1) – Cipro: un test per far pagare ai risparmiatori i debiti delle banche in default. 2) – Francesco cala l’asso della povertà evangelica

Cipro: un test per far pagare ai risparmiatori i debiti delle banche in default

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

La vicenda di Cipro è la prova provata dell’incompetenza di Bruxelles e della Troika (Fmi, Commissione europea e Bce) a trattare le crisi finanziarie e bancarie in Europa. Gli euroburocrati hanno potuto mostrare la loro arroganza sostenuti da quei “duri” europei che vogliono il rigore soltanto per poter salvare le banche in default. Il sistema bancario di Cipro, a metà strada tra il legale e l’offshore, è pieno di soldi. Spesso di provenienza non limpida. Secondo il Fondo Monetario Internazionale avrebbe attività per 152 miliardi di euro pari a circa 8 volte il Pil del Paese. I depositi bancari, favoriti da tasse basse e da ancor più bassi controlli, ammonterebbero a 68 miliardi, dei quali il 40% sarebbe in mani russe.

La Cyprus Bank e la Cyprus Popular Bank, le due maggiori banche cipriote, sono in gravi difficoltà per le perdite in miliardi di euro subite sui bond greci. Ovviamente si può anche ipotizzare che il rischio di insolvenza sia dovuto all’accumulo di debiti causati da speculazioni andate male. Il governo cipriota deve far fronte alla crisi di bilancio come tutti i Paesi europei dell’area mediterranea. Servirebbero circa 17 miliardi di euro. Chi paga? Il Meccanismo di Stabilità Europea, cioè il fondo di salvataggio creato ad hoc per simili situazioni? Oppure il governo cipriota che non ha soldi e che non può chiedere prestiti in quanto violerebbero il patto da stabilità europeo?

L’alternativa sarebbe l’insolvenza delle banche. Ma l’Europa non vuole. Si metterebbe in evidenza la “spazzatura” esistente nell’interno dell’intero sistema bancario che, come noto, è strettamente interconnesso. Nemmeno Cipro la vuole in quanto l’isola perderebbe la sua funzione di sistema “quasi off shore” che attrae capitali in cerca di “paradisi fiscali sottocasa”. La proposta di tassare i detentori dei conti correnti però ci sembra la più provocatoria e la meno efficace. Provocatoria verso i capitali russi. Infatti segnerebbe negativamente i rapporti tra Europa e Russia proprio nel momento in cui, invece, è più urgente avere una proficua collaborazione nel campo infrastrutturale, industriale e commerciale.  Inefficace ed ingiusta nei confronti dei risparmiatori ciprioti che dovrebbero pagare il bail out delle banche che sono in crisi per comportamenti speculativi mai sanzionati dalle competenti autorità nazionali ed europee.

Le banche in crisi non sono delle “scatole chiuse” da salvare così come sono. E’ dal fallimento della Lehman Brothers che, per simili situazioni, alcuni, e noi tra questi, sostengono che serve un “curatore fallimentare” che sappia distinguere nelle banche in default le parti sane da salvare da quelle marce da mettere fuori gioco. Un simile approccio di conseguenza impone la separazione delle banche commerciali da quelle di investimento per far sì che i risparmi dei cittadini e delle famiglie non siano usati per giochi speculativi ma soltanto per investimenti oculati.

Il caso di Cipro quindi può essere l’opportunità per definire nuove regole. La politica del ricatto dei “rigoristi” da una parte e delle banche che si sentono tutte “too big too fail” dall’altra non può che portare al caos economico e sociale. Non vorremmo che l’approccio di Bruxelles nei confronti di Cipro diventi un  test per l’intera Europa. Nel qual caso i cittadini e i risparmiatori verrebbero considerati “garanti di ultima istanza” e chiamati perciò a pagare i debiti fatti dalle banche! E’ sintomatico il comportamento della Commerzbank, la seconda banca tedesca per importanza. Come è noto, ha avanzato la proposta di tassare il patrimonio finanziario degli italiani del 15% in modo da far rientrare il debito pubblico del nostro Paese subito sotto il 100% del Pil.

