Ultima fermata, Teheran. Ovvero: lo sconvolgimento geopolitico alle porte

Dunque a detta di sempre più osservatori ed esperti la guerra all’Iran è ormai solo questione di mesi. A prendere l’iniziativa sarà Netanyahu, il padre fondatore del riciclaggio dello scontro tra Oriente comunista ed Occidente capitalista in scontro tra Nord e Sud del mondo, cioè in pratica tra mondo giudaico cristiano e mondo islamico. Ovviamente spero che osservatori ed esperti si sbaglino anche questa volta. Però è bene ripercorrere le tappe di questa follia centrata sull’ossessione delle “bombe atomiche di Teheran”, versione aggiornata in salsa iraniana della gigantesca e criminale panzana delle “atomiche di Saddam” servita per invadere l’Iraq. Propongo quindi due scritti non miei: piuttosto lunghi, ma molto documentati e dettagliati. Sono di qualche anno fa, ma sempre estremamente attuali per il contenuto e molto utili per farsi un’idea di come stiano davvero le cose.

1) http://www.eurasia-rivista.org/nucleare-iraniano-storia-politica-diritto-e-strategie/3408/

Estratto da

L’ATOMICA DEGLI AYATOLLAH

Di Vincenzo Maddaloni e Amir Modini

(Ediz. Nutrimenti 2006)

Da più di due decenni l’Iran (terra degli arii) erede dell’antica Persia, è il baricentro dello scacchiere mediorientale. Oggi più di prima molto ha influito la presenza di Forze Armate americane nell’area e il rapido continuo mutamento degli equilibri geopolitici mondiali. Le potenze occidentali che negli ultimi due o tre secoli hanno sfruttato e beneficiato delle risorse del pianeta dovranno ora confrontarsi con la nuova realtà emergente. L’Iran è al centro di quell’area geografica in cui si concentrano le maggiori risorse mondiali di petrolio e gas naturale: è infatti il secondo paese per le risorse (uranio, plutonio), il terzo esportatore di petrolio e subito dopo la Russia per le riserve di gas naturale. Ma il fattore che determina anche l’importanza dell’Iran nel panorama mondiale è la sua importanza culturale.

L’Iran è infatti al centro di quell’area dell’Asia sud occidentale che è in contatto con l’Eurasia, la Cina , l’India, la Russia, il Medioriente, la penisola arabica,: è il punto di incontro di grandi civiltà, quella indiana, quella islamica, quella europea, è soprattutto la culla millenaria della civiltà indo-iranica dove si incontrano la civiltà iranico-islamica (a partire dal VI sec) e quella iranico europea (a partire dal XVII sec).

L’Iran oggi per competere nello scenario globale che si sta avviando verso una tripartizione geopolitica (Stati Uniti, Unione Europea e un’embrionale comunità asiatica (Russia, Cina e Rep: centro asiatiche) deve scegliere un’area con la quale allearsi e il polo geopolitico che riuscirà ad allearsi con l’Iran diverrà la superpotenza del futuro.

L’area dell’Asia sud occidentale che gravita intorno all’Iran con la sua presenza storico-culturale comprende la parte meridionale dell’Asia centrale ex sovietica, il Caucaso, la Turchia orientale, l’Iraq, la sponda meridionale del Golfo Persico, parte dell’Arabia Saudita e dell’Oman, il Pakistan e l’Afghanistan e questa presenza è legata alla natura dell’attuale potere degli ayatollah, vere anime del clero sciita e la componente sciita è quasi sempre predominante nei paesi suddetti.

Avere l’Iran come alleato significa poter gestire le risorse energetiche e dunque governare l’intera economia mondiale poiché l’Europa, il Giappone, la Cina e l’India dipendono da quest’area geografica.

Da tutto ciò si comprende il motivo per cui le Forze Armate degli Stati Uniti sono sbarcate in Iraq. Resta solo da vedere se il processo politico in atto sarà in grado di riassorbire la guerra civile o se offrirà un nuovo pretesto per l’invasione dell’Iran.

Ma veniamo ora all’argomento che ci interessa oggi: lo sfruttamento del nucleare nell’Iran di Ahmadinejiad.

La storia del nucleare iraniano risale alla monarchia dei Pahlavi. Nel 1974 Reza, è in rapporto di amicizia con vari esponenti dell’amministrazione USA (Kissinger sosteneva il rafforzamento dell’Iran in chiave antisovietica e propose l’acquisto di 23 nuovi reattori e l’aiuto di tecnici dell’M.I.T.)

Gerard Ford nel ‘76 aveva autorizzato lo scià a comprare e usare le tecniche innovative per l’estrazione e lavorazione del plutonio, passo sostanziale per arrivare alla fabbricazione di testate nucleari.

Al luglio del ’78 risale l’accordo USA-IRAN sull’energia nucleare (7 mesi prima della rivoluzione islamica) e la cooperazione per la ricerca di giacimenti di uranio. General Electric e Westinghouse fanno una gara per vendere i propri reattori: l’apertura al nucleare sarebbe servita alla pace mondiale perché non solo le compagnie americane avrebbero costruito i reattori nucleari, ma il Pentagono avrebbe continuato a vendere armi e equipaggiamenti all’esercito e alla polizia in cambio di petrolio. L’Iran firma anche contratti con Francia e Germania.

Durante la guerra IRAK-IRAN 1980-1988 gli impianti vennero danneggiati.

Alla fine degli anni ’80 Teheran offrì a Washington e all’Europa Occ. di costruire nuovi reattori, ma ottenne un no deciso per il dilagare del khomeinismo e si rivolse quindi ai russi che accettarono.

CRONOLOGIA

1979: rivoluzione islamica, 16 gennaio: lo scià lascia l’Iran. 1° febbraio: l’ayatollah (ayat Allah = segno di Dio) Khomeini torna in Iran e prende il potere: segue l’abrogazione del diritto di famiglia sostituito da appositi tribunali competenti e riguardante quindi anche il divorzio e la custodia dei figli; divieto alle donne di svolgere la funzione di giudice, imposizione del velo, repressione delle proteste, segregazione delle donne nelle spiagge e negli eventi sportivi. Aprile. referendum : il 98% vota a favore della Rep. Islamica. Novembre: occupazione in Libano dell’Ambasciata USA da parte degli hezbollah. Dicembre: Komeini diventa ufficialmente  faqih e controlla la magistratura, il governo e il parlamento

1980 l’Iraq invade l’Iran

1981: rilascio degli ostaggi americani dopo 444 giorni

giugno: il premier Bani Sadr accusato di complotto per rovesciare la Rep. Islamica, fugge in Francia, repressione delle dimostrazioni in suo favore

1984 il parlamento approva la legge che prevede 74 frustate per le donne che non indossano il velo

1985 Iran-Contra Affair. Gli USA cercano di liberare gli ostaggi in Libano offrendo in segreto armi all’Iran. Komeini chiede alle donne di partecipare alla guerra contro l’Iraq

20 luglio 1988 fine della guerra durata otto anni

1989 Komeini muore, Kamenei è nominato leader supremo

e Rafsanjani presidente

1990 l’Iraq invade il Kuwait. L’Iran rimane neutrale, ma denuncia la presenza americana nella regione.

Giugno 1990 devastante terremoto : muoiono 40.000 persone a settembre Teheran riallaccia relazioni diplomatiche con Baghdad.

1995 gli USA impongono sanzioni petrolifere e commerciali all’Iran accusato di sostenere il terrorismo, di produrre armi nucleari e di essere ostile al processo di pace

Novembre :305 donne si iscrivono alle elezioni legislative, il Consiglio dei guardiani ne candida 179

1997 Khatami è eletto presidente con il 69% dei voti

2001 accordo Iran –Arabia Saudita per combattere il terrorismo, la droga e il crimine organizzato

Khatami è rieletto con il 77% dei voti per un secondo mandato

2002 Bush include l’Iran, l’Iraq e la Corea del Nord nell’asse del male. I russi iniziano la costruzione del primo reattore nucleare iraniano a Bushehr

2003 manifestazione contro il regime del clero, 4000 persone vengono arrestate.(e non sono solo studenti)

Annuncio di Khatami che l’Iran produrrà combustibile nucleare per le proprie future centrali civili.

Ispezioni dell’AIEA, ultimatum  e l’Iran cede e sospende l’arricchimento dell’uranio. a dicembre firma il protocollo addizionale al Trattato di non proliferazione nucleare

2004 susseguirsi di accuse e di accordi di sospensione dell’arricchimento in cambio della promessa di cooperazione nucleare, commerciale e politica

2005 minaccia della ripresa delle attività di arricchimento dell’uranio, Blair vuole portare l’Iran di fronte al Consiglio di Sicurezza dell’ONU:

24 giugno: Ahmadinejad  presidente

La fase più tormentata della vicenda nucleare si sviluppa nel corso del 2005. Bush, dopo la vittoria a giugno di Ahmadinejad come presidente, ricorda che di fronte a una minaccia nucleare “nessuna operazione è esclusa, compresa quella della forza”

Il Washington Post e The Nation sostengono che il piano d’attacco all’Iran elaborato dallo Strategic Command prevede l’uso di armi convenzionali e nucleari su oltre 400 obiettivi utilizzando i “Droni”, aerei senza piloti (oggi in Iraq).

Reazioni europee: nella primavera 2005, primo atto diplomatico con la richiesta di un rinvio del progetto nucleare, cui non fa seguito alcuna risposta. Il 17 settembre 2005  Ahmadinejad  all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclama che l’Iran non rinuncerà a produrre energia nucleare per scopi civili usando uranio arricchito (prerogativa riconosciuta dal Trattato di non proliferazione nucleare firmato nel 1974 che permette ai paesi membri di costruire sotto tutela internazionale impianti che comprendono tutte le fasi del ciclo del combustibile nucleare, compreso l’arricchimento).

Nell’agosto 2005 la UE 3 chiudeva la porta a “una proposta iraniana che  prevedeva l’abbandono in modo definitivo degli impianti di arricchimento e il solo utilizzo di impianti ad acqua leggera. L’Iran chiedeva inoltre di fare delle joint venture con imprese private e pubbliche straniere, ma ottiene il no di Gran Bretagna e Francia.

Gennaio 2006

Risposta di Israele alla violenza verbale di Ahmadinejiad con la minaccia di bombardare gli impianti  iraniani, cui fa seguito da parte dell’Iran l’apertura dell’impianto di Natanz che era sotto il monitoraggio dell’AIEA. L’8 marzo deferimento al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, misure restrittive su commercio e blocco dei capitali all’estero.

Gli USA sostengono che il polonio e il berillio (armi atomiche) sono stati importati in Iran, ma l’AIEA (direttore El Baradei) smentisce dopo le visite ai vari impianti e sostiene di non aver trovato nulla.

L’Iran è l’unico paese al mondo che ha una legge che vieta al Governo e ai vari enti di intraprendere attività nel settore militare, relative al nucleare, e non ha mai aggredito alcun paese: è stato aggredito da Saddam al quale gli occidentali avevano fornito armi chimiche quando stava per perdere. L’Iran è membro dell’ONU e ha firmato quasi tutti i trattati internazionali, tra cui il Trattato di non proliferazione nucleare nel rispetto del quale ha accettato le ispezioni dell’AIEA ai siti deputati allo sviluppo del programma nucleare civile.

Nel 2003 l’Iran aveva proposto la creazione di una zona denuclearizzata nel Medio oriente, appoggiato da Egitto e Giordania, da presentare al Consiglio di sicurezza ONU, ma aveva ottenuto un no degli USA perché implicava il controllo degli armamenti nucleari di Israele (200 testate nucleari disponibili).

NB. Né Pakistan, né India né Israele hanno firmato questo Trattato di non proliferazione nucleare. Anche il Brasile, pur avendolo firmato si oppone ai controlli dell’AIEA la quale teme che il Brasile possa vendere ordigni atomici o esportare uranio arricchito di cui è ricco (ma in quel caso dovrebbe cambiare la sua Costituzione).

La UE dovrebbe impegnarsi a convincere gli USA a togliere le sanzioni contro l’industria iraniana del gas e del petrolio, degli aeromobili e relativi pezzi di ricambio e rinunciare all’obiettivo di un cambio di regime in Iran.perché la pressione costante degli USA determina di fatto un rafforzamento del blocco conservatore in Iran che è un paese a forte tradizione di nazionalismo ed è una delle più antiche nazioni del mondo e con alle spalle una ricca cultura.

