Sulle “atomiche di Teheran” pur di evitare una guerra, almeno per ora, l’intelligence USA sbugiarda pubblicamente Israele
Le pressioni del capo del governo israeliano Benjamin Netanyahu verso il presidente Obama per dare inizio ai bombardamenti sull’Iran sono sempre più forti. Ed è sempre più forte il pericolo che Israele proceda da sola mettendo gli Usa di fronte al fatto compiuto. Con il vantaggio, per Netanyahu, di far fallire così il tentativo di Obama di essere rieletto e vedere alla Casa Bianca un nuovo inquilino, più avventurista di Obama e più docile alle pretese della destra israeliana e dei suoi forti supporter negli Stati Uniti, a partire dall’organizzazione “Prima Israele”, della quale fanno parte molti politici e alti gradi militari. Per contenere la pressione israeliana ed evitare i colpi di testa di Netanyahu, ai quali sono contrari perfino i vertici militari del suo Paese, negli Usa hanno pensato bene di correre ai ripari rendendo pubblico che NON esiste nessun pericolo che l’Iran stia producendo o anche solo progetti o pensi di produrre bombe atomiche. L’agenzia dell’Onu per l’energia atomica (IAEA) afferma, peraltro sulla base di documenti di alcuni servizi segreti non proprio interessati alla verità, che l’Iran sta facendo grandi passi in avanti nel suo programma nucleare e ha “triplicato la capacità di arricchire l’uranio in un impianto sotterraneo”. Ma in un’audizione al Senato degli Stati Uniti il 31 gennaio James Clapper, il direttore della National Intelligence, forse la più importante delle 15 agenzie di spionaggio Usa, è stato esplicito: ”Certamente si stanno muovendo su questo percorso, ma non riteniamo che abbiano davvero preso la decisione di procedere con un’arma nucleare”. Gli ha fatto eco con affermazioni simili il grande capo della famosa CIA, David Petraeus, mentre il capo del Pentagono, Leon Panetta, in un’intervista tv, è stato ancora più esplicito. ”Stanno sviluppando un’arma nucleare? No, ma noi sappiamo che stanno tentando di sviluppare capacità nucleari”.
Secondo il New York Times alla base di tanta esplicita prudenza pubblica c’è la lezione dell’Iraq, fatto invadere da George Bush junior sulla base di panzane inventate di sana pianta e rapporti della Cia debitamente fatti truccare dal suo staff (senza dimenticare che la balla colossale dell’”uranio del Niger per le atomiche di Saddam, balla che ha dato inizio alla valanga, è stata confezionata in Italia. Per l’esattezza dal settimanale Panorama, all’epoca diretto da Carlo Rossella, quanto mai desideroso si servire il suo padrone, Silvio Berlusconi all’epoca capo del governo, strattonato o ricattato da Usa e Israele grazie alla sua vita privata a base di bagordi).
Nel governo Obama, e questo è uno dei motivi per cui Netanyahu vuole evitarne la rielezione, nessuno intende ripetere l’errore di ritenere che chi ostacola il lavoro degli ispettori dell’Aiea abbia un programma nucleare segreto. Il New York Times cita funzionari dell’intelligence Usa secondo i quali probabilmente l’Iran millanta volontà militari atomiche con una ”strategia dell’ambiguità”’ per rafforzare la sua influenza nella regione.
”Credo che gli iraniani vogliano avere la capacità di costruire la bomba atomica, ma non vogliano un arsenale”, ha affermato Kenneth Brill, un ex ambasciatore Usa alla Iaea ed ex direttore della comunità di intelligence del Centro Nazionale contro la proliferazione nucleare.
L’ex capo del team della Cia incaricato di trovare le armi di Saddam dopo l’invasione del 2003, David Kay, cerca di salvare capra e cavoli: “Nessuno ha le prove che Teheran abbia deciso di costruire la bomba, ma credo che questo riflette un vero vuoto di intelligence”. E’ un po’ come dire che nessuno ha le prove che negli Usa gli asini o gli elefanti volino, ma tale mancanza di prove “riflette un vero vuoto di intelligence”.
Che Netanyahu e il suo entourage, a partire dall’indecente ministro Avigdor Lieberman e dal ministro Ehud Barack, il macellaio di Gaza, non scherzino lo dice chiaro e tondo anche il giornalista israeliano Gydeon Levy, noto per il suo sbugiardare le verità ufficiali e il fanatismo dei governi del suo Paese. Ecco infatti cosa ha scritto Levy il 5 febbraio:
“Tra le persone che leggono queste righe c’è chi non supererà l’inverno. Probabilmente alcuni di loro non moriranno di morte naturale.
Se diamo credito alle minacce di questi giorni, Israele attaccherà gli impianti del programma nucleare iraniano entro l’inizio della primavera. Se le parole si trasformeranno in fatti, centinaia – se non migliaia – di israeliani moriranno sotto i colpi della controffensiva missilistica di Teheran
Qualcuno sostiene che Israele vuole solo fare pressione sull’Iran. Ma le minacce di questo tipo tendono a sfuggire al controllo di chi le ha lanciate, e alla fine possono scatenare una guerra nonostante l’obiettivo iniziale fosse un altro. Teheran potrebbe scegliere di giocare d’anticipo e sferrare un disperato attacco a Israele. C’è anche chi sostiene che l’offensiva israeliana sarà un successo: i jet decollano, sganciano le bombe e distruggono gli impianti nucleari iraniani,
senza lasciare all’Iran l’opportunità di vendicarsi.
Ma le cose potrebbero anche andare diversamente. In ogni caso dobbiamo ammetterlo: siamo in pericolo, Israele (forse) si prepara ad attaccare l’Iran. E allora
sì che dovremmo avere paura.
Ma l’impressione è che la maggioranza degli israeliani non ha paura. Nessuno sta abbandonando il paese in preda al panico, nessuno sta accumulando scorte. La decisione viene lasciata a un piccolo gruppo di persone convinte che l’opinione pubblica, come sempre, si idi ciecamente di loro. Il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak decideranno cosa bisogna fare, e noi israeliani li sosterremo silenziosamente. Non facciamo affidamento su di loro se si tratta di domare un incendio come quello che ha distrutto la foresta di Carmel o amministrare i loro uffici. Ma un attacco all’Iran? La vita e la morte (soprattutto la morte) su larga scala? In quel caso, ci ridiamo. È sempre andata così nelle guerre di Israele. Prima che venissero combattute, il popolo sosteneva
i suoi leader. Dopo invece, quando il sangue era stato versato in abbondanza e le conseguenze erano davanti agli occhi di tutti, ce la siamo presa con loro.
Scelte discutibili.
Tutte le guerre combattute da Israele dal 1973 sono cominciate a causa di scelte discutibili. Nessuna guerra era inevitabile e nessuna guerra ha portato benefici che non si potevano ottenere con altri mezzi. Sono state tutte guerre disastrose, anche se a soffrirne le conseguenze peggiori sono stati i nostri avversari. La più folle di tutte, la guerra in Libano nel 2006, è stata anche la più catastrofica. Vale la pena di ricordarlo quando parliamo di un attacco all’Iran, che evidentemente sarebbe ancora più folle.
Sia nella guerra in Libano sia in quella nella Striscia di Gaza, Israele ha perso più di quanto abbia guadagnato. Ma se davvero scoppierà, la guerra con l’Iran ha
le potenzialità per diventare la più devastante di tutte. Possiamo anche credere alle rassicurazioni di Barak, ma le previsioni parlano comunque di centinaia di vittime tra i civili.
Il programma nucleare iraniano è pericoloso, ma lo sono anche quelli del Pakistan e della Corea del Nord. Eppure il mondo ha imparato a conviverci. Un attacco israeliano potrebbe rendere l’Iran ancora più pericoloso. Sulle conseguenze dello scontro è stato detto di tutto. Nella migliore delle ipotesi il risultato sarebbe un rallentamento nel programma di Teheran per lo sviluppo di armi nucleari, ma potrebbe anche succedere il contrario, e i piani del governo iraniano potrebbero subire un’accelerazione. Inoltre le relazioni tra Israele e Stati Uniti peggiorerebbero inevitabilmente e le città israeliane potrebbero essere investite da una
pioggia di missili. La verità è che Israele deve fare di tutto per impedire a Teheran di dotarsi di un arsenale nucleare, e deve evitare di scatenare un’altra guerra inutile.
La decisione, però, è nelle mani sbagliate. Non possiamo più dipendere dagli Stati Uniti per scongiurare la minaccia di una guerra, e non possiamo più dipendere dal governo israeliano per la sicurezza del nostro paese. Un governo che ignora l’opportunità di raggiungere un accordo con i palestinesi è un
governo pericoloso.
È arrivato il tempo della paura. Non ci resta che ammetterlo e farlo capire anche agli altri. È passato molto tempo dall’ultima volta in cui Israele è stato governato da leader codardi, il genere di persone che per timore agisce in modo saggio e con prudenza. Per troppo tempo siamo stati governati da eroi, quelli che non ci pensano un attimo prima di trascinare il paese in un attacco militare pericoloso e insensato. E allora forse è arrivato il momento di fargli capire come stanno le cose: abbiamo p-a-u-r-a”.