E’ la stessa banca che nel 2008 fu salvata con i soldi pubblici tanto da diventare quasi una banca statale. Infatti il governo di Berlino detiene il 25% delle sue azioni. E’ quella stessa banca che, al momento dell’esplosione della crisi dei debiti pubblici, possedeva una grossa fetta dei 541 miliardi di euro in bond dell’Irlanda, del Portogallo, della Grecia e della Spagna in pancia al sistema bancario tedesco. Si comincia a mettere i piedi nel piatto degli altri quando probabilmente non si vogliono trovare soluzioni unitarie e si vuole perciò distogliere l’attenzione dai propri guai.

E’ davvero impossibile avere regole comuni per il sistema bancario e finanziario globale? Si cominci dall’Europa per poi coinvolgere gli altri attori internazionali. L’accumulo di comportamenti sconclusionati e di casi singoli non può che determinare crisi sempre più gravi.

*Sottosegretario all’Economia del governo Prodi  **Economista

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C’è un papa che si riallaccia a Wojtyla, conservatore e con aspirazioni teocratiche, ma nascoste sotto un saio sdrucito, nel futuro che ci attende

di Walter Peruzzi

Dopo che si è molto discusso sullo stile di vita e sul passato del nuovo papa, credo sia utile cercare di riflettere anche su quel che potrà riservarci in futuro questa elezione. Che a sua volta aiuta meglio a capire molti dei motivi che hanno indotto Ratzinger a dimettersi «per il bene della Chiesa».

Perché Ratzinger ha dovuto dimettersi
Il pontificato di Wojtyla aveva compiuto un miracolo: porre fine alle aperture dell’età giovannea, liquidare l’eredità del concilio e indirizzare la Chiesa sulla strada della restaurazione senza perdere, anzi consolidando e rafforzando, il dialogo con le altre religioni e il feeling instaurato da Giovanni XXIII coi fedeli. Ed è proprio questo, invece, il capitale dilapidato da Ratzinger. Papa ombra già al tempo di Wojtyla e abile, come pontefice, nel dettare la linea, Benedetto XVI è stato incapace non solo di governare e tanto meno di “ripulire” la Curia, in cui sono esplosi scandali e conflitti a catena, ma di far procedere il dialogo interreligioso, che si è barcamenato fra gaffe e rettifiche, e di “conquistare” i fedeli, che si sono piuttosto allontanati, non solo quelli di un’Europa sempre più secolarizzata ma anche quelli del terzo mondo. L’emorragia di adepti, in fuga verso altre chiese cristiane, si è aggravata particolarmente in America latina, dove si concentra il 40 per cento di tutti i cattolici e dove la crisi di consensi era cominciata già sotto Wojtyla che, come scrive nel suo blog Gennaro Carotenuto, «combatté e vinse la battaglia con la teologia della liberazione per perdere poi quella con le chiese protestanti». In America latina, per di più, si è assistito all’avanzata di governi socialisti e progressisti che minacciano, oltre a ricchezze e privilegi, gli stessi «valori non negoziabili» cari a Ratzinger e Wojtyla. Proprio qualche mese fa ad esempio, in Argentina, è passata una legge sulle unioni civili che equipara quelle fra persone dello stesso sesso al matrimonio «fra un uomo e una donna».

