Progetti importanti tra illusioni di ripresa. E la rischiosa abboffata di profitti della banche Usa

di Mario Lettieri*  e Paolo Raimondi**

1) – Mobilitare il nostro sistema-paese sul territorio e a livello internazionale

Riteniamo che le prospettive economiche del nostro Paese non si possano misurare con meri dati statistici o peggio con qualche altro indicatore basato magari sulle aspettative degli intervistati. Le tante esternazioni di questi giorni sulla fine della recessione e sulla svolta economica positiva prevista per il terzo trimestre 2013 ci suonano più come auguri di Ferragosto che serie analisi suffragate da dati e andamenti reali. Non si tratta di iniziare una diatriba tra ottimisti e pessimisti sul futuro dell’economia nazionale. In passato questi “psicologismi spiccioli” hanno infatti dato spazio solo alla frustrazione e alla rabbia. Siamo consapevoli che spesso certe valutazioni negative sulla nostra economia, come quelle delle agenzie di rating, si sono tradotte, purtroppo, in tagli e spesso in cieca politica di bilancio.

Allo stato non esistono però concreti e solidi elementi per poter salutare l’uscita dalla crisi né a livello globale né a livello europeo e tanto meno a livello nazionale. Basti pensare che l’Ocse prevede un alto livello di disoccupazione. Per l’Italia il tasso relativo dovrebbe salire al 12,5% alla fine del 2014! E’ davvero difficile quindi immaginare una ripresa economica mentre l’occupazione scende così vistosamente, determinando ovviamente un conseguente generalizzato aumento della povertà. In Italia, purtroppo, da tempo manca una seria programmazione con una conseguente puntuale verifica di quanto realizzato. E’ indispensabile indicare percorsi di sviluppo ma anche progetti sul medio e lungo termine e scadenze precise. 

Il recente Piano Industriale 2013-2015 della Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) ci sembra un percorso positivo per avviare interventi di vero sviluppo. Per il triennio si prevedono 95 miliardi di euro a supporto degli investimenti delle Pubbliche amministrazioni e delle imprese nonché per la realizzazione delle infrastrutture. Nello specifico, 23 miliardi sarebbero destinati a investimenti pubblici produttivi, in particolare edilizia sociale e scolastica, e anche per la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico. Altri 9 miliardi sarebbero stanziati per le infrastrutture e le grandi opere, mentre si ipotizza uno specifico fondo per le piccole infrastrutture. Importante è lo stanziamento di 48 miliardi non solo per la crescita ma anche per l’internazionalizzazione delle imprese. Dovrebbero poi essere definiti percorsi speciali per il sostegno delle piccole e medie imprese (Pmi) e delle Reti di impresa. Al Mezzogiorno verrebbe destinata per investimenti una quota superiore ai 20 miliardi del passato triennio.

Ci sembra positivo che la Cdp stia sempre più assumendo un ruolo di attore dello sviluppo. Si penserebbe anche all’emissioni di mini-bond per le Pmi per un accesso facilitato al credito ed eventuali operazioni di project finance con l’estero. Complessivamente il contributo previsto del Gruppo Cdp al rilancio dell’economia italiana dovrebbe essere del 6% nel triennio, pari quindi al 2% annuo del Pil.

Tutto ciò sembra in un certo senso ricalcare l’operatività della Kreditanstalt fuer Wiederaufbau, la banca per la ricostruzione tedesca, che è uno dei veri motori “segreti” del successo economico e inGermania, dustriale della Germania. Tuttavia pensiamo che altre sfide per il sistema-paese Italia siano ineludibili. Occorre un grande Fondo, almeno di parecchie decine di miliardi di euro, per lo sviluppo delle  nuove tecnologie e delle infrastrutture strategiche del futuro capitalizzando il patrimonio immobiliare pubblico. In merito ci preme affermare la contrarietà ad una privatizzazione selvaggia giustificata dall’enormità del nostro debito pubblico. Il tasso annuale del debito può calare se, ad una politica di contenimento delle spese correnti, si associano scelte efficaci per la crescita della ricchezza prodotta. L’innovazione tecnologica delle nostre imprese potrà loro consentire in modo più incisivo di partecipare a grandi progetti anche a livello continentale. Si pensi all’Eurasia, all’America del Sud e all’Africa: Ciò non solo incrementerebbe l’export ed il ruolo delle singole industrie italiane impegnate nelle joint venture ma ridarebbe al “sistema Italia” un ruolo da protagonista nello scenario geopolitico internazionale.

