Economia e finanza: Papa Francesco, pensaci tu! Politiche monetarie troppo accomodanti? Negli Usa spinte al protezionismo.
Mario Lettieri* Paolo Raimondi** * Sottosegretario all’Economia del governo Prodi **Economista
Papa Francesco, pensaci tu!
Mentre il mondo dell’economia si “perde in chiacchiere” sulla necessità di rivedere il sistema della finanza globale, papa Francesco ha ripreso il suo lungo percorso di riflessione per stimolare i dirigenti politici a ”realizzare una riforma finanziaria che sia etica e che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti”.
Giovedì 16 maggio, parlando ad un gruppo di nuovi ambasciatori presso il Vaticano, ha ricordato che “mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune”.
Papa Bergoglio stigmatizza il consumismo fine a se stesso, il dominio e l’adorazione del denaro, la dittatura dell’economia senza volto né scopo realmente umano. Denuncia “la nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, del mercato che impone unilateralmente le sue leggi e le sue regole”. Egli vi contrappone la solidarietà, l’etica, il bene comune, la convivenza e la lotta dei popoli contro la povertà.
Non si tratta di un appello moralista. E’ invece un vero e proprio manifesto che pone al centro della società e dell’economia l’uomo con i suoi valori e i suoi bisogni.
Papa Francesco non è nuovo a questi interventi. Già nel 2002, nel mezzo del crac dell’economia argentina, evidenziato anche dalla inesigibilità dei bond, l’allora cardinale Bergoglio di Buenos Aires denunciava in una intervista al mensile “30Giorni” che “il nuovo imperialismo del denaro toglie di mezzo il lavoro, che è il modo in cui si esprime la dignità dell’uomo e la sua creatività, che è l’immagine della creatività di Dio. L’economia speculativa insegue l’idolo del denaro che si produce da se stesso”. Evidenziava un vero e proprio terrorismo economico-finanziario contro l’Argentina, schiacciata da una “globalizzazione economicistica”.
Erano analisi e denunce che, 6 anni dopo, con l’esplosione della bolla finanziaria del 2008 e con i successivi salvataggi delle banche attraverso la leva del debito pubblico, sono diventati argomenti sulla bocca di tutti.
Papa Francesco allora coglieva, e lo ribadisce anche oggi, le drammatiche conseguenze sociali della disoccupazione e della povertà. Non si fermava nemmeno di fronte ai templi pagani delle istituzioni economiche internazionali come il Fmi che, con arroganza, “indicano sempre ai governi le loro rigide direttive, parlano sempre di etica, di trasparenza, ma mi appaiono come eticisti senza bontà”.
Nel 2005 nel suo prologo al libro “Una apuesta por l’América Latina” di Guzman Carriquiry, attuale Segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, papa Francesco affrontava con grande forza la sfida della integrazione e dell’unione Sud americana affinché il continente Latinoamericano potesse diventare vero protagonista nelle grandi battaglie per la costruzione di un nuovo ordine mondiale.
Già parlava quindi della necessità di formulare nuovi paradigmi di sviluppo basati su una crescita economica autosostenibile, significativa e persistente, sul superamento della povertà e su una maggiore equità. Non si trattava, e non si tratta, di una politica meramente economicistica ma di una prospettiva derivante dall’”originalità storica e culturale che chiamiamo America Latina”.
In breve l’attuale papa proponeva una “terza via”, quella ispirata dall’urgenza di realizzare il bene comune, in alternativa alla dicotomia della globalizzazione totalitaria postmoderna con i suoi sotto prodotti culturali decadenti dell’individualismo e dell’edonismo consumistico da una parte e del “progressismo adolescenziale” sganciato dalle radici popolari dall’altra.
In un certo senso tale visione anticipava la nuova alleanza dei paesi emergenti. Infatti l’integrazione continentale diventa centrale e realizzabile solo attraverso l’istruzione e lo sviluppo delle grandi infrastrutture.
Noi riteniamo che anche l’Europa dovrebbe recepire lo spirito di fondo di questa visione culturale e morale per realizzare il suo processo di unità superando le persistenti divisioni e i vecchi egoismi accentuati dalla recessione economica.
“Questa è l’ora degli educatori e dei costruttori”, diceva e lo ripete con solennità papa Bergoglio.
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Bri: presto un’inversione nelle politiche monetarie troppo accomodanti.
La Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea annuncia che a breve potrebbe esserci un virata nelle politiche monetarie delle banche centrali. Si porrebbe fine ai tassi di interesse vicini allo zero.