Zio bonino ,
ma guarda un pò.. , questi succhiacazzi di borghesi…guarda cosa non fanno per un pò..di merci vendute e politica, negherebbero perfino di essere nati dalla parte normale e ammetterebbero perfino di essere stati progenie del deretano…!
http://www.repubblica.it/esteri/2012/02/28/news/francia_legge_genocidio_armeni_corte_costituzionale-30657427/
D’altronde si sa ,per legge divina di genocidio c’è n’è stato uno solo ,come il Dio di Abramo ,esclusivo !!
cc
IL CASO
Chavez operato di nuovo a Cuba
Wikileaks: al massimo due anni di vita
http://www.repubblica.it/esteri/2012/02/28/news/chavez_operato_a_cuba-30646631/
Repubblica offre due prognosi.
Qui ho letto in un giornale online secondario quello che riporta Wikileaks, le due prognosi sono ben differenti.
Direi, da persona laica in medicina, che Chavez ha trascurata la sua salute.
Anita
x CC
Sinceramente a volare basso sei, siccome suoli spesso, stato tu!
Infatti quel “trombate dall’idraulico” l’ho messo virgolettato perchè era farina del tuo sacco, non sicuramente mio.
Non uso tali terminologie, mai!
Nemmeno per parlare di sindacalisti!
Ho l’impressione che gli ultimi post tu li abbia fatti scrivere da qualcun altro, poichè non ricordi ciò che hai scritto!
Tu esprimi le tue idee in maniera molto spiccia e diretta, quando non ti intorcoli in ragionamenti oscuri e in riferimenti nebulosi.
Ultimo: soltanto le signore casalinghe borghesi cornificano il marito con l’idraulico, il telefonista …o il postino…
Le casalinghe proletarie…nisba…nemmeno quella soddisfazione…poverelle!!!
O non hanno il bidè in bagno?!
Mah! Io…che scalogna! L’idraulico ha rapporti solo con mio marito!
Il telefonista… è un tecnico amico fraterno…
Il postino…è una postina !
buonanotte
Sylvi
Certo che le allusioni sessuali su questo blog abbondano…rodolfo non e’ certo il solo…
Peter
x Sylvi
Negli US il bidet e’ quasi inesistente.
Credo di averne visti solo due e solo nel bagno per gli ospiti per farci bella figura. ( a conversation piece )
In Italia ce l’avevamo ed era usato per tutto eccetto che per igiene intima.
Mai mamma ci metteva cose intime a mollo ed il suo compagno si lavava i piedi.
Noi usiamo tovagliette umide disponibili, come quelle per i bambini, o quelle per i bambini….
Gli Americani in genere sono molto puliti.
Buonanotte,
Anita
x Sylvi
Sorry, il mio post era in genere, non solo per te.
Sono distratta sto seguendo le primarie repubblicane del Michigan ed Arizona.
Campagna elettorale molto deludente, Santorum mi e’ proprio caduto dal cuore, col suo sorriso abbagliante gioca piu’ sporco degli altri.
Ciao,
Anita
Cara Sylvina,
con me non attacca ..non metterla sul sessismo, ect,ect..
I miei riferimenti ed allusioni sono esclusivamente “politici”.e tu lo sai benissimo…, d’altronde per una che attacca le colleghe terrone e sindacalizzate nel modo in cui hai sempre fatto tu..cosa ti aspetti..petali di rose..
E che sarà mai dire che annoiate “borghesi”la danno per noia..si sa che a sparare nel mucchio si coglie..sempre, come fai tu..e poi generalizzi..mica ho detto che tutte le borghesi annoiate (non casalinghe, non confondiamo)la danno per noia, mentre tu sovente accusi sindacati e terroni dello sfascio d’italia…eh no mia cara adesso basta..!!
A livello basso uguale livello….basso,tu cacci i ricordi di una vita sullo sferruzzamento terrone e sindacalizzato,io caccio i miei sui racconti dei colleghi…e che sarà mai , mica trombavano dalla mattina alla sera..dovevano lavorare..,quindi a volte nelle case borghesi con vogliose “borghesuccie”, bastava una sveltina , dopo passava l’idraulico….!!
cc
ps- la commedia all’italiana ha ben preso i suoi spunti dalla realtà vera, in fatto di “palchi di cervi adulti imponenti”,dirigenti, banchieri, industriali,..molto indaffarati a far soldi e spremere ..eh?
Strano Rudy, l’esperto, in questa che sarebbe la sua “materia” di laurea, non mette Lingua..molto strano !
Per Anita
Per la verità il bidet è un’invenzione quasi esclusivamente italiana. In origine era un arredamento da prostitute.
In Francia, Svizzera interna, Svezia e Gran Bretagna non ricordo di averlo visto. Non lo ricordo neppure in Germania.
Da noi è addirittura obbligatorio: ogni bagno DEVE avere necessariamente lavandino, bidet, WC , bagno o doccia. Altrimenti non danno i permessi di abitazione.
Per di più ogni bagno deve avere un antibagno o un corridoio chiuso e separato che lo divida dai locali di abitazione (camere, soggiorno, cucina).
Nelle case vecchie, come molto del patrimonio immobiliare italiano è un vero problema. L’Italia è il paese dell’iperbole anche in queste piccole cose.
In compenso la doccia o il bagno quotidiano sono ormai diventati la norma quasi per tutti: doccia al mattino oppure al rientro dal lavoro. Le imprese sono tenute ad avere una doccia a disposizione dei dipendenti in modo che possano lavarsi alla fine della giornata di lavoro. Mi sembra un’ottima idea anche se viene poco usata.
Un saluto U.
x Uroburo
ho visto il bidet quasi sempre in Spagna e Portogallo in albergo, forse imitano gli italiani. In Francia a volte si’ a volte no. Mi pare di averlo visto in Germania in case private, le donne tedesche a volte lo apprezzano.
Da un punto di vista strettamente igienico il bidet non e’ affatto essenziale, l’essenziale e’ lavarsi le mani ogni volta dopo aver usato il bagno
Peter
caro cc,
hai voluto buttarla sulle “borghesi”, che saranno quelle piemontesi suppongo, Regione “nobile” che fece l’Unità d’Italia e perciò di alte tradizioni borghesi…idraulico compreso.
Qui l’Unità è stata fatta a spizzichi e a smozzichi e la poca borghesia che c’era o era filo-veneziana o filo austroungarica.
Poi venne l’Esercito italiano, praticamente tutto meridionale; ci militarizzò e, soprattutto sposò le friulane, accasandosi come il cuculo, di pascoliana memoria , nella poesia” Romagna”.
E fin qui tutto bene…oppure abbastanza bene, perchè, dal mio punto di vista, l’Italia neonata poi l’Ialia fascista, poi quella resistente del dopoguerra cominciò e continuò una guerra senza quartiere per italianizzare, cioè meridionalizzare queste terre.
Ho anni abbastanza per ricordare l’arroganza, la protervia e la prepotenza degli “italiani” negli uffici pubblici in genere!
Ma alla fin fine erano e sono cittadini regolarmente residenti, anche se poco o nulla rispettosi di usi e costumi locali; anzi spesso e volentieri esibivano, non più ora- non si azzardano, un disprezzo… – bifolchi, montanari, ubriaconi- siamo venuti a portarvi la civiltà….ma queste cose si sono dette anche in questo blog…ricordi??? che non aiutavano l’inserimento e la civile convivenza, ma rinfocolavano il razzismo.
Occupati tutti gli uffici occupabili…resisteva in qualche modo la Scuola che con le sue graduatorie provinciali pretendeva la residenza.
Caduto anche questo baluardo, assieme ai regolari esami di concorso, ci fu , grazie alle pressioni sindacali e politiche che coltivavano la massa di voti meridionali…l’istituzione delle graduatorie statali e l’assalto alla diligenza nordica dei diplomati e laureati del sud, con il fenomeno micidiale, per la Scuola di base, delle tre insegnanti che insieme a quelle curriculari già introdotte (inglese, religione, multiculturalità, musica, ginnastica, sostegno….) conta, conta…siamo arrivati a quasi un rapporto uno-uno con gli alunni.
Tanti bei posti di finto lavoro! E tanti miliononi di spreco statale!
Immagina che organizzazione!!!
Anche negli altri gradi di Scuola, non solo nella primaria, ci fu il fenomeno, che dura tutt’ora, “della toccata e fuga”…
Cioè: io ins del sud, con il mio maggior punteggio vengo al nord, ti frego il posto e poi…o per salute!!!, o per gravidanze plurime, o per avvicinamento alla famiglia…o per quel che vuoi…ridiscendevo e ridiscendo al sud, lasciando al nord una cattedra occupata che sarà un via vai di supplense semestrali e annuali e al sud una escrescenza enorme di semi occupati che manda in tilt la Scuola…come possiamo vedere da tutte le proiezioni e ricerche nazionali.
E la continuità didattica, baluardo di una Scuola degna di tal nome, diventa un fastidioso ricordo.
Tutto questo con la benedizione politica e sindacale!
E non si può dire, nevvero??? altrimenti sei razzista e antisindacalista! e soprattutto leghista!
Ti ricordo che per 37 anni sono stata iscritta prima alla Cisl e poi allo Snals e andavo regolarmente alle riunioni e assemblee!!!
So di che parlo.
Tutto questo papiro per ricordarti che prima di insultarmi dovresti controllare se quello che ho scritto è vero o falso.
