brani casuali” così magari incappa in qualcosa che ancora non conosce e che poi le piace, è già successo e ogni volta sono orgogliosa di me e di lei. Quella volta invece nisba: non gliene andava bene uno, finchè esausta mi fa: “Ma perché ti piace solo musica da ripostiglio?” Eh?!? “Ma sì, questa non è musica normale, la ascolti solo tu…”. Non è vero, ma la definizione mi è piaciuta assai e conto di usarla spesso. Dal mio ripostiglio ultimamente ho tirato fuori un po’ di tutto, novità e vecchi amici. Ecco qualche nome, in ordine puramente casuale, tanto per restare in tema. Intanto gli inglesi Kazabian con “West ryder pauper lunatic”, non li conoscevo nonostante non siano di primo pelo. Piacevoli assai. Niente di nuovo, per carità, molto anni Settanta + Oasis (non a caso vengo a sapere che vogliono suonare con Noel G.) +psichedelia, e ancora ballate alla Dylan ma anche ritmi disco e gospel finale. Le mie preferite? Underdog, Fast fuse, Vlad the impaler, e Fire. Son tutte belle lunghe, oltre i 4 minuti e mezzo. Altra scoperta, gli americani Grizzly Bear con “Vecktimest”, o meglio con i primi tre pezzi del disco, perchè poi si invirigolano sempre più nel progressive fino a trasformarsi in cloni di Robert Wyatt, al che meglio l’originale. Jack White spopola nella mia hit parade sia con i “vecchi” Racounters che con i nuovi Dead Weather, passando dalla chitarra alla batteria: fortissimi!!!!! Attendo con desiderio l’uscita del documentario “It might get loud” dedicato a White + Jimmy Page + The edge.

E’ datato 2007 ma resta finora l’unico album all’attivo, quello omonimo degli LNRipley del batterista dei Subsonica, Ninja. Più grintoso e rockettaro dei Motel Connection (altra costola del gruppo torinese), mi ricordano i Living Colour (che hanno annunciato il loro ritorno in vita dopo sei anni) e Beck, più drum’n’bass a volontà. Restando sul dancefloor, mi fanno simpatia i Bud Spencer Blues Explosion (la storpiatura della band di Jon è geniale) con la versione rock chitarra + batteria di “Hey boy hey girl” dei Chemical Bs. Ma ci vuol poco per far muovere i piedi (ed altro ancora) con un capolavoro del genere….Il ritmo rallenta, senza far ronfare, con The whitest boy alive del norvegese Erlend Oye (fondatore dei Kings of convenience) con i cd “Dreams” e “Rules “ . Il nord dei Royksopp (con cui ha lavorato) si sente, basta non aver fretta e lasciarsi andare. Saltan fuori i Cure e il vecchio Al Stewart e i Jesus and Mary chain. Più pimpanti ed eclettici, un brano diverso dall’altro per atmosfere e ritmi, i due inglesi Simian Mobile Disco e l’ultimo “Temporary pleasure”: divertenti e disimpegnativi.

D’amore vero nel vero, il talento della crisi

Finite le vacanze, ma proprio tutte tutte, rieccoci. Per parlare di rock mi serve ancora qualche giorno di ripresa di conoscenza. Per l’intanto diffondo il programma di una giornata alquanto particolare in quel di Asolo (Treviso): è di sabato, un week end da qualle parti, di settembre per giunta, è un incanto. A prestissimo….

COLLEGAMENTI
Per tutta la giornata (dalle 6.00 alle 24.00) è attivo ogni 15’ il servizio di bus navetta gratuito
dal parcheggio di Ca’ Vescovo (Strada Schiavonesca –Marosticana) al centro storico (Villa Freya).
Collegamenti speciali da Villa Freya e Ca’ Vescovo per il Maglio (ore 14.00 e 15.15), la Rocca (ore 15.45 e 16.30) e la Fornace (ore 17.30 e 18.15).
Ecco il programma minuto per minuto!
Potete trovare la mappa online e direttamente alle porte della città sabato 19 settembre

