LA CONGIURA DEL SILENZIO SUGLI ISRAELIANI CHE DICONO LA VERITA’. ED ECCO COSA C’E’ DA SAPERE PER NON RESTARNE VITTIME

Come ho scritto ieri nel forum del blog sull’argomento precedente, sono andato ad ascoltare nella Sala Verde della chiesa di S. Carlo, a Milano, il giornalista israeliano Gideon Levy, arrivato apposta per il convegno di studio intitolato “Gli accordi di Oslo – 20 anni dopo”. Convegno già tenuto il giorno prima a Roma e reiterato oggi a Torino con altri partecipanti di rango, quali i palestinesi Wasim Dahmash, Jamil Hilal, Joseph Massad. Il convegno è stato organizzato dalla sezione italiana dell’International Solidarity Movement (ISM),  generosamente animata soprattutto dal torinese Alfredo Tradarti.

L’eccezionale statura morale e professionale di Gideon Levy è ben nota: redattore del quotidiano Ha’aretz, è diventato un punto di riferimento internazionale per chi non si accontenta delle verità ufficiali israeliane. I suoi articoli decisamente contro corrente, assieme a quelli della collega Amira Hass, anche lei di Ha’aretz, hanno tra l’altro messo a nudo le malefatte dell’esercito israeliano durante l’invasione di Gaza del 2008-2009 e denunciano puntualemnte gli abusi dei coloni,  le complicità politico militari e la conseguente condizione sempre più invivibile nella quale sono costretti i palestinesi.

Di Levy (spesso scritto Levi), che i suoi estimatori vogliono candidare al Premio Nobel paer la Pace,  mi ha colpito il suo raccontare come il tuo entusiasmo per la nascita dello Stato di Israele sia stato man mano ucciso dalla scoperta della vera politica dei governi israeliani, che con l’alibi della Shoà hanno adottato comportamenti talmente prepotenti e spesso violenti nei confronti dei palestinesi e degli arabi in generale da avere ricevuto oltre 80 condanne e ammonimenti dall’Onu, peraltro sempre totalmente ignorate con disprezzo dai destinatari. La parabola dall’entusiasmo alla scopertà e denuncia dell’amara verità da parte di Levy è la stessa che hanno avuto in molti tra gli ebrei e i non ebrei inizialmente ammiratori della “rinascita dello Stato della Sacra Bibbia”. Amara verità ormai ben nota e così riassumibile:

- i governi israeliani finora succedutisi dicono a parole di volere la pace, ma in realtà per loro la pace è una continua guerra, militare, politica, economica, poliziesca, coloniale, contro i palestinesi avente come fine la loro totale espulsione dalla Palestina storica, cioè da casa loro e dalle loro terre;

- Israele è di fatto uno Stato che nei confronti dei palestinesi pratica l’apartheid esattamente come in Sud Africa i bianchi lo esercitavano sui neri finché la realtà non li ha costretti a cambiare registro;

- tutto ciò ha distrutto la possibilità della nascita di uno Stato palestinese, che non sia una nuova riserva indiana o un nuovo bantustan, e comporterà, esattamente come in Sud Africa, la nascita di uno Stato unico con pari diritti e doveri per ebrei e non ebrei. Proprio quello che volebano gli ebrei sionisti come Judah Magnes, purtroppo battuti dai fanatici, dai terroristi e dagli estremisti andati e succedutisi al governo La fine cioè del monopolito sionista sul potere politico dello Stato di Israele, che forse sceglierà di chiamarsi Israele Palestina.

Delle parole di Levy mi ha colpito un particolare: il racconto di come gli israeliani abbiano accolto da una parte con grande dolore, spazio commosso sulle prima pagine e aperture dei mass media e perfino con funerali, l’uccisione di due cani dell’esercito quando nel 2008-2009 i militari ha invaso Gaza, e dall’altra la mattanza di palestinesi, bambini compresi, con notizie “brevi e relegate con indifferenza a pagina 15”.

