Che cos’è l’eresia?
Per capire astrattamente che cos’è l’eresia, a prescindere dai contesti di spazio e tempo in cui si forma, che pur sono fondamentali per cogliere oggettivamente il senso di qualunque fenomeno storico, è sufficiente mettere in relazione quattro tipi di verità, che ci si presentano in una qualunque storia del pensiero umano.
Le quattro verità sono le seguenti: assoluta, relativa, oggettiva e soggettiva.
Le verità assolute in genere sono quelle che vengono messe per iscritto, come i dieci comandamenti ebraici, nei cui confronti si deve avere un atteggiamento ossequioso, categorico. Le verità assolute non possono essere messe in discussione. Chi lo fa rischia una gravissima sanzione: l’esilio, la punizione fisica, la riduzione in schiavitù e persino la condanna capitale. Credere in verità assolute significa credere in una dittatura del pensiero, sostenuta spesso da una vera e propria dittatura politica, anche se ai nostri tempi questa non è indispensabile, essendo noi più che altro dominati da una dittatura economica.
Con questo si vuol forse dire che non esistono verità assolute? No, una esiste: quella della libertà di coscienza, che non può essere coartata da nulla. Gli uomini sono fatti per essere liberi e devono avere tutte le condizioni per poterlo essere: solo una non possono riceverla dall’esterno, quella appunto che hanno dalla nascita.
La libertà è il loro bene più prezioso, anche perché è l’unico che permette loro di capire come vadano interpretati i fenomeni, i valori, le istanze. In nome della libertà di coscienza noi diciamo che tutte le verità sono relative, poiché la loro fondatezza o legittimità dipende da come vengono messe in pratica.
Non uccidere è forse una verità assoluta? Anche di fronte ai nemici della patria? Perché siamo autorizzati a uccidere qualcuno quando è in gioco la nostra vita? Per salvarci, non facciamo forse valere il principio della legittima difesa? Obiezioni del genere si potrebbero fare nei confronti di qualunque verità assoluta.
Scopo dell’eresia è sempre stato quello di relativizzare delle verità ritenute assolute, incontrovertibili, delle verità che, in nome della loro assolutezza, producevano forme di esistenza disumane. Il Novecento è stato uno dei secoli più barbari della storia, eppure nulla è stato fatto senza rispettare formalmente la democrazia.
Ma possiamo dire con sicurezza che tutte le eresie sono state un progresso per lo sviluppo della libertà di coscienza? È qui che ci vengono in soccorso, quando dobbiamo interpretare i fatti, le altre due verità: soggettiva e oggettiva.
L’eresia relativizza, l’abbiamo capito: ma con quale fine? Vuol forse distruggere le verità assolute per affermare soltanto delle verità soggettive, connesse a interessi particolari, individualistici o di piccoli gruppi, disinteressandosi delle esigenze generali delle grandi collettività o della grande maggioranza delle persone coinvolte in determinati processi storici? Oppure l’eresia vuol fare della propria verità soggettiva, particolare, che all’inizio si stenta persino a comprendere, in quanto i poteri costituiti hanno abituato la società ad ascoltare solo un certo tipo di verità: vuol fare di questa verità soggettiva un qualcosa di condivisibile dalle masse?
Quand’è che una verità soggettiva può diventare oggettiva? La risposta è semplice, anche se difficile da realizzare: quando trova ampi consensi. Quando la gente vi aderisce perché ne è personalmente convinta. La verità diventa oggettiva quando è condivisa dai più. Ecco che allora le parti si rovesciano: l’eresia si trasforma in ortodossia e la precedente ortodossia diventa un’eresia. Non si può forse leggere così la transizione dall’ebraismo al cristianesimo?
La storia però c’insegna che, finite le rivoluzioni, una tragedia incombe sempre sulla nuova ortodossia: la sua verità oggettiva viene trasformata dai poteri costituiti in verità assoluta, non modificabile. Spesso anzi queste verità vengono sbandierate come assolute per il popolo sottomesso, mentre i potenti perseguono proprie verità soggettive, come quando p.es. la Democrazia cristiana diceva d’essere un partito “cattolico” e però, sottobanco, faceva patti scellerati con la mafia. O come quando il fascismo e il nazismo dimostravano d’avere, nei loro programmi iniziali, degli ideali socialisti, che poi, ottenuto il potere, tradirono clamorosamente.
Le rivoluzioni sembrano essere delle inutili fatiche di Sisifo. Che siano di destra o di sinistra non fa molta differenza. Stalin creò una dittatura mostruosa proprio mentre diceva di voler combattere l’egoismo dei contadini più ricchi.
Nessuna eresia, fino ad oggi, è riuscita a spezzare questa perversa catena che ci obbliga a diventare il contrario di ciò per cui abbiamo lottato. Nessuna eresia ha ancora capito quale sia il criterio per non trasformare una verità oggettiva in una verità assoluta.
Molti sostengono che l’essere umano sia bacato dentro, e che non ha nessuna possibilità di vivere un’esistenza davvero felice su questa Terra. Spesso però sono proprio queste persone che impediscono alle altre di uscire dal labirinto.
Di sicuro sappiamo che nessuno può venire in soccorso all’essere umano: se non comprende gli errori che fa e come porvi rimedio, sarà destinato a ripeterli, e il fatto di ripeterli in forme e modi diversi contribuirà soltanto ad aumentare le sue illusioni e, insieme, le sue frustrazioni.
Caro Enrico,
il tuo finale è oggettivamente al limite del “nichilismo” o in alternativa, lascia poche speranze.
Le premesse sono invece lucide ed è proprio per questo che il finale non poteva essere diverso.
Nella piena consapevolezza personale che poi in fondo dal mio punto di vista la nostra presenza in questo universo non è cogente,direi proprio che non ho poi più molto da dirti, rispetto a quello che ho già scritto.
controcorrente
ps- accadrà quello che deve accadere,l’ultima chance è che veramente esistano dei percorsi storici dialettici, tali da lasciare almeno lo spazio ad una analisi seria del reale.
Scrivo per dare speranza. Insegno ai miei ragazzi ad aver fiducia che le cose possono migliorare. Ma non voglio farmi illusioni e non faccio l’imbonitore. Non esiste nemmeno la possibilità di distinguere con chiarezza la differenza tra speranza e illusione. Si arriva sempre a un punto in cui ci si deve giocare in prima persona, rischiando di compiere cose sbagliate.