Può esistere un popolo maledetto dalla storia, odiato da tutti gli altri popoli? Se gli ebrei pensano di esserlo, fanno del vittimismo. Non può esistere alcun popolo odiato in quanto “popolo”. O almeno questa cosa non può durare per secoli e secoli. Prima o poi si arriva a un compromesso, a un’intesa, anche perché chi viene odiato, si difende, rivendica dei diritti, cerca di dimostrare d’essere migliore di come viene dipinto, e spesso i popoli conquistatori diventano culturalmente conquistati, come gli antichi romani da parte dei greci. Persino tra i popoli dominatori, c’è sempre qualcuno che cerca d’essere o di sembrare migliore degli altri, inducendo questi, in qualche modo, ad adeguarvisi.
I bianchi nord-americani hanno odiato i neri sin dal momento in cui hanno iniziato a sfruttarli come schiavi, ma ad un certo punto sono emersi i diritti civili: diritti rivendicati dagli stessi neri, ma anche diritti rivendicati dalle categorie sociali inferiori dei bianchi. Non importa chi rivendica i diritti, ma che vengano estesi a quanta più gente possibile.
I bianchi nord-americani hanno odiato a morte anche gli indiani, sterminandoli quasi tutti e relegando gli ultimi sopravvissuti nelle riserve, ma poi c’è stato il ripensamento degli anni ’70, il rimorso d’aver compiuto un genocidio insensato, benché ancora oggi si attendano riparazioni e scuse ufficiali.
Finita la seconda guerra mondiale, dopo che gli statunitensi avevano rinchiuso tutti i giapponesi di cittadinanza americana in campi di concentramento, ci si chiese se quella fosse stata davvero una scelta indovinata. Cosa sarebbe successo a quei prigionieri se gli Stati Uniti avessero perso la guerra?
Anche gli aristocratici spagnoli hanno odiato a morte agli amerindi del Sudamerica, ma poi, quando quelli sono divenuti cattolici, han dovuto integrarli, pur non avendo ancora oggi il coraggio di dire che “cinquecento anni bastano”.
I greci odiavano a morte i barbari, ma, in nome del cristianesimo, dovettero ripensarci: saranno i rozzi slavi di Mosca a ereditare la caduta di Costantinopoli. E i romani odiavano a morte i germanici, ma alla fine dell’impero, pur di farlo sopravvivere, furono tolleranti e li assoldavano persino nelle legioni.
I turchi hanno odiato a morte gli armeni e ancora oggi detestano i kurdi, ma se lo scordano di poter compiere impunemente altri genocidi: anzi siamo ancora tutti in attesa che ammettano le loro responsabilità.
E i bianchi sudafricani per quanto tempo hanno odiato i neri del loro stesso paese, che pur costituivano la stragrande maggioranza della popolazione? L’hanno fatto finché hanno capito che, se avessero continuato, sarebbe stata la loro fine. Il mondo va avanti: si cerca anche di migliorarsi, di far progredire la coscienza dei valori umani e non ci si fa venire la puzza sotto il naso sapendo che molti di questi mutamenti possono essere determinati da ragionamenti basati sul calcolo o l’interesse. Non si può essere ciechi e ottusi in eterno, votati pervicacemente al male.
Potremmo anche parlare della rigida divisione in caste esistente ancora oggi in India, pur vietata dalla Costituzione? Per quella cosa nacque il buddismo e l’India non poté impedire la massiccia diffusione dell’islam. E perché tacere dell’odio terribile che i cristiani hanno provato per i pagani e i cattolici per gli ortodossi e i cattolici e protestanti reciprocamente? Per queste cose molta gente ha smesso di credere.
Esempi come questi potremmo farne a decine, forse a centinaia, se prendiamo come lasso di tempo gli ultimi seimila anni. Ci sono popolazioni che vengono odiate come tali, salvo eccezioni particolari, come quando qualcuno rivela un particolare talento e lo mette a disposizione del popolo dominatore. Gli afro-americani, andando a morire nelle guerre di secessione e mondiali, hanno potuto riscattarsi agli occhi dei bianchi razzisti. Questo perché ad un certo punto le cose evolvono, si modificano, anche se viene sempre spontaneo chiedersi da dove venga fuori questo odio atavico tra le popolazioni del pianeta.
La risposta però è abbastanza semplice: l’odio nei confronti di un’intera popolazione è sempre un fenomeno culturale creato consapevolmente dagli organi istituzionali per esigenze di dominio o di salvaguardia dei poteri costituiti.
I motivi per cui ci si comporta così sono molteplici. L’odio di tipo etnico-religioso può p. es. servire per espropriare un’intera popolazione di tutti i suoi beni. Questa cosa viene fatta nello stesso luogo e nello stesso momento, in tutta tranquillità e con grande celerità. L’impunibilità è assicurata. Il potere abitua la società a comportarsi, nello stesso tempo, in maniera immorale e legale. Proprio mentre si fanno vessazioni nei confronti dei propri concittadini di religione o etnia diversa, si sa con certezza di restare impuniti.
Il potere abitua così la popolazione a credere nella relatività del diritto e nell’ideologia della forza, e la popolazione che perseguita preferisce non pensare che questo arbitrio potrebbe un giorno il potere usarlo contro essa stessa.
Quando si perseguita impunemente una popolazione si crea uno stato di tensione, che deve portare a credere che nessuno può essere sicuro di nulla. Le dittature amano quest’ansia quotidiana, questo terrore psicologico che penetra nella coscienza dei cittadini. E pur di evitarlo si è disposti a qualunque compromesso, anche i più vergognosi.
Lo stalinismo e il maoismo, ma in parte anche il maccartismo, usavano questo metodo per eliminare gli avversari politici o intere classi sociali. Il bisogno di creare dei nemici, prima interni, poi esterni, è strutturale a tutte le dittature, proprio perché esse sanno di non avere il diritto dalla loro parte. Pol Pot si concentrò soprattutto a sterminare gli intellettuali.
Quando si odiano intere popolazioni o classi sociali, si fa di tutto per metterle in cattiva luce, per screditarle, e quando l’odio diventa un fenomeno collettivo, ci si sente migliori per definizione, cioè solo per il fatto d’essere dall’altra parte della barricata. La dignità umana non esiste più.
Se si guardano gli ebrei di oggi, quelli residenti in Israele, dobbiamo dire che l’odio nei confronti dei palestinesi è così grande che sono stati disposti a edificare un muro per sentirsi anche fisicamente separati da loro. Hanno dovuto sopportare i ghetti per tanti secoli e ora li fanno subire agli altri. Ma la storia insegna qualcosa o non serve a nulla? Gli ebrei spesso si lamentano d’essere discriminati e odiati da millenni. Ma che cosa fanno loro per non esserlo?
Ogni popolo che odia si sente titolato a farlo in quanto “eletto”, amato da dio o scelto dal destino, e trova sempre le giustificazioni o i pretesti per compiere qualunque tipo di delitto, il primo dei quali è sempre quello, anche se non viene detto pubblicamente: “L’han già fatto altri e nessuno ha detto niente”.
Ecco, forse dovremmo chiederci se e in che misura gli organismi internazionali sono davvero utili a risolvere le controversie tra popolazioni prima che queste si trasformino in conflitti armati. Quale Stato è disposto a rinunciare a parte della propria sovranità per permettere a questi organismi di funzionare secondo il diritto internazionale? Ma con quale pretesa tali organi internazionali possono rappresentare la volontà di tutti gli Stati del pianeta, quando il loro controllo è affidato soltanto alle potenze che hanno vinto la seconda guerra mondiale?