Ho scritto ieri nel forum del blog e lo ripeto oggi che il silenzio stampa sulla presenza di Gideon Levy e sul convegno è una grande vergogna. Una vergogna in particolare per la comunità ebraica milanese e per il Corriere della Sera, che affida sempre i suoi servizi su Israele/Palestina e spesso sul Medio Oriente al giornalista milanese Lorenzo Cremonesi, membro della comunità, laureato in Israele, autore di un libro sul sionismo e mi dicono – non so se sia vero – responsabile o ex responsabile della stampa della comunità milanese (ciononostante, all’interno della comunità i suoi servizi giornalistici sono spesso molto criticati perché non aprioristicamente schierati).

La partecipazione al convegno, sia pure solo come spettatore, mi ha fruttato una serie di notizie, che reputo utili riportare qui in modo che chi vuole possa documentarsi sull’altro lato della medaglia israeliana: il lato della ormai 70ennale prepotenza coloniale contro i palestinesi tenuta accuratamente nascosto da chi predica invece l’odio verso gli “altri” e ovviamente lo “scontro di civiltà”. Ho quindi elencato una serie di link dei principali dossier giornalistici sull’argomento, a partireda alcuni articoli di Levy, e scelto 11 titoli di libri per saperne di più. Letture utili per disintossicandosi dalle propagande.

DOSSIER ARTICOLI di GIDEON LEVy

Gideon Levy, giornalista del quotidiano israeliano Haaretz, si considera un “patriota israeliano”. Critica quella che definisce come la “cecità morale” di Israele sugli effetti dei suoi atti di guerra e di occupazione. Ha giudicato la costruzione degli insediamenti sulla terra palestinese come “l’impresa più criminale della storia di Israele”. Si è opposto alla guerra del Libano del 2006 e all’opinione che le vittime civili fossero inevitabili. Nel 2007, ha detto che le sofferenze dei  palestinesi nella striscia di Gaza, già allora sotto il blocco israeliano, lo facevano vergognare di essere un israeliano. “La mia modesta missione è di evitare una situazione nella quale molti israeliani siano capaci di dire ‘Noi non sapevamo”, ha detto in una intervista.

Lastampa20090108 Gideon Levy risponde a Abraham B. Yehoshua

Haaretz 20060628 No longer asking By Gideon Levy

Haaretz20130922 Israele non ha un Roger Waters By Gideon Levy

Haaretz20130920 Nella valle del Giordano, gli inumani-ma-umani bulldozer arrivano all’alba di Gideon Levy e Alex Levac

Haaretz20090212 Il sionismo puo’ giustificare qualsiasi atto di violenza e ingiustizia di Gideon Levy

Haaretz20060720 Operazione Pace per l’IDF di Gideon Levy

Haaretz20060326 Un Paese Razzista di Gideon Levy

Haaretz20060604 Con un po’ di aiuto da fuori di Gideon Levy

DOSSIER ARTICOLI DI ENRICO BARTOLOMEI

La pulizia etnica della Palestina di Enrico Bartolomei prima parte

La pulizia etnica della Palestina di Enrico Bartolomei seconda parte

La pulizia etnica della Palestina di Enrico Bartolomei terza parte

LA CRISI DI LEGITTIMITÀ DELLE ISTITUZIONI POLITICHE PALESTINESI

L’ACCORDO DI RICONCILIAZIONE NAZIONALE PALESTINESE ORIGINE, PROBLEMI E PROSPETTIVE

Video

La pulizia etnica della Palestina dal 1947 ai nostri giorni di Enrico Bartolomei

http://youtu.be/jc39sWBNWoQ

Enrico Bartolomei si è laureato in Relazioni Internazionali all’Università di Perugia con una tesi sugli aspetti storici, storiografici e politici della questione dei rifugiati palestinesi. Dal 2008 ha effettuato periodi di ricerca sul campo, in Israele/Palestina e Libano. Nel maggio 2013 si è addottorato all’Università di Macerata con una tesi sull’idea di Stato democratico nel pensiero politico palestinese. I suoi interessi di ricerca sono orientati sul pensiero politico contemporaneo palestinese e arabo, sulle narrazioni e storiografie palestinesi e israeliane e, in generale, sul rapporto tra produzione del sapere ed esercizio della violenza. Nel 2010 ha curato per Seb27 Pianificare l’oppressione, che raccoglie vari interventi sui collegamenti esistenti tra le università israeliane e il complesso militare-securitario-industriale.