6.20 (e 7.45) Castello della Regina Cornaro ALESSANDRO SAVIOZZI Giardino Sonoro
6.45 Castello della Regina Cornaro MASSIMO SOMAGLINO dal copione di Past Eve and Adam’s
7.20 Bar al Castello COLAZIONE CON GLI ARTISTI
8.00 Piazza Garibaldi ICP IL CORPO PENSANTE Danza muta
9.00 Giardino di Casa Malipiero LINDA CANCIANI – LUCA ZANETTI da Il diario di Adamo ed Eva di Mark Twain
9.45 Chiesa San Gottardo LAURA MORO & LORENZO TOMIO Sono.grafie
10.30 Castello della Regina Cornaro FRANCESCA FOSCARINI Urban Kalsh
10.45 Castello della Regina Cornaro ALESSANDRO SAVIOZZI Giardino Sonoro
11.15 Torre Reata ANDREA FAGARAZZI, I-CHEN ZUFFELLATO Olympia Sottovuoto, videoinstallazione
11.30 Civico 69 Piazza Brugnoli STEFANO ROTA Senza Titolo
12.00 Teatro Duse MELE FERRARINI da Vorrei i soldi di Ronconi
12.15 Torre Reata ANDREA FAGARAZZI, I-CHEN ZUFFELLATO Olympia Sottovuoto, videoinstallazione
12.20 Bar al Castello NONINERENTI Macabrè
12.30 Chiesa San Gottardo LAURA MORO & LORENZO TOMIO Sono.grafie
14.15 (e 15.30) Maglio di Pagnano MANONUDA TEATRO, CACOPARDI – BIOLO Tutto per un paio d’ali – MIRCO TREVISAN Settimo Grigolin
14.30 Palazzo Beltramini MARGHERITA PIROTTO Sing Softly
15.00 Teatro Duse MARTA CUSCUNA’ È bello vivere liberi
Dalle 15.30 Galleria Browning PLUMES DANS LA TÊTE Huiro, videoinstallazione 7’
16.00 Rocca AILUROS Percezioni (e 16.30 – 17.00 – 17.30) – per 12 spettatori alla volta, prenotazione consigliata
16.00 Teatro dei Rinnovati PATRICIA ZANCO Occhi aperti, bocca chiusa
16.15 Torre Reata ANDREA FAGARAZZI, I-CHEN ZUFFELLATO Olympia Sottovuoto, videoinstallazione
16.30 Chiesa SS. Pietro e Paolo BALLETTO CIVILE, Emanuele Braga, Maurizio Camilli, Emanuela Serra Detriti – Silenzio per favore + Vi ricordate di me
17.00 Palazzo Beltramini SILVIA GRIBAUDI, fisarmonica FLAVIO COSTA Giardino d’infanzia
17.15 Torre Reata ANDREA FAGARAZZI, I-CHEN ZUFFELLATO Olympia Sottovuoto, videoinstallazione
17.20 Teatro Duse STEFANO SKALKOTOS – PIERPAOLO COMINI da Piantando chiodi nel pavimento con la fronte
17.45 Fornace, Bar SILVIO BARBIERO – PAOLO TIZIANEL Bar Danzica
18.00 Fornace, hangar ATELIER GRUPPO DANZA, Marianna Batelli e Alessandro Rossi Plastikstraum
18.00 T. dei Rinnovati STEFANIA FELICIOLI, SILVIA PIOVAN, STEFANO PAGIN da Le operette morali di G. Leopardi
18.30 Fornace, arena AREAREA Roberto Cocconi, Marta Bevilacqua, Luca Zampar e Vantina Saggin -musica dal vivo DANIELE D’AGARO Te lo dico in un orecchio
18.30 Bar al Castello NONINERENTI Macabrè
18.30 Castello della Regina Cornaro ALESSANDRO SAVIOZZI Giardino Sonoro
19.00 Chiesa SS. Pietro e Paolo BALLETTO CIVILE Emanuele Braga, Maurizio Camilli, Emanuela Serra Detriti – Silenzio per favore + Vi ricordate di me
19.00 Sagrato del Duomo STEFANO ROTA Senza Titolo
19.30 Chiostro SS. Pietro e Paolo SANDRA MANGINI – DANY GREGGIO Città stranite
19.30 Palazzo Beltramini SILVIA GRIBAUDI, FLAVIO COSTA alla fisarmonica Giardino d’infanzia
dalle 19.30 Torre Reata FAGARAZZI – ZUFFELLATO Golden Beach, fino 23.30 ogni 10’, videoinstallazione
20.00 Caffè Centrale PERLAMAMMADIADO Visual Comedy Show
21.00 Chiesa San Gottardo ELENA BUCCI Sale
21.30 Teatro dei Rinnovati MARCO MANCHISI, musiche in scena Guido Sodo da Nel corpo di Totò
22.00 Teatro Duse FRANCESCA MAZZA Still Life
22.30 Teatro dei Rinnovati MARCO SGROSSO – contrabbasso FELICE DEL GAUDIO da Basso Napoletano
23.00 Teatro Duse ANGELA MALFITANO da Clitennestra e i suoi giudici
23.30 Castello della Regina Cornaro ALESSANDRO SAVIOZZI Giardino Sonoro
Frontiere l Territorio Creativo
Tel. 0423/614209 – cell 392/9504610
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Dalla Libia con terrore: il documentario di Andrea Segre va in onda su Rai3

Nell’intervista al regista Andrea Segre per questa rubrica parlavamo del documentario “Come un uomo sulla terra”. Vi segnalo che andrà in onda la sera di giovedì 9 giugno alle 23.40 su Rai3. Il documentario, che si è già fatto notare in molti festival e concorsi, è stato girato con Dagmawi Ymer , un immigrato etiope incontrato da Segre a Roma, nel centro gestito dall’associazione Asinitas. Insieme raccontano l’Odissea di chi vuole raggiungere l’Italia passando o partendo dalla Libia. Lo stesso Dag ha subìto ogni genere di violenza sia dai contrabbandieri che gestiscono la traversata sia dalla polizia. Non dimentichiamoci che nell’agosto 2008 Berlusconi ha firmato un accordo con l’amico Gheddafi “contro il traffico dei clandestini” verso Lampedusa. A raccontare il tragico viaggio sono alcuni migranti, prima che la Marina italiana cominciasse a respingere i loro connazionali dal maggio scorso. La sorte di migliaia di uomini e donne africane è anche al centro della campagna nazionale “Io non respingo”, promossa da Fortress Europe, da Asinitas e dallo stesso Segre. Finora sono state raccolte più di 11 mila firme, tra cui quelle di Marco Paolini, Dario Fo, Erri De Luca, Marco Baliani: è possibile aderire online sul sito http://comeunuomosullaterra.blogspot.com

Lungo la Riviera del Brenta c’è un’isola delle meraviglie: musica, danza e teatro dal 10 al 19 luglio

La Riviera del Brenta, che scorre tra Padova e Venezia, è famosa ai più per le ville dove i veneziani passavano le vacanze estive qualche secolo fa. Ma ci sono tanti angoli ancora pochi noti, persino agli stessi compaesani, da scoprire . Come “L’isola delle meraviglie” a Dolo, ovvero l’antica conca e lo squero, ma anche piazza Cantiere e l’ex macello, sempre sul fiume, un po’ più in là. Con questo titolo da quattro anni l’associazione Echidna organizza per il Comune un festival di danza, musica e teatro che letteralmente invade questi luoghi e le strade del paese. Per la quinta edizione, dal 10 al 19 luglio, l’isola si rianimerà con gli spettacoli più insoliti come il cinema più piccolo del mondo (dentro una Giulietta degli anni Settanta) o la danza sui trampoli, il teatro delle pulci per uno spettatore alla volta e i giovani danzautori (non è un refuso) chiamati ad uscire allo scoperto e a mettersi alla prova fuori dal guscio protettivo del palcoscenico per scendere a diretto contatto con la gente, alla luce del sole. Ogni anno il pubblico è fitto fitto, c’è anche chi a teatro non va mai, anziani, bambini. Vi allego qui sotto il programma completo, aggiungendo un piccolo suggerimento estemporaneo: se capitate nella Riviera del Brenta fate tappa anche a Stra. Nel parco monumentale di villa Pisani c’è la mostra “I classici del contemporaneo”, un assaggio alla ben più popolare Biennale di Venezia.