A Londra recentemente, il direttore generale della Bri, Jaime Caruana, ha affermato che, sebbene siano trascorsi cinque anni dallo scoppio della crisi, la ripresa non c’è ancora e l’attività economica complessivamente è ancora inferiore rispetto al livello pre crisi.
In questo periodo le banche centrali dei paesi del G20 hanno abbandonato il fondamentale criterio del controllo dei prezzi instaurato dopo le ondate inflative degli anni settanta.
Esse invece hanno adottato politiche non convenzionali ma “accomodanti” con la immissione di una quantità impressionante di nuova liquidità. Il direttore Caruana, sa che ciò “ha impedito che il sistema finanziario implodesse trascinando con sé anche l’economia reale”, ma ciò ha anche “ridotto grandemente la percezione del rischio finanziario”.
Dal 2007 ad oggi il debito totale, pubblico e privato, del settore non finanziario dei Paesi del G20 è aumentato di oltre 30 trilioni di dollari! Questo dato contraddice in modo eclatante i tanti impegni e le tante promesse di ridurre (deleveraging) il livello del debito.
Inoltre nello stesso periodo le attività e i bilanci delle banche centrali del G20 sono aumentati di ben 10 trilioni di dollari! Esse hanno comprato obbligazioni e una montagna di derivati e di altri titoli tossici! Lo hanno fatto, secondo noi irresponsabilmente, stampando moneta.
Il direttore della Bri fa notare giustamente che questa liquidità finora si è riversata sulle Borse facendo levitare i listini a volte fino ai massimi livelli come a Wall Street e alla City. Non si può escludere però che in seguito essa possa determinare un aumento dei prezzi dei beni, dei servizi e delle stesse derrate alimentari a livello mondiale.
Purtroppo di fronte a tale rischio c’è ancora chi rivendica un “più forte attivismo nella politica monetaria” con un’ulteriore riduzione dei tassi nonché una maggiore infusione di liquidità, come da tempo fa la Fed di Bernanke.
Una tale scelta è ritenuta “ingiustificata” da Caruana che afferma: “Se la medicina non da l’effetto desiderato, non è necessariamente perché il dosaggio è stato troppo basso. Forse l’intero trattamento e il ruolo della medicina in esso dovrebbero essere riconsiderati. Forse c’è bisogno di qualche altra cosa.”
Del resto la politica di stimolo monetario ha spinto tutti, dalle istituzioni finanziarie ai governi, a continuare con il “business as usual”. E’ oggettivamente aumentato il rischio di inflazione. Sono accresciuti i flussi monetari verso i paesi emergenti creando gravi squilibri interni a causa del forte aumento del credito non produttivo e anche dell’inflazione. Si sono ridotti in modo non giustificato i rendimenti dei titoli dei Paesi cosiddetti avanzati spingendo di conseguenza molti operatori finanziari a cercare profitti in settori ad alto rischio. La stessa credibilità delle banche centrali sarebbe messa in gioco.
Perciò Caruana sostiene che “le politiche monetarie accomodanti non sono efficaci quando bisogna riparare i bilanci del settore privato. Quando il problema è il debito troppo alto e gli attori economici sono in ritirata non è realistico pensare che la politica monetaria possa generare una forte crescita attraverso l’abbassamento dei tassi di interesse”.
In sintesi la Bri prospetta una inevitabile inversione di rotta nella politica monetaria che, dopo gli eccessi menzionati, potrebbe non essere indolore. Si ricordi che una gran parte dei titoli di debito sono stati emessi a bassi tassi di interesse. Se questi dovessero crescere e le banche centrali riducessero i loro consistenti acquisti di titoli, i mercati finanziari potrebbero entrare nuovamente in fibrillazione.
Purtroppo il direttore della Bri fornisce una disanima precisa del malessere finanziario, economico e monetario del sistema ma non propone alcuna riforma dello stesso.
Noi non ci stancheremo mai di ripetere che i governi rappresentati nel G20 devono adottare regole stringenti e condivise per il settore finanziario nonché sottoscrivere nuovi accordi che riequilibrino le politiche di sviluppo mondiale e rivedano anche le attuali norme dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
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Pericolose spinte protezionistiche negli Usa
A margine dell’Astana Economic Forum tenutosi alla fine di maggio nella capitale del Kazakhstan, l’economista e premio Nobel Robert Mundell ha auspicato che gli Stati Uniti introducano misure protezionistiche a sostegno delle proprie manifatture e dei propri prodotti. Secondo noi sarebbe un errore.
Mundell è noto per essere stato uno dei fautori della reaganomics, nota per i tagli di bilancio e le riduzione delle tasse. E’ uno dei preminenti paladini del “free trade”, cioè delle politiche di liberalizzazione commerciale. In verità più recentemente è diventato anche il “padre spirituale” dell’euro.
