I registi israeliani armati di coraggio e ironia. I loro colleghi palestinesi armati di pazienza e dolore. E una sorpresa anche tra noi
Mentre i cari armati israeliani infuriano a Gaza l’ironia della sorte vuole che il film del regista israeliano Uri Folman “Valzer con Bashir”, dolente narrazione tramite cartoon della mattanza di Sabra e Chatila del 1982 e fresco vincitore in Israele di ben sei Oscar, vinca anche il Golden Globe battendo sul filo di lana il nostro “Gomorra”. In più, arriva in Italia anche “Il giardino dei limoni”, film nel quale il regista Riklis è riuscito a fare un ritratto quasi perfetto della società israeliana quando ha a che fare con i palestinesi. Due coincidenze che sembrano una allucinazione collettiva. E due film che vanno ad aggiungersi ai molto belli, impegnativi e sempre molto dolorosi “Iron wall”, “Occupation 101”, “La Porta del sole”, “Paradise now” e “Private”, che in Italia abbiamo snobbato perché mandano in frantumi le verità di comodo, con il rischio di rovinarci la digestioni o di metterci qualche fastidiosa pulce nell’orecchio.
Questo è il trailer di Valzer con Bashir: http://www.comingsoon.it/video.asp?key=1738|1878 , che però a causa delle brevità non rende del tutto l’idea. La rende meglio questo articolo ( http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/01/05/valzer-con-bashir-il-conflitto-sullo-schermo.html ) di Natalia Aspesi.
Ari Folman a 18 anni aveva partecipato all’invasione israeliana del Libano per sradicare da quei territori i palestinesi di Arafat, già organizzati militarmente e usi a lanciare missili sul Nord di Israele per gridare al mondo le ragioni della diaspora palestinese. Folman era dunque tra quei ragazzi impreparati e superarmati, così simili ai soldati di oggi a Gaza, che irruppero con i carri armati a Beirut Ovest nel settembre del 1982. Folman era anche tra coloro che circondarono i campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila per controllarli ed era anche tra chi, privi di ordini dei superiori, si voltarono dall’altra parte mentre l’ esercito falangista, cioè dei cristiani maroniti, entrava in quel miserabile campo affollato soprattutto di donne e bambini per massacrarne a sangue, indisturbati per tre giorni di fila, più o meno 3.000. Più o meno, perché mentre delle vittime delle Twin Tower di New York conosciamo l’esatto numero, quelle di Sabra e Chatila sono uno dei molti buchi neri della nostra informazione. E quindi della nostra coscienza. Sappiamo che sono morti 6 milioni di ebrei nei campi di sterminio nazisti, ma non ce n’è mai fregato nulla di sapere anche quanti “zingari”, quanti omosessuali equanti prigionieri russi siano pure stati massacrati dai nazisti. Tanto meno ci frega qualcosa sapere di quante decine di milioni di esseri umani i tedeschi hanno provovato la morte in URSS, che abbiamo invaso con loro….
Dopo avere lungamente rimosso quegli orrori e quel trauma. “Valzer con Bashir” è il modo di Folman “per riprendersi la giovinezza, la memoria, la sofferenza di allora, chiedendo aiuto alla psicanalisi, andando alla ricerca dei suoi ex commilitoni dimenticati, che pur riluttanti, sono tornati per lui a ricordare gli incubi sepolti”. Lo spettatore resterà certamente inchiodato alla poltrona dallo sgomento nel vedere che un commilitone di Folman di quel tempo a Beirut Ovest racconta della telefonata ad Ariel Sharon, detto “Arik”, allora ministro della Difesa, “per segnalargli che correvano voci di un massacro, che gli spari e le grida che provenivano dal campo erano incessanti, e lui risponde educato soltanto «grazie per avermi informato»”. Scrive Natalia Aspesi dei testimoni di allora e protagonisti del film di oggi. “C’ è chi non può dimenticare il gruppo di bambini e donne terrorizzati che escono dalle miserabili baracche a mani alzate come i piccoli ebrei evacuati dal ghetto di Varsavia, chi di notte è assalito dall’ incubo di una muta di cani feroci che lo assediano e gli paiono quelli che aveva dovuto uccidere perché non abbaiassero durante le manovre. Riaffiorano immagini surreali, ipnotiche, collegate a indecifrabili angosce, una folla di donne velate di nero che corrono piangendo tra le rovine, un soldato israeliano rimasto solo sotto il fuoco palestinese che riesce a gettarsi in mare e immagina di essere salvato da una immensa figura di donna”.
La realtà irrompe senza i veli onirici dei disegni da cartoon nel paio di minuti di riprese video, spaventose: si vedono le poche donne sopravvissute che “vagano come impazzite, urlando, tra montagne di cadaveri, corpi torturati, fatti a pezzi, uomini donne, vecchi, bambini”. Scene che ci fanno inevitabilmente pensare a Gaza di oggi, così che le vecchie immagini di un quarto di secolo fa diventano il replay di un passato che non passa ed è di nuovo presente. E Folman rincara la dose: «Voglio che con queste immagini la gente si convinca che questo orrore [ un massacro che durò tre giorni, sempre indisturbato] è veramente accaduto e che noi israeliani, non impedendolo, ne siamo stati in parte responsabili».Centinaia di migliaia di persone scesero in piazza per protesta anche in Israele, tanto che il governo fu costretto a creare una commissione di inchiesta. Natalia Aspesi ricorda e conclude: “Sharon fu giudicato colpevole di non aver fatto abbastanza per fermare una strage dal momento che ne era stato informato. Dichiarato non idoneo a comandare dovette dimettersi con il divieto a ricoprire di nuovo quella carica. Nel ’96 divenne ministro degli Esteri e nel 2001 divenne primo ministro”, in tempo per dare vita al famoso Muro.
Un Muro che è diventato anche oggetto di un altro bel film: “Il Muro di Ferro”, titolo originale è “The Iron Wall”, che ripercorre le tappe della colonizzazione israeliana dei territori palestinesi e mostra come la costruzione del Muro è solo la tappa per ora finale di un processo iniziato molti anni fa. Vale la pena riportare le parole di apertura del film, pronunciate da un leader sionista già nel 1923: « “La colonizzazione sionista nella terra di Israele può solo arrestarsi o procedere a dispetto della popolazione nativa palestinese. Questo significa che può procedere e svilupparsi solo con la protezione di una potenza indipendente – dietro un muro di ferro, che i nativi non potranno penetrare.” con queste parole, nel 1923, Vladmir Jabotinsky indicava la strada per la colonizzazione della Palestina». Come si vede, a parte le chiacchiere dei nostri buonisti e delle varie Annunziate da salotto tv, il programma di cacciare i palestinesi dalle loro terre e dalle loro case, programma di cui si sono vantati in seguito i vari Dayan ed Eitan che lo hanno messo in pratica, è nato ben prima che l’Onu dichiarasse la nascita dello Stato di Israele e del mai venuto al mondo Stato della Palestina.