Soprattutto l’ideologia e la demagogia hanno mandato l’Italia dov’è…in fondo a tutte le classifiche!
E ha fatto da humus alla Lega.
Amen
Sylvi
Carissimo gli svizzeri tedeschi si incavolano se gli vai a dire che nei loro bagni manca il bidet, forse mancherà nelle vecchie case, non voglio essere volgare ma penso che anche loro una sciacqutina in quella parte del corpo.??….a Zurigo nel mio appartamento c’era.Non ho letto tutti i post e non ho capito perchè il discorso è caduto sul bidet, divertente…ciao un grosso abbraccio e un saluto a tutti.
Ps: avevi ragione quando mi hai detto di non sottovalutare la polmonite me la sto trascinando ancora dopo quasi due mesi anche se sto molto meglio, ciao.
x Marta
una polmonite per due mesi, figliola cara? un autentico caso clinico…
Peter
x Marta
Bentornata! Ma due mesi di polmonite hanno bisogno di un controllo accurato. Tac o almeno radiografia, anche se Peter teme le Tac.
Cerca di guarire in freta e bene, magari in primavera la banda bassotti viene a trovarti oppure vieni tu da questa parti meneghine al tavolo di qualche buona trattoria-
Un abbraccio. Anzi, due. No, tre. Tanto O. non c’è…
pino
x Peter
Ho preso a randellate il mio pneumologo personale, perché dopo la Tac di dicembre voleva farmene fare una a maggio e ne ho fatta un’altra, sempre a dicembre, per il rachide. La Tac di maggio è saltata, lui mi ha detto che una Rac equivale a 10 radiografie e io sono incazzato come una bestia contro il centro diagnostico preso il quale da oltre 15 anni sempre facciamo, io e famiglia, tutte le analisi che ci vengono ordinate. Possibile che ‘sti stronzi non abbiano nei loro computer un programma che tenga conto di quante Tac e/o radiografie colleziona un loro cliente? Però se non paghi magari una cacatina i loro computer sono infallibili…..
Un saluto.
pino
x Pino
Pino! prego smetta di consigliare tac a tutti, non sono necessarie per quel che ne so, e danno una marea di radiazioni.
Puo’ darsi che il suo medico intendesse che una tac del rachide equivale a 10 radiografie LOMBARI, ma ha idea, caro Pino, di quanti raggi occorrano per penetrare e visualizzare il rachide lombare? infatti le radiografie lombari non si fanno praticamente piu’.
Non vedo perche’ lei debba fare una tac ogni anno o ogni sei mesi, ma non voglio intromettermi. A volte una tac e’ ancora necessaria-invece di una risonanza magnetica-, per esempio la fossa cranica posteriore e’ visualizzata meglio da una tac, ma si tratta del cranio…e come lei ben dice la tac e’ necessaria per diagnosticare bronchiectasie nel torace.
Tuttavia se deve fare imaging sulla colonna vertebrale una risonanza magnetica e’ in genere superiore, e non da’ radiazioni, quindi le consiglio di informarsi
un caro saluto
Peter
la “Settimana dell’Apartheid”
Il movimento Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni sta promuovendo l’annuale Settimana dell’Apartheid israeliano. Eppure quest’anno, c’è qualcosa di diverso – la gente ha cominciato dicendo la verità sul BDS.
Ancora una volta nei campus di tutto il mondo, il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), il movimento sta organizzando la sua ottava edizione della Settimana dell’Apartheid Israeliano.
In passato, questo è stato un tempo per la uno scontro tra pro-palestinesi e pro-israeliani di contro-accuse, lanciando mezze verità e, spesso, finendo in un pareggio inutile. Non quest’anno. Quest’anno c’è qualcosa di distintamente familiare nell’aria. La gente ha cominciato a dire la verità sul BDS.
La porta è stata aperta dall’autore e docente Norman Finkelstein. All’inizio di questo mese, Finkelstein, uno dei più severi critici di Israele, ha scosso il movimento BDS con una critica devastante nel suo candore. Finkelstein ha detto che detestava la dualità del movimento e la malafede nel nascondere il fatto che gran parte dei suoi membri “vuole eliminare Israele”.
“Io sostengo il BDS”, ha detto Finkelstein, “ma il bds non potrà mai raggiungere un vasto pubblico fino a quando non sarà esplicito nel suo obiettivo. E il loro obiettivo deve includere il riconoscimento di Israele, o si tratta di un motore fermo”.
Invece, ha detto, il movimento insiste sul prendere una posizione di agnosticismo sulla necessità o meno di Israele di dover esistere. “No, non sei agnostico, tu non lo vuoi! Poi basta dirlo! Ma (i leader BDS) sanno bene, che se lo dici, non si dispone di una orazione che permette di raggiungere un vasto pubblico […] E francamente, sai cosa, non si dovrebbe. Non si dovrebbe raggiungere un vasto pubblico, perché sei disonesto”.
Anche se il BDS consegue costantemente successi, “è un cult, dove il guru dice ‘Abbiamo tutte queste vittorie’ e tutti annuiscono la testa”, ha detto Finkelstein. “La gente lo promuove come se fosse dimostrato che siamo il […] sull’orlo di una vittoria di qualche tipo. E ‘solo una sciocchezza assoluta. E’ un cult. E io, personalmente, sono stanco di esso.”
E’ la “Settimana dell’Apartheid israeliano”. Si può dire la verità. A proposito di BDS. E di Israele. Non è la democrazia robusta e vibrante che è salutata dalla destra, anche se la destra lavora per frenare le libertà. Si tratta di una democrazia travagliata, una democrazia compromessa, minacciata dal di dentro, sotto la minaccia di un proprio governo, erosa dalla guerra e dai conflitti interni e da minacce esterne e dei costi umani e morali di una religione dal destino manifesto.
Non diversamente gli Stati Uniti all’età di 64 anni, un paese che perseguiva la brutale occupazione di una popolazione nativa, al fine di proteggere gli insediamenti in continua espansione, una nazione divisa sui milioni di persone private delle libertà e dei diritti fondamentali. Un work in progress.
Ma come gli Stati Uniti, Israele è un work in progress che merita la possibilità di trovare la sua strada per favorire e rafforzare la democrazia. Un work in progress che ha bisogno di sostegno per i tentativi di democrazia, e il riconoscimento di quando funziona.
E’ la “Settimana dell’Apartheid israeliano”. Si può dire la verità. C’è qualcosa nell’aria, qualcosa decisamente non familiare. Qualcosa di buono. Un soffio di democrazia. Un orizzonte di luce fioca. I fermenti di speranza. E tutti dal più improbabile dei luoghi.
Solo questa settimana, in una straordinaria espressione del potere della non-violenza, dopo 68 giorni di sciopero della fame un detenuto palestinese ha costretto gli israeliani, per la prima volta, a affrontare veramente e cominciare a discutere la pratica accuratamente nascosta della detenzione amministrativa, imprigionando Palestinesi senza processo, senza un atto di accusa per un giusto processo.
Questa settimana, sotto la minaccia di un possibile ordine dell’Alta Corte, e con i riflettori dei media internazionali sul caso, i funzionari hanno raggiunto un accordo in base al quale il prigioniero, Khader Adnan, sarà liberato in aprile.
Questa è stata una settimana in cui la società israeliana nel suo complesso ha iniziato a riesaminare se stessa. Nell’ufficio del Consiglio dei Ministri si è verificato l’impensabile: un intoccabile capo, in seno a Netanyahu, dietro le quinte ha effettivamente rassegnato le dimissioni in risposta alle accuse di molestie portate dai colleghi. A Tel Aviv, il divieto vecchio di decenni del trasporto pubblico nel giorno di sabato è stato rovesciato, in quella che potrebbe rivelarsi un passo più simbolico che di sostanza – ma questo in un paese dove il simbolo è di gran lunga più pesante della sostanza.
E, in una mossa che potrebbe avere profonde implicazioni per la democrazia israeliana, l’Alta Corte ha annullato la legge che esenta gli ultra-ortodossi dal servizio militare universale. Più significativamente, la corte ha ordinato che una nuova legge sul problema fosse tutto che gestori del racket, raso-rivestiti, del ricatto teocratico dovessero temere di più: un approccio egualitario, proporzionale e costante con i principi delle leggi di una democrazia.
E’ la “Settimana Apartheid Israel 2012″. E’ tempo per le persone che sostengono Israele di dire la verità. Sì, gli insediamenti sono un ostacolo alla pace. Sì, l’occupazione, che esiste per proteggere gli insediamenti, è l’opposto della democrazia. Sì, l’attuale governo parla di due stati in teoria da solo.
Nella democrazia che furono gli Stati Uniti nel corso dell’anno 1840, c’era chi diceva che la schiavitù era essenziale, irreversibile, eterno, la volontà di Dio. E che le persone di colore e donne di tutte le razze non dovrebbero avere concesso le libertà e i diritti di piena cittadinanza, che l’unico buon nativo americano è un nativo morto.
E, allo stesso tempo, vi erano coloro che credevano che la democrazia e l’uguaglianza sarebbe diventato legge, tuttavia terribile e prolungato sarebbe potuto essere il processo, e avevano ragione.
E’ il 2012. L’America delle libertà, le sue promesse di opportunità e di apertura agli immigrati e alle minoranze, sono ancora sotto attacco, ancora in fase di test. La risposta non è quello di smantellare l’America, ma di rafforzare le sue libertà.