Dall’impero del male all’asse del male

Nel gennaio 2005 a Davos Clinton aveva dichiarato che il golpe del 1953 che portò lo scià sul trono contro il governo Mossadegh fu un grave errore dei servizi americani: quell’evento ha minato lo sviluppo della democrazia in Medioriente e l’ha stroncato. Come conseguenza in Iran sono scoppiate lotte sociali e antiamericanismo, una costante che la vittoria degli ayatollah ha contribuito a diffondere. Da parte USA una guerra con l’Iran avrebbe conseguenze imprevedibili. Negli anni ’80 Reagan definiva l’Unione Sovietica l’Impero del male per giustificare il riarmo e il progetto delle guerre stellari. Crollato l’URSS, i potenziali nemici sono diventati l’Iraq, l’Iran, la Yugoslavia di Milosevic, la Corea del Nord, la Siria.

Richard Perle trovò un comun denominatore inventando l’espressione asse del male :oggi Iran, Siria, Libano, agevolati dallo scoppio del terrorismo internazionale.

Il petrolio e il gas

L’80-90% di entrate totali delle esportazioni in Iran sono rappresentate dal petrolio e dal gas e finanziano il 40-50% del budget dello stato. Risale al 1951 la NIOC (national iranian oil co) uno dei più grandi enti petroliferi del mondo, nata con la nazionalizzazione di Mossadegh.

Sono localizzati nella parte sud occidentale del paese ben 32 giacimenti produttivi (25 in terra ferma e 7 sul mare), ma il potenziale potrebbe di molto aumentare sfruttando i giacimenti del Mar Caspio dove però esistono dispute territoriali irrisolte tra Iran Kazakistan, Russia Azerbaijan e Turkmenistan.

Attualmente l’Iran esporta 2,7 milioni di barili verso Giappone, Cina, Corea del Sud, Taiwan e Europa, ma ha difficoltà a raffinarlo e necessiterebbe di investimenti per rendere più efficienti i suoi giacimenti.

Nel 2004 la Inpex, un consorzio giapponese, ha firmato un accordo per lo sviluppo dei giacimenti di Aradegan che ha riserve per 26 miliardi di barili, e cerca l’appoggio di Total, Statoil, Sinolpec e Lukoil. La produzione potrebbe iniziare quest’anno e raggiungere i 260.000 barili al dì.

Anche l’Eni/Agip insieme alla francese Elf hanno contratti by back (spese di investimento in cambio di quote di petrolio) vicino ad Abadan la cui capacità è di circa 3-5 miliardi di barili e giacimenti di petrolio e gas nell’isola di Khark.

Rapporti di amicizia con la Russia

Tra il 1989 e il 1993 l’Iran ha acquistato armamenti russi per 10 miliardi di dollari per riequipaggiare le sue Forze armate dopo la guerra e inoltre tecnologia nucleare e missilistica. Preoccupazione comune : i talibani e l’influenza USA e l’impegno di non permettere a quest’ultima il controllo delle esportazioni di energia in Asia centrale: l’Iran finanzia la costruzione di una ferrovia e un gasdotto dal Turkmenistan a Meshad e di qui ai porti e quindi all’estero.

Per quanto riguarda il gas  l’Iran è il 2° produttore di gas dopo la Russia. Il 62% non è ancora sfruttato. Si parla di un gasdotto con la Turchia che potrebbe proseguire per l’Europa attraverso la Bulgaria e la Romania, oppure essere sotterraneo nell’Adriatico. L’Iran esporta gas in India  e nell’ottobre 2004 ha firmato un contratto con SINOPEC  (Cina) di 100 miliardi di dollari per 30 anni e un accordo con il governo di Pechino per l’esplorazione  del Caspio meridionale.

Il pagamento del petrolio in dollari risale a un accordo mediato dallo scià nel 1972-73 con l’Arabia Saudita. Anche l’OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) seguì l’esempio e tutti i paesi dovettero dotarsi di dollari per l’acquisto di petrolio

Il che vuol dire predominio globale garantito. Nel 2000 l’Iraq fu il primo a pretendere il pagamento in Euro e quando anche l’Iran espresse la volontà di farsi pagare in Euro o in Yen il pericolo per il dollaro divenne reale e si può dedurre che scopo primario della guerra del golfo non furono le armi di distruzione di massa che non c’erano, né l’esportazione della democrazia, ma la salvaguardia del dollaro, cioè il fondamento dell’impero americano.

Due mesi dopo l’invasione dell’Iraq il programma Oil for Food fu chiuso e il petrolio venne di nuovo venduto in dollari.

Se l’Iran adottasse l’Euro le transazioni del petrolio darebbero alla valuta europea  il prestigio di diventare riserva monetaria internazionale e sia i cinesi che i giapponesi sarebbero lieti di diminuire le loro riserve in dollari (oggi svalutati)  e maggiori vantaggi andrebbero anche ai russi.

Alla minaccia degli USA di ricorrere al Consiglio di Sicurezza l’Iran risponde che sarebbe come giocare col fuoco e minaccia in caso di attacco militare di interrompere i rifornimenti a Usa e Europa: se ciò avvenisse i prezzi potrebbero schizzare da 70 a 130 dollari al barile e la Cina potrebbe in questo caso liberarsi delle sue riserve in dollari causando un grave deprezzamento della valuta americana.

Perché tanto interesse per l’islam

Tariq Ali, direttore del Newleft Review pakistano dice: “Dimentichiamo l’Islam e pensiamo al petrolio. Se non si trovasse sotto le terre abitate da musulmani dubito che l’Occidente si sarebbe mai occupato dell’Islam. Sono i petrodollari che hanno fatto rinascere l’interesse per l’Islam, dopo la caduta dell’impero ottomano.

Gli stati chiave creati dai poteri imperiali dopo la 1a guerra mondiale Iraq, Kuwait e Arabia Saudita si basavano sugli interessi delle compagnie petrolifere. Le forze democratico-radicali dell’Iran erano state sconfitte dall’intervento anglo-americano (scià) che preferivano un regime corrotto e autocratico.

Per gran parte del XX sec. gli interressi nazionali e delle compagnie occidentali hanno tenuto l’Islam in un angolo politico, una religione del 3° mondo di nazioni ai margini, di ricche élites, di dittatori brutali e popolazioni oppresse: I confini di questo stretto angolo politico si sono rinforzati durante la guerra fredda, quando Urss e Usa usarono il mondo islamico come campo giochi per il loro Great Game. E la lezione mai imparata è che coloro che sono stati manipolati con la violenza useranno prima o poi gli stessi modi per esprimere la loro rabbia e la loro ribellione”.

Dice Amir Modini : Non esiste una guerra di religioni: Il problema reale risiede nella vita e nella sua materialità di ogni giorno. Ci sono tanti integralismi, a partire da quello cristiano per arrivare a quello ebraico a quello indù, quello scintoista e tanti altri.. Il fatto vero è che la maggioranza dei popoli islamici lotta da secoli per liberarsi dal cappio del colonialismo e del neocolonialismo e su questa scia sono nate tendenze estreme e spesso manovrate dal potere di turno..Comunque il riformismo di Khatami  non è un’esperienza conclusa, non porrei limite a questa speranza che esprime le istanze di una parte notevole del movimento riformista di tendenza islamica. Nel contempo, dalle parole del leader del movimento studentesco si può dedurre che esiste un movimento riformista più radicale all’interno del paese. Oltre al variegato mondo del riformismo islamista c’è infatti in Iran l’opposizione democratica che risiede nella società civile e nelle comunità iraniane residenti in Europa e in America. Solo la coscienza del comune senso di appartenenza del genere umano e la consapevolezza della brevità di questa esistenza potranno fornire risposte a molte contese e problemi irrisolti.

2) http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=4675108

01/10/2005

Usa-Iran, scontro apocalittico?

di Mir Mad

Oramai è di dominio pubblico che il Pentagono ha pianificato anche l’uso di armi nucleari tattiche contro l’Iran. La dottrina della “guerra preventiva” stile neocon sta facendo un pericoloso salto di qualità e senza preoccuparsi delle inevitabili, devastanti conseguenze per l’intera umanità potrebbe trasformarsi in una “guerra preventiva nucleare”. Secondo quanto ha scritto The Nation (21 luglio 2005), George Bush “ha dato al Dipartimento della Difesa la sua approvazione alla preparazione di diversi scenari per un attacco”. L’autore dell’articolo, Michael Klare, esperto di problemi della difesa, afferma di essere a conoscenza del fatto che i piani del Pentagono già esistono e prevedono l’uso di armi convenzionali e atomiche su oltre 400 obiettivi iraniani già identificati e scelti.

Philip Girali – ex membro della Cia e fonte attendibile, che recentemente ha fornito informazioni sull’Iran a Seymour Hersh- afferma: “A Washington non è un segreto che gli stessi personaggi dentro e attorno l’amministrazione Bush che hanno montato la vicenda irachena, si stiano preparando a fare lo stesso con l’Iran. Il Pentagono, agendo dietro istruzioni dell’ufficio del vicepresidente Dick Cheney, ha incaricato lo “United States Strategic Command” (Stratcom) di elaborare un piano da impiegare in risposta a un altro attacco terroristico contro gli Stati Uniti del tipo dell’11 settembre. Il piano include un attacco aereo su larga scala contro l’Iran, con l’utilizzo di armi sia convenzionali che nucleari tattiche [ le “bunker busters”, ndt ]. In Iran ci sono più di 450 obiettivi strategici di primaria importanza, comprendenti numerosi siti sospetti per lo sviluppo di armi nucleari. Molti di questi sono rinforzati o sotterranei a grande profondità e non possono esser distrutti da armi convenzionali. Da qui l’opzione nucleare. Come nel caso dell’Iraq, la risposta non dipenderà dal fatto che l’Iran sia realmente coinvolto nell’atto terroristico diretto contro gli Stati Uniti. Diversi ufficiali di alto rango dell’Air Force implicati nella stesura del piano sono inorriditi di fronte alle implicazioni di quello che stanno facendo -la preparazione di un attacco nucleare non provocato contro l’Iran- ma nessuno è disposto a compromettere la propria carriera sollevando obiezioni” [Philip Giraldi, “Deep Background”, The American Conservative , 1 agosto 2005 ( Traduzione: G.Garibaldi].

Il piano cui si riferisce Giraldi è il “Conplan 8022″ , già “svelato” da William Arkin lo scorso 14 maggio sulle pagine del “Washington Post” e pubblicato anche da “Newsweek” e appunto è stato elaborato dallo Stratcom, un tempo responsabile soltanto dell’arsenale nucleare strategico, ma recentemente riformato e incaricato di pianificare il “global strike” con opzioni sia convenzionali che nucleari.

Anche se l’autorevole l’IISS – “International Institute for Strategic Studies” – di Londra, nel suo “Ilss Strategic Weapons Programmes, September 6 2005” sostiene che, anche nel caso esista un piano per la costruzione degli armi nucleari, Teheran ha bisogno ancora di diversi anni, – “Pubblic estimates for how long it would take Iran to acquire nuclear weapons range from only a few years to at least a decade”- lo stesso istituto e diversi esperti autorevoli come Arvand Abrahamiayan dell’Università di New York sostengono che tra Usa e Iran “uno scontro è inevitabile” e un scontro del genere -altro che la guerra contro l’Irak- senza ombra di ironia potrà infiammare davvero l’intero pianeta e aprire le porte dell’inferno.

Il presidente Bush, rispondendo alle domande dei giornalisti riguardo alla ripresa dei lavori del programma nucleare iraniano – dichiarato per uso pacifico e sotto il controllo dell’ Iaea e nell’ambito dei trattati di non proliferazione nucleare Npt- ha sostenuto che tutte le opzioni sono sul tappeto. Ha detto anche che “un eventuale attacco aereo israeliano avrà il sostegno degli Stati Uniti”, mentre l’Europa, attraverso il cancelliere Schroder ha dichiarato di non voler seguire né sostenere un intervento militare.