PROGRAMMA

Venerdì 10 luglio

Centro Storico, Isola Bassa, Piazza Cantiere, dalle ore 19. Silvia Gribaudi, Francesca Foscarini, Giuliana Urciuoli, Alberto Cacopardi, Gruppo Krisis

MAKE 1 MINUTE DANCE FOR ME (gli spettatori sono invitati a creare una coreografia di un minuto da eseguire in diretta)

Squero, ore 22

Laura Scudella – Rachele Colombo

PETALI DI ROSA

Performance e danza d’autore

Sabato 11 luglio

da Piazza Cantiere, ore 21.30

Helen Cerina, Francesca Foscarini, Gruppo Krisis, Silvia Gribaudi, Atelier Gruppo Danza, Giuliana Urciuoli

GD’A DANCE RAIDS IN ISOLA

Itinerario danza d’autore

Domenica 12 luglio

Isola Bassa, Antica Conca, ore 21.30

Diecimenodieci – Progetto Bagliori

ZHURONG

performance di fuoco e danza

Squero, ore 22

Solomanolo (Spagna)

LOCOMOTIVO

Circo-teatro, funambolismo, giocoleria

Martedì 14 luglio

Ex Macello, ore 21.30

Vitaliano Trevisan – Tiziano Scarpa

UNA NOTTE IN TUNISIA

Reading

Venerdì 17 luglio

Isola Bassa, Piazza Cantiere, dalle ore 21

Francesco Azzini

Hulot distribution

CORTOMOBILE

Cinema in automobile . . . per due spettatori alla volta

Chiara Trevisan

VALENTINO’S FLEA CIRCUS

Teatro in scatola con oggetti…per uno spettatore alla volta

Squero, ore 22

Trickster Teatro (Svizzera)

RAPSODIA PER GIGANTI

teatro-danza in spazi aperti

Domenica 19 luglio

ISOLASUONA 2009

Isola Bassa, Piazza Cantiere, Squero, ore 21 (curata da Giannantonio De Vincenzo e legata a “Il suono improvviso” di Venezia)

MELODIE IN “SOLO”, HARD CLOG NINE, SKA-J

Tutti gli appuntamenti del programma sono gratuiti eccetto “Una Notte in Tunisia” (biglietti 10 euro disponibili dalle ore 20.30) . In caso di maltempo gli spettacoli potranno essere spostati al coperto, rinviati o annullati.

Infoweb www.echidnacultura.it

Andrea Segre, la resistenza civile va al cinema

Andrea Segre, unico italiano, è stato selezionato dall’ultimo festival di Cannes per la sezione “Atelier” con la sceneggiatura di “Shun Li e il poeta”, scritta a quattro mani con Marco Pettenello, più l’aiuto di Erri De Luca (non si esclude possa far parte anche del cast come attore) e di Marco Paolini. Una soddisfazione non da poco per il giovane regista padovano (annata 1976) ma anche una preziosa, concreta opportunità: “Tra il centinaio di progetti di autori emergenti ma non alle prime armi individuati dai talent scout della Cinefondation, che gestisce il festival su incarico dello Stato, solo 15 sono arrivati a Cannes. Per tutta la durata del festival ho avuto uno spazio in cui promuovere il mio lavoro incontrando finanziatori e distributori altrimenti irraggiungibili. Si sono dimostrati interessati alcuni distributori francesi, con cui cercheremo di concretizzare un accordo durante l’estate”. Il film, che verrà girato tra la fine di quest’anno e la primavera del 2010, può già contare sulla produzione della padovana JoleFilm (Francesco Bonsembiante e Marco Paolini) e della francese Aeternam Film. Iniziative di promozione e aiuto dei giovani registi non mancano nei migliori festival, da Berlino al Sundance. Unico assente ingiustificato è quello di Venezia: “E’ stato molto criticato per questo, mentre a Roma hanno iniziato l’anno scorso, scontrandosi però con la grande diffidenza dei distributori e produttori italiani”.

“Shun Li e il poeta” sarà il tuo primo lungometraggio di finzione, non di fiction, come ci tieni a precisare: “Tanti miei colleghi coetanei, alcuni già collaudati, si ritrovano a lavorare in questo format televisivo che limita la creatività e la scrittura. Nella fiction infatti l’autorialità non conta nulla, lo stile o il nome del regista idem. Tant’è che la regola numero uno è che in qualsiasi momento sia “agganciata” dallo zapping del telespettatore storia e personaggi devono essere immediatamente riconoscibili, comprensibili”.

E’ da tempi non sospetti, dal lontano ’98, che fai documentari, un genere che solo negli ultimi anni sta avendo un certo successo, anche di pubblico, qui in Italia. Un interesse insperato, prima del boom di Michael Moore nelle nostre sale…” Il documentario è l’unica vera, bella novità del cinema italiano. C’è una nuova capacità di raccontare il reale che conquista un notevole successo, basta pensare a “Gomorra”. Ci sono nuovi narratori, cresciuti da un humus molto fertile, che condividono un ampia tensione civile. Anche nel cinema si sono così attivate reti di resistenza civile in tutta Italia, pronte a scalfire finalmente anche l’interesse dei produttori, solitamente molto diffidenti verso il documentario”.

Da qualche anno vivi a Roma, per ragioni di lavoro e di famiglia, ma con il tuo prossimo film ritorni in Veneto: “Da sempre sono due le tematiche che mi interessano: l’impatto della crescita economica e l’immigrazione. Il Veneto è un laboratorio perfetto per seguirle entrambe. Non mi ha mai convinto l’equazione più ricco = migliore. I vantaggi concreti si accompagnano inevitabilmente alla nascita di altri tipi di problematiche su cui riflettere, e che portano i veneti a non esser e pronti verso nuovi tipi di evoluzione della società, immigrazione in testa. Una realtà che racconterò in “Shun Li”, nell’incontro a Chioggia tra una barista cinese e un pescatore-poeta “indigeno” ”.

La musica quanto è importante nei tuoi lavori: semplice sottofondo o personaggio? “Negli ultimi 3 miei lavori ho collaborato con la Piccola Bottega Baltazar, che conoscerai bene anche perché è di Padova. E’ stata una collaborazione molto positiva, anche perchè molto diversa in tutti e tre i casi. Siamo passati dall’utilizzo di loro pezzi già scritti (Che cosa manca), alla costruzione parallela di montaggio e musiche (La Mal’ombra), alla creazione di una colonna sonora fatta di suggestioni costruite senza aver mai visto le immagini (Come un uomo sulla terra). Mi piacerebbe continuare a lavorare con loro perchè sono tecnicamente degli ottimi musicisti, artisticamente attenti e curiosi e musicalmente capaci di contaminare tradizioni che a me piacciono molto. Ma il mio guru musicale resta e rimarrà sempre Francesco Cressati (padovano), con cui ho condiviso gran parte del mio percorso registico e a cui devo tutto ciò che ho capito della musica negli ultimi 10 anni”.