DOSSIER ARTICOLI DI DARIA CARMINATI:

Diana Carminati, professore associato di Storia dell’Europa Contemporanea presso l’Università di Torino (sino al 2004), si è occupata di problemi di storia della Resistenza in Piemonte, di nazionalismo, razzismo, militarismo, guerra e sistema patriarcale, di studi di storia delle donne e di storia di genere.Articoli

Roma. Quale società, quale economia per uno stato palestinese. Alcuni interrogativi di Diana Carminati. 21.5.2011

dossier interventi diana carminati 2008-2009

Ma la Palestina sta scomparendo di Diana Carminati 15 febbraio 2010 a proposito de Il giardino dei limoni

DOSSIER ARTICOLI DI WAIM DAHMASH

Continuo a credere nell azione di massa cosciente meticolosa democratica di Wasim Dahmash

A proposito di soluzioni politico-istituzionali del conflitto in Palestina di Wasim Dahmash

A proposito del riconoscimento preventivo dello Stato palestinese di Wasim Dahmash luglio 2011

Video

Il sionismo dalle origini alla costituzione dello Stato di Israele di Wasim Dahmash

http://youtu.be/Dz0nPzysiCo

Quale futuro per Palestina/Israele? di Wasim Dahmash

http://youtu.be/a2WZGjnmxPk

A proposito di soluzioni politico-istituzionali del conflitto in Palestina di Wasim Dahmash

http://youtu.be/Q6VT1gm7M4I

Dibattito sull’intervento precedente di Wasim Dahmsh

http://youtu.be/DCYBgdmfwF8

Wasim Damash ha insegnato Dialettologia Araba all’Università La Sapienza di Roma. Ora insegna Lingua e Letteratura araba all’Università di Cagliari. Ha curato la traduzione in italiano di numerosi testi di autori arabi (vedi http://web.tiscali.it/dahmash/libri.html), tra i quali Dentro la notte – Diario Palestinese di Ibrahim Nasrallah (Ilisso 2004), Versi in Galilea di Samih Al-Qasim (Edizioni Q, 2005), Palestinese! e altri racconti di Samira Azzam (Edizioni Q, 2003), Versi di Ibrahim Nasrallah, Edizioni Q 2009.

DOSSIER ARTICOLI DI ALFREDO TRADARTI

Intorno un deserto di Alfredo Tradardi

la verità e il suo cammino di Alfredo Tradardi

se boycott spaventa usate girlcott di alfredo tradardi 25 feb 2010

La resistenza palestinese continua Il ruolo dei movimenti di solidarietà italiani e europei di Alfredo Tradardi 14 marzo 2011

L_industria_del_processo_di_pace_in_Palestina

Israele Palestina La sinistra e il trasformismo di Alfredo Tradardi, dicembre 2005

frammenti di memorie di utopie di verita

Bruxelles 2005 10 07 Palestina quanti peccati veniali e mortali si commettono in tuo nome di rosso anonimo

http://www.ism-italia.org/wp-content/uploads/Se-una-delegazione-della-commissione-esteri-del-M5S-va-in-Palestina-di-Alfredo-Tradardi-31-luglio-2013.pdf

Alfredo Tradardi, ha partecipato a due missioni di Action for Peace in Palestina, la prima a fine 2001 – inizio 2002, la seconda nel periodo di Pasqua 2002. Insieme ad altri attivisti riesce ad arrivare il 31 marzo 2002 a Ramallah, mentre era in corso l’operazione Defensive Shield. Torna in Palestina nel giugno-luglio 2002 e nell’ottobre-novembre 2002 e partecipa alle campagne ISM di protezione dei contadini palestinesi durante la raccolta delle olive e a Rafah nella striscia di Gaza contro la demolizione delle case.

Ha collaborato a organizzare, nel gennaio 2003, la tournée in Palestina della compagnia Pippo Delbono con lo spettacolo “Guerra”, nel mese di ottobre 2003 la tournée del Coro Bajolese sempre in Palestina. Nel 2005 ha partecipato alla carovana da Strasburgo al ponte di Allenby, respinta brutalmente dalla polizia di frontiera israeliana. All’inizio del 2006 ha costituito insieme ad altri attivisti ISM-Italia, gruppo di supporto italiano dell’ISM palestinese. Nel settembre del 2009 è andato a Gaza e ha partecipato successivamente ai convogli VivaPalestina3 (dicembre 2009 – gennaio 2010) e Viva Palestina 5 (settembre 2010 – ottobre 2010).