Il piano dovrebbe funzionare cosi: in seguito a spettacolari attentati terroristici in Usa firmati al-Qaeda e bin Ladin -o qualche gruppo di nuova formazione-, attacchi aerei americani potrebbero partire dall’Azerbaijan o dalla base Shindand in Afghanistan oppure dalla base di Khanabad in Uzbekistan che sta per essere trasferita in Turkmenistan (Mary2) o dalle basi in Turchia e in Irak o direttamente dalle navi Usa nel Golfo Persico. Gli attacchi individuerebbero gli obiettivi basandosi sulle informazioni raccolte dai droners, gli aeri spia senza pilota, e sarebbero preceduti o seguiti fomentando le rivolte etniche nelle regioni del Khuzestan e del Kurdestan iraniano, in accordo con certe fazioni scite moderate (ci sarebbero diversi nomi) o filoamericane (Hossein Khomeini, Hassan Sadr per esempio). Il “regime change”, infatti sarebbe conseguenza di rivolte popolari contro il regime impopolare degli ayatollah e con l’aiuto della potente comunità iraniana d’America. Secondo Scott Ritter, l’ispettore dell’Onu per le armi in Irak, con la penetrazione nello spazio aereo iraniano ed altri atti, l’amministrazione Bush è già in una guerra non dichiarata contro l’Iran. Secondo autorevoli analisti: un attacco aereo contro gli impianti nucleari dell’Iran potrebbe essere estremamente incauto e poco saggio perché gli impianti sono sparsi su un vasto territorio e sono nascosti sotto terra e difficilmente identificabili. Inoltre con il prezzo del petrolio arrivato anche a 60-70 dollari l’Iran importante paese produttore insieme al suo seguito scita-petrolifero in Irak e nei vari paesi del Golfo Persico potrebbe causare un collasso all’economia mondiale. Inoltre la storia insegna che da più di 5000 anni i popoli dell’Iran di fronte al pericolo straniero si sono riallineati al potere di turno per poter difendere la propria autonomia e indipendenza.

Scrive Fareed Zakaria su “ Newsweek ” (22 agosto, 2005): un attacco militare straniero rafforzerebbe il supporto popolare al programma nucleare e il sostegno all ‘ impopolare regime. Iran è un paese con una forte tradizione di nazionalismo ed è uno delle pi ù antiche nazioni del mondo.

R.Hunter, ex rappresentante degli Usa presso la Nato durante l’amministrazione Clinton, in un intervista a Radio Farda sostiene: un eventuale attacco all’Iran minaccerà la sicurezza degli Usa per diverse generazioni. Hamid al-Bayati vice ministro degli esteri irakeno ha affermato: se l’Iran avesse voluto avrebbe reso l’Iraq un inferno per gli Usa. Mentre “ar Riaz”, settimanale saudita sostiene: un attacco all’Iran infiammerà tutti i pozzi petroliferi della regione e ciò equivale alla terza guerra mondiale. Jim Leach, in un discorso al Congresso, ha sostenuto che il mondo islamico comprende la logica del nostro intervento in Afghanistan dove “sono stati pianificati gli attacchi dell’ 11 Settembre”, ma non solidarizza con la nostra politica in Iraq che non aveva nessun legame con l’attentato. Secondo Leach se avvenisse un terzo caso d’attacco contro l’Iran si realizzerebbe quel che Samuel Huntington definisce “un scontro pieno tra le civiltà”. La Task Force di Brzezinski, composta da 22 esperti al massimo livello – è stata istituita appunto per monitorare la vicenda e prevenire uno scontro catastrofico – ha tracciato un percorso di lavoro e ha consigliato la Casa Bianca di evitare ogni attacco e cercare di trattare l’Iran come la Cina, dialogando. Lo stesso Zakaria facendo una razionale riflessione propone responsabilmente:

There are lots of reasons to be suspicious of Iran. But the real question is, Do we want to try to stop it from going nuclear? If so, why not explore this path? Washington could authorize the European negotiators to make certain conditional offers, and see how Tehran responds. What’s the worst that can happen? It doesn’t work, the deal doesn’t happen and Tehran resumes its nuclear activities. That’s where we are today.

La troika europea e le trattative.

Dopo lunghissime trattative portate avanti realisticamente e responsabilmente dall ‘ Europa,, Tehran aveva accettato nel Novembre del 2004 di sospendere unilateralmente e volontariamente il progetto di arricchimento dell ‘ uranio, come “ gesto di buona volont à” fino a 31 Luglio del 2005, termine in cui l ‘ Europa avrebbe dovuto presentare delle proposte, per esempio offrendo in cambio rapporti commerciali e garanzie di sicurezza (lo pu ò davvero fare?). Ci ò mentre vari esponenti dell ‘ amministrazione Bush andavano dichiarando ripetutamente e continuamente di avere sul tavolo “ ogni opzione ” , preparavano i piani militari e il plenipotenziario Usa all ‘ ONU, John Bolton dichiarava che ogni trattativa con gli ayatollah “è destinata a fallire ” .

A seguito delle continue e sempre maggiori pressioni di Washington su vari fronti contro l ‘ Iran, il blocco della destra militar-religiosa che a Tehran come a Washington è chiamata neoconservatrice, ha fatto uscire dalle urne presidenziali dello scorso giugno il nome del duro Ahmadinejad, escludendo contro l ‘ aspettativa europea il pragmatico conservatore Rafsanjani. L ‘ Europa allora ha chiesto un rinvio di sei giorni della moratoria per poter presentare le proprie proposte. L ‘ Iran ha risposto di non poter concedere altro tempo e ha iniziato sotto osservazione degli ispettori dell ‘ IAEA (Agenzia delle Nazioni Unite per Energia Nucleare) alcune attivit à di ricerca e la produzione di “ yellow cake ” nell ‘ impianto UCF di Isfahan, attivit à che non riguardano direttamente il ciclo dell ‘ arricchimento dell ‘ uranio e sono riconosciute come diritto ai membri firmatari dei trattati di NPT.

L’Europa, sempre più in affanno tra i due neocon – di Washington e di Tehran – ha avvertito l’Iran che “ogni movimento unilaterale” sarà considerato “ pregiudizievole e non necessario” e renderà “molto difficile” la continuazione delle trattative. Anche se William Pfaff sulle pagine di “International Herald Tribune” (13 agosto 2005) ha sostenuto: “ Alla base della controversia sul programma nucleare iraniano, risiede una posizione americana sul tema della non-proliferazione nucleare che nel lungo periodo non è sostenibile. Buona parte della comunità politica internazionale comprende che le cose stanno così. È forse ora che la comunità politica di Washington scenda a compromessi con questa realtà”.

Affermando ciò Pfaff ha voluto suggerire realisticamente all’Europa la ricerca di soluzioni più equilibrate. Ma finora non sembra che l’Europa abbia potuto produrre un pacchetto accettabile o tale da far camminare il negoziato. Anzi la troika europea (Inghilterra, Francia e Germania), capeggiata in questa fase dall’Inghilterra di Tony Blair, sembra cedere alla posizione dell’amministrazione Bush, atteggiamento che ha portato ad un punto morto le trattative, dando cosi la possibilità ai neocon di poter aprire le porte dell’inferno con la scusa e l’accusa della produzione e dell’accumulo di armi di distruzione di massa da parte di Tehran, rievocando cosi il dramma irakeno.

Nella questione nucleare iraniana sono da tenere presenti alcuni punti:

• A differenza di quel che sostiene Kenneth Pollock sulle pagine di Foreign Affaire – March/April 2005- Non solo non è stata trovata la pistola fumante o “smoking gun” ma nemmeno un qualche elemento pur minimo che possa dimostrare che l’Iran stia portando avanti una ricerca diversa da quella per l’uso pacifico del nucleare. C’è un documento ufficiale e riassuntivo, del novembre 2004, dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica che afferma a chiare lettere che “non esistono prove che l’Iran stia costruendo armi nucleari”.

• Finora qualsiasi attività inerente al nucleare iraniano è stata comunicata agli organismi internazionali di competenza e si è svolta sotto l ‘ osservazione degli ispettori dell ‘ IAEA. Gli ispettori dell ‘ Agenzia hanno avuto sempre e tempestivamente la possibilità di entrare in tutti i siti e negli impianti per rilevamenti e rispettivi controlli.

• L’Iran sotto la presidenza di Khatami è stato promotore, nel 2003, di una proposta per la creazione di un Medio Oriente denuclearizzato. Il progetto, appoggiato dall ‘ Egitto, dalla Giordania e da diversi altri paesi del Medio Oriente, è stato accantonato per la netta contrariet à di Washington. Era pronta anche una risoluzione da presentare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu nel dicembre 2003, ma fu ritirata perch é gli Stati Uniti minacciarono il veto. Un ‘ eventuale risoluzione in tal senso avrebbe richiesto il controllo degli armamenti nucleari israeliani gi à esistenti (almeno 200 testate ) e Washington non intendeva permetterlo.

• Oltre Israele, c ‘è il Pakistan del generale golpista Musharaf che possiede il nucleare e non ha firmato, cos ì come non l ‘ ho ha fatto l ‘ India, l ‘ altra potenza nucleare, neanche i Trattati di non Proliferazione Nucleare (NPT). Anche se i generali di Musharaf gestiscono tuttora il bazar dal materiale nucleare, non gli viene chiesto nulla. Il presidente Bush nel contempo promette a Manmohan Singh premier indiano di collaborare con l ‘ India per sviluppo del nucleare e questo contro il trattato stesso che vieta ai membri di collaborare nel settore con i paesi non firmatari.

• Il Brasile è un membro di NPT, eppure dichiaratamente porta avanti un progetto di ricerca nucleare e dichiaratamente non intende aprire gli impianti agli ispettori .

Come sostiene, W.Pfaff : “ alla base della controversia sul programma nucleare iraniano, risiede una posizione americana sul tema della non-proliferazione nucleare che nel lungo periodo non è sostenibile. Buona parte della comunit à politica internazionale comprende che le cose stanno cos ì . È forse ora che la comunit à politica di Washington scenda a compromessi con questa realt à . L’impegno dell’America a bloccare la proliferazione nucleare produce effetti perversi. In un periodo di crescente instabilit à nel Medio Oriente, con gli Stati Uniti impegnati in due guerre in paesi islamici, tale determinazione aumenta il fascino delle armi nucleari per quei governi che non le posseggono, e rinforza il loro valore percepito come punto di forza politico e deterrente contro attacchi stranieri ” .

Pfaff però non prende in considerazione che le motivazioni dell’amministrazione Bush vanno al di là della questione nucleare. L’Iran, che è incuneato tra le risorse energetiche del Golfo persico e il Mar Caspio, sta emergendo come una potenza regionale non solo al di fuori del controllo dei costruttori dell’impero ma che sfida gli Stati Uniti ( vedi: Ilan Barman in Tehran Rising: Iran’s Challenge to the United States) e ha avuto per la prima volta il coraggio d’introdurre verso la metà del 2003 il sistema del “petro –euro” rompendo il monopolio del petro-dollaro e, soprattutto, sta diventando la base energetica di una nuova area geopolitica ( Shanghai Cooperation Oraganization ) con al centro la Cina, che comincia a considerare la sicurezza dei propri fornitori di energia come la propria. Infatti nell’ultima riunione dei governatori dell’Iaea, l’Europa capeggiata da Blair, abbracciando la posizione americana con la risoluzione 2005/77 del 24 settembre scorso, ha voluto mandare il caso iraniano al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per le sanzioni, una posizione che ha incontrato la resistenza della Cina e della Russia. Una certa Europa con questo atteggiamento e seguendo la linea di Bush si è resa partecipe della politica dei neocon che ha portato al potere in Iran i neoconservatori d’ispirazione militarista, forse per arrivare allo scontro e avere il pieno dominio del Medio Oriente. Tutto questo sta isolando e indebolendo, in Iran e altrove, lo sviluppo delle lotte civili delle forze democratiche, che, fra l’altro, meriterebbero, da parte dell’Europa, una maggiore attenzione.

Gli ayatollah si preparano alla guerra.

E ‘ noto che l ‘ Iran erede dell ‘ antica Persia è il paese chiave del Medio Oriente e nei secoli ha esercitato un ‘ influenza notevole su tutta la vasta regione che si estende dal Kashmir fino al Mediterraneo. Nel mondo bipolare uscito dagli accordi di Yalta, l ‘ Iran doveva e ha fatto parte del campo americano. Ora che il mondo è caratterizzato da un’unica superpotenza e secondo la logica unilaterale di quest ‘ Amministrazione americana che tende ad annullare i problemi piuttosto che a risolverli, l ‘ Iran non pu ò rimanere fuori controllo, tanto meno esercitare su un ‘ area cosi vasta un ‘ influenza in contrasto con gli interessi degli Stati Uniti. Con la riconquista dell ‘ Iran gli Usa:

• Avranno il controllo quasi totale delle risorse energetiche situate tra Golfo persico e il mar Caspio e tutte le aree annesse. In questo modo è facile avere sotto controllo l ‘ Europa e il Giappone, la Cina e l ‘ India come maggiori importatori e consumatori di idrocarburi, attuali e futuri.