Per chi vuole saperne di più su questo film ecco qualche link:
http://video.google.it/videosearch?hl=it&q=%22Iron%20wall%22&lr=lang_it&um=1&ie=UTF-8&sa=N&tab=wv#q=%22Iron%20wall%22&hl=it&emb=0
http://www.theironwall.ps/links.html
http://www.theironwall.ps/articles.html
Per quanto riguarda invece “Il giardino dei limoni” ( http://www.youtube.com/watch?v=YIoowHIpUT0 ), credo che la migliore sintesi l’abbia fatta Wlodek Goldkorn, cosmopolita ebreo di origine polacca e capo della sezione Cultura de L’espresso, sul sito di quel settimanale. Ecco cosa ha scritto: “Un consiglio a tutti. Andate a vedere “Il giardino di limoni”, il bellissimo film di Eran Riklis. La storia è semplice: il ministro della Difesa di Israele prende casa in un luogo al confine con i territori palestinesi. Si trova come vicina una vedova palestinese che coltiva un giardino di limoni. I servizi segreti israeliani pensano che in quel giardino potrebbero un giorno, ipoteticamente, nascondersi dei terroristi… Ne viene fuori una pellicola piena di sfacettature e recitata divinamente. Soprattutto: il regista Riklis è riuscito a fare un ritratto quasi perfetto della società israeliana, quando ha a che fare con i palestinesi. C’è paranoia, ottusità, cinismo, fede assoluta nella forza, disprezzo degli altri. C’è l’idea che tutto è permesso (siccome alla festa del ministro mancano i limoni, si va nel giardino della vicina a raccoglierli). C’è anche un triste ritratto della società palestinese: dove le donne sono private di ogni diritto e dove regna una retorica verbosa quanto inutile, unita anch’essa a un profondo cinismo e disprezzo degli altri”.
Goldkorn conclude dicendo che “è un peccato, che il film sia stato doppiato e non mandato in sala in versione originale con sottotitoli. Si perde il fatto che gli ebrei parlano l’ebraico, gli arabi l’arabo etc.”. Molto bella comunque la colonna sonora e bella e portentosa l’attrice palestinese israeliana Hiam Abbas.
Il film “Private” narra la vita di una famiglia musulmana che vive nei Territori Occupati e si vede occupare da un gruppo di soldati israeliani anche la casa. E i soldati obbligano i padroni di casa a vivere esclusivamente in salotto. Sorprende scoprire che si tratta dell’opera prima del figlio di Maurizio Costanzo, Saverio, che ha saputo mettere in scena finalmente qualcosa di diverso dal diluvio di produzioni nostrane tutte sulla famiglia, l’amore, i vizi e le virtù degli italiani. Molto coraggiosa la scelta di candidare “Private” all’Oscar per l’Italia per giunta a fronte di una alternativa come “Manuale d’amore”, candidatura poi ritirata perché s’è scoperta che le regole vietano la partecipazione a film stranieri in cui si parlasse una lingua diversa da quella del Paese produttore del film. Ecco un link utile per chi vuole saperne di più: http://cinemascope85.wordpress.com/2007/02/19/private-saverio-costanzo-2004/
Chi vuole tentare di capire anche ciò che per noi è incomprensibile può vedere Paradise Now. E’ la storia di Said, un terrorista palestinese di Nablus che si risolve a una missione suicida a Tel Aviv. Può parere strano o inaccettabile, ma il ritratto che ne esce è di un uomo che sceglie di sacrificare la propria vita per i suoi ideali e per il suo popolo e per riscattarsi dall’onta di avere avuto un padre che ha collaborato con gli israeliani. La narrazione del palestinese Hany Abu-Assad è avvincente e racconta le ultime 48 ore del kamikaze Said e del suo amico Khaled, nella loro “missione santa” verso la morte, i riti della preparazione fisica e spirituale, compreso lo scatto della foto da guerriero che verrà poi affissa in città e il video per i fedeli islamici e i famigliari. Questo un link del trailer: http://www.metacafe.com/watch/113201/paradise_now_movie_trailer/
Il film La porta del Sole – titolo originale Bab el Shams – racconta storie di palestinesi, dalla Galilea ai campi profughi del Libano. Storie di vite segnate dallo cognizione del dolore, non appreso dai libri ma vissuto in prima persona per tutta la vita, ma percorse anche da grandi speranze, amori straordinari e non meno intensi delle sofferenze patite. Il crisma della condizione umana è incarnato da personaggi emblematici della Storia di un intero Popolo: Younes l’indomito combattente per la libertà; Nahila, sua giovane e coraggiosa sposa; Khalil, che dopo aver vissuto il massacro di Sabra e Chatila assiste Younes, ormai in coma irreversibile, nel tragicamente noto Galilea Hospital di Beirut. Qui leggete una recensione: http://www.ilcircolo.net/lia/673.php . E qui una recensione di Antonio Tabucchi che però parla anche di altri tre film di altri generi: http://www.cinemah.com/videosofia/riflessi/index.html
Qualche trailer lo potete trovare qui: http://video.google.it/videosearch?hl=it&q=il%20film%20%22Bab%20el%20Shams%22&lr=lang_it&um=1&ie=UTF-8&sa=N&tab=wv#q=il%20film%20%22Bab%20el%20Shams%22&hl=it&emb=0
Infine il film “Occupation 101″. Si tratta di un interessante documentario dove a parlare sono palestinesi, israeliani e cittadini di altri Paesi, giornalisti, attivisti, storici, politici, capi religiosi, compresi Ilan Pappe, Rashid Khalidi, Noam Chomsky, Phyllis Bennis, Jeff Halper, Amira Hass, Iyad Sarraj e Yael Stiensulle. Il tema sono le cause storiche del conflitto israelo-palestinese, la vita sotto il controllo militare israeliano, il ruolo degli Stati Uniti nel conflitto e gli elementi che ancora ostacolano il raggiungimento di una pace duratura e giusta. Ve ne propongo tre link: http://video.google.it/videosearch?hl=it&q=%22Occupation%20101%22&lr=lang_it&um=1&ie=UTF-8&sa=N&tab=wv#q=%22Occupation%20101%22&hl=it&emb=0
http://vincenzobellomo.splinder.com/post/12350357/Occupation+101
http://www.occupation101.com/
un mio bisnonno ch’era un gran saggio e che visse oltre i cent’anni, diceva a mio padre: ” non fare mai affari con gli ebrei, con i preti, e con le puttane. Però, forse era prevenuto, mha.
Jewish Opposition to Zionism:
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionoppdex.html
US Jews Oppose Jewish State 1919:
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionopp01.html
Opposition to Zionism in Britain1917:
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionopp02.html
Editorial of 1st RETURN Magazine
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionopp03.html
RETURN Statement
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionopp04.html
Erich Fried’s Indictment of Zionism
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionopp05.html
Orthodox Jews Against Zionism
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionopp06.html
Anti-Zionism (from Encyclopedia)
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionopp07.html
For an Indivisible and Free Palestine
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionopp08.html
The symbiotic relationship of Zionism and anti-Semitism
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionsymdex.html
The racist nature of Zionism
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionracdex.html
Zionism and the Holocaust
Failure to support rescue; suppression of news; collaboration with the Nazis in extermination of European Jewry; Zionist priorities in World War II; Zionists in the USA during World War II, etc.:
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionholdex.html
Jewish opposition to Zionism
Orthodox Jews denounce Zionism as blasphemy. Liberal Jews oppose and denounce Zionism as a racist, colonial project endangering Jews and non-Jews
http://codoh.com/zionweb/ziondark/zionoppdex.html
http://www.jewishisrael.org/
Con un previsto colpo di spugna su una legge di Bush (che vietava l’uso di fondi federali per la promozione dell’interruzione di gravidanza all’estero) e l’affermazione dell’impegno a “proteggere il diritto di scelta della donna”, il presidente Usa ha riaperto il dibattito sull’aborto negli Stati Uniti. Ma i vescovi cattolici hanno espresso “grande disappunto”
L’oltre tevere romano è in subbuglio e vede girarsi di 180° il suo miglior alleato gurrafondaio (di poco tempo fa, per nostra fortuna adesso c’è un certo Obama), come la propagandista e conservatrice yankee Anita, sempre quì presente.
