Una nuova periodizzazione della storia
Una delle più grandi disgrazie dell’umanità è stata la scoperta dell’uso dei metalli, la metallurgia, che gli storici invece definiscono come la più importante innovazione tecnologica del mondo antico, insieme alla ruota e all’aratro.
Con la metallurgia l’uomo smette definitivamente d’essere “naturale”, soprattutto quando arriva al “bronzo”, che in natura non esiste. Comincia in sostanza a sovrapporsi a ciò che l’ambiente naturale gli mette a disposizione. Fino a quel momento infatti – cioè per milioni di anni – aveva usato la pietra, l’osso, il legno, l’avorio… tutto quello che la natura gli offriva e che si poteva facilmente trovare, sostituire, riciclare e riconvertire in altro.
Era l’abbondanza stessa della natura che rendeva inutile l’esigenza di utilizzare i metalli. Quindi si può presumere che tale esigenza sia maturata anzitutto in un territorio molto ostile, impervio, difficile da vivere (p.es. le paludi o le aree acquitrinose e melmose dei fiumi che esondano periodicamente); territori prodottisi a causa di imprevisti o improvvisi mutamenti climatici o di errati comportamenti umani. Non è infatti da escludere che le cosiddette “civiltà” siano nate presso popolazioni disadattate o emarginate o addirittura escluse dal consesso di altre popolazioni, a causa di certi loro atteggiamenti.
Non dimentichiamo che sono state proprio queste popolazioni sui generis che, per giustificare taluni atteggiamenti arbitrari, hanno inventato la religione, la quale non ha solo la funzione di reprimere chi non si adegua al regime dominante, ma anche di legittimare la disuguaglianza sociale (tra uomo e uomo e tra uomo e donna), che poi si traduce in oppressione dell’uomo nei confronti della natura. Dio sostituisce la natura quando un particolare ceto sociale vuol far valere i propri interessi su una collettività e si serve appunto della religione per far credere che i propri interessi appartengano all’intera collettività.
In origine ciò che fu insensato fu il passaggio dall’agricoltura allo sviluppo urbano. Già il passaggio dal nomadismo alla stanzialità (che gli indiani nordamericani sino alla metà dell’Ottocento non avevano mai conosciuto) era foriero di rischi imprevedibili. Quando poi, nella stanzialità, si passò all’urbanizzazione, l’uso sistematico dei metalli divenne inevitabile: rame, stagno, bronzo, ferro, oro, argento… E coi metalli non si facevano solo oggetti d’uso domestico, ma anche armi, e non tanto per cacciare quanto piuttosto per fare guerre di conquista e di sterminio.
E siccome le cave, le miniere, le fonti di rifornimento erano poche e facilmente esauribili (non essendo rinnovabili), il bisogno di ampliare i mercati o d’impadronirsi di territori altrui divenne sempre più forte. S’era imboccata una via irreversibile, che rendeva tutto innaturale.
La storia è diventata col tempo un gigantesco mattatoio tra popolazioni dedite alla cosiddetta “civilizzazione”, sia che questa fosse espressamente voluta, sia che fosse passivamente ereditata: in entrambi i casi infatti s’è dovuta imporla con tutta la forza e l’astuzia possibile a quelle popolazioni ancora caratterizzate dall’ingenuo collettivismo dell’innocenza primordiale.
A volte queste aggressive popolazioni sono state sconfitte militarmente da altre che, dal punto di vista della “civilizzazione”, erano più indietro (perché p.es. ancora nomadiche, prive di città ecc.), ma col tempo queste popolazioni tecnologicamente più arretrate sono state assorbite, hanno “modernizzato” il loro stile di vita, si sono lasciate corrompere, diventando come le popolazioni che avevano sconfitto (vedi p.es. i “barbari” nell’alto Medioevo europeo).
Il virus dell’antagonismo sociale si è lentamente ma progressivamente diffuso in tutto il pianeta. Le catastrofi epocali che questo stile di vita ha prodotto non sono mai state sufficienti per ripensare i criteri che determinano il concetto di “civiltà”. Tutto quanto è anteriore a un certo periodo noi continuiamo a chiamarlo col termine di “preistoria”.
Ecco perché dobbiamo ripensare i criteri di periodizzazione con cui siamo soliti distinguere i periodi storici. La civiltà è una sola, quella umana. Semmai sono le forme a essere diverse. Da una storia fondata sul collettivismo democratico siamo passati a una storia basata sull’antagonismo sociale, gestito, a seconda dei casi, da gruppi privati (monopolistici) o da istituzioni statali (burocratiche). I gruppi privati sono tipici dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti (dove lo Stato è alle loro dipendenze); le istituzioni statali sono invece tipiche di molti paesi asiatici (anzitutto la Cina, ma il collettivismo forzato ha caratterizzato anche tutto il cosiddetto “socialismo reale”).