Draghi serve Caffé forte alla BCE

La lezione di Federeico Caffè per la Bce

Mario Lettieri* Paolo Raimondi**

Recentemente, anche nel mezzo di una crescente contestazione giovanile e studentesca,  Mario Draghi è venuto a Roma per celebrare il centenario della nascita dello scomparso economista Federico Caffè. Draghi era stato suo allievo all’Università La Sapienza di Roma. Parlando della “eredità di pensiero” di Caffè, il governatore della Bce ha ricordato come per il professore “fare politica economica significasse: analisi della realtà, rifiuto delle sue deformazioni, impiego delle nostre conoscenze per sanarle”.

Non conosciamo tutte le intenzioni e i progetti di Draghi per poter dare un giudizio definitivo. Possiamo però dire con certezza che la Bce, e certamente per responsabilità non solo di Mario Draghi, non sta facendo molto per sanare le riconosciute deformazioni del sistema. Non si pretende che la banca centrale copra il vuoto politico lasciato dalla mancanza di capacità e volontà di governo a livello europeo. Continua a leggere

In che senso una storiografia obiettiva?

Può uno storico affermare di non essere schierato politicamente? Se lo fa, non sa quel che dice, poiché lo “schieramento” è inevitabile, anche se non lo si esplicita personalmente. Sono anzitutto gli altri che ci chiedono di identificarci, e ce lo chiedono con tanta maggiore insistenza quanto più lo esigono i tempi. Vi sono infatti dei momenti in cui le tensioni politiche sono molto più sentite dalla società. In quei momenti chi si dichiara “neutrale” passa facilmente per opportunista.

Tuttavia, per uno storico essere schierato politicamente ha senso se affronta argomenti relativi alla sua contemporaneità. Se ci si riferisce a periodi antecedenti, lo schieramento diventa più generico. Diciamo che diventa più “culturale” che “politico”. Col termine “politica”, infatti, intendiamo qualcosa che ha attinenza con l’attività di partiti o di movimenti, materialmente esistenti. Uno storico può fare riferimento a qualche partito o movimento o associazione, pur senza esplicitarlo espressamente: il riferimento diventa di tipo “ideale”.

Riferirsi politicamente a un partito o a un movimento non significa esservi iscritti. Lo storico è un intellettuale che non fa attività politica in senso stretto e che non è tenuto ad avere la tessera di un partito. Però è tenuto a fare riferimento a delle correnti di pensiero, proprio perché la neutralità non esiste, in nessuna disciplina dello scibile umano.

Se uno si limitasse a sviluppare materie scientifiche, farebbe politica? Certamente. La separazione della scienza dall’etica è una caratteristica del mondo moderno. Si vuole un continuo sviluppo scientifico e tecnologico, prescindendo il più possibile da valutazioni etiche, proprio perché tale sviluppo va subordinato alle esigenze del profitto economico. La borghesia tende anche a separare la scienza dalla politica, salvo quando chiede alla politica di supportare economicamente la scienza o quando è la stessa politica che si serve della scienza per condurre sul piano scientifico e quindi ideologico una battaglia non militare contro i propri nemici (come p. es. fecero gli Usa quando, con Kennedy, vollero andare sulla Luna per dimostrare la superiorità del loro sistema di vita rispetto a quello sovietico).

Gli scienziati che hanno voluto separare la scienza dall’etica hanno prodotto la bomba atomica, che la politica ha poi voluto usare senza alcun riguardo per l’etica. Se ci abituiamo a tenere separate cose del genere, alla fine non saremo in grado d’impedire alcuna strumentalizzazione. Quando l’uso strumentale della scienza da parte del potere politico sarà particolarmente evidente, quale scienziato potrà trincerarsi dietro la scusa che non avrebbe mai potuto immaginare conseguenze così gravi? Sotto il capitalismo il confine tra ingenuità e ipocrisia è quasi impercettibile.

Se si esaminano fenomeni storici di un lontano passato, lo schieramento avviene più sul piano culturale, ma non senza riferimento a quello politico generale. Quali sono le idee nei cui confronti uno storico dovrebbe schierarsi? Sono sostanzialmente quattro: 1. il rispetto della natura; 2. l’idea di laicità; 3. l’idea di democrazia; 4. l’idea di socialismo.

P. es. la nascita delle civiltà s’è posta in antitesi alla tutela ambientale. La loro nascita è andata di pari passo con lo sviluppo della religione, dell’autoritarismo e degli antagonismi sociali. Questi processi non sono avvenuti separatamente, ma in maniera strettamente correlata tra loro. Uno storico che esaminasse soltanto lo sviluppo tecnico-scientifico di una civiltà, disinteressandosi delle ricadute negative sull’ambiente, non potrebbe certo fare una storiografia obiettiva. Se esaltasse la democrazia ateniese della Grecia classica, senza specificare ch’essa si riferiva a una ristretta categoria di persone, che vivevano sfruttando il lavoro schiavile, inevitabilmente finirebbe col fare gli interessi del sistema dominante in cui vive, un sistema che ha riprodotto quegli stessi rapporti di sfruttamento in altre forme e modi.

Uno storico non può schierarsi dalla parte sbagliata, altrimenti le sue ricerche perderanno di obiettività. Le interpretazioni di uno storico dovrebbero essere soltanto più o meno obiettive: non possono essere falsate già nei loro presupposti metodologici. Uno storico che offre volutamente un’interpretazione distorta dei fatti, solo perché vuol fare gli interessi di un partito o di un governo o di un sistema sociale di riferimento, è uno storico che non merita alcuna considerazione. E se è così ingenuo da non capire quando un’interpretazione è falsata in partenza, sarebbe meglio che si dedicasse a un’attività meno impegnativa, meno gravosa per la formazione dei cittadini.

Uno deve sforzarsi d’essere il più obiettivo possibile, evitando di contrapporre la cultura alla natura, la religione all’ateismo, la dittatura alla democrazia e l’individualismo al socialismo. Questi quattro aspetti non sono specifici della nostra contemporaneità: si ritrovano in ogni epoca storica, sotto forme, modi e denominazioni diverse. L’unica epoca che non li ha conosciuti è quella che, con molta supponenza, gli storici chiamano “preistoria”.