2) – La rischiosa abbuffata di profitti delle banche Usa

Le grandi banche americane nuotano nell’oro. A Wall Street raccontano che i loro profitti sarebbero così tanti che non saprebbero come utilizzarli! C’è da chiedersi se il ritorno ai livelli del 2007 significhi l’uscita dal tunnel della grande crisi oppure se si siano ricostituite le condizioni magari per una bolla più grande pronta ad esplodere alla prima occasione. La JP Morgan Chase con 6,1 miliardi di dollari di profitti conseguiti nel secondo trimestre 2013 è proiettata a raggiungere a fine anno i 25 miliardi e il potenziale 17% di dividendo per gli azionisti la riporterebbe ai vecchi “splendori”. Anche la Wells Fargo ha guadagnato 5,3 miliardi superando del 20% il livello dello stesso periodo dell’anno precedente. La Goldman Sachs ha raddoppiato i profitti trimestrali portandoli a 2 miliardi di dollari. La City Group ha incassato 4,2 miliardi, cioè il 42% in più del secondo trimestre 2012. Lo stesso vale per la Bank of America. Si rammenti che, per salvare entrambe le banche dalla bancarotta, il governo Usa fu costretto a sborsare 90 miliardi. Sorprendentemente le loro azioni in borsa negli ultimi 12 mesi sono aumentate rispettivamente del 95 e del 78%!

Secondo certi “benevoli” analisti le 5-6 banche americane “too big to fail” quest’anno marcerebbero  verso i 100 miliardi di profitti! Di conseguenza la macchina bancaria ha ripreso a sfornare anche bonus milionari per i grandi manager. Prontamente imitata dalle grandi corporation. Con la loro liquidità le grandi banche stanno devastando il sistema delle banche locali e regionali indipendenti che finiscono nella loro rete. Ciò non è un bene  perché così si fa crescere spropositatamente la concentrazione bancaria con i relativi ed aumentati rischi sistemici. Esse, inoltre, con questi soldi stanno chiudendo l’enorme contenzioso insorto per i comportamenti illegittimi avuti prima e durante la crisi. Pagano per rifarsi un’improbabile nuova verginità. Esse stanno addirittura rispondendo con molto anticipo ai dettami di aumento di capitale previsto nella riforma bancaria di Basilea 3! Ovviamente in questo modo mettono sotto pressione il sistema bancario europeo che ha maggiori difficoltà competitive sui mercati.

E’ più che legittimo chiedersi però da dove provengano tanti profitti: da investimenti produttivi o da operazioni speculative? Noi riteniamo che il fallimento di una grande città industriale come Detroit sia una risposta più che lapalissiana. Anche altre città, come Chicago e New York, sono malate e piene di debiti, trasformandosi ogni giorno sempre di più in centri post-industriali. I dati ci dicono che sono riprese alla grande le operazioni in “asset-backed-securities” (derivati finanziari che hanno come sottostante flussi di cassa, quali i pagamenti delle rate di mutui o di carte di debito). Si riprende a giocare sul rischio con l’unico intento di ottenere alti profitti. Si ricordi che le abs speculative furono determinanti nello scatenamento della crisi. Negli Usa nel 2008 ne erano state emesse per 1.500 miliardi dollari rispetto ai 440 complessivi dell’Europa. Dopo avere registrato una drastica flessione nel 2009, nella prima metà del 2013 hanno superato i 332 miliardi di dollari. A confronto, per lo stesso periodo, l’Europa ne conta 36 miliardi. Quasi 10 volte meno di quelle americane.

