Le leggi della natura e le idee del materialismo
Se Feuerbach, Marx, Engels e Lenin hanno ragione nel dire che la materia è assolutamente indipendente dall’uomo, ovvero che è infinitamente anteriore nel tempo e illimitata nello spazio e che lo stesso essere umano non è che un ente di natura, allora bisognerebbe trarre le dovute conseguenze pratiche e affermare che tutta l’urbanizzazione delle popolazioni del pianeta e l’imponente meccanizzazione del lavoro, essendo entrambe un prodotto del tutto artificiale e incompatibile con le esigenze riproduttive della natura, dovrebbero essere seriamente ripensate e profondamente ostacolate nel loro ulteriore sviluppo.
Infatti, se la natura è totalmente indipendente dall’uomo, avendo proprie leggi necessarie, universali e assolutamente immutabili, allora il genere umano non deve fare altro che conformarsi a queste leggi, evitando accuratamente di sovrapporre ad esse nuove artificiose leggi.
Se l’essere umano ha la pretesa di porsi come ente consapevole della natura, allora la prima consapevolezza che deve avere è che la natura è la condizione irrinunciabile di una qualunque esistenza terrena degna d’essere chiamata umana.
Se non riusciamo a convincerci che le azioni degli uomini hanno un limite invalicabile oltre il quale non possono essere definite né umane né naturali, allora dobbiamo anche ammettere che gli animali hanno più diritto a popolare il pianeta. O l’essere umano si attiene rigorosamente al rispetto delle leggi naturali, oppure diventa, per la natura, un problema irrisolvibile, un ostacolo da rimuovere.
Non si può fare l’elogio della natura o riconoscere alla materia un primato universale rispetto al genere umano, e poi comportarsi come se della natura noi potessimo fare quel che vogliamo. Parlare di “sfruttamento della natura” è una contraddizione in termini. La natura può soltanto essere utilizzata rispettandone le leggi riproduttive.
Se l’uomo, che si vanta d’essere l’autocoscienza della natura, non è in grado di capire questo principio elementare di esistenza, allora è meglio che scompaia dalla faccia della terra e lasci spazio al regno degli animali, i quali sono portati a rispettare le leggi della natura in maniera del tutto istintiva.
In altre parole, il fatto di ritenere che alla natura si debbano attribuire caratteristiche umane, come per esempio la libertà di coscienza o di scelta, non può autorizzare a utilizzare tali caratteristiche, inesistenti nel mondo animale, in maniera non conforme alle stesse leggi della natura.
La natura si è sviluppata per milioni, anzi miliardi di anni, in totale assenza del genere umano. Non è certo stata la nascita dell’uomo a fornire alla natura delle leggi ch’essa non conosceva. Se con la nascita dell’uomo la natura ha dimostrato di possedere una propria autoconsapevolezza, questo non ci autorizza a considerarci superiori alla natura stessa o di poter condurre un’esistenza che prescinda dalle sue leggi.
Sotto questo aspetto è abbastanza singolare che i fondatori del materialismo naturalistico e storico-dialettico non si siano mai resi conto che la vita urbana e l’organizzazione industriale del lavoro non hanno assolutamente nulla di naturale.
Vien quasi da pensare che, al di là di una certa enunciazione teorica del primato della natura o della materia, gli esseri umani non siano in grado di realizzare alcuna vera coerenza, almeno non in Europa né in quei territori ove domina il sistema capitalistico, che gli europei hanno inventato. Anzi, a ben guardare, avendo esportato con la forza questo sistema di vita in tutto il pianeta, è difficile pensare che oggi possa esistere una qualche alternativa praticabile a favore della natura e quindi a favore dell’umanità.
Infatti, anche quando, col socialismo (utopistico, scientifico o reale), si era cercato di porre rimedio alle storture di questo sistema, due cose non sono mai state messe in discussione: l’urbanizzazione e l’industrializzazione. Dobbiamo forse aspettare una catastrofe planetaria, che faccia scomparire i tre quarti dell’umanità, prima di affrontare un problema del genere?