Il professore canadese riconosce che le politiche di stimolo non sono in grado di rimettere in funzione il motore della ripresa economica americana. Ciò è dovuto in particolare alla politica di “outsourcing”, che ha portato le imprese americane a cercare lavoro a basso costo fuori dai confini degli Usa, in particolare nel Messico, e in molti paesi asiatici, a cominciare dalla Cina. Naturalmente con la conseguente bassa professionalità.
Tale politica ha indebolito la struttura portante di molti settori come quello aeronautico assai rilevante. Tanto che la Boeing, per esempio, avendo assegnato importanti commesse nel campo elettronico ad altre imprese internazionali, si trova spesso in difficoltà ad affrontare le emergenze relative al surriscaldamento delle batterie in quanto i propri ingegneri non sono utilizzati in questo comparto.
Mundell sostiene che gli Usa sono come una “donna nuda” rispetto al resto del mondo che opera attraverso coperture protezionistiche. Auspica quindi delle contromisure, soprattutto nei confronti della Cina, del Giappone e della Germania. Non propone delle vere e proprie tariffe doganali, in quanto ciò porterebbe ad uno scontro aperto. Suggerisce interventi più soft ma non meno efficaci, quali il Buy American, in particolare per le commesse statali.
A nostro avviso si tratta di segnali molto pericolosi che rivelano la mancanza di una visione strategica e aggravano i rischi di una competizione senza regole.
In pratica si vorrebbe puntare il dito contro gli altri, mentre si tende a negare che l’immissione di 100 miliardi di dollari al mese nel sistema economico americano è diventata di fatto la più grande misura protezionistica. In questo modo gli Usa mantengono artificialmente alti i consumi e le produzioni interne e al contempo pagano parte delle importazioni con risorse create dal nulla. Inoltre, la gran parte dell’enorme budget militare e di altri settori strategici è strettamente orientata verso i prodotti interni. Solo una parte viene “pilotata” verso Paesi dell’alleanza militare per ragioni geopolitiche.
Anche il recente aumento della produzione di gas ottenuto attraverso i nuovi metodi del fracking (la fratturazione idraulica di scisti bituminosi) non è stato orientato dal governo verso l’export, pur avendo i produttori la possibilità di ottenere alti profitti vendendo il gas in Europa dove il prezzo è di un 1/3 superiore.
In verità gli Usa non sono nuovi a risposte protezionistiche in situazioni di crisi. Nel 1930 la legge Hawley-Smoot cercò di rispondere alla crisi del ’29 con alti dazi su 20.000 prodotti di importazione che invece di rilanciare la produzione interna esacerbarono gli effetti della Grande Depressione a livello mondiale.
Per i Paesi emergenti, invece, certe misure protezionistiche trovano una giustificazione perchè altrimenti non riuscirebbero in tempi brevi a realizzare un programma di industrializzazione se schiacciati dalla concorrenza in grado di imporre qualità e prezzo.
Dopo essere stati i primi responsabili della crisi finanziaria globale, gli Stati Uniti non possono pretendere di spostare il peso della crisi e dei loro tentativi di ripresa sui Paesi più poveri e su quelli emergenti.
E’ evidente che gli effetti della crisi sono globali e che le scelte e le regole per fronteggiarli devono essere globali. Dopo il 2007 il crollo delle produzioni e del commercio, in particolare nel mondo Occidentale, è stato attutito dalla crescita rilevante delle economie del Brics e di altri Paesi emergenti. Recentemente però anche l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) ha dovuto rivedere molto al ribasso le aspettative per il 2013 del commercio mondiale.
Tra le riforme da affrontare vi è certamente quella del WTO. La cosa più deleteria sarebbe una competizione commerciale dura e senza esclusione di colpi che porterebbe il mondo in una spirale di guerre protezionistiche e monetarie.
x TUTTI
ALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI IN IRAN HA VINTO AL PRIMO TURNO IL RIFORMISTA MODERATO ROHANI!!!!
CON FATICA E NONOSTANTE I SABOTAGGI USA DEI TEMPI DI BUSH JUNIOR E LE PROVOCAZIONI PIU’ RECENTI DI USA E ISRAELE FINALMENTE L’IRAN PUO’ VOLTARE PAGINA COME AVEVAMO PREVISTO NEL 2009, ANCHE SE CON UN RITARDO DI QUATTRO ANNI.
IL MEDIO ORIENTE ORA HA ORIZZONTI MIGLIORI.
C’E’ SOLO DA FESTEGGIARE!!!!!!