DOSSIER ARTICOLI DI JAMIL HILAL

Domande sul dopo Gaza di Jamil Hilal agosto 2005

Palestina Dal collasso di Oslo alla speranza dello stato unico di Jamil Hilal Il Manifesto 19 luglio 2007

RLS PAL – Hilal_Palestinian Left

Jamil Hilal è un sociologo palestinese che vive a Ramallah, autore di numerose pubblicazioni sulla società e sulla politica palestinesi. Fra i suoi libri, in arabo, La strategia economica di Israele in Medio Oriente (1995), Il sistema politico palestinese dopo Oslo: uno studio analitico e critico (1998); La società palestinese e le problematiche della democrazia (1999). In italiano, Bollati Boringhieri ha pubblicato Parlare con il nemico. Narrazioni palestinesi e israeliane a confronto, a cura di Maria Nadotti, un saggio che Hilal ha scritto con Ilan Pappé, e che mette a confronto cinque studiosi israeliani e cinque studiosi palestinesi “nello sforzo di riscrivere dal basso la storia della Palestina fuori dagli schemi nazionalistici di entrambe le parti”. Nel 2007, per Jaca Book, sempre a cura di Jamil Hilal, è comparsa la raccolta di 11 saggi Palestina quale futuro? La fine della soluzione dei due Stati un libro che inquadra la situazione del conflitto palestinese-israeliano nella più ampia prospettiva dello scenario mediorientale e internazionale.

DOSSIER ARTICOLI DI JOSEPH MASSAD

http://www.ism-italia.org/wp-content/uploads/Dossier-articoli-Joseph-Massad.pdf

Joseph Massad insegna e scrive sulla politica araba moderna e sulla storia intellettuale. Ha un interesse speciale nelle teorie dell’identità e della cultura – incluse le teorie del nazionalismo, sessualità, razza e religione. Ha ricevuto il suo Ph.D. dalla Columbia University nel 1998. È autore di Desiring Arabs (2007), di The Persistence of the Palestinian Question: Essays on Zionism and the Palestinian Question (2006) e di Colonial Effects: The Making of National Identity in Jordan (2001). Il suo libro Daymumat al-Mas’alah al-Filastiniyyah è stato pubblicato da Dar Al-Adab nel 2009, e La persistence de la question palestinienne da La Fabrique nel 2009. I suoi articoli sono apparsi inPublic Culture, Interventions, Middle East Journal, Psychoanalysis and History, Critique e nel Journal of Palestine Studies; scrive spesso per Al-Ahram Weekly. Tiene corsi sulla cultura araba moderna, di psicoanalisi in relazione alla civilizzazione e alla identità, su genere e sessualità nel mondo arabo e sulla società e la politica israelo-palestinesi, con  seminari sul nazionalismo in Medio Oriente come idea e pratica e anche su Orientalismo e Islam.

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ATTI DEL SEMINARIO “La guerra israelo-occidentale contro Gaza”.

Il seminario si è tenuto a Roma il 24 gennaio 2009 pochi giorni dopo l’operazione Cast Lead (Piombo Fuso).

Per leggere gli atti del seminario aprire il file seguente:

Atti del seminario La guerra israelo-occidentale contro Gaza

UNDICI LIBRI DA LEGGERE:

1. “La pulizia etnica della Palestina” di Ilan Pappe, Fazi Editore 2008

2. “Il nuovo filosemitismo europeo e il ‘campo della pace’ in Israele” di Yitzhak Laor, Le Nuove

Muse 2008

3. “Politica (Poesie scelte 1997 – 2008)” di Aharon Shabtai, Multimedia Edizioni 2008

4. “Politicidio – Sharon e i palestinesi” di Baruch Kimmerling, Fazi editore 2003

5. “Palestina quale futuro? La fine della soluzione dei due stati” a cura di Jamil Hilal,

Jacabook 2007

6. “La fabbrica del falso – Strategie della menzogna nella politica contemporanea”, di Vladimiro

Giacchè, DeriveApprodi 2008

7. “Sposata a un altro uomo” (DeriveApprodi, 2010), di Ghada Karmi.