Infoweb http://andreasegre.blogspot.com

Vladimir Luxuria racconta sei favole per chi è già stato bambina/o

Giovedì 28 maggio torno al  Pixelle in via Turazza a Padova per presentare l’ultimo libro di  Vladimir Luxuria “Le favole non dette” (alle dieci di sera, più o meno). Eccovi quanto preannunciato dalla sua casa editrice. Sei storie, sei fiabe della diversità, tra magia e cemento, tra favola e pregiudizio, amore e indifferenza, per raccontare a tutti, giovani e adulti, l’infinito mistero dell’uomo. Italia, anni ’50. Una bambina che, guardando gli occhi spauriti degli animali in gabbia, non riesce a resistere all’impulso di liberarli, si imbatte in una donna, anche lei reclusa in un circo e condannata al riso degli altri. Anche nei suoi confronti, la bambina non saprà resistere all’impulso di renderla libera, con l’aiuto, stavolta, dei suoi amici di una vita, gli animali. Sedicesimo secolo. Un bambino, ultimo di una famiglia molto numerosa e molto povera, è dotato di una voce strabiliante, il suo canto ammalia. Ama la sua famiglia e vorrebbe rimanere con loro, ma la malattia di una sua sorella e la povertà dei mezzi lo costringono ad accettare una proposta che viene da Roma, dal Vaticano, di cantare nel coro delle voci bianche, per il Papa. La forzata reclusione e diversità non gli impediranno di salvare un bambino come lui da identico destino, grazie alla sua arte sublime che saprà scuotere le fortezze vaticane. Sicilia, ai giorni nostri. Davide è un bambino un po’ strano, che dice di parlare con il vulcano Etna: ‘Iddu’, lo chiama; i suoi coetanei lo deridono, suo padre lo considera una maledizione; solo sua mamma gli è vicino e lo ama, ne sa addirittura indovinare i colori delle vesti sgargianti che indossa, pur essendo non vedente. Ma la cecità fisica degli occhi corrisponde alla piena visione dell’anima e, grazie al suo amore, la madre salverà il piccolo Davide, proprio grazie al suo amico migliore, ‘Iddu’. Una sirenetta dei nostri giorni, un travestito brasiliano in procinto di scendere sul marciapiede, salva un bel principe, curandolo nella sua povera casa; il principe avrà sempre un ricordo vago di quella funesta notte, ma lei non potrà più dimenticarlo, se ne è innamorata perdutamente. Un pinocchio di oggi, un ragazzino perdigiorno, ultimo della classe, che si imbatte sempre in compagnie sbagliate, non ha la mamma ed è convinto di essere nato dal padre. Sarà l’amore di una donna, non sua madre, semplicemente una donna senza figli, a restituirgli il senso della vita.


L’anima latina di Lucio Battisti: retroscena e curiosità raccontate nel nuovo libro di Renzo Stefanel

Da bambina Lucio Battisti mi piaceva assai, i dischi li aveva mia sorella più grande, li ascoltavamo nel suo mangiadischi portatile, che ci portavano dietro anche in macchina durante i viaggi d’agosto con mamma e papà. Da allora le sue canzoni più belle me le porto dietro come “Signore sei tu il mio pastore” cantata in chiesa. Le so e le saprò sempre a memoria, punto e basta. Di “Anima latina” non so nulla, se non che l’hit “Due mondi” mi faceva orrore. Quella voce femminile che cantava “far l’amore nelle vigne” era detestabile. Avevo 16 anni, la musica che mi girava attorno era altra, soprattutto straniera. Italiani pochissimi, ricordo Battiato. Riscoprii Battisti più avanti, “Don Giovanni” resta tra le mie preferite in assoluto.

Ho dunque tutto da imparare dalla monografia scritta proprio su quest’album da Renzo Stefanel (Gazzettino, www.rockit.it e www.xtm.it). Più di un fan mi dice che di canzoni belle forse ce n’è un paio ma piace molto ai critici per la sua atipicità, fa figo… In ogni caso, se l’intenzione di Lucio era di fare qualcosa di diverso, non serviva: già le sue canzoni più “scontate” (ma quando mai?) erano su un altro pianeta rispetto alla musica leggera italiana e d’autore del tempo. Il libro si intitola “Anima latina”, edito da No Reply per la collana Tracks” dedicata agli album che sono diventati pietre miliari della storia della musica. Per Renzo non è stato difficile dedicarsi anima e corpo all’impresa: fu folgorato nell’estate del 1975 proprio da “Due Mondi”…

Ha scritto una monografia ricchissima di dati, notizie, spunti, come solo un fan superappassionato può fare, rintracciando tutti, ma anche un giallo: c’è che non si ricorda se c’era, chi fa confusione, addirittura resta un mistero persino Gneo Pompeo ….tutti sinceri, o c’è chi sa e tace?

“Quasi tutti sinceri: purtroppo il tempo o le diverse prospettive personali fanno danni. C’è anche chi non mi ha convinto, ma è una mia impressione personale, perché non ho elementi precisi per affermarlo. Mi riferisco a Gian Piero Reverberi e alla questione “chi è Gneo Pompeo?”. Per chi non lo sapesse, è uno dei misteri battistiani: a chi è attribuito quel nomignolo (che tra l’altro fa da pendant con quello di Caesar Monti suggerito da Battisti a Cesare Montalbetti)? Nell’intervista presente sul libro Reverberi si contraddice: prima afferma che “Anima Latina, comunque, per me è il disco di un dilettante”, poi dice che “Non è che lo conosca bene”. Ora: non si può giudicare un disco senza conoscerlo non dico bene, ma abbastanza sì. Inoltre Gian Piero Reverberi è sempre stato il maggiore indiziato: perché in Il nostro caro angelo gli archi elettronici li ha suonato lui; perché era stato fino ad allora l’arrangiatore di fiducia di Lucio; perché le sue iniziali coincidono con quelle di Gneo Pompeo; perché diverse testimonianze di musicisti lo indicano come presente sporadicamente in sala. Reverberi non condivideva il percorso che Lucio aveva intrapreso già nel disco precedente; aveva con lui forti frizioni a livello caratteriale; il nomignolo non è dei più felici, tanto più se viene affibbiato da una persona che si trova antipatica. Insomma, Reverberi non mi ha convinto. Anche se, non avendo nessun elemento decisivo in mano, non posso che rispettare quello che mi ha detto”.


Dopo “Ma c’è qualcosa che non scordo”, tutto incentrato sul rapporto con Mogol, anche in questo tuo libro torni per forza di cose a parlare di lui: il suo era un ruolo solo di paroliere o qualcosa di più?