Tutti gli americani meritano la democrazia e l’autodeterminazione. Lo stesso vale per entrambi i popoli indigeni della Terra Santa, palestinesi e israeliani. Proprio come nel 1840 l’America, in questa Terra Santa ci sono persone che lavorano su entrambi i lati, in silenzio, sempre, verso questo obiettivo. Non la libertà per un popolo a scapito degli altri, ma la libertà e l’indipendenza per entrambi.
Questa è la lezione che BDS deve ancora imparare. Ed è per questo che il BDS e la settimana dell’Apartheid israeliana sono falliti.
Fonte: Haaretz Traduzione a cura di PalestinaRossa
In un’intervista ( http://vimeo.com/36854424 ) Finkelstein accusa il movimento BDS di non essere chiaro rispetto alla questione del diritto di esistere di Israele, dicendo che mentre utilizza la legge internazionale per rivendicare il diritto dei palestinesi – i tre punti della campagna riguardano la fine dell’Apartheid e dell’occupazione, il diritto al ritorno dei profughi e la parità dei diritti per gli arabi che vivono in Israele – al tempo stesso non si esprime chiaramente rispetto al riconoscimento di Israele, che pure è sancito dal diritto internazionale.
Innanzitutto ci sembra che Finkelstein faccia “confusione” tra ciò che è l’appello BDS e le persone che ne fanno parte. Va da sé, questo è ovvio, che all’interno del movimento ci siano persone che credano nella soluzione dei due stati, dello stato unico o, perché no, che ritengano giusta, per come è nato, la distruzione di Israele. Che poi, su cosa intenda per “distruzione di Israele” Finkelstein nell’intervista resta sempre vago.
Gli obiettivi della campagna BDS sono chiari, non c’è nulla di indefinito, e chiunque aderisca all’appello ha il diritto di lavorare nel proprio paese affinché venga richiesto il rispetto dei diritti palestinesi. Bisogna richiedere con forza l’applicazione della legge internazionale nel momento in cui non viene rispettata, non serve esplicitare il riconoscimento di Israele (questa invece sì che è una legge “rispettata!”) che, tra l’altro, gode di piena – e quasi totale – approvazione a livello internazionale, a differenza dei diritti del popolo palestinese!
E se, inoltre, il problema è avere delle idee che contrastino il diritto internazionale (che sancisce il diritto di esistere di Israele), allora Finkelstein decide di non riconoscere il valore di giustizia che differisce dalla legalità. Non bisogna necessariamente essere uomini di legge per essere giusti, se le leggi sono il riflesso di politiche corrotte e capitaliste. Non vediamo come queste persone possano inquinare il movimento BDS dando supporto e aderendo alla campagna, anzi: il movimento fa appello alla giustizia e non può che richiamare a sé uomini che vogliono battersi e che credono in questo valore. Ben vengano, allora, le critiche alla legalità quando questa non rispetta alcuni dei diritti fondamentali dell’uomo.
Ancora, la campagna BDS nasce “dal basso”, da una richiesta della società civile, e nello stesso modo si ramifica all’interno della comunità internazionale. Finkelstein parla dei “leader del movimento” e delle loro idee volutamente poco chiare, ma così come è sorto all’interno delle varie realtà resta un movimento “dal basso”, senza leader, e con la libertà di autogestirsi e di organizzare delle iniziative che creino le condizioni per fare pressione sulle aziende e sui governi affinché applichino delle sanzioni su Israele e facciano rispettare le leggi internazionali, quelle che sanciscono i diritti dei palestinesi. Diverso, invece, il coordinamento necessario a livello internazionale per organizzare le campagne affinché il lavoro risulti coeso, ad esempio nell’individuazione degli obiettivi strategici al movimento. In questa prospettiva è ovvio e necessario che si creino delle figure rappresentanti e portavoce dei gruppi che aderiscono alla campagna, ma senza che questi determinino o modifichino la natura dell’appello.
Concordiamo con Finkelstein quando dice che “è giunto il momento di fare chiarezza”, che per noi significa legare il BDS ad un movimento più ampio che si batta per i valori di giustizia e dignità umana, ideali squisitamente di sinistra (che dovrebbero completare e non creare ulteriori specificità nella lotta contro il sionismo). E’ per questo che Palestina Rossa, oltre ad aderire al movimento BDS, strumento di lotta al sionismo, si rifà agli ideali di uguaglianza e dignità universali, che riguardano, ma che sono al di sopra, della causa palestinese.
Palestina Rossa sostiene il BDS perché crede che il movimento possa dare alla Palestina un potere di contrattazione maggiore, sminuendo la forza di Israele e rendendo quindi la trattativa meno impari. Per citare Nelson Mandela, infatti, “si contratta solo tra uomini liberi”, e le pressioni che il BDS può esercitare sulla comunità internazionale possono servire a indebolire il potere sionista. Al momento i palestinesi non hanno potere di contrattazione, sia a causa della condizione di occupazione che vivono, sia per il livello di corruzione di cui la loro classe dirigenziale è intrisa, sia per l’appoggio incondizionato che la maggior parte della comunità internazionale dà ad Israele.
Tuttavia, Palestina Rossa non ritiene questa operazione sufficiente: la ricerca di una soluzione che renda giustizia all’umanità e alla Palestina (affinché sia libera dall’occupante) va perseguita anche attraverso altre forme, come i movimenti di resistenza popolare e la lotta armata.
Riteniamo infatti quest’ultima una forma legittima di resistenza, e ci battiamo affinché si decostruisca il concetto di terrorismo legato ad una popolazione che si organizza per difendere le proprie terre dall’occupante… questo sì, un diritto sancito internazionalmente. Quelli che i media volutamente chiama terroristi, in altre occasioni e in altre fasi storiche sarebbero definiti partigiani, e noi vogliamo “etichettarli” come tali.
Rispetto alla Gaza Freedom March citata da Finkelstein durante l’intervista, rivendichiamo il grande successo mediatico che la campagna ha avuto, “superato” solo dalla trgicità della morte dei nove attivisti turchi della Freedom Flotilla. Certo, l’intento sarebbe stato quello di entrare a Gaza e manifestare con la popolazione, ma se lo scopo ultimo è la liberazione della Palestina, allora anche l’impatto mediatico è di fondamentale importanza, restando sempre fedeli all’onestà di cui parla Finkelstein e che però non rivede nel movimento BDS.
Ma cosa c’è di più onesto che dire la verità su Israele in un mondo ubriacato dalle falsità sioniste? Ed è questo che fa il BDS, cerca di mostrare, in maniera genuina e documentata, cosa c’è sotto il velo liberale e democratico che ricopre Israele, anche se questo significa combattere contro un colosso che della disinformazione fa la sua arma. Ad oggi il movimento non può competere con la potenza sionista, radicata in tutti gli organi di informazione italiani ed esteri, e su questo sì, risulta perdente. Ma non può essere tacciato, e rifiutiamo le accuse di Finkelstein a riguardo, di essere poco chiaro o addirittura menzoniero. Come può, lo scrittore ed attivista, definire un movimento nato dal basso, che si autodetermina, e che ha come scopo principale quello di far parlare di Palestina quante più persone e realtà possibili “una setta” [cult]?
Tuttavia, su un aspetto citato nell’intervista siamo d’accordo con Finkelstein: l’ANP vuole normalizzare l’occupazione, vuole spegnere i focolai di conflitto che sorgono nella società civile palestinese perché ha paura che la popolazione insorga contro i suoi leader corrotti. “L’ANP ha paura di fare la fine di Mubarak e degli altri”, sostiene Finkelstein, ed ha ragione. Ma allora ci domandiamo: come si possono accettare passivamente gli accordi, se portati avanti da un gruppo politico piegato al volere dell’occupante? Dove stanno la dignità e i diritti fondamentali dell’uomo?
Ognuno persegua la sua idea di giustizia, in qualunque modo la si voglia esprimere: se aderirà all’appello, sarà sempre il benvenuto nel movimento BDS.
Redazione PalestinaRossa
x Peter
In che senso ho ragione sulle bronchiectasie? Sono all’origine della sua tosse?
Un saluto.
pino
P. S. Ieri sera mi è esploso un raffreddorone che non so quando e dove ho preso. Mi sento più rimbecillito del solito.
x Peter
Ah! Grazie per le delucidazioni. Per il rachide ho solo delle protusioni. Per il torace, vederci chiaro nella broncopolmonite, credo senza febbre, di fine novembre, forse “ab ingestis”, dovuta a un boccone andatomi violentemente di traverso in una trattoria a Roma. Io non sono medico. E di solito ne diffido….
Grazie per avermi messo sull’avviso.
Un saluto.
pino
x Pino
non ho detto di esserlo neanch’io…
Spero di non avere bronchiectasie, caro Pino, sono rare e risultano in genere da passate infezioni gravi, ma possono essere congenite…volevo dire che si diagnosticano oggi con la tac, in quello aveva ragione.
L’ammontare di radiazioni di una tac si misura spesso in equivalenti radiografie del torace, e direi che e’ dell’ordine di centinaia, non decine, salvo casi particolari.
