Qualunque ripresa televisiva o cinematografica o anche solo amatoriale, con una propria videocamera, rende automaticamente innaturale qualunque scena, a prescindere dal fatto che uno sappia o no di stare recitando una parte. Chi sa d’essere ripreso non può fingere di non saperlo e chi viene ripreso senza saperlo rende innaturale la visione da parte dello spettatore, che assomiglia a una sorta di “guardone”.
Quindi quanto più l’attore si sforza di apparire naturale, tanto più mente. Sforzarsi d’apparire naturali è indubbiamente una contraddizione in termini, eppure è la prima cosa che chiedono i registi. Per essere convincenti, non bisogna far vedere che si sta recitando.
Ancora oggi apprezziamo la naturalezza di una recitazione, anche se preferiamo che sia almeno sufficientemente realistica la storia rappresentata. Non storciamo più il naso quando vediamo che gli attori vengono presi dagli ambienti o dalle situazioni che il regista vuole rappresentare: siamo disposti a chiudere un occhio quando manca una particolare professionalità, a condizione però che la vicenda sia credibile. In tal caso gli attori saranno bravi nella misura in cui sapranno recitare se stessi.
Certo è che, essendo abituato alla finzione scenica, il pubblico stenta a credere nella naturalezza di ciò che vede. L’unica naturalezza possibile sembra essere diventata solo quella che si osserva de visu, cioè in prima persona, senza artifici meccanici, digitali, scenici o recitativi. Il fatto è però che non esiste alcun criterio probante in grado di garantire tale naturalezza. Chiunque può recitare senza essere un attore e oggi sembra che lo sappiano fare tutti.
La verità non è mai un’evidenza che possa essere facilmente constatata. Non può esserlo proprio perché l’essere umano è libero di natura. Cioè deve essere lasciato libero di credere o di non credere in ciò che vede, in ciò che vive.
Bisognerebbe quindi evitare che uno facesse l’attore, per il suo stesso bene, oltre che per quello del pubblico. Infatti, quando uno si abitua a mentire, non può sperare d’essere creduto se dice la verità.
Nell’antichità mettevano una maschera sul volto degli attori. In questo modo si dava più risalto a ciò che dicevano che non al modo. E poi ciò che dicevano, nella sostanza, lo si conosceva già. Si raccontavano storie che facevano parte del background culturale del pubblico e degli stessi attori e autori. La tragedia o la commedia si poneva solo come variazione di un tema già noto. La recitazione era certamente importante, ma non più della storia o del mito da raccontare. Dietro una maschera vi poteva essere chiunque. Nel mondo greco persino le parti femminili erano recitate dagli uomini.
Oggi invece è il volto stesso che deve diventare una maschera. Per essere credibili ci si deve spersonalizzare dentro, nell’animo. Si deve essere totalmente indifferenti ai sentimenti, alle passioni, alla verità. Tutto va recitato con la massima disinvoltura, che, in tal caso, coincide con la massima finzione. Bisogna essere buoni o cattivi, sinceri o ipocriti con la medesima naturalezza.
All’attore si chiede d’essere alienato come un folle. Il problema è che alla fine lo diventa davvero. A forza di recitare col proprio volto, con la propria persona una qualunque parte, uno non sa più chi è. Ciò che un regista considera talentuoso o pregevole, diventa quanto di più innaturale vi sia.
Una volta si chiedeva all’attore, per poter sembrare naturale, di non guardare mai la telecamera. Oggi invece i politici pretendono d’essere naturali proprio mentre la guardano fissi, e la telecamera può essere anche una sola, posta davanti a loro. E la naturalezza sta nel fatto che parlano come se fossero in casa di chi li ascolta, come se avessero di fronte a loro un pubblico in carne e ossa.
Il politico diventa regista e attore di se stesso. Può anche avvalersi di uno staff di psicologi della comunicazione e fare della propria vita politica un film. Negli Usa si è così abituati alla finzione, che appare del tutto normale che un attore possa diventare governatore di uno Stato o addirittura presidente della nazione. Ed è del tutto naturale che un presidente parli come un attore.
Che reazione può avere un pubblico quando per molto tempo viene abituato a credere che non esiste differenza tra verità e finzione? I nazisti dicevano che quante più volte si ripete una menzogna, tante più possibilità vi sono che il pubblico vi creda.
Oggi invece il potere costituito preferisce che il pubblico non creda ad alcunché in particolare. Infatti, se tutto è relativo, nessuno può pretendere di avere la verità, quindi il potere diventa inattaccabile.
Chi dispone dei mezzi comunicativi può davvero fare quello che vuole: può facilmente mettere nella condizione di non essere credibile anche chi contesta il sistema con tutte le ragioni più giuste di questo mondo. Se si è abituati a non credere più in nulla, al potere restano comunque in mano i mass-media, con cui può sempre scegliere il momento in cui dire che, per una determinata ragione, è ora di cominciare a credere in qualcosa.
Ecco perché i mezzi di comunicazione vanno tenuti spenti. Ecco perché gli uomini devono tornare a frequentarsi di persona, ricostruendo una reciproca fiducia.