22 gennaio del 2009
LE RIFLESSIONI DI FIDEL
L’undicesimo presidente degli Stati Uniti
Martedì 20 gennaio del 2009 ha assunto l guida dell’impero Barack Obama quale Presidente numero undici degli Stati Uniti, dal trionfo della Rivoluzione Cubana, nel gennaio del 1959.
Nessuno può dubitare della sincerità delle sue parole quando afferma che trasformerà il suo paese in un modello di libertà e di rispetto per i diritti umani nel mondo e per l’indipendenza degli altri popoli.
Senza che questo offenda , diciamo quasi nessuno, eccetto i misantropi in qualsiasi angolo del pianeta Aveva già affermato comodamente che la prigione e le torture nella Base illegale di Guantánamo sarebbero state immediatamente eliminate e questo comincia a preoccupare coloro che hanno il culto del terrore come strumento irrinunciabile della politica estera del loro paese
Il viso intelligente e nobile del primo presidente negro degli Stati Uniti dalla loro fondazione, avvenuta duecentotrenta anni fa circa, come Repubblica indipendente, si era autotrasformato per l’ispirazione di Abraham Lincoln e Martin Luther King, sino a divenire il simbolo vivente del sogno americano.
Ma senza dubbio, nonostante tutte le prove sopportate, Obama non è ancora passato per le principali.
Che fara quando l’immenso potere che è nelle sue mani sarà assolutamente inutile per superare le contraddizioni senza soluzioni dell’antagonismo del sistema?
Ho ridotto le riflessioni come mi ero proposto di fare per quest’anno, per non interferire e non disturbare i compagni del Partito e dello Stato nelle decisioni costanti che devono prendere di fronte a difficoltà oggettive derivate dalla crisi economica mondiale.
Io sto bene, ma insisto: nessuno di loro si deve sentire compromesso per le mie eventuali riflessioni, la mia gravità o la mia morte.
Rivedo i discorsi e i materiali che ho elaborato in più di cinquantenni.
Ho avuto il raro privilegio di osservare i fatti durante tanto tempo Ricevo informazioni e medito accuratamente sugli avvenimenti.
Spero di non godere di questo privilegio tra quattro anni, quando il primo periodo presidenziale di Obama si concluderà.
Fidel Castro Ruz
22 gennaio del 2009
A humanitarian appeal was launched by a number of UK charities on Thursday to raise money for aid relief in Gaza.
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Gli israeliani rompono e gli altri pagano. Com’è questa storia?
Un tribunale internazionale dovrebbe imporre il pagamento dei danni a chi li provoca e sanzionare con l’embargo chi non si attiene alle disposizioni. Ogni nazione dovrebbe imporsi in questo senso, se veramente si vuole fare qualcosa di serio. Naturalmente non lo farà nessuno, perchè il problema viene visto come strettamente locale e, dopotutto, business is business. Ne deriva che ci si riduce sempre alle solite: il più debole soccombe. Non è giusto? Certo che non è giusto. Però lo si fa diventare giusto. Così gira il mondo.
Eccovi l’elenco completo, anno per anno, delle vittime palestinesi e di quelle israeliane dal 2000 al 2008. I singoli link permettono di leggere i nomi di ogni vittima e quando, come e dove ciascuna è stata uccisa. A parte, la lista delle vittime bambini. Da notare che la fonte è israeliana e che dei coloni che hanno ucciso oltre 40 palestinesi nessuno è stato mai condannato: licenza di uccidere.
http://www.btselem.org/English/Statistics/Casualties.asp
Blue Serge vi invita alla presentazione di
VENICE INSIDE
(Musiche di Claudio Fasoli, cd Blue Serge © 2009 BLS-019)
CLAUDIO FASOLI EMERALD QUARTET
Claudio Fasoli: sax tenore & soprano
Mario Zara: pianoforte Yuri Goloubev: contrabbasso Marco Zanoli: batteria
Sabato 31 Gennaio 2009 ore 17.30 c/o Camera del Lavoro (Auditorium Di Vittorio)
Corso Porta Vittoria 43, Milano
Presenta Maurizio Franco
Ingresso libero sino a esaurimento posti.
Questo cd propone una raccolta di brani che ben rappresentano le recenti conclusioni compositive di Claudio Fasoli; si ascolteranno quindi elementi tipici della costruzione dei suoi brani: dalla cantabilità tematica alla ricerca dell’imprevedibilità formale, dalla sofisticata coloritura armonica all’ampio spazio dedicato all’improvvisazione.
I brani del cd, pubblicato dall’etichetta Blue Serge, sono dedicati dal leader a Venezia, sua città natale da cui manca da molti anni.
Il clima suggestivo della città stimola nell’autore atmosfere musicali molto particolari ed evocative.
I suoi compagni di questo viaggio espressivo sono tutti musicisti di grande sensibilità e disponibilità all’interplay, aperti a soluzioni musicalmente sempre assai efficaci e significative.
Se gli americani sapessero cosa sta facendo Israele! Ma…. IL VIDEO E’ STATO CENSURATO!
If Americans Knew What Israel Is Doing! But…. VIDEO WAS CENSORED!
http://www.youtube.com/watch?v=ynWjYHP91gA&feature=related
# Rubašov ha scritto:
23 Gennaio, 2009 17:17
Caro Huato, perché volersi a tutti i costi rovinare la digestione?
Sono quattro gatti chiusi nel loro ristrettissimo universo: lascia che muoiano là. Tanto, il rilievo che hanno all’esterno è pari a quello dell’ultimo scemo del villaggio.
Parla Londra
a tutti gli amici in ascolto:
consigliamo ad Anita e Pantegana un bel viaggio di piacere previo rapimento in quel di Guantanamo.
Trattamento secondo il manualre Q-Bark per migliorare il tono dell’umore
saluti
Il mio post # 187 e’ civilissimo.
Potete leggere gli stessi commentari su molti giornali anche italiani.
Si’, la mia sabbatica sara’ molto lunga.
Scusate il disturbo.
Anita
E’ la logica della faida, nè più nè meno. marco tempesta
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Come dissero gli ebrei del ghetto ai nazi …..
Caro marco tempesta,
non mi riesce più di capire se lei è tonto oppure se vive proprio in un altro mondo. Qui siamo in presenza di un popolo che vuole rubare tutto ad un altro e lei parla di mettersi d’accordo ed irride chi difende non tanto i propri beni ma il proprio diritto di vivere.
Ma non ha sentito cosa dicevano i ragazzini di Hamas ai civili di Gaza: “Tanto gli israeliani ci uccideranno comunque tutti”.