• Terranno sotto osservazione Russia, Cina, India, con un diretto controllo sull ‘ Asia Centrale ex-Sovietica, sul mondo arabo, sul subcontinente indiano,

• Potranno rimodellare a proprio piacimento il turbolento mondo arabo-islamico, instaurando nuovi regimi subordinati nell ‘ ambito del progetto del “Grande Medio Oriente”. E togliendo appoggio finanziario e logistico alla componente combattente (Hamas-Jihad-Hezbollah) di questo mondo per dare mano libera a Israele di gestire la questione palestinese a proprio compiacimento.

• Potranno riordinare le dispute e le contese caucasiche – Abkhazia in Georgia, Karabakh tra Armenia e Azerbaijan, Cecenia, … – secondo gli interessi e i piani di Washington, facendo uscire, con l ‘ aiuto della Turchia, definitivamente il Caucaso e possibilmente l ‘ area transcaucasica dall ‘ influenza russa. Ci ò permetterebbe di garantire nella prima fase la sicurezza dell ‘ oleodotto Baku-Jayhan e spostarlo in seguito verso la pi ù sicura e pi ù economica rotta iraniana che condurrebbe il petrolio nel Golfo Persico e di l à verso i mari aperti per farlo arrivare al consumatore finale con costi minori e sotto la regia e il controllo degli Usa.

• Potranno imporre alla cultura persiana, che ha attratto nei millenni popoli e culture dal Kashmir(la stessa famiglia Khomeini è originaria del Kashmir) fino al Mediterraneo (Libano in particolar modo) la reintroduzione del modello monarchico che ha ingessato nei millenni la mobilit à sociale, utilizzando la potente comunit à iraniana d ‘ America, per poter divulgare l ‘ “american lifestyle” in tutta questa vasta regione.

A Teheran l’ala conservatrice del clero in pieno accordo con la nuova destra proveniente dagli ambienti di Pasdaran e Basigi (l’esercito irregolare e la milizia politica), dopo aver vinto le elezioni locali, secondo il copione hanno messo le mani anche sul settimo parlamento (Majlis) facendoci entrare più di 100 comandanti provenienti dalle file dei Pasdaran e dei vari servizi. L’ultimo assalto dei neocon iraniani è stato contro la Presidenza della Repubblica che facendo uscire dalle urne miracolate dal copione il nome di Ahmadinejad ha estromesso qualsiasi moderatismo, ha costruito un saldo potere di stampo militarista – integralista capeggiato dal leader Khamenei e dagli organi non elettivi che sono i veri detentori del potere.

Conquistato tutto il potere ne hanno cominciato a far parte sostanzialmente pasdaran e uomini provenienti dai vari servizi. Uno dei primi atti del Consiglio di Ministri diretto da Ahmadinejad è stato l’approvazione di un decreto legge che destinava 700 milioni di dollari per la “difesa sacra”. Mentre il leader Khamenei, come Comandante Supremo, togliendo il comando all’esercito regolare (battaglione 88 dell’esercito) e alla polizia di frontiera lo ha passato ai pasdaran nelle cinque regioni occidentali del paese che confinano con l’Irak. E proprio in queste regioni da dove gli americani sperano di fomentare le rivolte popolari, i pasdaran hanno ammassato 250,000 uomini costruendo basi e accampamenti sulle montagne di Zagros. Il leader Khamenei, guida suprema, ha sostituito ministro della difesa, comandante dell’esercito regolare, 11 comandanti pasdaran e 5 comandanti basigi mentre i quadri dirigenti dei ministeri sono stati sostituiti con uomini dei servizi. Il previsto piano di Khamenei per raddoppiare entro il 2010 la spesa militare grazie agli attuali elevati proventi petroliferi verrà anticipato al 2008.

Anche nella capitale ci sono chiari segnali che il regime si sta preparando alla guerra. I ministeri degli interni e delle informazioni sono stati occupati da personaggi radicali. I governatori e i sindaci nominati dal ministero degli interni in maggioranza sono ex pasdaran. Nelle vicinanze di Qom la citt à santa sede dei seminari e del clero si sta ergendo la base militare Fadak su un area vasta 7,2 km quadrati. I vari leader del regime fanno continui viaggi nella citt à santa di Mash-had dove, secondo voci, sono stati costruiti rifugi sotto il veneratissimo mausoleo dell ‘ ottavo imam scita (Reza) che vede sempre presenti milioni di pellegrini sciti e per questa ragione non bombardabile per non suscitare l ‘ ira dei fedeli sciti. Si parla di Va ‘ ez Tabasi come successore di Khamenei nel caso di morte o decesso.

Cominciano a circolare addirittura ipotesi dettagliate sul possibile attacco: le truppe anglo-americane inizierebbero l’offensiva su tre assi, Shalamceh, Hamroon e Arvandrud, per prendere il controllo della regione petrolifera del Khuzestan che produce il 70% del petrolio iraniano. Tenendo sotto controllo i pozzi petroliferi si mantengono stabili i mercati. In questo caso le unità iraniane partendo dal sud del Kurdestan, dalla località Zainalkoosh attaccherebbero gli angloamericani verso Bakubah con l’aiuto della Brigata Badr e degli sciti irakeni.

Gli ayatollah sono convinti che gli attacchi aeri e missilistici Usa prima e poi arriveranno, e come dice Amir Taheri sul “ New York Post” del 21 settembre sperano che ci sia anche una partecipazione israeliana negli attacchi per poter infiammare il mondo islamico e trascinarlo sulle proprie posizioni. Nel quadro di questa logica gli Hezbollah libanesi attaccherebbero Israele e Hamas e Jihad palestinese – i cui leaders sono stati ricevuti nelle settimane scorse da Khamenei – alzerebbero il livello dello scontro. In Afghanistan la componente etnica Tadjika e gli sciti Hazarah, insieme a Hekmatyar, darebbero l’assalto alle forze anglo americane. In Pakistan il 25% dei sciti sono considerati una risorsa mentre si sta lavorando tra i 160 milioni di mussulmani indiani, in parte sciti. Ci sarà la rivolta della maggioranza scita del Bahrain, mentre le minoranze scite sparse in Africa e nella penisola arabica comincerebbero i tumulti. Anche se si tratta di ipotesi, il quadro che emerge è alquanto drammatico ed è allarmante che, nonostante tutto, nonostante gli scenari devastanti per l’intera umanità di una guerra contro l’Iran, le due amministrazioni neocon continuino nei loro preparativi bellici.

di Mir Mad

(fonte: www.megachip.info)

481 commenti
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  1. rodolfo
    rodolfo says:

    Beh…una voltas tanto anch´io posto un copia- incolla-
    Leggere attentamente.

    Israele è veramente uno “Stato di apartheid”?
    Elena Fuoridalghetto avatar Lunedì 20 Febbraio 2012, 08:58 in Pregiudizi di Elena Fuoridalghetto
    Spesso, cercando nei motori di ricerca, la parola Israele si trova accompagnata dall’epiteto “apartheid”, a causa di una martellante propaganda secondo la quale lo Stato di Gerusalemme praticherebbe discriminazioni su basi razzistiche verso i palestinesi. Ma è veramente così?
    Il giornalista di Yediot Aharonot David Haivrì analizza la situazione reale ponendosi una serie di domande.
    Tralasciando la prima che a mio avviso non ha molto senso, poiché il razzismo esiste anche e soprattutto laddove non esistono le razze (tanto più se consideriamo quel che forse disse Einstein e cioè che ne esiste una sola, che è quella umana), propongo qui le altre:

    La sicurezza di Israele è minacciata dagli arabi sia internamente sia esternamente ai confini? Se è così, Israele ha il diritto di proteggere i propri cittadini?

    Le popolazioni in tutti gli altri Paesi, comunità quartieri nel resto del mondo godono degli stessi standard di vita, libertà e diritti?

    Veramente i residenti arabi in Israele vivono così male?

    La questione del cosiddetto “apartheid palestinese” è stata usata dai demagoghi leader arabi per distrarre l’attenzione mondiale dalla realtà dei loro paesi. Gli abitanti dei Paesi che circondano Israele sono stati indottrinati per decenni a credere che lo Stato di Gerusalemme fosse per loro la minaccia più grande e la fonte di tutte le loro preoccupazioni, mentre in realtà essi sono stati utilizzati e soprattutto oppressi da dittatori come Gheddafi, Assad, Arafat e altri. Nell’ultimo anno i sottomessi ai regimi arabi hanno cominciato a chiedere libertà e i diritti basilari. Alcuni si sono accorti che Israele non era la causa delle loro dure condizioni di vita.

    In quest’ultimo Paese (Cisgiordania, cioè Giudea e Samaria comprese), i residenti arabi hanno potuto godere della libertà e della sicurezza che molti loro vicini possono soltanto sognare. Certamente il fatto che gli arabi sono stati oppressi, picchiati e linciati da dittatori loro “fratelli” non porta sollievo a chi deve sottoporsi al controllo di sicurezza nei chekpoints. Ma, questi ultimi sono un segno di razzismo o una necessità causata dai terroristi che provenivano dalle zone arabe e che trasportavano bombe e armi di vario genere nelle aree abitate in maggioranza da ebrei? Nella maggior parte degli aeroporti in giro per il mondo ci sono simili posti di controllo. Anche questi sono una forma di razzismo? Oppure sono un’analoga necessaria reazione ad una minaccia conosciuta? Personalmente chiedo: chi se la sentirebbe di salire su un aereo dove nessun passeggero e nessuna valigia sono stati controllati?

    L’articolo prosegue con un altro esempio molto in voga tra i demonizzatori di Israele, quello della barriera definita da loro il “muro” e facendo il confronto con la maggioranza dei Paesi arabi dove gli ebrei (e spesso anche i cristiani, soprattutto se hanno il timbro israeliano sul loro passaporto) non solo non possono vivere, ma neanche entrare.

    Un articolo decisamente interessante che pone domande sulle quali varrebbe la pena riflettere.
    R

  2. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    x rodolfo.
    La frase del terrorista Ben Gurion è acclarata come è acclarato che sia stato a suo tempo un bombarolo, ergo: un terrorista.
    Ekkekkazzo! Sono sempre e solo gli altri ad essere additati come tali?

    Se poi per uno forte colpo di sole oppure per morte incipiente si sia pentito, ci può stare.
    Ma non cambia di una virgola sul fatto del ladrocinio continuo di terre altrui.
    Mi sembra che lo abbia riconosciuto, intravvedendo la Signora con la falce e vestita di nero…mentre la paura faceva novanta.

    C.G.

  3. peter
    peter says:

    Israele dovrebbe smettere da un pezzo di ignorare le risoluzioni ONU e cominciare a rispettare la legalita’.
    Detto cio’, il 202 di Rodolfo non e’ tanto sbagliato. Chi sa qualcosa di Egitto, Siria, Arabia Saudita, Iran…sa che sicurezza, legalita’ e diritti umani in quei paesi sono barzellette, cioe’ e’ una barzelletta parlarne.

    Dubai e’ invece un paese arabo prospero e ‘liberale’. Una coppia di fidanzati venne arrestata l’anno scorso per un bacio sulla spiaggia. La polizia morale vigila …sulla distanza fisica tra persone. Se un uomo mette la mano sulla spalla di una donna viene subito ammonito. Se un uomo saluta un amico abbracciandolo, il poliziotto di turno lo pungola col manganello. Tutto questo succede agli occidentali in visita…immagino che per la gente del loco siano subito frustate…

    Peter

  4. x Cerruti Gino
    x Cerruti Gino says:

    Ma che discuti a fare con Rodolfo? Lui e’ uno di quei fasciosionisti per i quali gli ebrei sono i migliori, sempre civili, sempre pii e buoni, piu’ intelligenti, e hanno sempre ragione perche’ sono sempre minacciati, assediati, odiati, sfruttati, detestati, e chi non lecca il culo ai carriarmati, missili e bombardieri israeliani e’ un antisemita, un fascista, un terrorista, un nazista…. I palestinesi che non si lasciano inculare sorridendo sono tutti terroristi. Uno cosi’ e’ solo da mandare affanculo.
    Shalom

  5. rodolfo
    rodolfo says:

    Definire Israele uno Stato di apartheid è una trovata che certo aumenta la tiratura di giornali e l’affluenza a dibattiti, ma di certo non giova né all’analisi politica né al progresso della storia.
    Per Israele sarebbe effettivamente semplice impedire agli arabi di salire sugli stessi autobus, così si eviterebbero gli attentati. Sarebbe una soluzione anche impedire la rappresentanza alla Knesseth, così non ci sarebbero continue ed estenuanti richieste di tutela dei diritti e di lotta contro la discriminazione. Israele potrebbe anche impedire agli arabi di frequentare le università, nella speranza che la minoranza araba si diriga verso altri lidi. Perché Israele non fa questo? Perché in Israele le università sono miste, gli autobus sono misti e, alle volte, raramente, anche i matrimoni? Perché in Israele ci sono ministri arabi? Perché anche nella diplomazia lavorano gli arabi? Perché ci sono medici arabi così come ci sono giardinieri ebrei? Perché ci sono imprenditori arabi come ci sono operai ebrei? Perché ci sono giornaliste arabe come ci sono donne delle pulizie ebree? Perché ci sono avvocate beduine come si sono infermiere ebree?
    Perché Israele non è uno Stato di apartheid. Perché Israele è una democrazia, anche se non è una democrazia come le altre, perché fronteggia quotidianamente problemi di sicurezza. Ma la sicurezza, in Israele, non è mai stata degradata a ragione di Stato per giustificare politiche dittatoriali o razziali. La sicurezza è sempre stata seconda allo Stato di Diritto, che esiste anche in quelle decisioni alle volte a noi poco chiare. In Alto Adige il sistema delle quote non è definito apartheid. L’omogeneità etnica di coppie famiglie scuole e locali non è definita apartheid. Perché allora in Israele sì?