Un abbraccio a tutti.
pino nicotri
xcg49
leggi sempre alla cazzo di cane e non capisci mai quell che scrivo…non so’… ti credevo un po’ piu’ intelligente.
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Primo: Sara’ uno sconsiderato…ma e’ il pensiero di un intellettuale palestinese. (io cosa ci posso fare)
Secondo: io stesso pero’ finivo il mio post con la frase:
” Questo pero’ oramai mi sembra davvero impossibile”.
Dunque cosa vai cianciando…finiscila di aggrapparti sul niente….quello che tiri con me all’ ultimo…e stato e sara’
sempre il fiammifero piu’ corto.
Ricordalo….quelli che hanno il dente avvelenato per principio… non sortiranno mai a niente.Vergognati e basta.
Rodolfo-
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Cara Sylvi,
tu scrivi:-“Nel frattempo passeranno le stagioni e le generazioni…e l’odio si attenuerà per mancanza di provocazioni e di istigazioni , e forse , speriamo, anche per desiderio di cercare una forma di convivenza”
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Tutto sbagliato….con i palestinesi una evenienza del genere e’ da escludere in modo assoluto.
Rodolfo
Il nuovo presidente dell’Iran vuole la riconciliazione con l’Occidente…Rohani ha ottenuto cio’ che sembrava impensabile fino a pochi mesi fa’… il ritorno dei riformisti al potere in Iran.
Rohani:- “questi otto anni oscuri sono finalmente
completati…ora dobbiamo rapidamente dimenticare”
Lo slogan elettorale di Rohani e’ stato “prudenza e speranza’…..ora vuole raggiungere la fine dell’ isolamento internazionale del suo paese…
certamente al primo ordine del giorno ci saranno le rassicurazioni riguardo il programma di arricchimento dell’ uranio…da non dimenticare che fu ex negoziatore .. e riusci’ nel 2005 a bloccare per un breve termine il programma di arricchimento dell’ uranio.
Ora non resta che aspettare per vedere fino a dove arrivera’.
Il buongiorno si vedra’ dal mattino.
Nel frattempo auguri a Rohani e in bocca al lupo.
Rodolfo
Cosi scrive Nicotri:-
ALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI IN IRAN HA VINTO AL PRIMO TURNO IL RIFORMISTA MODERATO ROHANI!!!!
CON FATICA E NONOSTANTE I SABOTAGGI USA DEI TEMPI DI BUSH JUNIOR E LE PROVOCAZIONI PIU’ RECENTI DI USA E ISRAELE FINALMENTE L’IRAN PUO’ VOLTARE PAGINA COME AVEVAMO PREVISTO NEL 2009.
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Oh intanto non voglio essere sempre quello che cerca di rompere le uova nel paniere…non sono il tipo…ma e’ anche vero che…se qualcosa non mi e’ chiara …scrivo dei miei dubbi e perplessita’ senza remore…disposto anche ad ammettere i propri sbagli.
Intanto bisogna …secondo me.. specificare che Rohani e’ un riformista moderato “religioso”.
Secondo …che a mio parere questo cambiamento in Iran e’ dovuto SOPRATUTTO grazie alle “provocazioni” (se cosi lo vogliamo chiamare) proprio degli USA e di Israele.
Rodolfo
US pronti a collaborare
Dopo la vittoria elettorale Rohani in Iran… gli Stati Uniti sono pronti… secondo la Casa Bianca ad una collaborazione diretta con Teheran…. l’obiettivo sarebbe quello di trovare una soluzione diplomatica che eliminerebbe le preoccupazioni della comunita’ internazionale di fronte al programma nucleare iraniano… cosi il portavoce presidenziale Sabato a Washington.
Rodolfo
Che oltretutto e’ un arsenale clandestino. Nessuno Stato civile accetta di stare col culo scoperto in presenza di chi ha centinaia di armi nucleari non dichiarate e vuole pure tenersele con la pretesa di essere e restare l’unico ad averle. Solo dei mascalzoni, delinquenti e illusi possono nutrire di queste presuntuose allucinazioni. Prima o poi arriva il conto da pagare. Purtroppo non lo pagano mai i supporter rodolfiani e i cessi fanatici “eletti”.
Shalom
A Benyamin Netanyahu l’elezione di Rohani gli deve essere andata di traverso..
Mister chiagn ‘e fotte non si darà pace..”e adesso con chi me la prendo”?
C.G.
Mai ufficialmente caro Shalom…lo ammetti tu stesso….si presume dunque che israele abbia la bomba atomica.