Anche in questo caso si vede una notevole differenza dei comportamenti delle banche europee tenute più rigidamente sotto controllo, mentre quelle americane possono godere della stessa libertà di azione e di rischio dei momenti più irresponsabili di prima della crisi. Auspichiamo che Mario Draghi e i governanti europei abbiano la forza di non subire i suggerimenti di Bernanke e della Fed e di insistere, invece, per realizzare la necessaria riforma globale del sistema finanziario e bancario.

*Sottosegretario all’Economia del governo Prodi **Economista

4 commenti
  1. La striscia rossa
    La striscia rossa says:

    Beppe Grillo nel suo blog oggi attacca di nuovo Napolitano riguardo a Berlusconi. E cita il film “Ricomincio da capo” in cui “il protagonista era condannato a rivivere sempre la stessa giornata, così succede agli italiani”. La qual cosa però sembra accadere anche con gli anatemi del leader a 5 Stelle.

  2. La striscia rossa
    La striscia rossa says:

    Una moltitudine di aerei di propaganda in volo sulle coste toscane venete e di parte d’Italia. In Versilia la fedelissima Santanché riprende lo striscione «Forza Italia, forza Silvio»

    Turisti con gli occhi al cielo ai bagni Twiga di Marina di Pietrasanta, in provincia di Lucca, in Versilia, sulla costa Adriatica, Venezia, Caorle, dove sono comparsi aereei con lo striscione mentre le spiaggie erano affollatate in occasione del party di Ferragosto. L’oggetto di tanta amorevole propaganda invece è rimasto ad Arcore a studiare la strategia da adottare per la sua entrata in carcere, presentarsi al secondino con le bermuda o con il vestitino delle grandi feste?

  3. Shalom: un esempio di come l'esercito istraeliano a Gaza uccide a mazzi con scuse sbugiardate dagli stessi israeliani
    Shalom: un esempio di come l'esercito istraeliano a Gaza uccide a mazzi con scuse sbugiardate dagli stessi israeliani says:

    lunedì 12 marzo 2012

    Max Blumenthal : Il falso caso montato da Israele per bombardare Gaza nasconde motivi politici

    Negli ultimi due giorni, le forze armate israeliane hanno ucciso almeno 15 abitanti della Striscia di Gaza e ne hanno feriti più di 30. Tra le vittime ci sono due bambini (vedi qui e qui), mentre risultano tra i feriti un reporter della Ma’an News Agency e sua moglie, incinta. I gruppi militanti di Gaza hanno risposto all’attacco israeliano lanciando diversi razzi artigianali verso il sud di Israele, provocando due feriti e nessun morto.