  6. rodolfo
    rodolfo says:

    Il 206 e´un copia-incolla….ma son cose che anch´ io ho scritto e parecchie volte…solo che si fa come al solito… orecchio di mercante.
    R

  7. Linosse
    Linosse says:

    X rodolfo 202
    Le risposte trovano una spiegazione riferendosi ai casi di legittima difesa ed eccesso di difesa come spesso succede nei territori tra Israele e Palestina.Più o meno tutte le nazioni trattano distintamente i casi e in sede di giudizio vengono valutate tutte le cause della minaccia e della inevitabilità degli avvenimenti.
    Per quello che riguarda la parte:
    “La questione del cosiddetto “apartheid palestinese” è stata usata dai demagoghi leader arabi per distrarre l’attenzione mondiale dalla realtà dei loro paesi.”
    Nel caso del tribunale Russel non sembra che i componenti siano demagoghi leader arabi.Forse usando lenti speciali potrebbero assomigliare ,se poi si usa il cannocchiale astronomico che sfoca l’immagine troppo vicina…..
    L.

  8. rodolfo
    rodolfo says:

    pochi giorni fa´l´incidente stradale tra un autobus e un camion,,,ne abbiamo persino parlato. L´a ccorrere delle ambulanze Israeliane per quei bambini Palestinesi e´da definirsi forse apartheid?
    R

  9. rodolfo
    rodolfo says:

    Per alcuni forse sarebbe meglio informarsi in quale modo vivevano la gente di colore in Sud Africa qualche anno fa…quello e´apartheid.
    R

  10. peter
    peter says:

    x Rodolfo

    ma per piacere…parliamone pure, ma che paragone sarebbe?
    si tratta comunque di tensione tra irlandesi, divisi dalla maledetta religione…ma non da ‘etnia’ o lingua e neanche cultura. E legalmente hanno tutti oggi gli stessi diritti.
    Si distinguono solo per i nomi e la religione. David e’ un nome protestante, Liam cattolico.
    Liam Neeson e’ nato e cresciuto in una cittadina vicino Belfast. Un mio amico e’ della stessa cittadina e non me lo ha mai detto. Quando glielo detto io ha fatto finta di non saperlo…

    Peter

  11. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    x Shalom.
    Non discuto, quando apre bocca per dargli fiato gli posto un paio di frasi “celebri” di quei così chiamati (da loro) Padri della Patria per dargli una limatina ai denti.

    C.G.

  12. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Massì, do la buonanotte anche alla Komare:

    “Gli americani in Afghanistan in questo periodo non ne azzeccano una. Non si può pensare di vincere una guerra, giusta o sbagliata che sia, per poi inciampare nei sassolini dell’ignoranza. Soldati che fanno pipì sui cadaveri dei talebani facendo battutine, militari ridacchianti che bastonano una pecora rantolante per poi mettere le immagini in internet. Farsi fotografare in gruppo con la bandiera americana e quella nazista, dicendo poi che non sapevano che era delle SS tedesche. L’ultima: bruciare i libri, tra i quali c’erano alcuni Corano (il libro sacro per i musulmani, come la Bibbia per i cristiani o la Torah per gli ebrei) tolti ai prigionieri di Bagram, vicino a Kabul, per poi dire che pensavano fossero libri estremisti”.

    (Fonte: il Fatto, 22.2.2012)

  13. Faust
    Faust says:

    … quante sciaquate di palle… Basta vedere la mappa prima del 67 ed oggi ed e’ chiarissimo chi e’ l’aggressore e chi l’aggredito… e l’aggredito viene fucilato ed espropriato tutti i gg… ed il mondo civile sofistica sulla rava cche e’ piu cattiva della fava… 70.000 cacciati d’acchitto gli altri massacrati e mitraglieggiati e aquelli piuì fortunati abitano in galera isdraeliana… Un bel campo di concentramento… eGUARDI la mappa di isdraele e palestina oggi e vedi che di terra non ne resta piu ai palestinesi… Vogliamo continuare affar sciaqui di colluttorio, bla…bla… blaba… e le bambine appettinar le bambole e i maschietti assmacchiare i giaguari ( crozza-bersani) e i rapinatori criminali ai palestinesi li emarginano in un campo di concentramento…
    Questa dice Pino e’ una pulizia etnica… Chiamatela come volete… e’ UN CRIMINE CONTRO L’UMANITA’ E, GRAZIE AL TERRORISMO MEDIATICO… CHE ci ammansisce, COME LE TRE SCIMMIETTE e invece che stare dalla parte degli aggrediti e ribellarsi con loro contro l’aggressore, che non ha mai rispettato le risoluzioni dell’ONU contro i propri crimini ed ora vuole bombardare lIran xcche’ non vuole gl’ispettori della AIE ( o come si chiamano…) intanto gli aggressori si espandono… colonializzano… espropriano dei Poveri della Terra…

    ma che non bastano i numeri, dei carcerati dei massacrati e accesi come fosforiere, dei mitragliati tutti i gg, al tiro al terrorista (?!?!) ( se lo dicono loro dobbiamo crederci…) Ma… basta aprire la mappa di passato ieri e di oggi e’ si capisce che gli isdraeliani ci stanno addomesticando a tutti… stiamo pestando l’aqua nel mortaio… mentre questi criminali… MASSACRANO e violentano… della povera gente… VERGOGNA SOFISTI-buonisti-che discutono… discutono… discutono… con un governo di criminali e NESSUNO LI FERMA?!?!
    Svegliatevi e partecipate alla ribellione contro questi criminali… altro che sofisticheggiare su chi e’ chi…
    Faust

  14. Vox
    Vox says:

    NAPOLITANO TERRORIZZATO DALLE CONTESTAZIONI IN SARDEGNA

    TRENI SOPPRESSI, PERQUISIZIONI SUI PULMANN E PERFINO L’INNO DI MAMELI SALTA PER…MOTIVI DI SICUREZZA

    Resterà la visita delle proteste, dei cori ingiuriosi, delle contestazioni. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non dimenticherà molto facilmente l’accoglienza che una parte della Sardegna gli ha riservato nella sua due giorni nell’isola. I giornali nazionali se ne sono accorti, ed è una notizia. Perché il tabù è stato violato. La figura del Capo dello Stato finora era sempre rimasta immune da contestazioni, oppure erano state ben celate dalla potentissima macchina del Quirinale. Stavolta no, stavolta non è stato possibile….

    http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=9915

  15. Faust
    Faust says:

    … bella democrazia… tappata la bocca a un dissidente, contro la chiesa di Roma… e tappata la bocca ai giornalisti critici e opinionisti… bella democrazia…
    della serie se non posso vincere il nemico… me lo faccio socio-amico… penso che anche ad Adriano gli piaccia aver vinto…

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    Spettacoli & Cultura >
    Celentano, a rischio l’intervista da …

    IL CASO
    Celentano, a rischio l’intervista da Santoro
    Le emittenti locali chiedono di vedere i testi
    Nella puntata di domani di “Servizio Pubblico” un’intervista di Sandro Ruotolo all’artista. Tutta la serata dedicata al festival di Sanremo, titolo “Celentano c’è?”. Ma il network che ritrasmette il programma teme querele e minaccia di non concedere la messa in onda

    Celentano, a rischio l’intervista da Santoro Le emittenti locali chiedono di vedere i testi Celentano a Sanremo (ansa)
    ROMA – Due esibizioni, una settimana di polemiche ma Celentano ancora non è sazio di tv. Ci torna, domani, e sceglie una puntata di Servizio pubblico tutta dedicata al festival di Sanremo 1. Il suo intervento stavolta sarà però sotto forma di intervista, registrata oggi da Sandro Ruotolo che ha raggiunto l’artista nella sua casa di Galbiate. La conferma arriva anche dalla pagina Facebook del Molleggiato, sulla quale si legge un post che annuncia “domani da Santoro… sorpresina!”. Titolo della puntata: “Celentanto c’è?”.

    Una lunga attesa, l’apparizione all’Ariston nella prima serata 2, martedì 14 febbraio, gli attacchi alle testate cattoliche Famiglia Cristiana e Avvenire, le reazioni e il caos, l’ira della Chiesa 3, il “commissariamento” del festival con l’arrivo del vicedirettore generale della Rai Antonio Marano 4, l’appello del direttore generale della Rai, Lorenza Lei, 5 con l’invito al “buon senso” e alla “correttezza”, e poi la seconda esibizione 6, durante la serata finale del festival, sabato 18. Con tanti applausi ma pure fischi, una
    Ma il network di emittenti locali che ritrasmette il programma, teme querele milionarie e chiede di vedere prima i testi: “Se non vedo il testo di Celentano, domani non lo mando in onda”, dice Sandro Parenzo, patron di Mediapason. “Non possiamo rischiare risarcimenti milionari. Non lo manderanno in onda venti emittenti che trasmettono il programma”.
    Se la presenza di Celentano a Servizio pubblico è dunque ancora in dubbio, sicuramente su Italia 1 ci sarà, sempre domani sera, il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, intervistato da Le Iene. Che pensa che “per tutti ci sia la possibilità di rimettere le cose a posto” e lancia al Molleggiato segnali di distensione, nonostante l’incredulità con cui da casa, la settimana scorsa, ha assistito ai monologhi celentaniani. “Non credevo alle mie orecchie – dice il giornalista a Le Iene – ero davanti alla tv e ho pensato di aver preso un abbaglio. Francamente mi aspettavo qualche critica ma non una cosa simile”. Il motivo di tanta rabbia? “Non lo so – aggiunge Tarquinio – prima di andare a Sanremo ho detto a Celentano che era stato geniale e guascone come sempre, non è da tutti farsi dare 300 mila euro ad apparizione dal servizio pubblico radiotelevisivo…”.

    Tarquinio conclude con un appello: “La prossima volta che noi ci occuperemo di quelli che non hanno voce, unisca la sua voce alla nostra – dice – non ho niente da perdonargli, ho soltanto da dirgli: riconosci che possiamo fare delle cose insieme, perché dobbiamo farle contro?”.

    (22 febbraio 2012)

    della serie se non posso vincere il nemico… me lo faccio socio-amico… penso che anche ad Adriano gli piaccia aver vinto…
    Faust

  16. Vox
    Vox says:

    A UN ANNO DAL COLPO DI STATO IN LIBIA – PARTE I
    [E risvolti per il paese a sovranita’ molto limitata Italia]

    Il 17 febbraio dell’anno scorso gruppi armati a Bengasi attaccavano i posti di polizia e le sedi governative. Mentre in Tunisia e in Egitto vi erano state grandi manifestazioni popolari contro i rispettivi governi, in Libia stava accadendo una cosa del tutto diversa. Un’azione armata fin dall’inizio e, si scoprirà dopo, organizzata prima a Parigi e [poi] appoggiata sul terreno con commandos francesi e inglesi prima dei bombardamenti americani.