Comunque sia….cerchiamo un po’ di ragionare…
ammesso che israele l’ abbia …potrebbe mai usarla a scopo offensivo? E se si…contro chi e perche’? Non ha senso…buttarla sulla testa dei palestinesi e’ come usarla contro se stessi…troppo vicini….a questo ci arrivi caro Shalom? Bene…
Israele poi non ha velleita’ di espansionismo….dove…e contro chi…da quelle parti non c’ e’ niente per la gatta…e agli ebrei bastano quei pochi Km. quadrati per vivere.
Certo non basta …un armamento convenzionale .. circondati come sono da famelici lupi…..si sono inventati cosi la bomba atomica….che chissa’ c’ e’…o chissa’ forse no…
ma nel dubbio …chi gia’ da tempo avrebbe desiderato di fare d’ israele un sol boccone sta’ all’ erta ed ha paura…. e rinuncia.
Se non ci fosse stato questo deterrente…e se i lupi famelici fossero stati sicuri al 100% che non c’ era…allora gia’ da tempo israele non esisterebbe piu’.
Sotto questo punto di vista….credo che nonostante tutto… non potresti fare a meno di non darmi ragione.
Un salute atomico
Rodolfo
xcg56
e quale sarebbe lo scopo di prendersela con qualcuno ad ogni costo?
Una perdita di tempo e nient’ altro….
no…gli americani gia’ si dichiarono pronti a collaborare…
Netanyahu….grande conoscitore di primavere arabe alla cazzo di cane….e’ scettico….ed ha ragione.
Come ho scritto nel mio 52…”Ora non resta che aspettare per vedere fino a dove arrivera Rohani’”….
fin dove arrivera’ il suo coraggio e la sua autonomia.
Io sono piu’ che ottimista…perche e’ il popolo che lo ha scelto….stanco di soffrire e stanco di Ahmadinejad.
Vedremo
Rodolfo
Per il semplice motivo che il beniamino del Medio Oriente (come del resto quasi tutti i suoi precedessori) deve avere un nemico per giustificare i suoi crimini contro un’altro popolo residente a casa propria.
Gli serve come l’aria che respira.
Poi, quanto giocondi sul fatto che Israele “non ha mire espansionistiche” posso darti soltanto un sano e spassionato consiglio: curati.
Scegli una cura da cavallo di quelle robuste!
Tranquillo.
C.G.
Caro cg….
mi dispiace …avevo scritto un post molto lungo dove …forse anche ripetendomi cercavo di spiegarti come la penso io e come stanno in realta’ i fatti.
Poi mi son fermato a riflettere ed ho pensato a quanto sono idiota a perdere il mio tempo a voler spiegare a te il mio pensiero.
Arrivando ad un certo punto bisogna anche sapere quando e’ il momento di gettare la spugna….ci si stanca perche’ ci si accorge di avere a che fare con un fanatico…settario e non con una persona equilibrata che sa analizzare a fondo e con perspicacia i fatti…
i tuoi post a differenza dei miei non spiegano niente …se tu riuscissi a ribattere con un discorso davvero diverso…che ribalta gli argomenti…allora potrebbe essere anche piacevole scambiarsi opinioni….ma cosi no..i tuoi post non dicono mai niente….sono privi di ispirazioni e non riesci a contrastare ne a seguire i miei argomenti se non con accuse tout court… per cui forse potremmo parlare di altre cose….
ma non del problema mediorientale…non ha senso ed e’ per me solo una perdita di tempo.
Un saluto e buona domenica
Rodolfo
Ecco, bravo, rinuncia.
Terreno e problematiche più grandi di te (e anche di me).
Datti alla filatelia, all’ippica, a collezionare chessò.. figurine di calciatori, ma lascia stare fatti e situazioni tremendamente seri.
Sie sind ein paar Schuhnummern zu gross.
Buona domenica anche a te.
C.G.
Intervento in Siria…..
Qui le reazioni sono miste…il Presidente fa discorsi sopra discorsi…
Siamo in attesa del G8 , quando Obama incontrera’ Vladimir Putin.
Gli Usa, con il Regno Unito e la Francia, cercheranno di convincere Putin a fare pressioni sul regime di Damasco per porre fine alle violenze in Siria.
E se non raggiungeranno un consenso cosa faranno?
Obama e’ pronto ad accettare rifugiati ribelli negli USA, questo impenscerisce la popolazione, chi sono i ribelli…e’ possibile he si aprano le porte ad infiltrati?
Non bastano quelli che giornalmente si nascondono tra’ i Latinos che illegalmente passano i confini?
C’e’ solo da sperare che il G8 porti buon frutto…ma ci credo poco.
Anita
X TUTTI
È IN RETE IL NUOVO ARGOMENTO.
BUONA LETTURA.
pino nicotri