“Paroliere” è una brutta parola, specie se riferita a uno che è un vero e proprio autore di testi, con una sua poetica ben precisa: il fatto che Mogol non abbia mai cantato (e per fortuna: lui stesso dice di essere stonato come una campana) non diminuisce la sua statura autoriale, tanto più evidente se si pensa che molti suoi versi sono diventati proverbiali e spesso vengono citati tanto nel linguaggio comune quanto come titoli di articoli, libri, sceneggiati tv, film, ecc. Quindi già questo è un ruolo gigantesco. Da quello che lui stesso mi ha detto il ruolo era sostanzialmente quello: per quanto prima di ogni disco lui e Battisti facessero una specie di briefing cercando di individuare i punti forti da sviluppare della produzione precedente, Mogol non ha mai messo becco nella sua produzione musicale: pur non essendo d’accordo con i missaggi della voce in “Anima latina”, il disco è uscito così come voleva Lucio. Ed era Mogol che cacciava i soldi per la produzione. Non so quanti produttori major avrebbero questo rispetto oggi”.


Di Lucio si sa che era taccagno, individualista. Nessun pregio come uomo? Non ci sarebbe da stupirsi; tanti grandi musicisti erano e sono piccoli uomini…

“Beh, già essere individualista può essere un grande pregio, a mio modo di vedere. Dipende dal significato che si dà al termine. Ma i pregi di Lucio come uomo ci sono: era spiritosissimo, e questa è una delle più belle doti che possa avere una persona; le persone con cui ha stabilito un rapporto d’amicizia (che non si dà mica a chiunque: è una cosa seria) lo ricordano come umanissimo e piacevolissimo; e alla fine, anche sotto la scorza del taccagno, dalle interviste viene fuori che aiutava chi ne aveva bisogno.”


Nel lavorare al libro sei incappato in qualche novità inedita, qualche curiosità finora sconosciuta?

“Uno sterminio, anche se spesso si tratta di “cose da fans”. Qualcosa che possa scuotere il grande pubblico c’è: innanzitutto questo libro mette una pietra tombale sopra la leggenda del “Battisti nero”, finanziatore dei terroristi di Ordine Nuovo. Il bassista Bob Callero ricorda chiaramente la preoccupazione di Battisti e Mogol (specie di quest’ultimo) per la fama di destrorso che si era addensata su Lucio e una discussione tra i due sulla possibilità di votare Pci. Ora, non importa se l’abbia fatto o no: un finanziatore del terrorismo nero non avrebbe mai preso in considerazione neppure l’ipotesi. Lucio non era nemmeno comunista, sia chiaro: era un fricchettone liberal che non voleva essere usato da nessun partito per scopi politici. Per questo probabilmente, dopo un incontro di avvicinamento con “Re Nudo”, la rivista quasi ufficiale del Movimento, in vista di un’eventuale rentrée live al Festival del Proletariato Giovanile di Parco Lambro, rinunciò a quest’idea. L’incontro è ricostruito nel libro con interviste a tutti i protagonisti. Anche qui, comunque, non mi riesco a pensare che un finanziatore occulto di Ordine Nuovo si incontri amichevolmente con i principali esponenti dell’estrema sinistra: ridicolo oggi, tanto più nel clima di piombo degli anni 70.

Altre novità: “Anima latina” doveva essere doppio e da qualche parte, forse, ci sono nove inediti; inoltre penso di aver dato un buon contributo all’individuazione delle influenze brasiliane sul disco, entrando nello specifico, indicando fonti e autori di ispirazione”.


Per te il disco è un capolavoro, per me invece, che all’epoca non ho minimamente preso in considerazione, oggi risulta drammaticamente datato. Bastano davvero le buone intenzioni – fare musica che coinvolga attivamente l’ascoltatore, stravolgere la forma canzone strofa-ritornello ecc. – per fare belle canzoni?

“Quelle di “Anima latina” sono splendide canzoni, non buone intenzioni. Ovvio che non tutti abbiamo gli stessi gusti. Io aborro Vasco Rossi, lo vieterei per legge, ma milioni di persone pensano invece che scriva canzoni meravigliose: chi ha ragione? Tutti quanti e nessuno. Ognuno può decidere solo per sé, ed è giusto così. A me “Anima latina” ha cambiato la vita. Se ho sviluppato certi gusti musicali e non altri, è merito di “Due mondi”, sentita da qualche juke-box in un’estate caorlina del 1975. Certo, non è un disco nazional-popolare: ma se fosse questo il metro con cui giudicare se la musica bella o no, allora “L’aiuola” di Grignani si studierebbe nei Conservatori. Invece, nonostante il suo enorme successo di sette anni fa, per fortuna non se la ricorda nessuno. “Anima latina”, così come qualsiasi altro disco, non deve piacere per forza a tutti: ma, guarda caso, è uno dei dischi di Battisti che più resiste all’usura del tempo, grazie anche alle sue soluzioni visionarie; uno dei più amati dalle nuove generazioni, come dimostrano anche i quattro interventi finali di alcuni tra i migliori artisti indie di oggi (e Dente inizia il suo nuovo disco “L’amore non è bello” con un’aperta citazione di “Abbracciala abbracciali abbracciati”); inoltre, in genere è il disco che fa ai rockettari meno truzzi cambiare in positivo il giudizio su Battisti. Inoltre non immagini le mail che mi arrivano, da quando è uscito il libro, da parte di altri musicisti indie che mi raccontano quanto è stato importante per loro questo disco. Quindi, insomma, sarò un pazzo, ma non sono il solo. Siamo davvero in tanti”


Ti hanno dato una mano anche i fan club: ci sono ancora tanti devoti a Lucio?

“Di fan club sul web ce ne sono addirittura due: il forum it.fan.musica.lucio-battisti e http://www.luciobattisti.info/. Ogni anno le celebrazioni battistiane di Molteno sono affollatissime. Il numero delle iniziative locali dedicate a Lucio è addirittura in aumento. I nuovi musicisti riscoprono Lucio proprio con gli album da “Il nostro caro angelo” in poi, “E già” e bianchi panelliani inclusi, escludendo in genere proprio il primo Battisti, quello più nazional-popolare. Direi che la sua influenza è in aumento. Perfino i gruppi italiani più esterofili, quando mi sono trovato a intervistarli, non per il libro, mi hanno stupito citando come unica influenza italiana proprio Lucio. Non c’è da stupirsene: è il nostro Beatle. Imprescindibile. L’unico, tra i cosiddetti “cantautori” degli anni 70, a fare davvero musica, insieme a Battiato e Pino Daniele, senza essere in nulla inferiore ai modelli stranieri: non a caso due sue canzoni, interpretate da band straniere nel 1969 fecero la numero uno in Usa e in Uk: “Balla Linda” nella versione degli americani Grassroots (diventò “Bella Linda”) e “Il paradiso” in quella degli inglesi Amen Corner (“(If Paradise Is) Half as Nice”).