Per diagnosticare una polmonite, caro Pino, anche ab ingestiis, una radiografia e’ piu’ che sufficiente. Una tac del torace in genere segue solo se la radiografia mostra un ombra di dubbia origine…
Vedo che i medici inglesi sono MOLTO piu’ conservatori, cioe’ cauti, di quelli italiani, e la cosa non puo’ che farmi piacere
un caro saluto
Peter
peter { 29.02.12 alle 11:48 } Vedo che i medici inglesi sono MOLTO piu’ conservatori, cioe’ cauti, di quelli italiani, e la cosa non puo’ che farmi piacere
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Sarei d’accordo anch’io ma qui i medici si oppongono molto raramente alle richieste del paziente. E poi sta diventando di moda una medicina che ha come suo primo obiettivo quello di pararsi le spalle da eventuali denunce. U.
x Uroburo
si’? crede che siano i pazienti a chiedere una tac ogni sei mesi?
Peter
… mica ho detto che tutte le borghesi annoiate (non casalinghe, non confondiamo)la danno per noia,
… difatti di solito la danno aggratis con la speranza di orgasmare, sperando che non sia un speedy gonzales… Una sveltina non fa’ prima-vera, ma calma la bufera… ne lungo ne corto, ne molto duro ne moscio, ma che duri!
Faust
… pensavo di essere da solo nel blog assofrire di broncopolmonite stabilizzata in bronchite da convivere… L’ho avuta e sembravo guarito… dopo 8 mesi si e’ riacutizzata e nuovo ricovero… x la bronchite antibiotici quando viene un’accenno di febbre o tosse dura… Ora sembra che sono guarito… mi resta la difficolta’ respiratoria e x questa non ce’ speranza che guarisca… ci devo convivere…
Buoni Polmoni a Tuti…
Faust
Ps: … ciao Marta ben tornata… Abbacchi & Braci!
Il danno da radiazioni: miti e realtà.
G. Galli
Direttore emerito Istituto di medicina Nucleare
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
http://www.airm.it/images/Bollettino%2030.pdf
L’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti delle radiazioni è veramente curioso. A partire dai primi anni del secolo scorso e per parecchi decenni l’opinione prevalente era che esse facessero bene alla salute: e così – sembra ora incredibile – venivano tranquillamente venduti come “ricostituenti” sciroppi a base di Torio radioattivo, creme di bellezze contenenti Uranio, apparecchietti per immettere Radon nei sifoni del selz e pastiglie di Radium da appendere al soffitto per essere confortevolmente irradiati a letto o leggendo il giornale in soggiorno.
D’altronde ricordo che mia madre prima della guerra dava a me bambino (Bevi Guido che ti fa bene!) un’acqua minerale definita dall’etichetta “potentemente radioattiva”.
Il proprietario di una Fonte che stampasse oggi quell’etichetta sarebbe sicuro di non vendere neppure una bottiglia.
Ma poi sono venute Hiroshima, Nagasaki, Chernobyl, i film di fantascienza con gli orrori prodotti dalle radiazioni atomiche e tutto è cambiato: oggi anche un solitario fotone X o gamma suscita terrore. Per un pacchetto trovato qualche anno fa in un cassonetto a Roma e contenente reagenti per radioimmunologia con tracce infinitesime di radioattività, il cronista di un importante quotidiano italiano concludeva così il suo pezzo: Per fortuna il pacchetto era sigillato, altrimenti le potentissime radiazioni avrebbero avvelenato tutti gli abitanti dei palazzi circostanti! È un atteggiamento incomprensibile, questo del pubblico, soprattutto se si considera che, essendo le radiazioni elettromagnetiche uno spettro continuo, vengono temute non solo quelle a breve lunghezza d’onda (raggi X e gamma, appunto), ma anche quelle a lunghezza d’onda elevata come le radiofrequenze (i micidiali trasmettitori della radio Vaticana!); accolte invece con piacere quelle della luce, che stanno in mezzo, con una estensione di simpatia ai raggi ultravioletti: chi non corre al mare a farsi una bella abbronzatura?
Ma quale è la verità sul danno da radiazioni? Preciso che qui parlerò di quelle che si impiegano in Medicina (raggi X in radiodiagnostica; raggi gamma ed elettroni in Medicina Nucleare) che rappresentano per un italiano l’unica occasione pratica di essere esposto: le centrali nucleari sono chiuse e si spera non vi saranno guerre atomiche od attentati nucleari.
Per comprendere quel che segue, bisogna introdurre il concetto di “dose”. Le radiazioni agiscono per l’energia che depongono nei tessuti (che dà luogo a fenomeni di ionizzazione, con lesioni di strutture biologiche) e vengono misurate in rapporto alla quantità di energia deposta. L’unità di misura è il Gray (Gy) che corrisponde alla cessione di energia di un Joule per chilogrammo. È una unità molto grande, perché per solito siamo esposti a dosi che si misurano in millesimi di Gray (mGy): un esame radiografico dà, in media, circa 1 mGy (la TAC anche 6- 8 mGy), un esame medico nucleare, in media, 4-5 mGy; tutti poi, nel mondo, riceviamo una media di 2,4 mGy all’anno da radiazioni naturali (raggi cosmici, radioisotopi nel terreno e negli alimenti, Radon negli edifici, ecc.).
È sicuramente accertato, sopratutto per merito (!) delle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki, che a dosi elevate le radiazioni sono dannose. I danni sono di due tipi: quelli “deterministici” sono dovuti all’uccisione delle cellule, soprattutto di tessuti radiosensibili come il midollo emopoietico (con caduta degli elementi figurati nel sangue, specie dei linfociti): dosi di 3-5 Gy possono portare a morte la persona per distruzione del midollo; con dosi superiori la morte avviene anche per lesioni dell’epitelio intestinale (diarrea, infezioni) o del SNC (convulsioni, coma).
Così è avvenuto, purtroppo, per una trentina di persone lavoranti a Chernobyl od accorse in soccorso al momento della sciagura. I danni deterministici si verificano, tuttavia, solo da una certa dose in su: vi è, cioè, una “soglia di dose”.
Le prime alterazioni della serie ematica si osservano, ad esempio, solo a partire da circa 0,5 Gy; per dosi inferiori a 0,15 Gy (150 mGy) non è mai stato osservato danno neppure per i tessuti più radiosensibili (fra i quali, oltre al midollo emopoietico, vanno citati anche i tessuti dell’embrione e del feto, gli spermatogoni, il cristallino).
Sempre a dosi elevate, è stato sicuramente accertato anche un altro tipo di danno, quello “stocastico” (significa: casuale) dovuto ad alterazioni del DNA prodotte dalle radiazioni (mutazioni; aberrazioni cromosomiche, ecc.) con la conseguenza di patologie ereditarie, se avvengono nelle cellule germinali, e di cancri radioindotti, se nel DNA delle cellule somatiche.
Orbene, il problema cruciale nella pratica è il seguente. Sia se si è esposti per ragioni professionali (radiologi, addetti alla gammagrafia nei cantieri, ecc.), sia se si è esposti per ragioni mediche solitamente non si ricevono (tranne che nel caso della radioterapia) dosi superiori a 30-50 mGy. Quindi effetti deterministici non ve ne sono; ma vi possono essere, o no, danni stocastici per queste “piccole dosi”? (vengono definite tali quelle inferiori a 0,2 Gy, 200 mGy).
Vi sono, in proposito, tre dottrine.
1) La dottrina più diffusa ed “ufficiale” è quella sostenuta dall’autorevole International Commission on Radiological Protection (ICRP), che ispira la legislazione protezionistica di tutto il mondo. Una “soglia” non esiste: anche un solo evento (per esempio un fotone od una particella che determini una rottura di entrambi i filamenti che formano l’elica del DNA) può essere sufficiente a dare inizio ad un tumore maligno o ad una alterazione genetica ereditaria. Inoltre in una popolazione irradiata la frequenza degli effetti (che si trasforma in “probabilità” per il singolo individuo) è linearmente correlata con la dose: se su 100 individui che ricevono 1 Gy i cancri radioindotti (durante tutta la loro vita) sono 10, saranno
5 per 0,5 Gy e 2 per 0,2 Gy. Questa dottrina, detta LNT (Linear No-threshold Theory) ha però una attenuazione per le “piccole dosi”: infatti l’ICRP ammette che esse abbiano un effetto biologico minore di quel che ci si può attendere ed introduce un “fattore di riduzione” (DREF) di 2: onde una dose di 0,2 Gy
(200 mGy) in quelle 100 persone non provocherà due tumori maligni, ma uno soltanto.