8. “L’Iran e la bomba” (DerivaApprodi, 2010), di Giorgio S. Frankel.

9. “Boicottare Israele, una pratica non violenta” DeriveApprodi, 2009), di Nadia Carminati e Alfredo Tradarti.

10. “Non ci sarà uno Stato palestinese”, diario di un negoziatore in Palestina (Zambon ediotore, 2012), di Ziyad Clot

11. “Rapporto Goldstone – Missione di inchiesta delle Nazioni Unite sul conflitto di Gaza” (Zambon editore, 2011), a cura di Pietro Beretta e Gianfranca Scutari.

BREVE RECENSIONE DEGLI 11 LIBRI CITATI:

1. “La pulizia etnica della Palestina” di Ilan Pappe

Il saggio di Ilan Pappe stabilisce un nuovo paradigma di interpretazione del conflitto israelo‐palestinese. “Se questo è stato”,  le implicazioni di natura morale e politica sono enormi, perché definire pulizia etnica quello che Israele fece nel ’48 significa accusare lo Stato d’Israele di un crimine contro l’umanità. Per questo, secondo Pappe, il processo di pace si potrà avviare solo dopo che gli israeliani e l’opinione pubblica mondiale avranno ammesso questo “peccato originale”. E la consapevolezza che “questo è stato” implica, secondo Pappe, la rimessa in discussione della stessa risoluzione 181 di partizione del 29 novembre 1947, un passo necessario verso uno stato laico e democratico nella Palestina storica.

2. “Il nuovo filosemitismo europeo e il ‘campo della pace’ in Israele”

Il saggio di Yitzhak Laor esamina le motivazioni del nuovo filosemitismo europeo, in particolare di quello della sinistra europea. Costringe tutti/e a guardarsi in uno specchio. Spiega perché, come è avvenuto, ad esempio, contro la campagna di boicottaggio della Fiera del Libro di Torino, dal presidente della repubblica all’allora presidente della camera, passando per gli Allam (il Magdi e il Khaled Fouad) tutti si sono uniti al coro filoisraeliano. E’ una prima risposta alla domanda di Ilan Pappe: “perché l’Europa e il mondo occidentale permettono a Israele di fare quello che fa?”.

3. “Politica (Poesie scelte 1997 – 2008)”

Le poesie di Aharon Shabtai confermano come il linguaggio dell’arte riesca meglio di ogni altro a raggiungere la dimensione della verità e a indurne la condivisione. Sono un contributo assai significativo al disvelamento della fabbrica del falso israeliana.

4. “Politicidio – Sharon e i palestinesi”

“Sotto la guida di Ariel Sharon, Israele si è trasformato in un agente di distruzione non solo dell’ambiente circostante, ma anche di se stesso, avendo adottato come unico obiettivo della propria politica interna ed estera il politicidio del popolo palestinese. Con il termine ʺ politicidioʺ  intendo un processo che abbia come fine ultimo, la dissoluzione del popolo palestinese in quanto legittima entità sul piano sociale, politico ed economico.”

5. “Palestina quale futuro? La fine della soluzione dei due stati”

Il libro contiene 11 saggi di autori diversi che dimostrano come la soluzione “due popoli – due stati” sia una soluzione morta malgrado venga quotidianamente riproposta ad ogni livello. Alla luce dell’attuale estrema frammentazione della Cisgiordania, aggravata dalla progressiva costruzione del Muro di separazione, tale soluzione si rivela semplicemente impraticabile di fronte ad una élite politicomilitare israeliana che prosegue implacabilmente nella trasformazione dei territori palestinesi in entità territoriali satellite, circondate dallo Stato di Israele e da esso completamente dipendenti sotto ogni profilo.