E’ così da un secolo ed ora arrivano i pistola come lei a dire che non è niente vero che i terroristi sono io palestinesi.
Vada buon uomo, vada ….
Quanto poi ai capi di Hamas, anche un pistola come lei dovrebbe sapere che la loro vita dura pochi mesi prima di venire uccisi, visto che gli israeliani uccidono tutti i capi palestinesi; ora di Hamas ma prima di tutte le altre organizzazioni palestinesi. Ma questa è storia e la storia non interessa al nostro gegnale marco tempesta. Ed oltre ai capi politici gli israeliani uccidono anche la loro classe dirigente (tutti coloro che hanno una professione, ad esempio, vengono uccisi dagli israeliani).
Compito di un capo non è quello di combattere ma di dirigere. A combattere ci vanno i giovani. Solo un cretino come lei può scambiare queste regole, valide per TUTTE le organizzazioni e per tutti gli eserciti, regolari o meno che siano, per viltà.
Quanto poi alle organizzazioni mafiose, un ittagliano dovrebbe avere il pudore di tacere. U.
Impossibile dialogare con una fonte monomaniacale.
Papa Uroburo I pontifica e chiunque dissenta è un eretico da mettere al rogo. Spiacente, non sono Giordano Bruno.
Quando si cambierà argomento reinterverrò, ma in attesa è inutile portare argomentazioni: bisogna essere allineati col pensiero della Chiesa uroburesca, prendere o lasciare.
La partita non mi interessa, lascio.
In attesa di una nuova partita.
Cara Anita, cosa succede?¿? xcche vuoi togliere il disturbo, proprio adesso che La Storia ha dimostrato il fallimento del tuo amcico busc e questo non sarebbe gniente, è dimostrato il fallimento del capitalismo usuraio e tu ne sei e sei stata fino ad oggi e sicuramente lo sarai anche domani, una fervente sostenitrice dei crimini di busc… si eri contro la guerra in Irak, lo ricordo, ma non hay mai riconosciuto il furto e la rapina di petrolio da parte dei tuoi imbroglioni, i fatti e la storia lo stanno dimostrando, Obama sta cercando di far tornare il Paese dei bianchi torturatori, con leggi fuori legge, tingera con un po di sole la pelle del Paese, che non è solo dei bianchi ma di tutti, il vero Paese USA OGGI HA BISOGNO DI GESTIRE IL CRAK ECONOMICO, causato da busc e il suo credo nel mercato libero… prima lo stato liberale finanziava lAgricoltura a danno dei prodotti dei paesi poveri, quindi è fallito. Ora lo stato è liberale o socialista?¿?…, finanzia banche e industria automobilistica… e a cascata dovra dare soldi pubblici a speculatori delle banche truffaldine, soldi dei contribuenti usa e non solo, come al solito la pagheranno tutto il mondo… cosi x vendere le auto dovranno regalare i dollars ai compratori, altrimente non si fanno piu Suv… inutili e dannosi, lindustria x ricevere le sovvenzioni devono riciclarsi alla energia pulita con motori con altro tipo di propellente… dovranno sovvenzionare anche i compratori, altrimenti il ciclo produttivo del “capitalismo del serpente” si autodistrugge e si mangia la coda da solo…. Bella filosofia politica la tua Anita… OGGI sembra che si sia messa una pietra tombale sulle tue idee in difesa dei tuoi amici criminali sociali.. COMPLIMENTI!!! Ma penso che non sia x questo cche ti sabbati dal blog… x lungo tempo!! Torna quando avrai voglia… qui nel blog non ccè nessuno che abbia mai considerato che la tua presenza sia un disturbo… Non è cosi come pensi!! ciao cariño!!
Faust
venerdì 23 gennaio 2009
Obama bombarda il Pakistan
Obama delude i pacifisti più velocemente di quanto chiunque si aspettasse.
Io credevo che ci volesse almeno qualche settimana.
Il presidente Obama, la speranza dell’umanità,” l’altra America”, il DIO di Veltroni.
At least 20 people were killed in northwest Pakistan near the border of Afghanistan on Friday in two suspected U.S. missile strikes, marking the first such attack in Pakistan’s tribal areas since President Obama’s inauguration.
per tutti gli appassionati della materia
IL PRINCIPE FORTUNATO DA VIVO, SFORTUNATO IN MORTE, SBATTUTO SUI GIORNALI TRA – FIGLI SEGRETI, RISSE LEGALI SULL’EREDITÀ, RIVELAZIONI DI QUESTA O QUELLA SIGNORA – PANSA SI TOGLIE UN MACIGNO E LO LANCIA CONTRO DE BENEDETTI-SCALFARI-CARACCIOLO
Giampaolo Pansa per “Il Riformista”
Giampaolo Pansa
La prima volta che lo vidi, Carlo Caracciolo aveva appena fatto un infarto. Era il 1976 o 1977, il Principe mi parve un bellissimo signore cinquantenne, molto affabile, con l’aria tra il regale e il democratico che è stata la sua cifra sino alla fine. Come tutti i principi, non sembrava per nulla malato, ma soltanto un po’ stanco. I medici gli avevano consigliato di trascorrere un periodo fuori Roma, in campagna, per darsi alle passeggiate. E lui si era affittato una villa sull’Appia Antica.
Quando seppe che mi trovavo a Roma per qualche articolo che il Corriere della sera mi aveva chiesto, mi pregò di andarlo a trovare. Il motivo lo immaginai: voleva convincermi a lasciare Piero Ottone e trasferirmi a Repubblica. Ci aveva già provato Scalfari nel giugno 1975, mostrandomi le prove grafiche del giornale che doveva nascere. Gli avevo risposto che, per un patto di lealtà, avrei lasciato via Solferino soltanto quando Ottone se ne fosse andato.
Caracciolo mi chiese di accompagnarlo per una breve camminata tra i campi. E mi spiegò che un giornalista quarantenne come ero io doveva lavorare per Repubblica. Disse: «Dopo le prime fatali difficoltà, il giornale si assesterà e diventerà sempre più forte. Per tanti motivi, ma soprattutto per due ragioni. Ha un direttore unico in Italia, il più bravo in assoluto: Eugenio. E un editore fortunato: io. Forse tu non lo sai, ma la fortuna mi è sempre stata amica. Con i giornali e con le donne».
Gli replicai, ridendo: «Mia nonna Caterina avrebbe detto: fortuna in amore, disgrazia negli affari. O viceversa». Carlo alzò le spalle: «Tua nonna si sbagliava. La mia storia la smentisce. Dammi retta: vieni con noi a Repubblica. Diventerà il primo giornale italiano. Spero di vivere abbastanza a lungo. Ma quando non ci sarò più, Repubblica esisterà ancora. E sarà sempre più forte».
Aveva ragione, il Principe. Sia pure non del tutto.
Caracciolo è mancato nel dicembre 2008, a 83 anni. Repubblica c’è sempre. Ma come tutti i grandi giornali sta soffrendo. Calano i lettori e cala la pubblicità. Il 2009 sarà l’anno del gelo anche per la carta stampata. Gli editori e i giornalisti batteranno i denti. La loro, la nostra immagine ne risulterà incrinata. Per una perversa simbiosi, questo sta già accadendo all’immagine del Principe. Messa a dura prova dalle liti per l’eredità. E dalla comparsa di figli segreti, frutto del suo fascino sulle donne che decideva di amare.