L’ICRP non sostiene affatto che la LNT sia indubitabilmente vera: dice che è precauzionalmente utile, a scopo protezionistico, ritenerla tale. Ma è stata assunta come Vangelo da tanti; e il concetto di “effetto cumulato di dose collettiva”, che ne è la derivazione, è quello che ha suscitato più allarme nei mass media. Proseguiamo con l’esempio, scendendo con le dosi e ricordando che, in base alla LNT, non vi è una soglia. Se 200 mGy provocano, in base al DREF, 1 tumore fatale su 100 persone, 20 mGy ne provocheranno uno in 1.000 persone ed 1 mGy darà origine ad un tumore maligno se verrà ricevuto da 20.000 persone. Anche un decimo di mGy (dose infinitesima, ventiquattro volte inferiore a quella che in media ciascuno di noi riceve dalle radiazioni ambientali) potrà provocare un tumore maligno se somministrato a 200.000 persone; quindi 10 tumori maligni su 2 milioni di persone, 100 su 20 milioni, 1.000 su 200 milioni. Con calcoli come questi sono state profetizzate decine di migliaia di tumori maligni in tutto il mondo a seguito delle ricadute radioattive di Chernobyl: che però, a quasi 20 anni di distanza, nessuno ha visto. Gli unici tumori collegabili a Chernobyl sono alcune centinaia di carcinomi papilliferi tiroidei in bambini della Bielorussia, che avevano ricevuto grosse dosi tiroidee da isotopi del radioiodio. Il concetto di “dose collettiva” è stato applicato, purtroppo, anche alle esposizioni mediche. Proprio quest’anno Berrington e Darby, moltiplicando le piccolissime dosi dovute ad esami radiologici per i milioni di pazienti esaminati, hanno pubblicato che l’esercizio della radiologia provoca ogni anno 7.587 cancri fatali in Giappone, 5.695 negli USA, 2.049 in Germania, 700 in Inghilterra e così via per 14 Paesi, fra i quali non figura l’Italia (forse antipatica agli autori). Con la conseguenza che un periodico tedesco, del quale non è difficile intravedere l’orientamento politico, ha scritto che i radiologi sanno benissimo di uccidere i loro pazienti, ma sono costretti a farlo per sostenere il mercato delle multinazionali produttrici di apparecchiature radiologiche!
2) Una dottrina che ha meno sostenitori (ma alcuni molto autorevoli, come l’Académie des Sciences de France) sostiene che gli effetti stocastici sono sì proporzionali alla dose, ma che quando si giunge a piccole dosi una “soglia”, o per lo meno una “soglia pratica” vi sia. Viene sottolineato che la cellula dispone di efficientissimi sistemi di riparazione (per lo più enzimatica) del DNA, che quotidianamente fronteggiano miriadi di lesioni prodotte dal metabolismo ossidativo e da genotossici ambientali: par strano che essi non possono dominare le poche lesioni aggiuntive dovute ad una piccola dose di radiazioni, mentre è comprensibile che i meccanismi riparativi possano venir sopraffatti da una grossa dose. Anche la rottura di entrambi i filamenti del DNA, particolarmente temuta nel caso delle radiazioni, può venir riparata, seppure con qualche difficoltà. Ancor più importante è la considerazione che lo sviluppo del tumore è un processo a più stadi: alla “iniziazione” segue la “promozione”, la “conversione” e la “progressione”. In ognuno di questi stadi l’organismo sa difendersi, con vari meccanismi: arresto mitotico, apoptosi (suicidio programmato cellulare), differenziazione, reazioni immunitarie. Anche se una o poche cellule venissero iniziate, perché vi è stato un difetto nella riparazione del DNA, come è possibile che nelle fasi successive esse sfuggano a questi meccanismi protettivi?
Questa dottrina, non priva di buon senso, riceve un sostegno indiretto dalle osservazioni su decine di migliaia di lavoratori esposti (soprattutto nei paesi ove è più attiva l’industria nucleare) a piccole dosi di radiazioni e che finora non hanno fornito un evidenza di carcinogenesi radioindotta.
3) Una dottrina di cui si parla sottovoce, perché non è “politicamente corretta”, ma che ha sostenitori fanatici, anche fra scienziati di vaglia, è l’Ormesi. L’Ormesi ritiene che piccole dosi di radiazione non solo possano essere innocue, ma addirittura avere effetti favorevoli. Le piccole dosi evocherebbero una “risposta adattativa” che rende l’organismo capace di meglio resistere non soltanto a dosi alte ricevute in seguito, ma anche di opporsi a molti altri agenti lesivi e genotossici e perfino all’invecchiamento. La dottrina si avvale: di considerazioni generali (quasi tutto ciò che è tossico in natura lo è ad alta dose, mentre è innocuo o benefico a dose piccola; la risposta adattativa è molto efficace perché la vita l’ha sviluppata nel corso di una evoluzione filogenetica che per la maggior parte si è svolta quando il fondo naturale di radiazioni era più elevato dell’attuale, ecc.), di osservazioni epidemiologiche ed anche di dati sperimentali, che tendono a comprovare la risposta adattativa. La miglior evidenza sperimentale proviene dagli studi sui linfociti umani (ma anche da studi su altri sistemi biologici). I linfociti irradiati in modo cronico da piccole dosi di tritio immesse nelle culture (con conseguente incorporazione di timidina tritiata) mostrano, se esposti a dosi di 1.5 Gy di radiazioni, soltanto la metà circa delle aberrazioni cromosomiche riscontrate nei controlli.
Lo stesso avviene se i linfociti sono previamente irradiati con piccole dosi di raggi X (10 mGy). Recentemente si è visto che anche linfociti prelevati da soggetti sottoposti a terapia per ipertiroidismo con 131I resistono meglio all’irradiazione con 0,5 e 1 Gy di raggi gamma di quel che non facciano linfociti presi da soggetti normali.
Ma, forse perché minoranza sottoposta a persecuzione, vi è sovente dell’eccesso, che può infastidire, negli scritti degli ormetici. Uno di loro ha affermato che i meccanismi adattativi si sono ai primordi sviluppati quando il fondo di radiazioni ambientali era assai più elevato e che rischiano di affievolirsi oggi essendo noi “in debito” rispetto ad allora di circa 4 mGy mensili. Onde l’opportunità di effettuare una scintigrafia scheletrica al mese, senza indicazione medica, ma solo per “fare il pieno” di radiazioni! Francamente, mi pare troppo.
Concludendo, torniamo alla domanda di Pilato Quid est veritas?. Probabilmente l’apprenderemo, per le piccole dosi, solo dai progressi della radiobiologia: vi sono infatti grosse difficoltà statistiche ad accertare in modo significativo, con l’osservazione epidemiologica diretta, un piccolo eccesso di tumori radioindotti rispetto alla gran massa dei tumori spontanei che in nulla da quelli si distinguono. Se però la biologia molecolare riuscisse ad offrirci un marker specifico della radioinduzione, il discorso si farebbe completamente diverso. Ma anche i progressi della genetica sono importanti. Già si è visto che alcuni geni mutati (ATM, BRCA1, BRCA2, ecc.) predispongono non solo a tumori spontanei, ma anche a quelli radioindotti perché risultano compromessi i sistemi di riparazione del
DNA; e si comincia a pensare che gli effetti stocastici non siano casuali, ma che possano riguardare, per dosi non elevate, solo individui geneticamente predisposti, anche in modo multifattoriale da parte di molteplici geni a scarsa penetranza.
Se si riuscisse ad identificare, attraverso test genetici, chi è predisposto e chi no, la cosa sarebbe, ovviamente, di estrema importanza pratica.
Nel frattempo io penso che per quanto riguarda le esposizioni di diagnostica medica si possa stare tranquilli. Il che non sempre avviene: conosco bene una mamma che non voleva effettuare una radiografia del torace alla figlioletta febbricitante e tossicolosa perché “I raggi fanno male”, trovando poi naturalissimo che essa stesse incollata a pochi centimetri dal televisore ad assorbire per ore i raggi X provenienti dal tubo a raggi catodici.
Già si sa che il pur cautissimo ICRP nelle Raccomandazioni prossime venture ridurrà moltissimo il coefficiente di rischio per gli effetti genetici ereditari (che non sono mai stati osservati nell’uomo, neppure nelle prime generazioni dei sopravvissuti a Hiroshima e Nagasaki) ed anche, in misura minore, quello per la carcinogenesi radioindotta. Inoltre come abbiamo visto, vi sono buone ragioni per pensare che piccole dosi di radiazioni (raggi X, gamma od elettroni: perché per particelle alfa, neutroni e protoni il discorso sarebbe diverso) possano non causare danno, o, se vogliamo essere arditi, avere anche effetto benefico. Ed infine: se nonostante l’acqua radioattiva di mia madre ed il mio passato di radiologo e di medico nucleare sono giunto a 78 anni in ottima salute, un motivo ci dovrà pur essere!
Per Petger
Si rilegga bene il mio messaggio. U.
ESAMI RADIOLOGICI: QUALI RISCHI?
di RAFFAELLA DAGHINI
Esami radiologici sì, ma con criterio. Alla radiografia, alla tomografia, alla PET, alla scintigrafia si ricorre sempre più spesso, anche quando non ce ne sarebbe un reale bisogno perché le informazioni che si vogliono ottenere potrebbero essere fornite da esami che non prevedono l’uso di radiazioni ionizzanti (vedi box). Che il ricorso agli esami di diagnostica per immagini e di medicina nucleare sia in forte aumento è una questione che viene rilanciata periodicamente dai mezzi di comunicazione, non di rado con toni allarmistici poco giustificati dal punto di vista del rapporto rischi-benefici di queste pratiche.
Nella sostanza, comunque, i dati statistici confermano un andamento in crescita della quantità di radiazioni ionizzanti assorbita pro capite per scopi medici nei paesi industrializzati: un aumento che ha toccato nel 2006 il 600 per cento rispetto al 1980 e che fa sì che l’esposizione dovuta ad applicazioni mediche sia oggi superiore a quella dovuta alle sorgenti di radioattività naturale.