    […] a livello mediatico si può costruire qualsiasi tipo di percezione della realtà, in particolare la “costruzione” delle vicende belliche. Nel caso libico come in tante altre occasioni precedenti e anche presenti – ad esempio la Siria – si può capovolgere la realtà dei fatti e costruirne una per gli interessi geostrategici, politici, economici della grande potenza USA e dei suoi vassalli, quelli europei come quelli del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia saudita, Qatar, Kuwait, Bahrein, Emirati arabi uniti, Oman). Ciò è avvenuto prima contro la Libia, oggi contro la Siria e un’operazione analoga è in vista contro l’Iran.

    Si tratta di spaccare la Siria come la Libia sulla base di linee etnico-religiose. In altre parole, si cerca di disarticolare un grande stato unitario per creare frammenti in guerra gli uni contro gli altri.

    Quella in Siria è una operazione molto simile a quella fatta contro la Libia. Ci sono sul campo molti uomini che hanno installato l’attuale potere in Libia, come Abdel Akim Belhadi, comandante militare di Tripoli, con alcune migliaia di miliziani libici attualmente operanti tra il nord della Turchia e la Siria che lanciano attacchi contro l’esercito siriano. Ma di ciò, purtroppo, l’opinione pubblica è tenuta completamente all’oscuro… tutti i grandi media ripetono più o meno la stessa filastrocca sui ribelli che vogliono la democrazia e il regime cattivo che bombarda tutti…

    Le uniche informazioni che, al momento, garantiscono un maggiore livello di affidabilità, si trovano soprattutto in rete. Esistono una serie di siti e blog, in inglese ma anche in italiano, dove circolano informazioni ben documentate, serie e affidabili, ma i grandi media continuano sulla stessa linea.

    L’Italia, che è un paese a sovranità molto limitata e alla mercé delle grandi potenze – soprattutto gli USA, ma anche di Francia e Gran Bretagna –, è una foglia al vento che non riesce più a tutelare minimamente i propri interessi strategici…
    la prima posizione di Berlusconi fu di non partecipare militarmente all’operazione. Il 22 aprile, venerdì di Pasqua, venne in Italia John Kerry, presidente della Commissione Esteri del Senato USA,a Pasqua ci fu la telefonata con Obama e da lunedì l’Italia partecipava ufficialmente alle operazioni belliche.

    […] In Libia, a causa della guerra, è venuto a mancare un rapporto molto importante per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico, ma nonostante questo il ministro degli esteri Giulio Terzi ha varato in questi giorni un embargo contro l’Iran, voluto in primo luogo da USA e Israele, che riduce ulteriormente le risorse del nostro fabbisogno petrolifero. Tutto questo dopo che la quota di partecipazione dell’ENI nella costruzione del gasdotto Southstream – insieme a Gazprom – è scesa dal 50 al 20% e il progetto rallenta.

    … il governo di Putin, che aveva avviato vari piani di collaborazione anche in campo petrolifero con la Libia, non fece quanto avrebbe potuto per impedire l’aggressione… forse non prevedevano quanto in seguito sarebbe avvenuto. La lettera della risoluzione del Consiglio di Sicurezza riguardava una “no-fly zone”; da lì a bombardare il paese e cambiarne il regime ce ne passa. Probabilmente non si aspettavano che lo scenario precipitasse così rapidamente…

    La Russia ne esce comunque molto danneggiata, dato che stava sfruttando grossi giacimenti assieme all’ENI nel Fezzan. La Cina,a sua volta, aveva 20 mila lavoratori in Libia che sono stati tutti evacuati appena è scoppiata la guerra ; non solo, l’Africom – il comando USA per l’Africa che sinora era basato in Germania – cercherà di espellere o almeno arginare la penetrazione cinese in un continente strategico per materie prime e risorse in generale, così come cercherà di creare una propria sfera d’influenza in Africa in cui la NATO non era finora riuscita a penetrare…

    Il nostro paese… dispone di una scarsissima autonomia nello scenario internazionale, potendo disporre solo di qualche ristretto margine di manovra. Un altro punto importante è che senza l’Italia e le sue basi (Aviano, Grosseto, Sigonella, Trapani Birgi, Amendola,Pantelleria, Gioia del Colle, Decimomannu) questa operazione non poteva essere realizzata. Da marzo a novembre sono state compiute migliaia di missioni di attacco, quindi l’Italia doveva per forza di cose entrare nel conflitto anche se l’azione era di fatto tutta contro gli interessi strategici del nostro paese.
    [continua]

    http://www.pennabiro.it/ad-un-anno-dal-colpo-di-stato-in-libia/

  17. Faust
    Faust says:

    … 7milioni di euro… chiesti dalla fiat alla Rai e al giornalista Fermigli… TAPPATA LA BOCCA AI CRITICI… tutti zitti la fiat come l’alta tensione… CHI TOCCHA I FILI MUORE…
    … che bella democrazia… ( ne faro’ il titolo di una canzone… mi piace)
    F.

    PS: Caro Blogmaster… attento! pensa Pino se ti chiedono 7 milioni di danno…??!!

  18. Vox
    Vox says:

    A UN ANNO DAL COLPO DI STATO IN LIBIA – PARTE II

    Le notizie provenienti dalla Libia, dopo l’eliminazione di Gheddafi, sono piuttosto scarse. Recentemente alcuni quotidiani hanno riferito di scontri fra le milizie del governo attuale e sostenitori di Gheddafi a Bani Walid…

    [ora] un paese in cui si ritorna alle divisioni tribali, e quindi più facile preda delle grandi compagnie petrolifere e bancarie dell’Occidente.

    A Tripoli la situazione si è abbastanza normalizzata; ci sono attacchi di tanto in tanto, qualche fronteggiamento armato, ma la vita continua. La gente ha bisogno di una certa normalità dopo tanta distruzione.

    Nelle altre parti della Libia, invece, continua il fronteggiamento tra le varie fazioni. Con l’uccisione di Gheddafi e il crollo del vecchio quadro politico ci si spara l’uno contro l’altro per garantirsi e possibilmente aumentare una propria sfera di influenza.

    Anche nel Consiglio Nazionale di Transizione (CNT) ci sono forti conflitti interni e scontri fra gruppi… Tutti i massimi dirigenti del regime di Gheddafi hanno costituito il CNT, e questo, tradotto dal linguaggio paludato dei media, significa una sola cosa: un colpo di Stato.

    Fra le tribù è saltata la pax gheddafiana perchè il leader rappresentava in qualche modo una sorta di primus inter pares; è venuto così a mancare l’equilibrio…

    Martinelli, in qualità di vescovo di Tripoli, al momento cerca di preservare il più possibile la componente cattolica. Per ora non ci sono state ritorsioni ma non è detto che, degenerando la situazione, non possano avere luogo ; con Gheddafi c’era la convivenza pacifica di ogni culto, ma ora incombono molte incognite.
    E’ probabile che la situazione cambi quando la Shari’a (la legge islamica n.d.r.), che è stata proclamata dopo la presa del potere da parte dei ” ribelli ” di Bengasi, entrerà a regime impattando con il tessuto sociopolitico preesistente.

    La Libia prima era un paese laico, una repubblica, come del resto lo è anche la Siria; è paradossale che queste repubbliche laiche vengano combattute e monarchie veramente feudali come quelle del Golfo siano alleate dell’Occidente e “paladini della democrazia”

    La politica di Gheddafi […] conteneva alcuni progetti importanti, tra cui quello di una moneta unica africana che, utilizzando i proventi derivanti dal petrolio, avevano l’obiettivo di uno sviluppo dell’Africa sganciato dal controllo dei paesi occidentali. La guerra in Libia ha stroncato per il momento questa ipotesi che però è quella più vicina non solo agli interessi dei popoli arabi e africani ma anche a quelli dei popoli europei. Una Europa autonoma, in grado di condurre una politica pacifica di cooperazione con il Continente nero, significherebbe benessere reciproco per i secoli a venire.

    Assistiamo invece a quella che sembra una nuova guerra per l’Africa oltre che per il controllo del petrolio in Medio Oriente. Il fatto grave è che i popoli europei, e quello italiano in primo luogo dati i rapporti storici tra Italia e Libia, pur essendo contrari a questa guerra hanno dovuto subirla, non solo per le decisioni del governo ma anche perché i partiti di sinistra l’hanno sostenuta e nello stesso tempo il movimento pacifista è stato del tutto assente.
    Le guerre coloniali del secolo scorso, oltre alle atrocità commesse verso quei popoli, non produssero alcun beneficio ai popoli europei, è bene ricordarlo.

    …Da un po’ dobbiamo registrare la trasformazione delle sinistre e dei pacifisti nei maggiori sponsor della guerra e della “esportazione della democrazia”.
    Anzi, proprio costoro più di tutti hanno spinto per l’intervento bellico, tra cui il presidente Napolitano, uomo di punta del vecchio PCI da sempre molto apprezzato a Washington, così come si è registrato un coro unanime per l’intervento dal PD…

    La popolazione è frastornata e bombardata da notizie contraddittorie; d’altra parte la crisi morde, spostando l’attenzione sulle questioni pratiche della sussistenza quotidiana e le notizie estere vengono raccontate come un misto di ” rivoluzioni “e avvicinamento alla democrazia.
    La ribellione viene presentata da quasi tutti i media come spinta verso la democrazia, ma in quasi tutti i contesti dove ha avuto luogo la “Primavera Araba” si sono registrate addirittura delle involuzioni violente e reazionarie.

    I media in generale, con giornali di “sinistra” con “La repubblica” in testa, spingono ora per l’intervento militare nello scenario siriano, forse ancora più nevralgico di quello libico. Ma in questo modo rischia di saltare tutto il Medio Oriente, con la possibilità che s’inneschi una guerra mondiale e non solo regionale.

    Sulla Siria c’è un vincolo internazionale che si è manifestato con il voto di Cina e Russia contro l’intervento nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU ; la Russia ha una base navale a Tartus, unico sbocco strategico per quanto riguarda l’accesso dei russi al Mediterraneo. Anche Brasile, India, Iran, Venezuela potrebbero entrare in campo a favore della Siria nel caso di un possibile intervento bellico. Se ci fosse un attacco verrebbe molto probabilmente coinvolto anche l’Iran, che è una potenza militare tutt’altro che di secondo piano.

    La Russia, al momento, è sottoposta a forti pressioni internazionali per smussare questa sua posizione di difesa della Siria, ma credo che terrà duro (forse memore della lezione libica), anche perchè cedere sarebbe dare mano libera agli USA, Francia, Gran Bretagna, Qatar, Arabia Saudita e a Israele, che hanno tutto l’interesse affinchè vadano in pezzi gli scenari consolidati…

    In Siria attualmente vi è già una consistente presenza di squadre speciali franco-britanniche e qatariote per la fornitura di armi e supporto logistico e la Russia lo sa benissimo.

    Certo, la guerra è un epilogo possibile che sconvolgerebbe il quadro geopolitico attuale con sviluppi imprevedibili. Ma vi sono forze in campo che, nonostante gli effetti devastanti che ciò produrrebbe, pare stiano facendo di tutto perchè si realizzi una situazione di questo genere.
    [Leggi = Israele, che spinge piu’ di tutti per l’intervento]

    http://www.pennabiro.it/ad-un-anno-dal-colpo-di-stato-in-libia/

  19. Anita
    Anita says:

    x C.G.

    In fretta perche’ sono appena rientrata.

    Quella dei libri del Corano l’ho sentita in auto…non fatto apposta e ci sono dimostrazioni e tutto quello che ci combinano….

    PERO’ non ho sentito niente del prete Iraniano condannato a morte per essersi convertito al Cristianesimo.

    Niente, neanche dai nostri media di sinistra.

    E di Cristiani ne scompaiono tanti senza traccia.

    Anita

  20. Vox
    Vox says:

    È LOTTA DI CLASSE
    E LA STANNO VINCENDO

    Angela Merkel, autonominatasi Führer d’Europa, si è congratulata con Mariano Rajoy, capo del governo spagnolo, per la riforma lavorativa realizzata dal suo governo. E la considera un esempio.