Mentre scrivo, mi rendo conto di aver anch’io subito il suo fascino e quello di Scalfari. Da giovane, mi vantavo di essere un migrante del giornalismo. A suggerirmi di essere così era stato mio padre Ernesto, operaio con la terza elementare: «Bisogna cambiare cambiare spesso padrone. È l’unica forza che hanno i poveri».
Dalla Stampa ero passato al Giorno, poi di nuovo alla Stampa con un altro direttore, quindi al Messaggero, per poi andare al Corriere. Un privilegio che oggi i giovani non hanno più. Adesso dai giornali si può soltanto uscire, mai entrare. Ma una volta arrivato a Repubblica, il 1° novembre 1977, ci rimasi per quattordici anni, un’eternità. Per poi farne altri diciassette all’Espresso. In totale, un trentennio abbondante nello stesso gruppo editoriale. Una follia che mi spiego soltanto con lo strapotere positivo esercitato su noi della truppa dai due leader del gruppo: Eugenio e Carlo. Una coppia senza eredi professionali. Gemelli indivisibili. Il gatto e la volpe. Identici nel bene e nel male.
Un giorno qualcuno scriverà la storia della loro amicizia e dell’impero che hanno creato. Oggi non è ancora il momento. Quando il Principe è scomparso, ho letto coccodrilli surreali, dettati da una lagnosa piaggeria post-mortem. E ogni volta che il gemello in vita, Scalfari, dice o scrive qualcosa, Repubblica scolpisce delle lapidi iettatorie che penso diano i brividi a Eugenio. Ma il loro percorso è stato davvero grande. E irripetibile. Nella storia del giornalismo italiano non ne vedremo più uno eguale.
Per non arruolarmi tra i laudatori, di quel percorso voglio ricordare il momento più critico, quello che segnò una svolta nella vicenda dei Gemelli Insuperabili. Accadde nella primavera del 1989, quando Carlo ed Eugenio decisero di vendere alla Mondadori di De Benedetti i loro gioielli. Ossia la metà di Repubblica che la Mondadori ancora non possedeva, l’Espresso e la robusta catena dei quotidiani locali. La dichiarazione pubblica della vendita ebbe una data e un luogo per me indimenticabili: l’11 aprile, Torino, il magico teatro Carignano.
Quel pomeriggio si festeggiava la nascita dell’edizione torinese di Repubblica, affidata a un giornalista di prima classe, Salvatore Tropea. La festa annunciava il nostro attacco al santuario subalpino della Stampa: il giornale dell’avvocato Agnelli, il colosso centenario che la banda repubblicana andava a sfidare sotto le sue mura.
Sul palco del Carignano c’era il calabrese Scalfari, affiancato da due piemontesi traditori: il torinese Gianni Rocca e il monferrino Pansa. Seduto in sala stava, avvolto nel suo splendore, Gianni Agnelli, venuto a sentire quali fossero i propositi dei banditi saliti da Roma. De Benedetti arrivò puntualissimo, alle 17.30 spaccate. L’Ingegnere sembrava incerto sulla poltrona da occupare. Poi il capo dell’ufficio stampa della Fiat, Alberto Nicolello, si accorse di lui e gli cedette il posto accanto all’Avvocato.
I fotoreporter andarono in orgasmo. Era una circostanza che non si sarebbe più ripetuta. Che poi divenne storica quando ai due big si affiancò Eugenio. Confesso di non ricordare dove fosse seduto il Principe. C’era o non c’era al Carignano? Comunque sia, risultò come se ci fosse. E il trionfo del capitalismo editoriale, parlo di quello laico, democratico e antifascista, fu completo e perfetto. Tuttavia, la perfezione presentava una piccola crepa. Dopo la vendita all’Ingegnere, Repubblica e l’Espresso erano entrati o no nell’orbita dell’editoria impura? In quel tempo si tribolava ancora attorno a questi interrogativi assurdi. Ma Scalfari e Caracciolo avevano un’immagine da difendere.
Eugenio, poi, si era sempre sgolato a esaltare la sua diversità rispetto agli altri direttori delle grandi testate. Ripeteva di continuo che un direttore è davvero forte e libero se è padrone del suo, ossia se possiede almeno una parte del giornale che guida. E adesso doveva spiegare se si sentisse libero e forte come prima.
D’accordo con il Principe, Eugenio rispose con un editoriale pubblicato su Repubblica il 14 aprile, tre giorni dopo il trionfo di Torino. Il titolo gridava: «Una bandiera che non sarà ammainata». Il pomeriggio dello stesso giorno, Scalfari affrontò una conferenza stampa di fronte ai corrispondenti esteri di Roma. Il succo del discorso fu il seguente: Carlo e io abbiamo ceduto la nostra azienda alla Mondadori, ma adesso stiamo nella proprietà della Mondadori, siamo azionisti di quel gruppo, e Caracciolo sarà addirittura il presidente della nuova Segrate, a fianco dell’Ingegnere.
Ma il Principe e il suo gemello avevano problemi assai più rognosi del quesito puri o impuri. Il 14 gennaio di quell’anno, proprio nel giorno del compleanno di Repubblica, il Corriere aveva sganciato sopra i giornali italiani la bomba atomica di “Replay”, la sua lotteria. E in poche ore il sorpasso di Repubblica su via Solforino si ridusse in polvere.
Il sorpasso era stato una conquista lenta, il sogno realizzato del Principe e di Eugenio. Dodici anni di lavoro, una scalata dell’Everest passo dopo passo, compiuta da una redazione stimolata dai bollettini di vendita che Scalfari ci leggeva ogni giorno. Ad aiutarci era arrivato anche lo scandalo della Loggia P2, un tornado distruttivo per via Solferino: vergogna, disonore, perdita di copie, fuga di giornalisti illustri, accolti a braccia aperte da “Barbapapà” Scalfari e dal fascinoso principe Carlo.
Alla fine del novembre 1988, Repubblica vendeva ogni giorno 730mila copie, il Corriere 520mila. In dicembre il distacco era rimasto intatto. Nel gennaio, con “Replay”, le vendite del Corriere dilagarono ben oltre il milione di copie. La lotteria di via Solferino ci svegliò da un sogno. E convinse Caracciolo e Scalfari a vendere il loro campo di grano all’Ingegnere. La Rizzoli si era rimessa in piedi. E alle spalle aveva il colosso della Fiat. I Gemelli potevano uscirne stritolati.
Un segnale infausto fu la mossa improvvisa di Enzo Biagi. Si era rifugiato da noi dopo lo scandalo P2. Ma nel marzo 1989 il trionfo di “Replay” lo convinse a ritornare di corsa al Corriere. Comunque, il passaggio all’impurità rese straricchi Carlo ed Eugenio. Incassarono da De Benedetti una paccata di miliardi. Dopo avergli consegnato gli assegni, l’Ingegnere, uomo saggio, diede un consiglio ai Gemelli. Gli suggerì di stornare da quel tesoro una minuscola cifra da destinare a un fondo di solidarietà per i giornalisti del gruppo. Avrebbero potuto aiutare qualche famiglia in difficoltà. Un bambino da operare in America. Una ragazza brava da assistere negli studi.