Ci confessi i tuoi top 5 di Battisti?

“Come canzoni, dici? Metto come regola che siano tutte di album differenti, sennò avrei bisogno di almeno venti possibilità. Compiendo questa dolorosa scelta direi “Due mondi”, ovviamente. Poi “Le tre verità”, “Vento nel vento”, “Ancora tu”, “Mistero”.

La vita erotica, e non eroica, dei superuomini

Non è la prima volta che scrivo di un libro: questa è la volta di “La vita erotica dei supereroi”, l’ultimo romanzo di Marco Mancassola uscito sul finire del 2008 e già in ristampa (www.marcomancassola.com). Lo seguo con dedizione materna fin dagli esordi con “Il mondo senza di me” del 2001: allora aveva 27 anni, io molti di più ma mi colpì al cuore, lo fece battere un po’ più forte. Nonostante credo di condividere poco o nulla del suo mondo, le sue emozioni, il suo stile. Eppure…

Per Marco la musica è importante. Nei suoi scritti cita band e canzoni, i suoi reading sono spesso arricchiti da dj set. Alla dance ha incentrato interamente un suo libro, “Last love parade” un saggio-memoriale lungo la storia della cultura dance e della musica elettronica (Mondadori Strade Blu 2005 – Oscar Mondadori 2006). E con due musicisti e altrettanti artisti visivi ha dato vita alla band creativa Louis Böde, con cui ha firmato nel 2007 la raccolta di fiabe noir “Kids&revolution” Tornando al suo ultimo lavoro, letto avidamente, mancano agganci o riferimenti musicali…. “Non vedo perché avrebbero dovuto esserci – mi risponde Marco – ogni romanzo è un’avventura a sé. Ogni romanzo ha i suoi orizzonti. Comunque qualche musica è citata: Jeff Buckley, Schubert, Madonna. Il cantante blues morto giovane, il compositore romantico morto altrettanto giovane, la vecchia volpe del pop.”

I tuoi supereroi sono in pensione: ognuno sta reagendo a modo suo al cambiamento, con fatica. L’età gioca brutti scherzi: i superpoteri, sfoderati ora in privato, magari per potenziare la resa erotica, non sono più quelli smaglianti di un tempo. E a te fa paura la decadenza del corpo e della mente, insomma invecchiare? “Per nulla. Suppongo che con il tempo le possibilità del corpo e della mente si restringano, ma quelle dello spirito, qualunque cosa sia lo spirito, di sicuro si espandono… Se ho descritto la vita di alcuni eroi ormai maturi, quasi anziani, non è stato per esorcizzare una mia paura. L’ho fatto piuttosto per parlare, con pietà e a volte ironia, di un’epoca che impedisce alle persone di invecchiare in modo sano. L’epoca contemporanea strumentalizza la vecchiaia proprio come strumentalizza la gioventù: i media e i luoghi comuni ci fanno oscillare tra i due modelli dell’anziano derelitto, povero, vittima designata di ogni possibile stravolgimento sociale, e quello dell’anziano che invece resta in pista a tutti i costi, spalmato di finta giovinezza, smanioso, consumista ed erotizzato. Insomma, da una parte il nostro presidente del consiglio ultrasettantenne sempre abbronzato, che si vanta del proprio vigore sessuale; dall’altra il pensionato intervistato dal TG4 in qualche strada di periferia, che racconta con voce stentorea il proprio terrore per tutto ciò che gli accade intorno. Sono due poli della stessa banalizzazione. In entrambi i casi, la vecchiaia appare un inferno. Eppure, il ruolo più evidente della vecchiaia è sempre stato quello di meditare, di pacificarsi, di allungare qualche sereno consiglio ai più giovani. Il mondo odierno sembra mettere grande impegno neldimenticare che la vecchiaia può essere, anzitutto, un’età di saggezza e di luminoso distacco.

I vecchi supereroi non vengono sostituiti da altri altrettanto validi: non servono più? “Non so se servono o meno. So che non sono più creduti. Noi non siamo più in grado di avere eroi, di riconoscerli, di credere in loro senza cedere prima o poi alla tentazione di distruggerli. Nel nostro spazio sociale non esistono eroi, soltanto star. Un personaggio come Obama, ad esempio, entra nel mito prima di entrare nella storia. Una volta si conquistava il riconoscimento del mondo dopo essere diventati eroi a forza di fatti: adesso i fatti sono superflui. Conta soltanto l’isteria mediatica che si scatena intorno a qualcuno. Noi non sappiamo offrire fede autentica a nessuno, solo entusiasmo effimero. Ci annoieremno presto di Obama, ci annoieremo di tutti. Al possibile eroe, chiediamo troppe cose e tutte confuse”.

Le disavventure dei tuoi supereroi sono ambientate negli Usa: un simbolo della decadenza occidentale?“’America’ ci è sempre parso un paesaggio ideale, cinematografico, mitico, romantico, morale, persino metafisico. L’America è il nostro teatro dell’anima, il luogo dove ogni storia sembra in grado di aprirsi a una lettura universale. Nel libro ho messo un personaggio italiano che incarna il mio punto di vista di fronte a questo orizzonte. L’America appare però uno spazio esaurito, in senso tanto metaforico quanto fisico. Il suo stesso paesaggio geografico ha smesso da un pezzo di essere frontiera aperta, nuova scoperta. Se ci pensiamo, la fine del mito americano potrebbe risalire agli anni Settanta, quando gli Stati Uniti hanno smesso di mandare astronauti sulla Luna e hanno interrotto il loro programma di esplorazioni spaziali. Se l’America non si espande all’infinito, se non conquista nuove frontiere, allora che razza di America è? Al contrario, l’America si è ripiegata sullo spazio chiuso di un mondo sempre più stretto. Di nuovo, si tratta di un processo sia metaforico che concreto. Mi sembra interessante pensare all’ultima ondata di speculazione edilizia che ha intasato il paesaggio americano… Milioni di case suburbane tutte uguali. Sono state proprio quelle case, rimaste vuote, a dare il via alla crisi del debito e della finanza mondiale. L’America era un paesaggio libero su cui proiettare i nostri sogni. Adesso è uno spazio sovraccarico. Un teatro con troppa scenografia”.