    Cosa ha di particolare questa riforma? È il sogno della grande impresa, che sa che questa… è una lotta di classe. Pura lotta di classe che continuano a vincere con misure come la riforma del mercato del lavoro. O il saccheggio della Grecia…

    Questa riforma lavorativa abbassa fino alla miseria l’indennità per licenziamento, ampia le possibilità di quest’ultimo, sopprime qualunque difesa del lavoratore di fronte alla volontà imprenditoriale, elimina l’intervento della pubblica amministrazione nei licenziamenti massicci dei dipendenti, favorisce i cosiddetti contratti di formazione (pagare meno e ridurre diritti lavorativi), permette che le imprese private agiscano come agenzie di collocamento, concede priorità agli accordi di impresa su quelli territoriali o settoriali, consente alle imprese di abbassare i salari e di cambiare le condizioni di lavoro ai lavoratori se all’imprenditore conviene e piace, trasforma in carta straccia gli accordi territoriali o settoriali.
    Tutto per generare la “fiducia” dei mercati, degli imprenditori…

    I sostenitori di questa riforma del lavoro riconoscono che non avrà per adesso effetti positivi, ma dicono che solo così si potranno costruire le basi per crescere e per creare impiego nel futuro. La cosa certa, come scrive Joaquín Estefanía, è che in questa riforma lavorativa non c’è niente che garantisca la creazione di posti di lavoro, ma davvero tanto per rendere economico il licenziamento e privare i diritti ai lavoratori.

    Allo stesso tempo, la Commissione Nazionale della Borsa Valori ha tolto il divieto, deciso alcuni mesi fa, che ostacolava determinati investimenti molto speculativi. E così, via libera alla speculazione.

    Quanti imprenditori si dedicheranno all’economia produttiva, se guadagnano di più a speculare? Basta licenziare un po’ di lavoratori e abbassare lo stipendio ai rimanenti per disporre di denaro fresco con cui investire.

    Affinché non ci siano dubbi su ciò che implicano l’austerità e le riforme “strutturali”, Belgio, Italia e Olanda confermano di essere entrate in recessione nell’ultimo trimestre del 2011, sommandosi a Grecia e Portogallo che già erano in questa situazione, mentre Regno Unito, Spagna e Germania vedono contrarsi l’attività economica.

    La Grecia è stato il primo paese europeo che ha sofferto gli attacchi combinati di austerità, aggiustamenti e riforme “strutturali”, perpetrati dalla classe ricca minoritaria e dai suoi complici.

    Ecco quello che è stato conseguito: dopo quasi due anni di “austerità”, i risultati evidenti sono il raddoppio della disoccupazione, gli stipendi ridotti tra il 20 e il 30%, il 13% delle famiglie senza alcun introito e il PIL che cade del 3,5% nel 2010 e del 5,5 nel 2011. Quarto anno di recessione.

    Nel frattempo, i greci ricchi hanno portato 200 miliardi di euro in Svizzera. Si è contenuto il deficit pubblico, pretesto per l’austerità? No. Solo quattro anni di fortissima sofferenza.

    Mike Whitney ha scritto che il Memorandum d’Intesa (lista delle richieste del FMI alla Grecia del FMI, Commissione Europea e Banca Centrale Europea) è una lista di desideri e benefici per le grandi corporazioni, le grandi imprese e le banche, mescolate con politiche di castigo per stringere la cintura alle classi lavoratrici.

    Non ne dubitate, queste riforme strutturali sono un regolamento di conti della minoranza ricca (Marx la chiamava classe dominante) con la cittadinanza, specialmente con le classi lavoratrici. Questa è la storia dell’austerità preventiva, della lotta contro il deficit, delle riforme strutturali, che presuppongono sempre un’esplosione incontrollata dei diritti sociali.

    Quanto prima la cittadinanza ne sarà cosciente, tanto prima reagirà.

    http://alainet.org/active/52855%E3%80%88=es

  21. Faust
    Faust says:

    Celentano a Servizio pubblico, Parenzo: “Non lo mando in onda se non leggo il testo”

    Formigli e la Rai…
    … colpire uno x educarne 100…
    F.

  22. Vox
    Vox says:

    I MARO’ E LA SINDROME AMERICANA DELL’IMPUNITA’
    [Massimo Fini]

    Le circostanze della vicenda dei due militari del battaglione San Marco, imbarcati sul mercantile Enrica Lexie battente bandiera italiana, che incrociava al largo delle coste indiane, in acque internazionali, che sono accusati di aver sparato su un peschereccio, il St. Antony, uccidendo due pescatori locali, disarmati, scambiati per pirati, sono ancora tutte da chiarire.

    Per l’intanto appaiono però sorprendenti due dichiarazioni della Farnesina.

    – La prima dice: “Il governo italiano ritiene sia competente la magistratura italiana essendo i fatti avvenuti in acque internazionali su una nave battente bandiera italiana”.

    Se due pescatori di Mazara del Vallo di un peschereccio che navigava al largo delle coste siciliane, sia pur in acque internazionali, fossero stati uccisi da militari indiani imbarcati su un mercantile indiano, qualcuno dubiterebbe, qui da noi, che la competenza sul tragico episodio spetti alla nostra magistratura, cioè al Paese delle vittime?

    Più inquietante ancora è la seconda affermazione del governo.
    – “I militari sono organi dello Stato italiano e godono dell’immunità dalla giurisdizione rispetto agli Stati stranieri”.

    Dove la Farnesina sia andata a pescare questa stravagante interpretazione giuridica non si capisce. Se la si seguisse qualsiasi Rambo di qualsiasi Paese sarebbe autorizzato a uccidere cittadini di altri Paesi senza doverne rispondere alla giustizia, se non a quella, ovviamente parziale e benevola, dello Stato cui appartiene.

    Questa è una concezione molto americana del diritto internazionale, per cui, fra le altre cose tutti i militari possono essere giudicati dal Tribunale dell’Aja tranne i loro.

    E anche gli italiani, a quanto pare, si stanno adeguando al ‘grilletto facile ‘ in stile yankee che, molto attento alla propria, non ha alcun rispetto per la vita altrui se è vero che da noi anche i vigili urbani si improvvisano pistoleri e si sentono autorizzati a sparare e a uccidere a casaccio uomini inermi, colpevoli solo di essere stranieri.
    [Il Fatto Quotidiano]

  23. Anita
    Anita says:

    x Faust

    Ti concedo di aver scritta una stupidata, ma mi e’ venuta leggendo il tuo post…..

    Viva Hezbollah, Viva Ahmadinejad, Viva Abass a – Said, Viva Bourguti…..

    Non so chi siano Abass a – Said e Bourguti…ma se inneggiati da te…….hmmmmmmmmmm

    Infatti mi era venuta in mente una vecchia canzone degli anni 60:

    They’re coming to take me away, ha-haaa,
    they’re coming to take me away, ho ho, hee hee, ha ha,
    to the funny farm, where life is beautiful all the time
    and I’ll be happy to see those nice young
    men in their clean white coats and
    they’re coming to take me away, ha-haaa!

    Buonanotte,

    Anita

  24. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    X Komare.
    Ma quelli sono, secondo lei sciùra ma non soltanto secondo lei, tutti barbari retrogradi rimasti all’età della pietra.
    O nò?
    Mentre VOI, almeno quelli da me citati, invece cosa sono?
    Ci dica, mi dica, mi persuada acculturandomi.

    C.G.

  25. Marta Turilli
    Marta Turilli says:

    Cari amici della Palestina,

    il Forum Palestina ha lanciato una campagna di mail bombing per Khader Adnan e per tutti i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Ieri è arrivata la notizia di un accordo tra la magistratura israeliana e gli avvocati di Adnan: in cambio della cessazione dello sciopero della fame, gli israeliani hanno “promesso” che libereranno Khader il 17 aprile, alla fine del periodo di detenzione amministrativa. Ma Khader è ancora detenuto, è ancora in gravi condizioni, e le notizie che ci giungono dal gruppo che lo supporta dicono che gli israeliani “stanno valutando”.

    Continuiamo quindi con forza la nostra campagna di pressione, che è una campagna di sostegno per TUTTI i prigionieri palestinesI!
    Invitiamo chi non lo avesse ancora fatto a copiare e inviare la mail riportata qui sotto agli indirizzi segnalati!

    Campagna via mail al Ministero degli Esteri italiano per la libertà di Khader Adnan:
    di seguito la modalità ed il testo della mail.
     
    A. gabinetto.ministro@cert.esteri.it

    sottosegretario Staffan De Mistura: sottosegreterio.demistura@cert.esteri.it

    sottosegretario Dassù: sottosegretario.dassu@cert.esteri.it
    Direzione Generale per il Medio Oriente: dgmo.segreteria@esteri.it

    CC: forumpalestina@libero.it
     
    Oggetto : Richiesta intervento per la liberazione di Khader Adnan detenuto palestinese in sciopero della fame da oltre 65 giorni
    Al Ministro On. Giulio Terzi di Sant’ Agata
    Al Sottosegretario Marta Dassù
    Al Sottosegretario Staffan De Mistura
    Alla Direzione Generale per il Medio Oriente

    Khader Adnan è stato arrestato presso la sua casa di Jenin dall’ IDF (esercito israeliano) il 17 dicembre 2011 alle 3 del mattino. Sono penetrati nella sua casa arrestandolo in maniera violenta davanti alle due figlie piccole e alla moglie incinta: è stato picchiato selvaggiamente mentre lo portavano in caserma ammanettato e bendato. Malgrado le ferite è stato sottoposto ad interrogatorio, durante il quale si è rifiutato di rispondere alle domande anche perché non era in grado di capire la lingua dell’interrogatorio.

    Khader ha iniziato subito lo sciopero della fame contro le modalità di arresto, interrogatorio, isolamento e detenzione preventiva che dura da quattro mesi.
    Da allora Khader ha iniziato uno sciopero della fame, rifiuta di parlare e rifiuta le cure mediche. Chiede semplicemente giustizia e un trattamento umano. I medici che lo hanno visitato hanno confermato che il protrarsi dello sciopero della fame oltre settanta giorni porterà, senza dubbio, alla morte. Khader, 33 anni, è un militante della Jihad islamica , a partire dal 1999 è stato arrestato per ben cinque volte e costretto in detenzione amministrativa, ossia lunghi periodi detenzione senza processo, eseguiti dalle autorità israeliane a scopo preventivo e vessatorio.
    E’ notizia di queste ore che Khader sia stato trasferito in un ospedale, la sua liberazione rimane appesa alla decisione della Suprema corte israeliana.
    La condizione di detenzione amministrativa è un arbitrio che tocca insieme a Khader molti palestinesi tra cui dirigenti politici, come Ahmad Sa’adat e Marwan Barghouti, rappresentanti del parlamento e oltre un centinaio di minori.

    Mi associo alla campagna internazionale a sostegno della liberazione di Khader Adnan e chiedo con forza che le autorità italiane intervengano affinché sia messa fine al processo di detenzione amministrativa.

    Firma
    …………………………………………………………….

  26. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    E’ semplicemente pazzesco che per qualche libro bruciato, per giunta per errore, si scatenino le folle dei fanatici credenti. Viene da chiedersi credenti in che cosa. Il feticismo verso i libri “sacri”, dalla bibbia al corano ai vangeli, oltrepassa il ridicolo e il grottesco. Questi poveracci di Kabul (s)ragionano esattamente come i sionisti alla Kahane e Baruch Goldstein. Esiste il feticismo dei libri e degli oggetti e immagini “sacre” ed esiste il feticismo dei “diritti basati sulla bibbia” in base al quale si rubano terre altrui e non di rado si ammazza gente.
    Se il genere umano riuscesse a fare a meno dei feticisti furiosi in blocco sarebbe un grande progresso.
    pino nicotri

  27. Linosse
    Linosse says:

    X Pino
    I fanatici sono e restano tali senza spazio e tempo .
    Il solito “tanto rumore per nulla”.
    Che non sia la premessa per una scappatoia quatta quatta ?
    Negli ultimi tempi il quadro Afgano è sgembo.
    L.

  28. rodolfo
    rodolfo says:

    Nicotri:-(s)ragionano esattamente come i sionisti alla Kahane e Baruch Goldstein.

    -Daccordo…ma quei due non sono Israele.
    Quello che mi addolora e che io devo tenere conto delle vostre realta´…mentre voi non tenete conto delle cose che scrivo..per esempio tra gli altri i post 202 e 206…anche quelle sono una realta´.
    Si puo´cancellare quella realta´? La si puo´sorvolare? Non sarebbe meglio riconoscerla?
    Se sappiamo che tutte le segnalazioni stradali in Israele sono scritte in tre lingue…perche´ non rendersene conto e riconoscere che uno Stato che pratica l´apartheid non si comporta certamente cosi.
    Secondo il mio parere…i Palestinesi che si trovano nelle prigioni Israeliane…vi si trovano perche´hanno commesso qualcosa…PUNTO
    .oppure si crede che senza un motivo si vada a prendere Palestinesi per schiaffarli in prigione? Chi lo crede …o e´un ingenuo o e´in malafede.Nelle prigioni Israeliane si trovano anche Ebrei….anche loro hanno sbagliato…uno di loro l´ex presidente Israeliano Katsav.
    Berlusconi in Israele sarebbe da tempo gia´dietro le sbarre.
    Dunque o si cerca di essere ragionevoli riconoscere la realta dell´altro affinche anche la mia realta´ possa essere riconosciuta….oppure sara´solo una battaglia tra sordi ..dalla quale nessuno puo´uscir vincitore.
    Un saluto
    Rodolfo

  29. Linosse
    Linosse says:

    X rodolfo
    “….oppure sara´solo una battaglia tra sordi ..dalla quale nessuno puo´uscir vincitore.”
    Fino a quando prevarrà “l’occhio per occhio,dente per dente” l’ultimo che resterà,dopo aver perso tutto e tutti ,sarà un perdente.
    L.