Il Principe e Barbapapà lo considerarono stupiti. Forse, senza parlare, replicarono come facevamo da ragazzi di fronte a una richiesta assurda: ci vedi sulla fronte la scritta Sali e Tabacchi, rivendita numero 100? Non ritenevano che la beneficenza rientrasse tra i doveri di un editore e di un direttore. O forse la ricchezza improvvisa gli aveva fatto scoprire la tirchieria. E replicarono a De Benedetti con un ferreo no, non ci pensiamo per niente!
Fu la vendita alla Mondadori dell’Ingegnere a convincere Silvio Berlusconi, già azionista della casa editrice, a scatenare la guerra di Segrate. Lo scontro dilagò alla fine del 1989. E si concluse come sappiamo: l’intervento di Giulio Andreotti, la mediazione di Giuseppe Ciarrapico, la grande spartizione, il gruppo Espresso-Repubblica che resta nelle mani di un terzetto destinato a durare: De Benedetti, Caracciolo e Scalfari.
Nella sua importante intervista a Paolo Madron del Sole 24 Ore (18 gennaio 2009), il senatore Ciarrapico racconta che Scalfari non lo sopportava perché era influenzato da me, in quel momento «nemico giurato» del Ciarra. Ho letto e ho sorriso. Eugenio non s’è mai fatto condizionare da nessuno, tanto meno dal sottoscritto. Soltanto Caracciolo, forse, era in grado di influenzarlo. Non certo uno di noi, plebe redazionale, aiutanti fedeli di Barbapà, ma tutti privi di titoli nobiliari. E poi il Principe aveva una vera passione per Ciarrapico.
Da ragazzo Caracciolo (classe 1925) era stato partigiano in val d’Ossola. Il Ciarra, assai più giovane di lui, aveva Mussolini nel cuore. Per di più era ed è un uomo leale. Una qualità rara, molto apprezzata da Carlo. Che un giorno disse al comitato di redazione dell’Espresso: «Se fossi in voi, farei una colletta e ordinerei una statua di Ciarrapico da mettere all’ingresso della redazione. Con una scritta: “A Giuseppe Ciarrapico, il Cdr riconoscente”».
Il Principe sapeva essere schietto sino alla cattiveria con i giornalisti che lavoravano per lui. Anzi, se vogliamo dirla tutta, non gl’importava nulla della sua ciurma editoriale. Quando gli faceva comodo, potevamo diventare invisibili ai suoi occhi, figure inesistenti, pallide ombre. Ho un ricordo personale in proposito.
Nell’autunno del 1990 pubblicai con la Sperling e Kupfer un libro sulla guerra di Segrate. Era “L’Intrigo”, una ricostruzione molto repubblicana, scalfariana e, di riflesso, caracciolesca. Se la memoria non m’inganna, il Principe non mi convocò neppure per offrirmi un caffè e darmi una pacca sulle spalle. Ma i nobili, si sa, non danno mai pacche amicali ai plebei. Ecco un lato del Principe che non è stato mai sondato, né in vita né in morte.
Le parole più vere le ha dette De Benedetti, nell’intervista a Giovanni Valentini, stampata da Repubblica il 16 dicembre 2008, il giorno successivo alla scomparsa di Carlo. Valentini chiese all’Ingegnere se Caracciolo, oltre ai giornali, amasse anche i giornalisti. De Benedetti rispose: «Non tutti. Alcuni di loro lo divertivano, con altri sapeva divertirsi. Un po’ come faceva Gianni Agnelli con i calciatori della Juventus. A pensarci bene, Carlo amava pochissimi di voi. Lui sapeva anche essere un uomo cinico. Aveva il cinismo del giocatore».
In effetti il Principe era davvero un super-cinico quando doveva curare la propria roba. Sentiamo ancora De Benedetti, sempre nella stessa intervista: «Negli affari Carlo perdeva una buona parte del suo spirito romantico. E nelle frequentazioni era davvero un principe rinascimentale. Aveva una sua corte, composta da persone sagge e colte. Ma frequentata ogni tanto anche da qualche gaglioffo. E solo un personaggio come lui, nella sua superiore lievità, se lo poteva permettere».
Caracciolo Scalfari e Formenton 1984
Non ho mai fatto parte della corte del Principe. Mi bastava che non mettesse becco negli articoli che scrivevo. E soprattutto nei giornali con i quali lavoravo, da vicedirettore a Repubblica e poi da condirettore all’Espresso. Il nostro interlocutore era l’amministratore delegato del gruppo, Marco Benedetto.
Un capo azienda insuperabile, la roccia della società, un mastino decisore e decisivo. Aveva iniziato da giornalista a Genova, la sua città, e conosceva come pochi il pollaio dei giornalisti. Uomo di carattere duro, ma di grandissima lealtà. Repubblica, l’Espresso e i quotidiani locali gli devono molto. E chi è venuto dopo di lui, dovrà stare molto attento a non sfigurare nel confronto.
Caracciolo e BerlusconiQuando l’Espresso stava in via Po, la mia stanza confinava con quella del Principe. Bastava superare un pianerottolo, aprire una porta e sulla sinistra ecco l’ufficio del presidente. Caracciolo c’era e non c’era. Nel senso che non si faceva mai sentire, non convocava nessuno che non fosse il direttore, non chiedeva mai conto a chicchessia di quanto faceva o non faceva. Però lui stava sempre lì: dalla mattina presto alla sera, salvo l’intervallo di mezzogiorno. Per un breve ritorno a casa, un pranzo leggero cucinato da Kemal, il maggiordomo egiziano, una pennichella corta.
Di quella stanza ho un solo ricordo negativo. Risale al giorno successivo all’improvviso e inspiegabile licenziamento di Giulio Anselmi, un buon direttore dell’Espresso, in carica da neppure tre anni. Una vicenda tuttora misteriosa, almeno per me. Che ho già rievocato sul Riformista, dopo la scomparsa di Caracciolo. Quel 21 febbraio 2002 venni convocato dal Principe. Lui sapeva che io sapevo. E con grande cordialità mi chiese che intenzioni avessi dopo la liquidazione di Anselmi.
Gli risposi che era la proprietà a dover decidere. Potevo restare, o limitarmi a scrivere il Bestiario, oppure essere messo alla porta anch’io. Non avevo mai chiesto a nessun editore di darmi un lavoro o di conservarmelo. E non avrei di certo cominciato a farlo alla mia età non più verde.
A quel punto, mi resi conto di avere di fronte un Principe che non conoscevo. Allarmato dalla mia risposta. E preoccupato della mia indifferenza. Un po’ affannato, mi garantì che anche con il nuovo direttore, Daniela Hamaui, non sarebbe cambiato nulla, la linea dell’Espresso restava quella di sempre, la linea che era stata di Claudio Rinaldi, poi di Anselmi e l’indomani di Hamaui. E per rassicurarmi, mi porse un po’ di fogli e disse: «Leggi qui e te ne convincerai».
Caracciolo
Lessi, strabuzzando gli occhi. Era il discorso che il nuovo direttore avrebbe fatto alla redazione nel momento di insediarsi, prima della votazione dell’assemblea dei giornalisti. Stupefatto, chiesi al Principe: «Ma chi l’ha scritta questa roba?». Lui fece un gesto vago, davvero principesco, che voleva dire: l’autore non ha importanza. Non era il primo cambio di direzione che vedevo.