Perché Bergoglio
Se questo insieme di difficoltà e di fallimenti sono alla base delle dimissioni di Benedetto XVI, si può capire come anche un conclave fra i più retrivi abbia potuto identificare un successore adeguato nel gesuita, e arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Bergoglio.
Legatissimo a Wojtyla, da cui fu fatto cardinale, Bergoglio condivise con lui la lunga lotta contro la teologia della liberazione e, come provinciale dei gesuiti, impose il suo conservatorismo teologico anche alla compagnia, che in America latina era tradizionalmente molto aperta: Bergoglio, secondo il gesuita uruguayano Pérez Aguirre, trasformò la «Compagnia da progressista in conservatrice e retrograda». Tale conservatorismo, e l’ostilità verso le idee rivoluzionarie, può spiegare anche il suo comportamento negli anni della dittatura, che alcuni considerano colluso, altri quanto meno opaco. Lo stesso Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel, secondo cui Bergoglio non è stato «complice della dittatura», ha aggiunto nel suo blog che «gli mancò il coraggio di accompagnare la nostra lotta nei momenti più difficili».
In ogni caso l’arcivescovo di Buenos Aires è in forte continuità con Ratzinger e Wojtyla specie in materia di «valori non negoziabili». Esemplare in questo senso la battaglia da lui condotta contro la legge sulle unioni civili prima ricordata. Bergoglio non si è limitato a dichiarare non accettabili per i cattolici i matrimoni gay, ma ha promosso una mobilitazione di piazza contro l’approvazione della legge e ha invitato i monasteri carmelitani della capitale a pregare «il Signore affinché mandi il suo Spirito sui senatori che saranno impegnati a votare. Che non lo facciano mossi dall’errore o da situazioni contingenti, ma secondo ciò che la legge naturale e la legge di Dio indicano loro». Al pari di Woytjla, che nel 1994 aveva condannato la mozione del parlamento europeo a favore delle unioni di fatto perché «non conformi al piano di Dio», Bergoglio ha definito la legge sulle unioni civili «un tentativo distruttivo del disegno di Dio».
Siamo quindi in presenza non solo di un papa che rifiuta ogni apertura sul piano dottrinale a istanze provenienti dagli stessi credenti, ma che manifesta la consueta vocazione teocratica pretendendo di imporre la dottrina cattolica a tutti i cittadini, con la gherminella (cui ricorse ampiamente Benedetto XVI) di dichiararla conforme alla «legge naturale».

Fra oscurantismo e pauperismo
E tuttavia Bergoglio non porta le scarpette firmate ma ostenta la croce di ferro, rifiuta l’anello d’oro, gira in autobus, lava i piedi agli ultimi, si occupa di loro, si paga il conto in albergo come un grillino qualsiasi, «sparisce ogni volta che può per infilarsi in orfanotrofi, carceri, ospedali a compiere il suo apostolato» (Carotenuto); e invoca una «Chiesa povera e per i poveri», sull’esempio di Cristo e del poverello di Assisi, del quale adotta il nome.
Bergoglio, in una parola, unisce al conservatorismo dottrinale che rassicura i cardinali più retrivi la sobrietà di vita, la semplicità di costumi e l’attenzione verso i derelitti, che servono a ristabilire il feeling perduto fra pastore e gregge, specie quello più numeroso e più insidiato dai «lupi famelici» delle chiese protestanti (come li definì Giovanni Paolo II). Per questo, secondo alcuni, Francesco potrebbe addirittura essere stato eletto in vista di contrastare i governi socialisti del continente, così come Wojtyla servì contro il «socialismo reale» – anche se i mutati contesti rendono questa ipotesi poco probabile. In ogni caso la combinazione di conservatorismo teologico e pauperismo, e un richiamo alla povertà evangelica scisso dalla tensione rivoluzionaria che animava la teologia della liberazione, rendono il nuovo papa funzionale a un progetto di riconquista ed estensione dei consensi soprattutto nel terzo mondo. Certo, la cosa potrebbe comportare dei costi che la curia non intende pagare. Ma al riguardo sono certo già pronti o in via di approntamento freni adeguati per impedire che si passi dalle parole e dalle promesse ai fatti.
Quel che ci attende, in conclusione, più che un rilancio del mitico Vaticano II, sembra un pontificato che si riallaccia sostanzialmente a Wojtyla, con una restaurazione che procede, ma sotto la copertura della “povertà”. Una copertura insidiosa, stando anche alla gioia e alle speranze manifestate in Italia non solo dai cattolici “buoni” ma anche da una certa cultura laica e perfino laicista – che apprezza la favola del poliziotto buono (Gesù) contro il poliziotto cattivo (la Chiesa) e che non ha le idee molto chiare su quel che fu realmente Francesco: l’antidoto della povertà come scelta volontaria e privata contro il veleno di un ordinamento sociale egalitario, predicato dagli albigesi. Non per caso fu lo stesso Innocenzo III a benedire il primo e a sterminare i secondi.