Ritroveremo presto Marco Mancassola in libreria con “Les limbes”: “E’ un libro che uscirà in Francia per l’editore Gallimard. Raccoglie un paio di testi già editi in Italia e un testo del tutto inedito. Parla del nostro stato di attesa e di incertezza…”

“La ManifestA”: donne + musica per Il Manifesto

Vanilla Associazione Culturale

 presenta

La ManifestA

 

Serata di donne in  musica a sostegno della campagna FATECI USCIRE per “Il Manifesto”

venerdì 3 aprile, circolo Banale di Padova

 

  

Venerdì 3 aprile sarò al Banale di Padova su invito dell’associazione Vanilla per dare una mano a raccogliere fondi per Il Manifesto. Dj set e poi pop e techno dal vivo, il tutto rigorosamente declinato al femminile. A Padova saranno le donne a dare una mano a “Il Manifesto”: ma niente banchetti in piazza né dibattiti né sottoscrizioni. Lo faranno a suon di musica rock, pop e techno con l’associazione culturale Vanilla, per una serata di musica a tutto ritmo, dal vivo e non, venerdì 3 aprile  al circolo Banale di Padova, a sostegno della campagna “Fateci Uscire” ideata dal quotidiano che sta attraversando un periodo molto critico e rischia di sparire dal panorama editoriale italiano.La serata si aprirà alle 21.30 con  dj musiCat, continuerà poi alle 22.30 con il live di Capitalism Made Me Rich, combo padovano techno-pop; alle 23.30 salirà sul palco con la sua band electro-pop Tying Tiffany: padovana di nascita, ma bolognese d’adozione, negli ultimi anni ha riscosso numerosi successi nella scena  europea della musica indipendente. Durante la serata sarà presente uno stand informativo del quotidiano e l’incasso sarà interamente devoluto a “Il Manifesto” (ingresso 8 euro, riservato soci Csen). 

Programma:

ore 21.30 dj-set a cura di musiCat

ore 22.30 Capitalism Made Me Rich concerto di techno-pop

ore 23.30 Tying Tiffany concerto di electro-pop

 Biglietto d’ingresso € 8

 Vanilla associazione culturale & circolo Banale, via Bronzetti 8 (porta Trento), Padova, www.myspace.com/banale

 info vanillaufficiostampa@yahoo.it +39 347 0976350 ; +39 340 3031736

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Musica che stimola lo stomaco e la testa: fuori i nomi

L’altro giorno leggo una recensione che attira la mia attenzione, anche perchè non conosco l’oggetto di cotanta attenzione: Jackie Leven. Ma ormai non mi fido più di chi scirve di musica per mestiere e così contatto il fido Michele B. Non sempre siamo d’accordo (vedi PJ Harvey, che io adoro, anche se ammetto che le ultime cose al pianoforte se le poteva risparmiare), ma vale sempre la pena di seguire i suoi consigli. E allora vi giro, pari pari, la sua risposta. Contiene un sacco di notizie utili e qualche dritta che voglio condividere con chi ama la Musica come me.

“Cara Caterina, avevo otto anni quando mia madre mi regalò i miei primi due dischi. Due 45: Get Back dei Beatles e Guajira dei Santana. Quasi quarant’anni dopo, il mio palato s’è fatto ancora più fine e adesso uso un semplicissimo metro per misurare la musica che mi entra in casa. C’è quella bella, quella brutta, quella irritante e fastidiosa e quella completamente inutile… almeno per le mie orecchie. Ecco, Jackie Leven l’ho sempre trovato inutile. In questi anni, sedotto da alcune recensioni, gli ho fatto il piacere di acquistargli un paio di dischi che però non hanno mai retto la prova di un mese sul mio stereo. La sua è una musica banalotta, che sembra suonata apposta per arrivare alla radio. Non mi ha mai toccato alcuna corda particolare. Neppure la sua voce. So che in UK ha un certo seguito, ma credo soprattutto per i suoi testi. Quindi se vuoi un consiglio, lascialo perdere. Non ti cambierebbe la vita.

Se invece sei alla ricerca di qualcosa che ti stimoli lo stomaco e la testa segnati questi nomi (se già non li conosci):

KAREN DALTON “It’s so hard to tell….”. Lei è morta da poco e visto che di recente l’hanno riscoperta gente come nick cave e devendra banhart hanno pensato bene di ristampare i pochi dischi che s’è lasciata dietro. Se sei fortunata di trovarlo ancora in giro ti consiglio il primo cd con il dvd in regalo. La Dalton era stata scoperta da Fred Neil e Dino Valenti e Dylan, nelle sue memorie se la ricorda così: “era la mia preferita. una cantante di blues bianca, alta terragna scheletrica e focosa. Aveva una voce come billie holiday, suonava la chitarra come jimmy reed e ci metteva l’anima”. Grande voce e grande musica davvero.

RICHARD HAWLEY (del quale ti consiglio caldamente il primo e il terzo cd) s’è scoperto cantante solo da qualche anno, dopo aver prestato la sua chitarra agli oasis, ai pulp e a gran parte dell’ultimo rock britannico. Voce particolare, ottimi arrangiamenti e belli i testi delle sue canzoni. L’hanno paragonato a roy orbison  in qualche modo gli si avvicina. Se riesci ancora ad innamorarti, questa è la tua giusta colonna sonora. Level avrebbe molto da imparare da lui.

Prima ti dicevo della musica irritante e fastidiosa che a volte mi tocca sentire. La tua pj harvey appartiene a questa schiera e guarda che a giorni esce il suo nuovo disco con JOHN PARISH che invece è uno dei miei musicisti preferiti. E di PARISH, se non ce l’hai già, ti consiglio HOW ANIMALS MOVE. Musica per palati fini e per chi ama le sonorità cinematografiche e i suoni di Howe Gelb che poi in questo cd ci suona pure dentro. Al fianco della stessa Harvey che qui canta una bellissima Airplane Blues.

STEVEN BERNSTEIN “Diaspora Soul” Bernstein presta la sua tromba al rock del giro di antony e di banhart, ma lui è soprattutto un jazzista e a volte lavora pure per hollywood. Della serie DIASPORA, composta di quattro capitoli, ti consiglio il SOUL, ottimo miscuglio di jazz, colonne sonore e musica yiddish. Lo senti una volta e te lo scarichi subito sull’ipod.

MARK HOLLIS “MARK HOLLIS” lui è il leader dei celebri talk talk. Te li ricordi? Bene, qualche anno fa s’è ritirato dalle scene, stanco della musica e di ciò che le gira attorno e nessuno sa neanche più che fine abbia fatto. ma prima di sparire ci ha lasciato questo piccolo gioiello, musica sussurrata e notturna. capace di farti sanguinare il cuore. SPLENDIDO!