GLI ESAMI NON FINISCONO MAI
Secondo i primi risultati, riportati a giugno dal New York Times (Rabin 2007), di uno studio finanziato dal governo federale statunitense e realizzato dal National Council on Radiation Protection che sarà pubblicato ad aprile 2008, negli Stati Uniti il numero di tomografie computerizzate (TC) effettuate nel 2006 ha raggiunto i 62 milioni, un dato venti volte superiore a quello del 1980. Nello stesso periodo di tempo gli esami di medicina nucleare (che prevedono l’impiego di traccianti radioattivi) sono triplicati.
In termini di quantità di radiazioni assorbite, le TC sono responsabili della metà della dose collettiva a cui è esposta la popolazione statunitense, pur rappresentando solo il 12 per cento di tutte le indagini di radiodiagnostica medica. Gli esami di medicina nucleare come la tomografia a emissione di positroni (PET) e la scintigrafia, invece, contribuiscono alla dose collettiva per il 25 per cento circa, con le indagini al cuore a fare la parte del leone.
QUESTO O QUELLO PARI (NON) SONO
Al di là dei numeri assoluti, però, quello che va sottolineato è che gli esami non sono tutti uguali. Una TC del torace, per esempio, rilascia una dose di radiazioni circa 400 volte più elevata rispetto a quella fornita da una semplice radiografia del torace, mentre sottoporsi a una TC dell’addome corrisponde a fare 500 lastre del torace e con un’angio-TC coronarica multistrato si sale a 750 (Commissione europea 2002). Inoltre tutte le più recenti evoluzioni, come la TC multistrato o quella total body, rilasciano dosi significativamente più elevate rispetto alle tecniche tradizionali.
SALE LA DOSE, SALE IL RISCHIO
Gli effetti provocati dalle radiazioni ionizzanti dipendono dalle dosi che rilasciano agli organi irradiati. Per dosi elevate gli effetti sono detti deterministici: questo significa che, una volta superati specifici valori di soglia che dipendono dal tipo di radiazione e dalla parte del corpo irradiata, c’è la certezza che si verifichino. Questi effetti comprendono:
eritemi;
ulcerazioni della pelle;
cataratta;
sterilità temporanea o permanente;
nel caso colpiscano il feto, malformazioni, ritardi mentali e anomalie della crescita.
Nei casi limite, le esposizioni acute a dosi altissime possono risultare fatali, come dimostrano le vittime delle bombe atomiche in Giappone e dell’incidente di Chernobyl. Le dosi di soglia tipiche sono di alcuni sievert se assorbite in una sola volta e più alte se assunte in momenti diversi, ma comunque molto più elevate di quelle impiegate in medicina, che arrivano ad alcune decine di millisievert nel caso di alcune procedure interventistiche (per esempio l’angioplastica coronaria). Le dosi impiegate in medicina sono in grado di provocare effetti detti stocastici (o probabilistici), cioè effetti che possono manifestarsi in seguito all’esposizione, ma non è certo che si verifichino.
L’esposizione alle basse dosi, in altre parole, aumenta la probabilità di questi effetti, che comprendono soprattutto lo sviluppo di tumori e leucemie. Il rischio di tumore, secondo gli esperti, cresce con la dose in modo lineare e senza che esista una soglia al di sotto della quale la probabilità è nulla.
Questa ipotesi di proporzionalità diretta senza soglia è stata assunta dalle principali istituzioni internazionali che si occupano di radioprotezione come misura di cautela, per evitare di sottostimare il rischio derivante dalle basse dosi e finora, nonostante sia stata spesso discussa, non è stata smentita dagli studi epidemiologici.
La gravità degli effetti, al contrario, è indipendente dalla dose.
Ma come si può quantificare l’aumento del rischio? Secondo la Health Protection Agency britannica una radiografia del torace comporta un rischio aggiuntivo di sviluppare un tumore fatale nel corso della vita di 1 su un milione, mentre per una singola TC del cranio si sale a 1 su 10.000 e se lo stesso esame è fatto all’addome il rischio aggiuntivo è di 1 su 2.000. Per un singolo esame di medicina nucleare come la scintigrafia, poi, il rischio sale a 1 su 500.
Nel complesso, i dati indicano che all’esposizione alle radiazioni per uso medico è imputabile una percentuale di casi di cancro variabile tra l’1 e il 3 per cento di tutti quelli registrati nei paesi industrializzati. Un dato che, secondo gli esperti, rappresenta una stima al ribasso, perché ricavato in base all’esposizione medica dei primi anni novanta, circa sei volte più bassa di quella attuale.
SCARSA CONSAPEVOLEZZA
Seppure basso, il rischio di tumore per esposizione alle radiazioni a scopo medico esiste, soprattutto se si considera che gli esami sono spesso ripetuti e questo comporta dosi aggiuntive. Tuttavia i pazienti sembrano non percepirlo e anche dai medici è spesso sottostimato. «Ben pochi medici conoscono l’esposizione radiologica dell’esame che prescrivono», scrive Eugenio Picano dell’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa. «Non lo sanno i medici di medicina generale che nel 20 per cento dei casi ritengono che la risonanza magnetica adoperi radiazioni ionizzanti; non lo sanno i cardiologi, che nel 70 per cento dei casi sottostimano da 300 a 1.000 volte la dose di una scintigrafia cardiaca; e non lo sanno neanche i radiologi, che nelle stragrande maggioranza dei casi sottostimano di 50-500 volte dosi e rischi di una comune TC» (Picano 2006). La causa, secondo Picano, è in buona parte attribuibile alla difficoltà con cui si possono reperire e comprendere le informazioni relative alle dosi (espresse in un’impressionante varietà di unità di misura) e ai rischi (le cui stime sono comunque frutto di estrapolazione e quindi caratterizzate da una buona dose di incertezza). Le conseguenze, al contrario, sono facilmente intuibili. «Ignorare le dosi può portare a prescrizioni inappropriate, in cui i rischi a lungo termine sono sottovalutati a fronte dei benefici immediati», continua Picano (Picano 2005).
SUPERARE L’IMPASSE
Come fare allora per evitare di essere travolti dal vortice degli esami radiologici? Prima di tutto, secondo Picano, si dovrebbero evitare gli esami inappropriati, cioè gli accertamenti inutili che rappresentano una frazione tra il 30 e il 50 per cento di tutte le indagini con radiazioni ionizzanti effettuate ogni anno. «Gli esami inappropriati moltiplicano i costi, allungano le liste d’attesa e non migliorano, anzi tendenzialmente peggiorano, la qualità dell’assistenza», sottolinea Picano (Picano 2005). Senza contare l’aspetto più importante, cioè i rischi per la salute.
Gli strumenti per intraprendere questo percorso, in realtà, ci sarebbero.
Prima di tutto la legge (decreto legislativo 187 del 26 maggio 2000), che impone sanzioni pecuniarie e penali a chi prescrive ed esegue esami con radiazioni ionizzanti senza adeguata giustificazione. La legislazione europea, inoltre, impone al radiologo di controllare e di registrare la dose di radiazione emessa in ogni esame, per evitare sovraesposizioni: l’Italia, però, come molti altri paesi, non si è ancora adeguata. Anzi, la legge del 2000 (forse in previsione dell’introduzione delle tessere sanitarie elettroniche) ha cancellato una disposizione precedente che prevedeva la creazione di un libretto radiologico personale in cui annotare la storia degli esami con radiazioni ionizzanti di ogni paziente.
Non bastasse la legge, ci sono le linee guida nazionali a definire i criteri che giustificano gli esami, sulla base dei principi cardine della radioprotezione (ASSR 2004): per ridurre i rischi è necessario valutare l’effettiva necessità di esami diagnostici con radiazioni ionizzanti (principio di giustificazione) e definire le modalità di indagine più opportune per ottenere le informazioni volute con l’impiego della minima dose possibile (principio di ottimizzazione). In altre parole, prima di prescrivere un esame con radiazioni ionizzanti il medico dovrebbe stabilire la sua reale utilità per il paziente, valutando se le informazioni possano essere reperite dai risultati di esami precedenti o attraverso indagini di altro tipo, che non comportino l’uso di radiazioni ionizzanti.
Ma soprattutto occorre che la persona che deve essere sottoposta all’esame sia adeguatamente informata sui rischi che l’indagine proposta comporta e sulla possibilità di esami alternativi ugualmente efficaci. Questo significa che i termini, spesso un po’ oscuri, della radiodiagnostica dovrebbero essere tradotti in una forma comprensibile, che renda i pazienti che richiedono gli esami più consapevoli dei rischi oltre che dei benefici. Una possibilità potrebbe essere quella di esprimere la dose corrispondente a un determinato esame come multiplo di quella rilasciata da una comune radiografia del torace e il rischio di cancro come numero di casi aggiuntivi, magari facendo riferimento a rischi che fanno parte della vita quotidiana. «Per esempio si potrebbe dire che fare una TC del torace corrisponde a fare 400 radiografie e comporta un rischio simile a quello di avere un incidente automobilistico guidando per 4.000 chilometri in autostrada», suggerisce Picano, che sottolinea come solo una chiara comunicazione di dosi e rischi possa essere la base di un consenso realmente informato (Picano 2004).
X pino
chi paga quel signore?…
E’ vero che le radiazioni diagnostiche non fanno troppo male ma c’e’ comunque un effetto cumulativo non da trascurare.