6. “La fabbrica del falso – Strategie della menzogna nella politica contemporanea”,

Come può un muro di cemento alto otto metri e lungo centinaia di chilometri diventare un «recinto difensivo»? Le torture di Abu Ghraib e Guantanamo sono «abusi», «pressioni fisiche moderate» o «tecniche di interrogatorio rafforzate»? Cosa trasforma un mercenario in «manager della sicurezza»? Perché nei telegiornali i Territori occupati diventano «Territori»?

7. “Sposata a un altro uomo”, di Ghada Karmi

Dopo il primo Congresso Sionista del 1897 a Basilea, nel quale l’idea di costituire uno Stato ebraico in Palestina fu per la prima volta discussa, i rabbini di Vienna inviarono due loro rappresentanti a studiare se il paese avesse le caratteristiche per questa impresa
Il risultato del loro sopraluogo fu comunicato a Vienna con questo telegramma: «La sposa è bella, ma è sposata a un altro uomo». Con disappunto avevano scoperto che la Palestina non era «una terra senza popolo per un popolo senza terra».
L’obiettivo del sionismo, questa è la tesi del saggio, di costituire e difendere uno Stato per un altro popolo in una terra già abitata, è un dilemma irresolubile che ha portato a sessant’anni di guerra e alla destabilizzazione dell’intero Medio Oriente. Dopo la morte della soluzione «due popoli-due Stati», frutto degli accordi di Oslo, l’unica soluzione da esaminare e approfondire è quella di uno Stato unico, laico e democratico, nel territorio della Palestina storica, che assicuri a tutti i cittadini, arabi, ebrei e di altre culture e religioni, uguali diritti di cittadinanza.

8. “L’Iran e la bomba”, di Giorgio S. Frankel.

La demolizione dei luoghi comuni sulla cosiddetta atomica iraniana e la verità sull’armamento nucleare israeliano e sulla sua dottrina militare.

9. “Boicottare Israele, una pratica non violenta”, di Nadia Carminati e Alfredo Tradarti

Jean-Moïse Braitberg, uno scrittore ebreo francese, ha scritto al presidente dello Stato di Israele una lettera («Le Monde, 28 gennaio 2009») nella quale chiede che sia cancellato il nome di suo nonno, Moshe Brajtberg, dal Memoriale di Yad Vashem dedicato alla memoria degli ebrei vittime del nazismo:

“Le chiedo di accogliere la mia richiesta, signor presidente, perché quello che è accaduto a Gaza e, più in generale, la sorte imposta da sessant’anni al popolo arabo di Palestina squalifica ai miei occhi Israele come centro della memoria del male fatto agli ebrei, e quindi a tutta l’umanità. […] Conservando nel Memoriale di Yad Vashem, nel cuore dello Stato ebraico, il nome dei miei cari, il suo Stato tiene prigioniera la mia memoria familiare dietro il filo spinato del sionismo per renderlo ostaggio di una sedicente autorità morale che commette ogni giorno l’abominio che è la negazione della giustizia”.

Il 16 marzo 2009 Michael Neumann, docente di filosofia alla Trent University in Ontario, Canada, e suo fratello Osha, artista e avvocato, hanno fatto la stessa richiesta per la loro nonna:

“La nostra complicità è spregevole. Non credo che il popolo ebraico, nel cui nome avete commesso così tanti crimini con un simile compiacimento oltraggioso, possa sbarazzarsi della vergogna che gettate su di noi. La propaganda nazista, nonostante tutte le sue calunnie, non ha mai disonorato né corrotto gli ebrei; voi ci siete riusciti. Non avete il coraggio di assumere la responsabilità dei vostri atti di sadismo: con un’insolenza mai vista prima, vi siete fatti portavoce di un’intera razza, come se la nostra stessa esistenza fosse un’approvazione alla vostra condotta. Avete macchiato i nostri nomi non solo con i vostri atti, ma con le menzogne, i discorsi evasivi, la compiaciuta arroganza e l’infantile moralismo con cui avete ricamato la nostra “storia.

Osha Neumann ha aggiunto:

“Sono cresciuto credendo che gli ebrei fossero un gruppo etnico con la missione storica di trascendere l’etnicità in un fronte unico contro il fascismo. Essere ebreo significava essere anti-fascista. Da tempo Israele mi ha svegliato dal mio sonno dogmatico sull’immutabile relazione tra ebrei e fascisti. È stata macchinata una  fusione tra l’immagine di torture e criminali di guerra ebrei e quella di vittime emaciate dei campi di concentramento. Trovo che questa commistione sia oscena. Non voglio farne parte. Avete perso il diritto di essere i custodi della memoria di mia nonna. Non desidero che Yad Vashem sia il suo memoriale”.

