LE DOMANDE INVIATE VIA PEC PER L’INTERVISTA CHE LO SCORSO 22 DICEMBRE HO CHIESTO INUTILMENTE ALL’EX MAGISTRATO E NEO ROMANZIERE GIANCARLO CAPALDO

- Ammettiamo che esistano davvero i nastri di cui parlano alcuni giornali, i nastri cioè con le registrazioni di suoi colloqui con emissari del Vaticano riguardo la possibilità di far trovare i resti di Emanuela Orlandi. Ammessa la loro esistenza, le pongo delle domande che mi pare siano dovute.
+ Come mai non ne ha parlato né al suo superiore procuratore della Repubblica né alla collega che conduceva con lei la stessa indagine giudiziaria sulla scomparsa della ragazza?
+ Non le pare che il suo silenzio in merito costituisca una omissione d’atti d’ufficio?
+ Ed essersi teuto lei i nastri non le pare che costituisca sottrazione ed appropriazione indebita d’atti d’ufficio?
+ La pare professionalmente, moralmente e umanamente accettabile che lei si sia tenuto questi nastri per anni e li tiri fuori solo ora, quando cioè di fatto servono come pubblicità per il suo romanzo?
+ Secondo lei perché i giornalisti che finora l’hanno intervistata non hanno rilevato nessuno di questo quattro aspetti?
- Ci sono giornalisti, come Andrea Purgatori, che riguardo la sua asserita trattativa coi messi vaticani parla di “probabilmente due alti prelati”, e ci sono giornalisti, come Gianluigi Nuzzi, che invece scrivono che lei “, ha stilato la lista di monsignori, ufficiali e militari dei carabinieri, cancellieri che a vario titolo, chi come protagonista, chi come testimone, avrebbero partecipato alla trattativa”. Ma insomma, lei con quante persone avrebbe trattato? Due o molte di più?
- Immagino lei ricordi di avere chiesto a me di trovarle un canale di comunicazione con la Segretria di Stato vaticana, e che me lo ha chiesto dopo la rimozione della salma di De Pedis dallo scantinato sconsacrato della basilica di S. Apollinare. Ciò non fa pensare che lei quindi in realtà almeno con la Segreteria di Stato non avesse avuto nessun contatto, neppure per la “trattativa”, prima della rimozione della salma?
- Secondo un articolo de Il Fatto Quotidiano, gli asseriti prelati le hanno chiesto di far spostare la salma di De Pedis perché l’allora papa Ratzinger aveva diritto a visitare l’Università della Santa Croce, dell’Opus Dei, senza l’imbarazzo della campagna di stampa per la presenza della sepoltura di De Pedis nella continua basilica. E lei avrebbe risposto che “anche la famiglia della ragazza sparita nel 1983 aveva diritto a ritrovare la pace con la verità su Emanuela”. Ma questa sua risposta è una netta e chiara accusa al Vaticano se non di colpevolezza almeno di sapere e tacere. Su che base lei ha lanciato quella sua accusa? E non temeva che i suoi asseriti interlocutori reagissero accusandola quanto meno di insinuazioni e oltraggio?
- Lei in un suo libro del 2013 – Roma mafiosa Cronaca dell’assalto criminale allo Stato – ha puntato il dito sull’usanza di vari magistrati di passare sottobanco notizie ai giornalisti amici in modo da creare una sorta di verità di comodo utile agli stessi magistrati in questione. Non ritiene che le clamorose affermazioni di alcuni giornalisti riguardo la sua asserita trattativa somigli a quella sua descrizione? In definitiva nessuno sa nulla della sua trattativa, quindi che ne scrive fornendo anche dei particolari da chi può avere avuto notizia di tali particolari?
- Riguardo lo spostare la salma di De Pedis non aveva nessun potere né lei né il Vaticano, perché era un argomento sul quale potevano decidere solo ed esclusivamente i due fratelli e la vedova di De Pedis, signora Carla Di Giovanni. Quindi tra lei e il Vaticano non era possibile tnessuna trattativa su tale argomento. Cosa c’era quindi da trattare?
