I problemi della sicurezza e i progressi della verità

La sicurezza da che cosa è data? Indubbiamente dalla possibilità di difendersi. Quando si è attaccati da qualcosa o da qualcuno, che sia un terremoto o un assassino, la sicurezza dipende dalla capacità di evitare conseguenze negative su di sé. Bisogna sapersi difendere: nessun elemento della natura è provvisto solo di armi d’attacco.

Tuttavia la miglior sicurezza – com’è noto – è data sempre dalla prevenzione. Edifici antisismici evitano effetti catastrofici. Ma come possiamo evitare gli omicidi? In teoria è semplice: risolvendone le cause, che sono squisitamente umane, cioè non attribuibili a entità esterne, come il fato, il destino, una qualche divinità o la natura.

Anche quando un omicidio è già stato compiuto, il modo migliore per impedire che si ripeta, non sta tanto nella pena in sé (che pur non può mancare), quanto piuttosto nella discussione che bisogna fare per cercare di capire il motivo per cui quel delitto è nato.

La discussione serve per mediare tra opposti interessi, per trovare un punto d’incontro che soddisfi tutte le parti in causa. Deve essere una discussione tra i protagonisti, non tanto su di loro.

Insomma, la discussione deve servire per prendere provvedimenti affinché il crimine non si ripeta e, in questo impegno collettivo, non si può escludere a priori il contributo che può dare lo stesso criminale. E’ a livello locale che si devono cercare le cause dei reati, altrimenti, inevitabilmente, si tenderà ad attribuirle a forze oscure, imponderabili.

Ora, è evidente che in una società fortemente individualistica, in cui l’antagonismo sociale non è l’eccezione ma la regola, l’autodifesa è assegnata non alle discussioni pubbliche, ma ad altri mezzi e modi. Tra questi mezzi preposti a far rispettare la leggi, quelli prevalenti sono le forze dell’ordine, che a volte si trovano a esercitare una difesa sproporzionata rispetto all’effettivo pericolo, e la categoria degli avvocati, abituati a considerare il diritto in maniera del tutto autonoma rispetto all’etica.

Quando l’individualismo è esasperato si ricorre anche all’uso delle armi per difesa personale. In una società come quella nord-americana si è convinti che la diffusione delle armi fra la popolazione aumenti il senso di sicurezza. I fatti però dimostrano il contrario. E anche qui il motivo è molto semplice: se si possiede un’arma, ad un certo punto può venire istintivo usarla per risolvere quei problemi per i quali occorrerebbe un dibattito pubblico a livello locale.

Stesso atteggiamento lo si ha nei confronti della pena di morte: la si usa più facilmente là dove la società non è abituata a discutere pubblicamente i propri problemi. La pena di morte è tipica dei paesi autoritari, privi di pedagogia sociale e di vere autonomie locali. L’uso delle armi per difesa personale è tanto più forte quanto più è grande la sfiducia nei confronti delle capacità che le istituzioni hanno nel risolvere i problemi della gente comune.

Le moderne società infatti sono caratterizzate da una polarizzazione di questo genere: da un lato la gran massa degli individui isolati (la cui socializzazione di base è la famiglia nucleare), dall’altro le istituzioni con tutti i poteri. Nel mezzo vi sono i tentativi dei singoli di organizzarsi socialmente per contrastare i superpoteri dello Stato: c’è chi lo fa legalmente, attraverso partiti, sindacati, movimenti ecc., e chi illegalmente, attraverso la criminalità organizzata, e anche chi lo fa immoralmente ma con la patina della legalità, come le associazioni corporative che rivendicano propri privilegi, le lobby di potere e, ultimamente, gli stessi partiti politici.

Ma perché le società antagonistiche non discutono apertamente i loro problemi di natura sociale? Anche qui il motivo è molto semplice: le istituzioni temono che da un dibattito franco e aperto i cittadini s’accorgano che le istituzioni non solo non sono in grado di risolvere alcun problema, ma anche che esse stesse sono fonte dei loro problemi. Le istituzioni centralizzate non amano essere considerate come un corpo estraneo a livello locale.

Di regola infatti ai cittadini viene fatto credere che le istituzioni sono equidistanti dalle forze in campo e che non è affatto vero che lo Stato protegge soprattutto quelli che sono economicamente più forti. I cittadini, insomma, devono convincersi di vivere in una gigantesca bolla di sapone, dove il Grande Fratello è in grado di risolvere ogni loro problema.

Ora, siccome i crimini diventano sempre più numerosi, efferati e, spesso, addirittura insensati, i cittadini vanno indotti a credere che il Grande Fratello non è abbastanza severo non per sua colpa, ma perché non ha abbastanza poteri. Se proprio si vuole che nessuno possa farsi giustizia per conto proprio, lo Stato deve essere messo in grado di dimostrare che è severissimo nei confronti di chi trasgredisce le regole. E’ questo che il sistema oggi sta chiedendo.

Si continuerà così a non discutere di alcun problema, nella certezza che un’entità esterna avrà la forza necessaria per risolvere tutto. Le dittature militari sono il futuro delle democrazie parlamentari. Sarà come passare da una dittatura formale a una sostanziale. La fine dell’ambiguità verrà salutata come un grande progresso della verità. Bisognerà soltanto trovare qualcuno che, pur non provenendo dagli ambienti in cui il privilegio è la norma, finga di esercitare il potere in nome del popolo.

3 commenti
  1. alessandro
    alessandro says:

    caro Galavotti ,
    le cose che dice sulla sicurezza stanno, per quanto mi riguarda, davvero cosi´, tragicamente cosi´.
    L´assurdita´ e´ che il quadro che delinei e´, nell´ottica del sistema,
    perfettamente coerente e razionale.
    Siamo al puro nichilismo e all´emergere d´una nuova “verita”:
    la verita´ come strumento.
    La coscienza di questo problema a cosa puo´ servire oltre alla constatazione?
    Esiste una via d´uscita o siamo gia´ tutti morti?

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  2. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    In teoria le cose riusciamo a capirle, ma in un sistema dove tutto è centralizzato, dove lo Stato si sovrappone come un Leviatano alla società civile, dove la democrazia è solo l’altra faccia della dittatura, non c’è modo di risolvere alcun vero problema. La società civile deve riprendersi ciò che le è stato tolto, e nella società civile le realtà locali devono rivendicare un’ampia autonomia (decisionale), in tutti i campi, e in questa autonomia deve essere inclusa anche la gestione collettiva dei mezzi produttivi, altrimenti non servirà a nulla. Si può arrivare a questo passando per la cultura e insieme la politica, legale e illegale, pubblica e clandestina: se lo facessimo prima di dover subire tutte le conseguenze di questa violenza sempre più insopportabile, sarebbe meglio, ma la storia ci dice che le rivoluzioni avvengono solo quando la gente non ha più nulla da perdere.

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