Tre prese di posizione a dimensione, dura e intensa, di umanità e di verità che indicano anche quale sia il nostro dovere morale e politico: non accettare, non collaborare, non mentire. Non accettare, non collaborare e non mentire boicottando Israele e contestando i suoi complici. Perché verrà il tempo in cui i responsabili dei crimini contro l’umanità che hanno accompagnato il conflitto israelo-palestinese e altri conflitti in questo passaggio d’epoca, saranno chiamati a rispondere davanti ai tribunali degli uomini o della storia, accompagnati dai loro complici e da quanti in Occidente hanno scelto il silenzio, la viltà e l’opportunismo.

Negli ultimi anni Israele ha accentuato una politica di segregazione e repressione nei confronti dei palestinesi che in molti hanno definito peggiore dell’apartheid sudafricana. Cosa fare di fronte a una situazione politica che rende la reclusione di un’intera popolazione una condizione durevole? Il 9 luglio 2005, a un anno dal parere della Corte Internazionale di Giustizia che invitava Israele a smantellare il Muro dell’Apartheid, più di 170 organizzazioni della società civile palestinese, in rappresentanza sia dei profughi e dei palestinesi che vivono in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, sia dei cosiddetti «arabi israeliani», hanno rivolto alla coscienza civile del mondo democratico un appello a fare contro Israele quello che fu fatto contro l’apartheid in Sudafrica: boicottaggi, disinvestimenti e sanzioni. Proposta già sostenuta da alcuni intellettuali israeliani, come Ilan Pappé e Tanya Reinhart, e da diversi opinionisti occidentali, come Naomi Klein.

Questo libro spiega le ragioni della necessità del boicottaggio, nei confronti del complesso culturalemilitare-industriale israeliano, che si configura oggi come la sola reale alternativa alla violenza.

10. “Rapporto Goldstone”

Le verità scomode dell’invasione israeliana di Gaza che dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009 fece circa 1.400 morti, circa 500 dei quali bambini, in sole tre settimane. Il Rapporto Goldstome è un documento preparato per l’Onu dal magistrato sudafricano Richard J. Goldstone, di origini ebraiche, in collaborazione con un gruppo di avvocati, in seguito all’inasione di Gaza nota come “Piombo fuso”. Il rapporto critica entrambi i contendenti e accusa in particolare l’esercito israeliano di aver commesso crimini di guerra nel corso dell’invasione. La reazione israeliana al rapporto è stata talmente violenta e appoggiata dai filoisraeliani da avere fatto nascere la leggenda di un ripensamento di Goldstone.

11. “Non ci sarà uno Stato palestinese”, di Ziyad Clot

L’autore è un giovane avvocato franco-palestinese, nato in Francia nel 1977. Nel 2007 decide di recarsi in Cisgiordania, per un eventuale lavoro all’Università di Birzeit come docente. A Ramallah gli viene offerto un posto di consigliere giuridico nella NSU (unità di sostegno per i negoziati) dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP); nel giugno 2008 partecipa, come consigliere di Saeb Erekat, ai negoziati di pace con Israele sul problema del diritto al ritorno dei profughi. Visita anche Haifa, la città dalla quale la famiglia materna è stata espulsa nel 1948 per visitare la casa che era stata dei suoi nonni, che da allora hanno vissuto in Libano. Nel novembre 2008, dopo l’esperienza per lui sconvolgente, di negoziati ridotti a una farsa, di cui il libro è una testimonianza, dà le dimissioni dall’incarico. Il 23 gennaio 2011, al-Jazeera e il Guardian pubblicano i documenti che vanno ora sotto il nome di Palestine Papers. Il 14 maggio sul Guardian, Ziyad Clot rivela di essere stato una delle persone che li ha reso pubblici. In totale si tratta di 1600 documenti, migliaia di pagine di rapporti diplomatici sulle trattative tra israeliani e palestinesi.

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