Perché s’imposero le moderne monarchie nazionali sull’impero e sui potentati feudali? Semplicemente perché l’idea di “impero cristiano” era stata profondamente corrotta dalla pretesa teocratica dei pontefici.
In Italia, pur di affermare questa pretesa contro gli imperatori, il papato finì con l’appoggiare le rivendicazioni borghesi dei grandi Comuni settentrionali, nella convinzione che, una volta ridimensionato il potere imperiale (germanico), la chiesa non avrebbe avuto problemi a circoscrivere quello degli stessi Comuni. Cosa che se in Italia riuscì effettivamente a fare, con l’aiuto della Spagna controriformistica, sino al momento dell’unificazione nazionale, non poté però fare nel resto dell’Europa, dove le grandi città avevano creato le monarchie assolutistiche appoggiate dalla borghesia.
In realtà quindi la crisi dell’impero cristiano-feudale d’occidente coinvolse non solo gli imperatori tedeschi ma anche i pontefici: i primi a tutto vantaggio dei grandi feudatari, che disponevano di enormi territori da trasmettere ai propri discendenti (anche se poi questa nobiltà nulla potrà fare contro l’avanzata della borghesia); i secondi a vantaggio delle chiese nazionali, che sempre più legavano i loro interessi a quelli delle monarchie dei loro paesi, fino al punto in cui la fine dell’impero feudale, accelerando il processo di laicizzazione della fede, aprirà le porte al successo della riforma protestante.
Da quando era salito al trono Carlo Magno, le istituzioni ragionavano solo in termini politico-militari, dove gli aspetti etico-religiosi svolgevano un ruolo del tutto subordinato, di mera facciata, funzionale alla conservazione e anzi all’ampliamento di un potere politico ed economico sempre più autoritario, sempre meno legittimato.
Gli ideali venivano usati in maniera strumentale, al fine di ripartire questo potere in mani diverse: p.es. dagli imperatori ai feudatari, dai feudatari alla borghesia. Ovvero gli ideali affermati in sede giuridica, politica, filosofica, etica e religiosa, venivano sistematicamente smentiti da una pratica politica, sociale ed economica tutt’altro che umana e democratica.
Persino quando, col socialismo, si pensò di fare gli interessi del proletariato, emersero delle situazioni non molto diverse da quelle delle peggiori dittature borghesi. Questo perché non si volle ripensare sino in fondo tutta la struttura della società borghese.
Nonostante le immani catastrofi belliche, di cui l’Europa occidentale è stata oggetto e soggetto, coinvolgendo il più delle volte dei territori extraeuropei, dall’inizio del Sacro Romano Impero sino alla seconda guerra mondiale, non si è ancora stati capaci di trovare una coerenza significativa tra ideali teorici e pratica politica ed economica.
Questo potrebbe anche portare a pensare che l’Europa occidentale, come d’altra parte gli Stati Uniti, che dell’Europa moderna sono l’erede più significativo, non hanno più titoli per guidare le sorti dell’umanità o per proporsi come modello da imitare.
Per poter dimostrare la loro coerenza, il tempo che gli europei e gli statunitensi hanno avuto, è finito. E’ giunto il momento di ripensare le relazioni internazionali. E per poterlo fare è necessario riprendere in esame, a titolo esemplificativo, i rapporti tra feudatari locali-regionali e monarchie nazionali.
Dunque per quale motivo in Europa occidentale vinse la borghesia, che appoggiava i re nazionali? Semplicemente perché i feudatari non vollero abolire il servaggio e usavano la religione come strumento di potere. Quando i feudatari si opponevano alla borghesia, non incontravano il favore dei contadini. E questi, a guerra finita, si trovarono a vivere, sotto la monarchia nazionale borghese, una situazione peggiore di quella che avevano vissuto sotto il giogo feudale. Una situazione che invece a molti sembrò migliore solo perché in realtà le contraddizioni insanabili del capitalismo vennero fatte pagare, col colonialismo, ai paesi più deboli sul piano militare (africani, asiatici e sudamericani).
Mezzo millennio fa si lottò per affermare il livello nazionale contro quello locale-regionale. Poi ci fu lo scontro tra le nazioni, durante le ultime due guerre mondiali, da cui emerse lo strapotere degli Usa, che, per dominare, si servono di organismi internazionali (Onu, Fmi, Banca Mondiale, Nato, Wto, Ocse ecc.).
Oggi abbiamo il problema inverso: come uscire da questo mondialismo globalizzato, riaffermando il valore del livello locale-regionale, da gestirsi però non in maniera feudale, ma secondo i principi del socialismo democratico e dell’umanesimo laico.
Dobbiamo spezzare il cerchio dell’incoerenza tra teoria e pratica, riprendendoci i beni che ci permettono di vivere dignitosamente. Dobbiamo eliminare la dipendenza nei confronti di chi decide arbitrariamente i nostri destini.