    L’esercito israeliano ha dichiarato di aver dato inizio all’attacco contro Gaza allo scopo di uccidere due presunti militanti che sarebbero stati le menti di uno spudorato e mortale attacco terroristico presso la città israeliana di Eilat nell’agosto dello scorso anno. L’esercito ha anche dichiarato che i due stavano pianificando una nuova operazione. Secondo Paul Brennan, corrispondente da Gerusalemme per la versione inglese di Al Jazeera: L’esercito israeliano dice che queste due persone contro cui era diretto il suo scientifico raid aereo di venerdì notte erano militanti di alto profilo che stavano organizzando un attentato.
    L’esercito israeliano dice che l’attacco dell’anno scorso sulla strada lungo il confine egiziano, durante il quale furono uccise otto persone e furono feriti 25 soldati israeliani, era stato progettato da questi due uomini.
    È stato detto che Zuhair Al-Qaissi e Mahmoud Al-Hannani erano dietro a questi attacchi e l’esercito israeliano ha detto che questi due uomini stavano programmando un attentato simile, e che è questo il motivo per cui hanno sferrato il loro scientifico raid aereo.
    Il Jerusalem Post, che funziona da bacheca virtuale per gli annunci dell’esercito israeliano, ha riportato una storia simile: “L’IDF ha detto di aver deciso di bombardare l’auto di Qaisi dopo aver saputo dai servizi segreti che stava tramando un importante attentato terroristico lungo il confine con l’Egitto” riferisce il quotidiano “simile a quello perpetrato dal [Comitato di Resistenza Popolare] lo scorso agosto, che ha ucciso otto israeliani.” Come spesso accade, l’esercito israeliano mente. Secondo le investigazioni compiute dall’esercito stesso sull’attacco di Eilat dell’anno scorso, gli attentatori non erano di Gaza, come il portavoce del governo israeliano aveva inizialmente affermato, ma erano egiziani. Il primo a riportare le conclusioni delle indagini dell’esercito fu Alex Fishman, il corrispondente per l’esercito del quotidiano israeliano Yedioth Aharanoth, che aveva trattato con estremo scetticismo i precedenti tentativi di incolpare i Comitati di Resistenza Popolare di Gaza. Anche i blogger Idan Landau [solo in ebraico], Richard Silverstein e Yossi Gurvitz avevano raccolto prove che smontavano l’accusa dell’esercito contro Gaza.
    Alla fine, a novembre, le forze di sicurezza egiziane hanno arrestato colui che si sospetta essere stato l’ideatore del complotto di Eilat, demolendo le iniziali accuse dell’esercito israeliano contro i gruppi di Gaza. A quel punto, però, le forze israeliane avevano già ucciso 30 cittadini di Gaza come ritorsione per un attentato con cui Gaza non aveva avuto assolutamente niente a che fare.
    Questo week end, l’esercito israeliano è tornato ad accusare falsamente gli abitanti di Gaza degli attacchi di Eilat dell’agosto scorso, contraddicendo le proprie stesse indagini e le numerose prove che dimostrano che quegli attacchi sono stati preparati in Egitto e messi in atto da egiziani. L’esercito non ha alcuna prova che gli uomini che ha assassinato venerdì – Al-Qaissi e Al-Hannani – fossero coinvolti negli attacchi di Eilat, o che stessero pianificando alcuna operazione militare. Quindi, per poter architettare un attacco violento, l’esercito israeliano ha semplicemente fabbricato una menzogna che nasconde quelle che paiono invece essere considerazioni politiche.L’inizio dei nuovi bombardamenti su Gaza ha coinciso con il ritorno in Israele del Primo ministro Benjamin Netanyahu dopo giorni di discussioni a Washington con il Presidente Barack Obama sul programma nucleare iraniano. Netanyahu aveva sperato di ottenere un concreto impegno da parte di Obama ad autorizzare un’offensiva contro l’Iran, o almeno a sostenere un attacco israeliano nell’immediato futuro. Invece è stato criticato, e Obama ha condannato gli “irresponsabili discorsi di guerra” di Netanyahu e gli ha intimato di non colpire l’Iran. Durante il suo discorso all’AIPAC, Netanyahu è stato costretto a rinunciare alla sua richiesta a Obama di convenire su un “limite di tolleranza”, rispetto al programma nucleare dell’Iran, oltre il quale sarebbe scattata l’offensiva statunitense, e si è limitato a una incoerente e demagogica filippica su una “papera nucleare” e sull’Olocausto. Se Bibi ha ottenuto qualcosa durante la sua visita a Washington, è stato di tenere i Palestinesi fuori dal tavolo di discussione, garantendo al suo governo mano libera sull’espansione degli insediamenti nella West Bank e l’impunità rispetto a un attacco su Gaza. Quasi subito dopo essere tornato a Gerusalemme, frustrato e malconcio, Netanyahu si è incontrato con i suoi generali per montare un caso per poter bombardare Gaza. La Striscia di Gaza, con la sua stipata popolazione di rifugiati senza stato, sarebbe servita da capro espiatorio e da valvola di sfogo. Non potevano avere la loro guerra contro l’Iran – o almeno, non ancora – ma potevano attaccare i Palestinesi di Gaza senza timore di ripercussioni da Washington. Ieri, mentre il conto dei morti a Gaza superava abbondantemente la decina, l’ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, Susan Rice, ha dichiarato su Twitter: “Condanniamo decisamente il lancio di razzi terroristici da Gaza contro le città e i villaggi del sud di Israele e ci appelliamo a entrambi i paesi perché venga ripristinata la calma.”

    (traduzione di Roberta Verde)

    http://maxblumenthal.com/2012/03/israels-bogus-case-for-bombing-gaza-obscures-political-motives/
    http://972mag.com/israel-initiates-escalation-gazans-pay-the-price/37737/

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