Crash Records, 32 anni a febbraio: e invece no
Chissà quanti ne sono rimasti in tutta Italia. Già fanno fatica a tirare avanti i negozi che vendono le ultime novità, figuriamoc colleghi dell’usato. Parlo di dischi, in vinile e cd. Nella mia città per più di trent’anni c’era Crash, un buco sotto i portici del ghetto. Uso il passato perché dal primo gennaio 2011 non ci sarà più. Roberto Morbiato, fondatore e titolare nostop – faccia alla Guccini ma più ganza, occhi furbi dietro gli occhiali seriosi – è stanco: “Mi dedicherò ancora ai dischi di seconda mano, ma solo nei mercatini, più qualcosa in”. Roberto ne ha macinata di musica in questi ultimi 32 anni, ascoltando tutti i dischi che metteva in vendita, comprati soprattutto con puntuali approvvigionamenti in Inghilterra: “Negli anni d’oro, gli Ottanta, il sabato qui facevano la coda per ascoltare vinili di tutti i generi, mentre gli altri chiacchieravano, discutevano di valvole e amplificatori, puntine e casse. In questo negozio si sono formati almeno due gruppi, c’è scappato persino un matrimonio”. Crash nasce nel 1979: “A Londra,
dove ho vissuto facendo un po’ di tutto, avevo scoperto a Notting Hill Gate un negozietto che vendeva dischi usati, abbassando il prezzo di settimana in settimana – mi racconta Roberto, mentre due ragazzi colombiani spulciano tra le svendite e trovano increduli due lp di Rick Wakeman a soli 5 euro l’uno – Tornai a casa con le borse piene di rarità. Tentai di lavorare come ragioniere, ma dopo l’ennesima incomprensione con il mio datore di lavoro mollai tutto e con la liquidazione aprii Crash. Dopo un paio d’anni venne a darmi un mano da Mestre Gianni Olivato, il karateka. Restò una decina d’anni, rimpiazzato per altrettanti
da Riccardo Bosco, il primo bassista dei Devil Doll. Dal 2002 mando avanti il negozio da solo”. Tra la miriade di titoli, quali i più richiesti? “Sopra tutti i Beatles, e poi Pink Floyd, Frank Zappa, Deep Purple e Led Zeppelin. Basterebbe questa cinquina per darmi da vivere. Hanno sempre avuto grande successo anche i gruppi di progressive italiano come il Rovescio della Medaglia, che
io detesto come del resto quasi tutti gli italiani, a parte i grandi cantautori. Preferisco il folk inglese, il rock blues, l’elettronica d’autore di Brian Eno. Il vinile più quotato? Con il primo e unico album dei Mellow Candle, “Swaddling Songs”, inciso per la Decca, nel 1990 mi sono pagato un mese d’affitto. I dischi rimasti più a lungo negli scaffali? Qui è andato venduto di tutto, anche gli
orrori. I più terribili li mettevo in regalo sotto le feste: non rimaneva un pezzo!”. Crash è sempre stato di stampo prettamente maschile: “Qui le donne non hanno superato il 10% , ma ultimamente si facevano vive molte ragazze: proprio quando ho deciso di mollare…”. Il ritorno del vinile, molto amato dai dj, non ha mai preso piede da Roberto: “Solo negli anni Ottanta cercavano qualcosa degli anni Sessanta da campionare, ma niente di più. Amici e clienti vanno più sul rockettaro, e qui si sentivano a casa. Ricordo i bei tempi in cui, scoperto a Londra grazie ad un concorrente giapponese un magazzino della Virgin, o meglio della sua Caroline Records, portavo in Italia a prezzi stracciati camion di dischi”.