DINO VALENTI “DINO VALENTE”. Valente con la E perchè dando alle stampe l’album l’ufficio stampa della casa discografica non sapeva neanche come si chiamava il loro artista. Lui è il fondatore dei quicksilver messenger service solo che non potè gustarsi il successo perchè, mentre il gruppo veniva lanciato, lui veniva arrestato per droga e finiva dentro per qualche tempo. Alla sua uscita, un vecchio contratto lo legava ancora alla sua casa discografica e così gli fecero incidere il suo unico disco solista prodotto da Bob Johnston, il fido collaboratoe di dylan. ma non asopettarti una copia di dylan. questa è musica altra. Psichedelia, ballate, jazz e chi più ne ha più ne metta. il disco ha 40 anni e sembra inciso oggi.

Questi sono alcuni dei venti cd che stazionano sul mio comodino in camera da letto. Se già non ce l’hai ti consiglio pure tool box dei calexico”

“La zolfa”: l’rriverenza di Heman Zed al potere

Perché scrivere di narrativa in questa rubrica dedicata alla musica? I motivi sono almeno tre. Primo perché lo scrittore in questione, ovvero Heman Zed (Emanuele Zanon, padovano, 42 anni), è anche batterista. Secondo perché il suo prossimo romanzo, appena consegnato alla casa editrice “Il maestrale”, titolo provvisorio “Dreams and drums, uscirà nell’estate 2010 abbinato ad un cd, una colonna sonora con hit degli anni Sessanta, gli stessi citati nella storia. Per l’occasione Heman ha ripreso in mano dopo tredici anni le bacchette (come il protagonista del libro, un batterista), affiancato dalla moglie Laura al basso, da Roberto Barani Vannucchi, ex Blumercado, alla chitarra e da Umberto Casadei, altro scrittore padovano, alla voce. In scaletta “classici garage e beat rivisitati in chiave rokkettona – mi racconta Heman – tipo “1-2-5” degli Haunted, “Goo goo muck” di Ronnie Cook, “99th floor” dei Moving Sidewalks, “As time’s gone” dei Tropics e “Making time” dei Creation”. Mi ha mandato oggi una demo e devo dire che i ragazzi (Heman ha superato i 40 ma non trovo un altro termine più azzeccato) vanno forte…. Terzo motivo, molto più semplice, è che mercoledì 4 marzo alle sei del pomeriggio Heman mi ha invitata a presentare il suo ultimo libro, “La zolfa” , alla libreria Melbookstore di Padova.

E’ il suo secondo lavoro, pubblicato di fresco. Il debutto è invece del 2007, l’avvincente “La cortina di marzapane” (e anche qui gli agganci alla musica non mancano). Sta per uscire una versione sia in audiolibro (la voce è quella di Roberto Ceccato) sia per il grande schermo. Rai Cinema ha infatti tutta l’intenzione di trasformare in un film le disavventure di Tito, innamorato pazzo di tutto quanto succede oltre la cortina di ferro, possibilmente agganciandosi quest’anno al ventesimo anniversario del crollo del muro di Berlino. In attesa del film consiglio vivamente il libro, soprattutto a chi ha vissuto da ragazzo gli anni Ottanta.

Ma torniamo al presente e a “La zolfa”, divertente e beffardo: il titolo riprende il nome di un condominio di svitati stravaganti, capitanati dal cavalier Girolamo Pistone, pronti all’insurrezione pur di non darla vinta alle ruspe e all’arrivo di un centro commerciale. Un’armata Brancaleone disposta a tutto, persino ad un colpo di Stato, pardon di paese, con l’occupazione del municipio di San Pinerlo: “I personaggi sono quelli della farsa, buffoni di corte irriverenti, quelli che infastidiscono davvero il potere, simili più a Daniele Luttazzi (vicino ai miei personaggi anche per la grevità del linguaggio) che non a Fabio Fazio. Questi poveri mentecatti riescono a ribadire il loro esistere, irridendo il potere attraverso il loro incredibile capobranco”. Ne succedono di tutti i colori, in situazioni al limite dell’inverosimile, le risate (e le ghignate) non mancano. Innumerevoli gli agganci alla realtà e ai soprusi del potere, economico e politico: “La distribuzione pubblica tra i rivoltosi dell’acqua minerale, imbottigliata a San Pinerlo dall’azienda del commendator Adeneo Gorgosasso, vuol ribadire che l’acqua è un bene di tutti, un diritto e non un bisogno com’è stato deciso nel forum mondiale del 2001”. Chiarissimo anche il rimando alla proliferazione incontrollata dei centri commerciali, al potere della televisione – nascita e morte della Repubblica comunale di San Pinerlo vengono puntualmente riprese da Telebronco - e all’ingerenza del Vaticano nella vita politica italiana: nella “Zolfa” è l’invasato cardinale di Bourguignonne, erede degli inquisitori e di Girolamo Savonarola, a cercare di mandare a casa i ribelli a colpi di scomuniche e penitenze. Invano.

Newman ed Elfman: quando la colonna sonora suona bene anche senza il film

L’altra sera ho visto finalmente “Revolutionary road”, un bel rimescolamento delle viscere, il mal di vivere che nella coppia raddoppia. Perfetta la colonna sonora. Ho aspettato come sempre i titoli di coda per conoscere l’autore: Thomas Newman. Sentivo quel certo suono già amato in “American beauty”: non a caso il regista è lo stesso, Sam Mendes. Thomas è nipote di Randy, altro asso del soundtrack (da “You can leave your hat on” cantata da Joe Cocker per “Nove settimane e mezzo” ad una miriade di supercartoon). Da “American beauty” ascolto con gusto, anche sganciati dalle immagini, soprattutto “Dead already” e quello che dà il titolo al film. Da non perdere la versione firmata Ministry of sound ”Jackatta/American Beauty” , più avvolgente con l’aggiunta di un bel ritmo e di voci femminili “etniche”. E sempre a proposito di colonne sonore, mi ha molto colpito, dando una buona dose di pathos al film, quella di “Milk” con Sean Penn ancora più brutto per colpa di un naso finto (non gli bastava quello originale…), ma bravissimo neanche dirlo. Una trentina i brani, meno minimalisti e più sinfonici di quelli di Newman jr. Molti non arrivano al minuto, ma quelli più lunghi sono una favola: quello usato per i “main titles” ha un violoncello da brivido (più invadente il sax, ma va bene così), “Politics is theater” si chiude con un trionfo di fiati, “Gay rights now” lo dedico a Povia, “Harvey’s last day” ha un piano che fa piangere. Dimenticavo, l’autore è Daniel Elfman, inseparabile compagno di ventura di Tim Burton.