Però non mi era mai capitato di leggere un discorso della corona preparato in anticipo da un fantasma. L’ho raccontato per ricordare, prima di tutto a me stesso, che nessuno è perfetto. E che i principi democratici possono rivelarsi capaci di intrighi non degni del loro lignaggio.
Per di più, Caracciolo era pure un principe di sinistra. Su questo non ci piove. Ma di quale sinistra? Democratica, riformista o estremista? Ciarrapico sostiene: «Sono convinto che, nel segreto dell’urna, Carlo votasse per Rifondazione». Ma Caracciolo, intervistato nel marzo 2008 da Paolo Conti del Corriere della sera, aveva dichiarato che il voto per Bertinotti sarebbe stato un voto «buttato».
Ancora una volta bisogna ricorrere a un testimone d’eccezione, De Benedetti. Ha detto a Valentini: «Caracciolo aveva senz’altro un certa nostalgia per il comunismo. Certamente non per l’Unione Sovietica, ma per l’utopia comunista sì. Quella era la sua stella polare. Non ha mai avuto molte simpatie per ciò che è venuto dopo il Pci: riteneva che quelle esperienze non avessero un solido fondamento, un set stabile di valori. Il suo cuore batteva per il Pci di Berlinguer. Posso dire che Carlo era più a sinistra di me».
Caracciolo e De Benedetti
Come predicava sempre la mia mitica nonna, tutti i gusti sono gusti. E i gusti principeschi non vanno discussi. Va discussa, invece, la coerenza nei giudizi. Qui c’è un sassolino nella scarpa che voglio togliermi.
Riguarda i miei libri revisionisti sulla guerra civile italiana. Nel libro intervista scritto da Nello Ajello, “L’editore fortunato” (Laterza, settembre 2005), nel ricordare il suo passato di partigiano, Caracciolo aveva detto: «Rispondono al vero, e potei constatarlo di persona, molti degli episodi barbarici che Giampaolo Pansa ha raccontato nei suoi libri. Oltre che veritieri erano inevitabili».
Poco più di due anni dopo, il Principe cambiò opinione. Intervistato da Claudio Sabelli Fioretti per la Stampa del 10 gennaio 2008, fu brutale: «Se devo buttare dalla torre Bocca o Pansa, butto Pansa. I suoi ultimi libri non mi piacciono».
MAURO, LUCA E BAMBI PARODI DELFINO, GIA’ MOGLIE MONTEZEMOLATA – Copyright Pizzi
Che sublime padrone, il Principe. Mentre l’Espresso presentava i miei libracci revisionisti, si era ben guardato dal dirmi alcunché. Ci ha pensato un po’ in ritardo, ma lo ha fatto con la solita schiettezza. Voglio essere altrettanto schietto. E dico che la sorte che gli tocca di questi tempi mi dispiace. Fortunato da vivo, ma sfortunato da morto, il nostro Principe. Sbattuto sui giornali, tra le foto dei figli segreti, le lettere di quelli non riconosciuti, le liti giudiziarie sull’eredità, le rivelazioni di questa o quella signora. Preferisco ricordarlo come lo vidi la prima volta, camminando con lui a passettini, tra i prati dell’Appia Antica. Alle prese con un infarto che si sarebbe presentato altre volte. Bussando alla sua porta come un sicario mandato dall’Onnipotente.
[24-01-2009]
Caro pino, vedo con piacere che tu e i tuoi accoliti continuate a
interessarvi a me. Io sarò una capra sarda, quanto a voi preferisco
non esprimervi, dirò solo che siete dei rifiuti umani e che la
migliore decisione della mia vita é stata di chiudere con voi e con i
vostri deliri antisemiti. Farò di tutto perché chiudano anche questo blog, cosi come sono riuscito a far chiudere quell’altro. Addio
C’è poi un’ulteriore contraddizione: gli issraeliani denunciano l’uccisione di 750 miliziani di Hamas; come sarebbe possibile se i morti totali sono stati 600? U.
Gli Israeliani allo stesso tempo hanno denunciato 1.350 morti. Che c’è di impossibile!
Ma l’articolo 21 della Costituzione è stato già abrogato da Berlusconi…?
Chi sarebbe la “capra” del 219?
Gesu’, Gesu’, una capra che fa chiudere i blog…
Tra poco verra’a dirci di essere Napoleone.
@ Pietro
Ho trovato questo articolo su Cremonesi. Dopo tutto, potrebbe non essere un innocente giornalista “obiettivo”, ma anzi alquanto embedded.
Beh, almeno questa e’ l’altra campana.
Le attacco qui sotto uno stralcio, poi se lei desidera, potra’ leggere tutto l’articolo su:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5513
di UGO GAUDENZI
Rinascita.it
[…]Lorenzo Cremonesi, da una manciata di anni “dispiegato a Tel Aviv”, al seguito dell’esercito israeliano, quale corrispondente del Corriere della sera…
badate bene, a Gaza non c’è stata alcun massacro! Anzi è stata Hamas, il Partito del Male, ad uccidere i suoi stessi concittadini.
Le migliaia di bombe israeliane – anche al fosforo – cadute su una città-lager dove si affollano oltre 4000 abitanti per ogni chilometro quadrato, nella stragrande parte profughi palestinesi costretti in “bassi” e baracche addossati a centinaia e centinaia, non hanno mietuto vittime.
Le foto, i video, le immagini dei bimbi straziati tra le macerie o nelle braccia dei propri disperati genitori, sono dunque, probabilmente – anzi “certamente”, per il buon Cremonesi… dei falsi. E’ noto che le bombe israeliane sono buone.
Quelle bombe, diciamolo pure anche noi ai nostri lettori increduli, anzi “fanno bene”. Aprono “la via al dialogo, alla pace”…
Ci siamo ricordati che il coraggioso inviato a Tel Aviv qualche tempo fa era stato trattenuto dalle forze di sicurezza palestinesi per le sue corrispondenze faziosamente pro-sioniste inviate in Italia.
Si è voluto vendicare, e così, all’ombra dei tank firmati con la stella di David, ha fatto un gran servizio, un grande piacere cumulativo al suo gestore-direttore, al governo e all’opposizione bipartigiana ed embedded che striscia nella nostra terra, una povera colonia israelo-americana chiamata Italya.
N.d.r.: Il reportage di Cremonesi è talmente ridicolo che persino l’esercito israeliano lo ha smentito sul numero delle vittime. Pur continuando a ripetere la linea della propaganda israeliana per cui i morti sarebbero in maggioranza combattenti di Hamas, in contraddizione con quanto dichiarato da fonti mediche.
Caro pietro,
direi di no per il momento!
Mi sembra peò che in un futuro prossimo,si potrà ancora scrivere di un pò di tutto ,ma con discrezione,in aree apposite.
Che so dentro dei “lazzaretti” e dei “lebbrosari” per libera stampa.
In tempi “altamente” mediatici” ciò che conta è la forma ,non la sostanza.
A proposito di sostanza ,dopo tanto dibattere sull’antisemitismo su questo Blog, mi sembra che possiamo ascrivere al novello b16 una saggia decisione apostolica …..”