- Sulla presenza della sepoltura di De Pedis nello scantinato sconsacrato della basilica di S. Apollinare aveva già condotto un’inchiesta il magistrato Andrea De Gasperis. L’inchiesta era durata due anni, dal 1995 al 1997 , e aveva concluso che non c’era nulla di illegale, indebito o anche solo sospettabile. Eppure sulla base di una telefonata anonima arrivata nel luglio 2005 a “Chi l’ha visto?”, telefonata a quanto pare partita dall’interno della Rai, e trasmessa nel settembre del 2005, cioè 8 anni dopo la conclusione dell’inchiesta di De Gasperis, è stato scatenato il tormentone di sospetti, polemiche e accuse di fatto ancora in corso. Tormentone arrivato al punto che lei ha ordinato di aprire la bara per controllare se ci fosse davvero dentro anche Emanuela Orlandi (e pure Mirella Gregori!). Ma se De Gasperis già vari anni prima aveva appurato che non c’era nulla da segnalare perché non tenerne conto? Perchè si è voluto ignorare il lavoro di De Gasperis? Trattandolo di fatto come un incapace o peggio, magari un colluso.
- Quando il suo superiore Giuseppe Pignatone le ha restituito la requisitoria che lei aveva scritto a conclusione dell’inchiesta sulla scomparsa della Orlandi, lei non l’ha firmata. Per quale motivo? Ovvero: cosa avrebbe voluto che ci fosse o non ci fosse nel testo restituitole dal procuratore Pignatone?
- Il fatto che invece l’abbia firmato la collega Simona Maisto impegnata nell’inchiesta con lei fa pensare che in ogni caso non si trattava di cose gravi. O crede che la sua collega Maisto fosse rinunciataria e/o incapace?
- Nella sua requisitoria, quella che poi non ha firmato quando le è stata restituita dal suo superiore Giuseppe Pignatone, lei ha definito Enrico De Pedis un boss o un capo della famosa banda della Magliana, la quale peraltro le sentenze giudiziarie non attribuscono la stessa importanza attribuita dalle narrazioni giornalistiche, romanziere, filmiche e seriali. Su quali basi lei ha fatto una tale affermazione, atteso che De Pedis è sempre stato assolto e quando è stato ucciso non aveva carichi pendenti? Ma le leggi italiane non vietano di definire colpevole di uno o più reati chi è stato invece assolto da tutti i reati in questione?
- E perché quando a suo tempo le ho fatto questa banale e dovuta domanda lei ha reagito malamente, chiedendomi di non farmi più vivo con lei dopo anni di rapporti amichevoli?
- Stando le leggi in vigore sulla presunzione di innocenza fino a condanna definitiva e stando le leggi che vietano di definire colpevole chi è stato invece assolti, non le pare che il suo avere definito De Pedis come lo ha definito costituisca sia il reato di falso in atti pubblici sia il reato di diffamazione o calunnia nei confronti dello stesso De Pedis?
- – Si è mai chiesto perché i pentiti che hanno accusato di reati De Pedis lo hanno fatto solo dopo che lui era morto e non poteva quindi più difendersi?
- Non ha notato che tra quei pentiti c’è chi è stato per questo condannato per calunnia e chi, sbugiardato dalle infagini, s’è scusato in aula per avere accusato dei morti perchè temeva la vendetta dei veri colpevoli ancora vivi?
- Non ha notato neppure che prima della sua uccisione De Pedis nelle inchieste giornalistiche sulla banda della Magliana o non era mai nominato o era un nominato di scarsa importanza?
- Non si rende conto che lei definendo De Pedis come lo ha definito di fatto accusa di incapacità o collusione tutti i magistrati dei vari gradi di processo che lo hanno assolto? Tutti i magistrati cioè dei processi di primo grado, dei processi d’appello e infine anche i magistrati della Cassazione.
- Lei ed io ci siamo visti la prima volta il 20 gennaio 2010, quando lei nella libreria Mondadori vicina alla fontana di Trevi prese parte alla presentazione del libro “Mai ci fu pietà”, della giornalista Angela Camuso, che parlava della banda della Magliana. Il libro citava peraltro solo ed esclusivamene i documenti accusatori, mai quelli della difesa. Non le venne il dubbio che non fosse corretto parlare pubblicamente di un argomento, la banda della Magliana, del quale lei si stava occupando con un’inchiesta giudiziaria ancora in corso?
- Era il periodo in cui la credibilità di Sabrina Minardi, la cosiddetta “supertestimone” che del sequestro Orlandi accusava De Pedis, stava letteralmente crollando. A un certo punto lei disse: “Non abbiamo più bisogno della testimonianza della Minardi per sostenere che a rapire Emanuela Orlandi è stato De Pedis in persona”. Io chiesi la parola per far notare che quella sua affermazione era una grave scorrettezza perché si riferiva a una sua inchiesta giudiziaria ancora in corso. In altre democrazie le avrebbero probabilmente tolto l’inchiesta. Le è mai venuto il dubbio che quella sua perentoria affermazione decisamente accusatoria fosse una grave scorrettezza professionale?