112 commenti
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  1. rodolfo
    rodolfo says:

    Caro Shalom,
    il titolo che hai dato al tuo post e’ fuorviante…
    un progetto del genere sarebbe stato valido per gli Ebrei Russi…questo si…
    ma non credo che gli Ebrei Europei cosi come erano radicati nelle rispettive culture avrebbero mai accetato di trasferirsi in Birobidzhan… si sarebbe anche perso il significato delle frase nella liturgia Ebraica che da tempo immemorabile ispira ed ha ispirato ad un solo desiderio…
    “il prossimo anno a Gerusalemme” ….un ritorno ed una ricostruzione di un focolare Ebraico in quella terra dove era iniziata la loro storia….
    Un saluto
    Rodolfo

  2. rodolfo
    rodolfo says:

    Riguardo il Mossad…lo spionaggio e controspionaggio esiste dappertutto…esso e’ valido per la sicurezza del proprio paese….e quando e’ necessario si uccide.
    Si possono fare errori o no…puo’ piacere o no …ma e’ cosi.
    Dunque niente allarmismi.
    Rodolfo

  3. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    ” quando è necessario per la sicurezza del proprio Paese, si uccide”

    Lo diceva anche Goebbels, se ricordo bene.
    Ovvero il famigerato ministro della propaganda nazista.

    C.G.

  4. rodolfo
    rodolfo says:

    xcg
    mah…lo avra’ detto…e allora?
    Anche un “pazzo” puo’ dire delle cose giuste.
    Lo spionaggio e il controspinaggio non esiste solo in Israele e non e’ solo il Mossad….stop
    in ogni Stato esiste …e per la sicurezza del paese danno
    “carta bianca”…. carta bianca significa che e’ lecito fare anche errori…ma lo scopo ultimo rimane solo uno…stop
    Dunque?
    “Vai in pace”….bah forse lo avra’ detto anche Hitler…chissa’.
    Rodolfo

  5. Rodolfo
    Rodolfo says:

    Cara Anita
    tu non lo conosci ma Jannacci e’ stato un cantautore italiano…che ha rallegrato la mia gioventu’…e quella di milioni di Italiani…
    a te che hai giocato fino a qualche anno fa’ a tennis
    (ho visto tutti i tuoi trofei) ed anche come Milanese autentica ti dedico questa canzone…
    http://www.youtube.com/watch?v=noqfWkWn29w
    Ciao
    Rodolfo

  6. La Striscia Rossa
    La Striscia Rossa says:

    Seguire la linea dell’austerità significa condannare l’Europa all’esplosione e vedere montare sempre più i populismi e gli egoismi nazionali. Avete visto ciò che è successo in Italia.

    François Hollande

  7. Anita
    Anita says:

    x Rodolfo

    Conosco la canzone…ho il disco.

    Ti devo confessare che non e’ una delle mie preferite, mio marito la chiamava “barbara”.
    Beh….il povero barbone e’ finito male…come tanti barboni del resto.
    El purtava i scarp del tennis e Faceva il palo, sono le sole due che riconosco…. comprai i dischi milanesi in galleria. (piazza del Duomo)

    Sono ormai le 8:PM e devo ancora cenare…..

    Bye,
    Anita

  8. alberto C
    alberto C says:

    x Uroburo,
    Onestamente non so quale fosse la radicalità dei primi sionisti, non sono in grado ora di verificare, ma a quell’epoca non avevano certo l’appoggio degli ebrei nel loro complesso, e comunque prima della guerra non vi erano le condizioni per quello che è accaduto dopo.
    Ma se se si cercano i torti so che si arriva a Caino e Abele e non a soluzioni. In alto adige / sudtirolo vi erano state oppressioni reciproche, attentati, uccisioni, ma ora è la provincia con la maggiore qualità della vita in italia, e non è solo questione di soldi (non è la più ricca). In Israele / Palestina i torti sono maggiori, l’odio e la diffidenza (e paura) maggiori, le stragi ben altre, ma è un motivo per proseguire all’infiinito? In europa dopo secoli e milioni di morti si è capito che non era più il caso (forse si era, perché oggi ricompaiono ostilità e diffidenze).
    La seconda guerra mondiale e la distruzione dell’europa, milioni di morti, fu colpa della germania, ma si è avuta l’intelligenza di finire le vendette e unirsi in una UE che fatta bene o male vede pace e prosperità, nonostante i casini economici attuali è ancora il posto dove si campa meglio in tanti (anche un poveraccio sta sempre meglio qui che altrove).
    Ebrei e palestinesi prima o poi capiranno che ormai gli tocca campare insieme chiunque sia il più forte e chi ha torto.

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