Stato, mercato e leggi di natura
Comuni, Signorie, Principati, Stati-Nazione, Imperi… La borghesia s’è sviluppata in maniera progressiva, non perché ha creato un “progresso” per l’umanità, ma perché l’ha fatto lentamente, tant’è che ad ogni grave crisi del suo sistema o stile di vita essa è riuscita, o con la forza o con l’astuzia, a riprendersi, allargando addirittura la propria sfera d’influenza.
Nessuna forza che le si opponeva è mai riuscita a invertire la rotta: nessuno è mai riuscito ad approfittare, definitivamente, delle sue crisi, dei drammi e delle tragedie ch’essa creava. La borghesia ha indotto le masse a credere di poter risolvere i propri problemi semplicemente usando altri mezzi e modi, più potenti dei precedenti.
In quest’ultimo millennio la borghesia non ha fatto altro che aumentare il proprio potere, sottomettendo un numero sempre più grande di persone. La forza, la resistenza, l’abilità e l’astuzia della borghesia nel cercare di sopravvivere e, anzi, di espandersi è stata enormemente sottovalutata.
La borghesia ha avuto buon gioco proprio perché i suoi avversari, che detenevano il potere prima ch’essa riuscisse a imporsi (e cioè le classi aristocratiche, laiche ed ecclesiastiche), non avevano alcun titolo per dimostrare che il loro stile di vita era qualitativamente migliore; tant’è che quando s’è trattato di combattere con le armi il diffondersi dei mercati, quelle classi non si sono mai alleate né coi contadini né con gli operai. Anzi, contadini e operai si sono lasciati coinvolgere, ingenuamente, dalla stessa borghesia, i cui diritti, essendo essa all’opposizione, apparivano più giusti dei privilegi millenari rivendicati da clero e nobiltà.
E quando contadini e operai, insieme alla borghesia, han vinto la loro battaglia contro le classi parassitarie della rendita feudale, essi non han chiesto alla borghesia alcuna vera contropartita: si sono sacrificati per nulla, si sono lasciati ingannare, si sono illusi di poter diventare davvero liberi, di poter addirittura diventare ricchi come i borghesi.
Invece la borghesia li ha traditi subito e, piuttosto che vederli emancipare, liberarsi delle loro catene ancestrali, ha stretto alleanze coi nemici d’un tempo, i quali non chiedevano di meglio.
Dopo essersi guadagnata il potere economico, la borghesia voleva anche quello politico e non era disposta a spartirlo con chi avrebbe potuto contestarla per i suoi metodi disumani d’arricchimento, anche se formalmente leciti, legalmente ineccepibili.
La borghesia ha saputo ingannare le masse meglio di qualunque altra classe sociale. E nessuno ha saputo accorgersi in tempo che quando essa, a causa delle proprie intrinseche contraddizioni, subiva preoccupanti rovesci, quello era il momento giusto per abbatterla. Forse l’unica vera eccezione è stata la rivoluzione d’Ottobre, peraltro tradita subito dopo la morte di Lenin.
Sicché in realtà è stata la stessa borghesia che ha saputo approfittare delle proprie crisi, ampliando ulteriormente i propri poteri. Essa ha creato delle trasformazioni ancora più pericolose delle precedenti.
Il capitalismo, p.es., nacque nell’Italia cattolica, ma si sviluppò nei paesi protestanti. Le guerre di religione in Europa, tra cattolici e protestanti, posero le basi per lo sviluppo impetuoso degli Stati Uniti, paese calvinista per eccellenza. Le due guerre mondiali indebolirono enormemente l’Europa occidentale (soprattutto i due imperi coloniali di Francia e Inghilterra), a tutto vantaggio degli Stati Uniti. Le forze di sinistra s’illusero che due guerre così devastanti sarebbero state sufficienti per frenare lo sviluppo del capitalismo o, quanto meno, per regolamentarlo attraverso uno Stato cosiddetto “sociale”. Invece il capitalismo s’è diffuso in maniera vertiginosa dagli Usa al Giappone, dal Giappone al Sud-est asiatico e poi in tutto il mondo. Le guerre mondiali non hanno fatto altro che spostare il baricentro del capitale dall’Europa occidentale agli Stati Uniti, dall’Atlantico al Pacifico. Le singole nazioni europee si sono distrutte reciprocamente, permettendo a una supernazione, oggi di 300 milioni di abitanti, di dominare incontrastata la scena internazionale.
Oggi, se scoppiasse una terza guerra mondiale e gli Usa venissero sconfitti e crollasse l’intero occidente, come una locomotiva che, deragliando, si trascina con sé tutti i vagoni, nuove supernazioni capitalistiche, come la Cina e l’India, che da sole hanno un terzo di tutti gli abitanti del pianeta, subentrerebbero alle precedenti, senza alcuna difficoltà, avendo esse da tempo acquisito, proprio grazie all’occidente, i criteri per fare affari sui mercati mondiali.
Questo spiega perché il problema non è più solo quello di come abbattere l’attuale sistema, ma è diventato anche quello di come impedire che venga ereditato dall’Asia. E, a tale proposito, i modi fondamentali per poterlo fare sono soltanto due, quelli previsti dalla storia (non dobbiamo inventarci nulla):
- sostituire il mercato con l’autoconsumo, che era lo stile di vita antecedente alla nascita dello schiavismo e che, nel periodo medievale, ha convissuto con la rendita parassitaria delle classi feudali e col clericalismo della chiesa romana;
- sostituire lo Stato (che nella sua forma embrionale è nato appunto con la nascita dello schiavismo o del servaggio forzato) con l’autogestione di collettivi autonomi, democratici, basati sull’autoproduzione e quindi sull’autoconsumo, disposti al baratto solo per i prodotti eccedenti il fabbisogno quotidiano.
Stato e mercato sono due facce d’una stessa medaglia, che vuole dire, sostanzialmente, “delega di poteri” (politici ed economici), ovvero “rinuncia all’autonomia”, ovvero “spersonalizzazione” o “deresponsabilizzazione”.
Dobbiamo recuperare noi stessi, la nostra identità umana. E, per farlo, non c’è altro modo che lasciarsi guidare dalle leggi della natura.
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