Io non mi farei tac se non strettamente necessario
peter
Non ho fatto nessuna tac ma un paio di radiografie, devo anche aggiungere che mi curo poco, anche mia madre me lo ripete sempre, dice che tutto l’anno mi copro poco e soprattutto quando fa freddo. Dopo la polmonite ho piu’ riguardo, va assolutamente meglio anche se non sono ancora in piena forma. Grazie per i consigli ne faro’ tesoro, ci tengo a campare ancora un po’.
Xpino
Gli ultimi paragrafi confermano pero’ in pieno cio’ che dicevo sulle tac
peter
Suvvia!
Basta con bronchiti, broncopolmoniti, enfisemi e ipocondrie assortite.
Ecco una notizia che “tirerà su il morale” a tutti (o quasi).
Leggo:
“Stando a una ricerca indipendente presentata ieri al Pentagono, alcuni resti di vittime degli attentati dell’11 settembre, che erano tenuti in custodia presso la camera mortuaria della base aerea di Dover, sarebbero stati inceneriti e successivamente smaltiti in una discarica.
Si sarebbe trattato, secondo il rapporto, di diverse parti di cadaveri che non era stato possibile identificare dopo l’attacco al Pentagono e lo schianto di un aereo a Shanksville, in Pennsylvania. I resti sarebbero quindi stati cremati e messi in alcuni contenitori per rifiuti biologici, prima di essere smaltiti in una discarica.
Una rivelazione che ha suscitato grande scalpore negli Stati Uniti, perché riapre le ferite del tremendo attentato subito dall’America nel 2001. Ma non solo. Questa non è l’unica ragione per cui, a rimanere sconvolti, sono stati gli stessi vertici della Difesa statunitense.
La base di Dover, terreno sacro per l’esercito, nonché punto di raccolta dei caduti in guerra e, in casi di catastrofi di eccezionali dimensioni (come nel caso dell’11 settembre), anche dei civili, non è infatti nuova a episodi del genere. Già in passato si era parlato di scandali riguardo il trattamento riservato ai corpi dei caduti in guerra nella camera mortuaria all’interno della base militare.
Nel 2009 furono persi i cadaveri di due membri dell’esercito, mentre nel 2005 ci fu un’inchiesta interna proprio perché risultava che alcuni resti umani erano stati smaltiti nelle discariche. Pare che questa agghiacciante pratica fosse largamente utilizzata, tant’è che, dopo che la cosa fu resa pubblica, i corpi furono messi in urne oppure sepolti in mare.
Insomma, quella emersa ieri è una situazione che anche chi lavorava nella struttura conosceva da tempo. Nonostante questo, i responsabili non sono stati ancora adeguatamente puniti.”
(Fonte: Dagospia)
Caro Faust ho schiacciato il tasto inavvertitamente ed è partito il post, volevo dirti che mi hai fatto ridere di gusto con il tuo (74). Una mia vicina si fa il postino l’idraulico e il panettiere. Evidentemente ha un marito scarsino ahahah……
x Pino: evidentemente mi mancano le coccole pe rquesto non riesco a ritrovare la forma ahaha….un abbraccio M.
Io ho sempre avuta una fobia per ogni forma di raggi diagnostici, compresi quelli routine annuali del dentista.
Li ho permessi solo se assolutamente necessario…
Negli US, i dottori hanno le loro cliniche private equipaggiate con TC scan, MRI, medicina nucleare, etc….
Oltre agli ospedali….ed i veterinari…
Per legge i medici devono suggerire, colonscopie, raggi al torace, mammografie, come esami di routine.
Il paziente si prende la responsabilita’ di rifiutare.
Ma c’e’ gente che li richiede cosi’ come insistono sugli antibiotici…
Anita
Evidentemente ha un marito scarsino ahahah……
… scarsino o sempremoscio… ( il lavoro stressante o un’amante sul lavoro… corna x corna x 3-14
Un anzianotto parlando con un’amico al bar, della rava e della fava… gli fa’… Guarda che quando mi viene duro… ma duro… E l’altro ma quando ti viene duro? … MAI!!!
… eccontinua… Guarda che se trovo una donna che gli piace molle… La faccio impazzire…
Faust
x C.G.
Washington, 29 feb. (TMNews) – La gestione da parte del Pentagono della sistemazione dei resti delle vittime degli attentati dell’11 settembre 2001 è stata “inaccettabile”. E’ stata immediata la reazione della Casa Bianca alla notizia che parte dei resti umani delle vittime degli attentati alle Torri Gemelle siano stati gettati in una discarica.
L’ammissione del Pentagono era arrivata ieri. Si tratta della prima volta che il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ammette la cattiva gestione dei resti di vittime e soldati, dopo che a novembre il Washington Post aveva rivelato che la più importante camera mortuaria dell’esercito statunitense a Dover, in Delaware, aveva gettato i resti di alcune delle vittime delle guerre in Afghanistan ed Iraq in una discarica della Virginia.
Nel documento pubblicato ieri dal Pentagono si legge che i resti gettati appartenevano sì alle vittime del 11/9, ma non potevano essere “né analizzati né identificati”. “Il presidente Obama è stato informato dell’inchiesta (…) e sostiene con forza gli sforzi intrapresi dal Pentagono per introdurre dei cambiamenti profondi così da evitare in futuro questo genere di incidenti”, ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney.
Secondo il rapporto, dopo averli inceneriti, la camera mortuaria consegnava i resti umani non identificati ad un’azienda privata perchè fossero smaltiti assieme ad altri rifiuti organici. Stando al rapporto di Abizaid, nel delegare lo smaltimento dei resti con gli altri rifiuti, gli ufficiali a capo della camera mortuaria della base di Dover “davano per scontato che dopo l’incenerimento, non rimanesse nulla”. Nel rapporto si legge che la camera mortuaria della base militare ha modificato la procedura per lo smaltimento dei resti umani non identificati nel 2008.
Int6
x Faust e Marta
perche’ se la donna si ‘fa’ tre o quattro alla volta la ‘colpa’ dev’essere del partner o marito?
Si potrebbe arguire che il problema sia che lei e’ p…, ehm, ninfomane
Peter
x Marta
Il bidet e’ iniziato da una riga scritta da Sylvi nel #53 e continuata da me e solo perche’ mi sono venute in mente scenette comiche successe a casa mia in Italia.
Saluti,
Anita
… scusa Marta… insieme o uno x volta?
se la vedi chiedigli di guardare in agenda se ha un buco libero…
F.
Diceva la sciura Cesira:
Non lungo che tocchi
non grosso che turi
ma duro che duri
è un caxxo coi fiocchi!
Un saluto U.
x Uroburo
Scusi..! .ma i suoi (90) sono riferimenti esclusivamente politici, come quelli di CC?
E il terzo verso si riferisce a un lavoro a tempo indeterminato?
Mah, mah, e poi mah!
Sylvi
x Uroburo
Non lo diceva la sora Cesira, ma mio zio Enrico quando avevo 15 anni. lo feci diventare il motto della mia classe al liceo.
Un saluto.
pino
x Marta
Beh, uniamo il comune bisogno di coccole…. In ogni caso, bada di curarti BENE polmonite e strascichi! Altrimenti veniamo noi in Svizzera e te ne diciamo quattro. Senza idraulici, postini e panettieri, ti portiamo noi posta, pane, rubinetti.
Sulle vicine, sssssssssssss….
Baci.
pino
Gioventù,
oggi siete tutti arrapati… (bèh quasi tutti)..
Che siano i primi “risvegli” della primavera che sta alle porte?
Perdindirindina!
C.G.
Non sapendo il significato della parola arrappati, l’ho ricercato.
” Eccitato sessualmente ”
Ma e’ una parola dialettale che si e’ sparsa in alcune regioni.
Io mi credevo che significasse ‘raggrinzito’.
Anita
Era una parola comune nel forum di Bocca…ma non ci facevo caso.
Sylvina,
ma davvero ti ho offesa?…come ,dove ,quando ?
cc
Rudy, l’esperto, colui che potrebbe mettere la parola fine alla disquisizione sui postini, panettieri, idraulici, telefonici….bidet ed accessori tipo “palchi di corna di cervo”,incredibilmente tace..il Puritano !
Mah, qui gatta ci cova…
cc
Un appello a Rudy : ma se non intervieni TU su questi argomenti,che ti sono congeniali,quando mai ?..devi mica per caso chiedere il parere preventivo al Mossad ?per caso..!
Per l’arrapamento non pensavo a lei, sciùra.
Diocenescampi!
Se non sbaglio, i suoi coetanei raggiunsero la pace dei sensi già nella battaglia di “ginocchio ferito”, Wounded Knee, come lo chiamate voi ammeregani..
C.G.
X C.G. 98
Dopo le “inevitabili perdite” hanno fatto scomparire tutte le tribù,arapao compresi .
Adesso cercano un rimedio tecnologico.
In Svizzera invece siete rimasti più legati alle sane tradizioni.
L.
Caro Faust la signora in questione cinquantenne di origine spagnola e di bella presenza con sangue caliente e un marito, ha fatto sapere in giro che si farà tatuare come Belen una bella farfallina colorata…..
xPino: il pane lo accetto volentieri, con i rubinetti che faccio?
xAnita: non si scoraggi c’è sempre tempo per imparare,
saluti M.