  30. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Israele, da vittima a carnefice:
    “minori palestinesi abusati nelle carceri israeliane”
    Salvatore Lamanna “Colour as Experience”, Freitag, 27. Januar 2012 um 01:39 ·

    «Arrestati di notte, legati mani e piedi con corde di plastica, accecati, abusati verbalmente e fisicamente, minacciati» così il Guardian denuncia ciò che sta accadendo nelle prigioni israeliane dove vengono detenuti, al di là di ogni legalità, minori palestinesi. Sono accusati di aver lanciato pietre contro militrari e coloni o di aver tirato bottiglie molotov. Alcuni sono sospettati, addirittura, di essere legati ad organizzazioni “terroristiche”.

    “Abbandonati”. I detenuti, tutti al di sotto dei 18 anni di età, una volta arrestati vengono gettati nelle prigioni israeliane. Qui, sono fortunati se riescono a incontrare un avvocato dopo settimane e settimane di detenzione. Per i giovani reclusi risulta difficilissimo, inoltre, vedere i propri genitori che, in quanto palestinesi, sono tenuti lontani dalle carceri israeliane e, di conseguenza, non possono fare altro che attendere, nell’incertezza, delle informazioni sul destino dei loro figli.

    Rapiti. Ricevere pesantissimi insulti verbali rappresenta, per i detenuti palestinesi, il male minore. Le prigioni sono sudice, le celle prive di finestre. Tanti i minori «trattenuti in isolamento», come Sameer Saher, di appena 12 anni di età, che racconta di essere stato prelevato da casa sua in piena notte dagli agenti di polizia, senza ricevere alcuna spiegazione, e di essere stato picchiato, preso per le gambe e portato alla finestra da un soldato che ha minacciato di buttarlo giù.

    Violenze. Altri giovani detenuti raccontano di aver subito interrogatori senza fine, «ammanettati mani e piedi ad una sedia», durante i quali venivano obbligati a confessare se non volevano che tutta la loro famiglia venisse arrestata. Anche delle registrazioni si può evincere come, durante gli interrogatori, i detenuti venissero picchiati e costretti, di conseguenza, a confessare reati mai commessi. “Abituali” le “punizioni” esemplari, come stare inginocchiati per ore all’aperto, nel freddo della notte.

    Elettroshock. Le violenze però, non finiscono qui. Stando ad alcune testimonianze, nelle prigioni israeliane si pratica anche l’elettroshock. Il padre di Yahir, un giovane detenuto palestinese, racconta di essere riuscito, tra mille difficoltà, a visitare sui figlio in carcere e di aver visto su di lui i segni dell’elettroshock. Alla domanda del padre se avesse subito quella violenza indicibile, il giovane Yahir ha annuito senza pronunciare parola, troppo il terrore di essere sentito e, ancora una volta, oltraggiato.

    ONG. Ogni anno vengono arrestati «fra i 500 e i 700» minori, per la maggior parte accusati di aver lanciato pietre contro militrari e coloni israeliani. Secondo il Guardian, «almeno 426 minori detenuti nel sistema giudiziario israeliano» hanno testimoniato, sotto giuramento le violenze subite. Non sono solo le testimonianze degli ex detenuti però, a riportare la triste realtà dei minori reclusi. Ci sono video, documenti ufficiali, come il No Minor Matter,della “B’Tselem (The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories), o quelli raccolti dalla Defense for Children International, organizzazioni non governative palestinesi e israeliane, che denunciano le detenzioni illegali.

    Diritti violati. Secondo il responsabile di DCI, «indipendentemente dalle accuse a loro carico, i minori non dovrebbero essere arrestati di notte in terribili raid, non dovrebbero essere legati e bendati per ore, dovrebbero essere informati del diritto di rimanere in silenzio e dovrebbe essere permessa la presenza di un genitore durante gli interrogatori».

    Sospensione della legge. Nonostante le tante prove raccolte dalle ONG, le autorità israeliane smentiscono le accuse. Testimonianze e documenti però, restano a riprova delle violazioni della normativa internazionale (Convenzione internazionale per i diritti del fanciullo; Quarta convenzione di Ginevra per la protezione dei civili in tempo di guerra) e dello stesso codice penale israeliano, che si oppone fermamente alla detenzione dei minori al di sotto dei 14 anni e, per quanto riguarda i giovani prossimi all’età adulta, definisce il carcere come «l’ultima risorsa, laddove non esistano alternative». Per i minori palestinesi però, c’è la sospensione della legge, ancora una volta!”

    (Fonte: Salvatore Lamanna “Colour as Experience”, 27.1.2012)

  31. rodolfo
    rodolfo says:

    Poi qualcuno parla di TORTURE…..ma ci si rende conto del significato di questa parola?
    Chi commette un delitto…viene interrogato….puo´anche scapparci l´uno o l´altro schiaffo…ma questo non succede in tutto il mondo compreso il nostro paese? I detenuti in Israele sono e vengono …secondo il mio parere… trattati meglio che in Italia. Guardiamoli….se abbiamo occhi..
    quando escono dalle prigioni.
    Certo non sembrano aver subito torture…al contrario ben pasciuti e di buon umore.
    Rodolfo

  32. rodolfo
    rodolfo says:

    x234
    nient´altro che menzogne…poi
    cosa si vuol far capire quando si scrive … abusati fisicamente?
    C´e´mai stato fin ad ora un prigioniero Palestinese che ha accusato di essere stato abusato fisicamente? Quello e´il problema…..gli uni certamente antisemiti accusano…. quelli cui si presume abbiano subito violenze non confermano.
    R

  33. rodolfo
    rodolfo says:

    xLinosse
    “Fino a quando prevarrà “l’occhio per occhio,dente per dente” l’ultimo che resterà,dopo aver perso tutto e tutti ,sarà un perdente”.


    Non proprio chiara la frase….ma non posso darti che ragione.
    R

  34. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Rodolfo

    Caro Rodolfo,

    la sua hasbara è controproducente. Meglio la mia, che non è appecoronata e aiuta a spalar via la feccia. Che è sempre più pericolosa. Israele è ormai ostaggio dei coloni, che da burattini sono diventati burattinai, con l’aiuto del rabbinato e dei militari. Basta confrontare le mappe dal ’48 ad oggi, con il territorio palestinese ridotto come è ridotto. Del macellaio Goldstein esiste tuttora nella sua colonia la tomba monumento che lo santifica. Che vergogna imperdonabile.
    Un saluto.
    pino nicotri

  35. Linosse
    Linosse says:

    X rodolfo 238
    Non mi dire che non ti è chiaro “l’occhio per occhio….”
    Un bibbiofilo come te!
    Vala vala.
    L.

  36. Linosse
    Linosse says:

    “ROMA – I neutrini non sono piu’ veloci della luce. Le misure rilevate nel settembre scorso sarebbero dovute ad un’anomalia nel funzionamento degli apparati utilizzati per misurare la velocita’ dei neutrini.”
    Con questi conti che non tornano mai una speranza:
    che adesso ci restituiscano i fondi per il tunnel Gran Sasso Ginevra visto che non è servito a nulla.
    L.

  37. rodolfo
    rodolfo says:

    xAnita
    Peter parla di altri pianeti…in qualche modo si vuole salvare.
    Fallito l´esperimento del tunnel del Gran Sasso…le sue speranze si sono esurite…deve continuare a vivere li dov´e´… per cui e´a ragione incazzato con Einstein.
    Linosse vuole i soldi indietro per l´esperimento fallito…ma non sa´come gli Americani che bisogna sempre investire…in capitali e in risorse umane se si vuole arrivare ad un traguardo.
    Se si fallisce si ricomincia…questo e´il segreto dell´uomo.
    Ciao
    Rodolfo

  38. Linosse
    Linosse says:

    x rodolfo 244
    La restituzione dei fondi è solo per il tunnel Gran Sasso Ginevra meglio conosciuto come Gelmini alias santa Ignoranza.
    L.

  39. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Rodolfo

    In definitiva, è stato solo nel 1800 con il rabbino Yehudah Alkalai che – alterando il concetto di teshuvah e di teshuvah klalit – si è passati dal sionismo simbolico, inteso cioè come ritorno “a se stessi” debitamente migliorati, al sionismo inteso invece come “ritorno in Erez Yisrael”. Per gli ideologi (rabbini e non) del sionismo religioso, che si esprimeva attraverso i movimenti Mizrachi e Hapoel Hamizrachi, poi divenuti partiti e associati nei governi di coalizione di Ben Gurion, la creazione dello Stato di Israele è da considerarsi  come “l’inizio dell’era della redenzione (messianica) del popolo ebraico”. Secondo questa ideologia l’obbligo di risiedere nella terra di Israele e di contribuire alla vita dello Stato di Israele  è da considerarsi alla stregua di un precetto divino, inviolabile e indiscutibile. Lei certo comprende, caro Rodolfo, che ammassare in Israele i 12-18 milioni di ebrei del mondo è un po’ problematico, oltre che profondamente sbagliato. Secondo questo modo di pensare, chi non compie la aliyah, trasferendosi nella terra di Israele, e decide di rimanere nella diaspora, tradisce i doveri religiosi che incombono su ogni ebreo. I religiosi ortodossi, come i chassidim, da parte loro sono contrari a uno Stato, per forza di cose laico, che non sia l’esito finale della venuta del messia. Soltanto nell’epoca messianica gli ebrei potranno avere il diritto-privilegio di vedere un loro Stato. Ogni sforzo compito dagli ebrei per creare uno Stato ebraico prima dell’avvento messianico (in pratica il sionismo come lo conosciamo) è da considerarsi come una vera e propria eresia e va combattuto con ogni mezzo. Al limite è da preferirsi che la Terra di Israele sia governata dai goim, cristiani o musulmani, piuttosto che da ebrei miscredenti.
    Come vede, le sue posizioni sono le sue posizioni, così come quelle di Netanyahu&C sono le posizioni di Netanyahu&C, ma NON esprimono una posizione definitiva per tutti. Ecco perché dico che lei fa solo propaganda.
    Un saluto.
    pino nicotri

  40. rodolfo
    rodolfo says:

    Guardi Nicotri…che io non ho mai sostenuto lo Stato d´Israele sotto il profilo religioso. Io credo allo Stato d´Israele quale luogo di rifugio per chi nella diaspora si sente o e´persequitato.
    Questo pericolo e´sempre esistente purtroppo…ed io personalmente mi sento piu´tranquillo sapendo che c´e´ un paese pronto ad accogliermi se un giorno venissi persequitato o non piu´tollerato.
    Questo e´stato ed e´….secondo il mio parere…lo scopo dello Stato d´Israele.
    Un saluto
    Rodolfo

  41. peter
    peter says:

    x Rodolfo

    la tua risposta a Nicotri 249 e’ davvero divertente…
    Come considerare ‘rifugio’ un posto dove gli ebrei sono profondamente odiati, dove si vive come in una caserma, o peggio, per via di controlli di polizia continui? di fatto e’ un paese militarizzato ed uno stato di polizia.

    Al momento mi sto godendo una vacanzina in Algarve, come Pino forse avra’ capito. Purtroppo ho un brutto raffreddore di petto coriaceo a rimedi omeopatici ed anche antibiotici. E dire che faccio la vaccinazione influenzale ogni anno…
    Il sole splende, i portoghesi sono amichevoli, ma la notte fa anche qui un freddo cane. Sempre Atlantico e’…

    Peter

  42. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Rodolfo

    La lascio alle sue convinzioni, che mi sembrano un po’ illusorie. Credo lei sia più al sicuro in Germania, in Italia, negli Usa, in Cina, in Iran e in Iraq (dove ci sono ancora i Mandei!), che in Israele. Ma i giornali li legge?
    Un saluto.
    pino

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