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Per il momento la posizione del Vaticano rimane però ferma. “I lefebvriani sono in piena comunione con la Santa Sede”, ha dichiarato il portavoce padre Federico Lombardi. Aggiungendo, però, in riferimento a Williamson, che la revoca della scomunica non significa “sposare le sue idee e le sue dichiarazioni, che vanno giudicate in sè”.
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Ovvero un vero “campionario ” di Ipocrisia nel più puro stile che so pacelliano….si è evidente che la chiesa ..non sposa idee ,che vanno giudicate in sè ….
Vero capolavoro quell’in SE…
In merito a una tua richiesta di solidarietà di alcuni post fa,se ho capito bene il senso ,credo si sia risolta da sola,ovvero la pubblicazione di un articolo che contiene dati diversi da quelli “ufficiali”semmai fa riflettere su …Cosa diavolo c’è di ufficiale in una guerra…???
Sulle guerre napoleoniche per esempio ancor oggi si discute, ma mi sembrano chiarissime e sono perfettamente delineate le cause e gli effetti…ovviamente solo chi non vuol vedere ,continuerà a non vedere o vedere quello che gli fa comodo…!!
Mi sembrano meccanismi ormai ben collaudati quelli che prendono “alcuni aspetti” di una vicenda ,li decontestualizzano , li rendono “quasi scientifici” e di conseguenza “universali”al solo fine di affermare che un sistema è l’unico possibile.
Basta solo guardare l’intera storia delle dottrine Economiche e veder quello che i marginalisti hanno fatto….,neanche i classici liberali, erano riusciti a disgiungere luomo naturale dall’uomo economico,ci sono riusciti “loro” creando una nuova “religione” con numerosi adepti (Soprattutto danarosi)
Queste” religioni” fanno presa pure sui Gonzi ,che scambiano sempre quello che” sembra naturale ed oggettivo” con le loro elucubrazioni.
Morale se gli dicessero di infilarsi 100 supposte in un colpo solo , loro lo farebbero dicendo che però che magari hanno trovato una variante che consiste nell’infilarsere di traverso, al posto che nel modo naturale.
cc
Non so se essere d’accordo o meno con la teoria che segue, per il momento molti fatti non sono noti. Tuttavia potrebbe essere un’idea interessante, da tenere in mente.
L’altro Obama – Intervista a Webster Tarpley
WEBSTER TARPLEY è il principale propugnatore della teoria che vede Barack Obama come un prodotto di laboratorio, coltivato per lunghi anni dal gruppo politico di Zbigniew Brezinsky, e ora impostoci alla Casa Bianca con una sofisticata operazione di “marketing ideologico”, in cui la facciata del “cambiamento” serve solo a coprire una realtà di aggressione imperialista ancora peggiore di quella che abbiamo vissuto negli ultimi otto anni.
Sotto Obama – secondo Tarpley – l’America riporterà in auge quella politica di destabilizzazione globale il cui scopo ultimo è demolire una volta per tutte l’impero russo. Non potendo attaccarlo militarmente, questa strategia prevede inizialmente la frantumazione del Pakistan – alleato-chiave della Cina in Asia – e poi la riduzione dell’afflusso di petrolio africano verso la Cina, per obbligare quest’ultima a rivolgersi ai territori siberiani, alla ricerca di petrolio, trovandosi così in conflitto diretto con la Russia.
In questa intervista Tarpley spiega anche che la chiave di volta di tutta l’operazione è quella di riuscire a mettere l’Iran contro la Russia stessa, attraverso un’alleanza di cui farebbe le spese Israele, che finirebbe per ritrovarsi fortemente ridimensionato sullo scacchiere medio-orientale.
di Massimo Mazzucco
per video dell’intervista:
http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3010
Non vedo grandi reazioni, ne’ nell’appena scissa Rifondazione I e II (come se la sinistra non fosse gia’ abbastanza frammentata), ne’ nel PD, ne’ da parte di Di Pietro, ne’ altrove
sull’ANNUNCIO DI BERLUSCONI DI AUMENTARE FINO A 30.000 UNITA’ I SOLDATI NELLE CITTA’ ITALIANE.
A me sembra una cosa molto grave, specialmente se unita alla recente proposta di Maroni di mettere tanti paletti alla liberta’ di organizzare proteste e dimostrazioni.
Le ultime liberta’ stanno scivolando via silenziosamente.
Invece, a me sembra che dovremmo uscire a milioni nelle strade e restarci fino a far cadere questo governo di corrotti, pregiudicati e individui salvati dalla galera grazie alle proprie leggi-su-misura.
x la “capra sarda”
Ma chi ti si fila, oltre ai tuoi pastori caprofili?
In quanto al “riuscito a chiudere”, tu al massimo sei riuscito a chiudere la tua testolina nel cesso. E hai fatto bene, bravo: a ciascuno il suo. Continua perciò a startene alla larga da qui
leggere dal basso prego…Nel nostro partito politico manteniamo le promesse.
Solo gli imbecilli possono credere che
non lotteremo contro la corruzione.
Perché se c’è qualcosa di sicuro per noi è che
l’onestà e la trasparenza sono fondamentali
per raggiungere i nostri ideali.
Dimostreremo che è una grande stupidità credere che
la mafia continuerà a far parte del nostro governo come in passato
Assicuriamo senza dubbio che
la giustizia sociale sarà il fine principale del nostro mandato.
Nonostante questo, c’è gente stupida che ancora pensa che
si possa continuare a governare con i trucchi della vecchia politica.
Quando assumeremo il potere, faremo il possibile affinché
finiscano le situazioni di privilegio.
Non permetteremo in nessun modo che
i nostri bambini muoiano di fame.
Compiremo i nostri propositi nonostante
le risorse economiche siano esaurite.
Eserciteremo il potere fino a che
Si capisca da ora che
Siamo il partito di FORZA ITALIA, la nuova politica
ORA PROVATE A RILEGGERE PARTENDO DAL BASSO
carissimo, a proposito di “Valzer con Bashir” che ahimè non ho ancora avuto il tempo di vedere, ti copio pari pari la fine della recensione apparsa su “Alias” del Manifesto, che stronca il film con il massimo della votazione in negativo, quasi mai usata: “…..ma ecco che Folman passa dal rimorso alla contraffazione della storia. I ricordi sono pieni di buchi neri: “le milizie falangiste cristiane sono totalmente responsabili del massacro. I militari israeliani non erano al comando”, sostiene. In quanto ad Ariel Sharon, allora ministro della difesa, se c’era dormiva. Un genocidio, che non è ancora finito”. (mariuccia ciotta). Che ne pensi?
il 228 è da un po’ che gira in rete. Resta comunque geniale.
In quanto ai 30.000 soldati in giro, avrebbero lo stesso potenziale di pericolo se restassero in caserma: cosa ci vuole a farli uscire, in una situazione creata apposta “alla Cossiga”?
x TUTTI
E’ IN RETE IL NUOVO ARGOMENTO.
BUONA LETTURA.
pino nicotri
Pino
nel caso di specie mi sembra giustificato dire “coprofili”, più che caprofili
http://www.flickr.com/photos/talentosprecato/3261388000/
Talento? Ma perché sprecato?
La “foto” comunque è bella.
Grazie.
pino