E’ morto Cossiga. Schiacciato anche dal peso di avere accettato la decisione dell’inviato Usa, Steve Pieczenik, uomo del segretario di Stato Kissinger, di spingere le Brigate Rosse a uccidere Aldo Moro. Che proprio da Kissinger era stato minacciato di “eliminazione” se avesse portato i comunisti a far parte del governo
Volevo scrivere un pezzo dedicato solo al succo del discorso che emerge dall’assalto delle truppe berluscone al presidente della Camera, Gianfranco Fini, e alla sua famiglia. Ma la scomparsa di Francesco Cossiga mi porta a dedicare qualche riga anche a lui.
Sì, certo, Cossiga è stato – come Giulio Andreotti – l’asse portante del lato più oscuro del potere politico in Italia. Per essere chiari: il lato responsabile anche delle stragi come quella del 12 dicembre 1969 a piazza Fontana a Milano. Cossiga ne era talmente cosciente che, oltre ad avere accennato più volte alle proprie responsabilità, ha nominato Andreotti senatore a vita spiegando pubblicamente che questi avrebbe dovuto essergliene grato perché una tale nomina lo metteva per sempre al riparo della legge e dei magistrati. Cossiga ha cioè ammesso di avere procurato ad Andreotti, perché ne aveva evidentemente bisogno, ciò che il Chiavaliere Mascarato Pipino il Breve sta tentando di ottenere con testardaggine da anni, anche a costo di sfasciare man mano il parlamento, le istituzioni e le fondamenta del Paese intero.
In particolare, Cossiga è corresponsabile della morte di Aldo Moro. Corresponsabile, si badi bene, e non responsabile: perché la responsabilità è delle Brigate Rosse che lo hanno prima rapito e poi materialmente ucciso. Corresponsabile della sua uccisione, forse anche del rapimento se è vero che fu lui a negare l’auto corazzata chiesta per Moro dal capo della sua scorta, il maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi.
Detto questo, bisogna per onestà aggiungere che probabilmente Cossiga ha scelto il male minore. Mi spiego. I patti di Yalta rendevano di fatto impossibile, a meno di un bagno di sangue, che in Italia governasse il partito comunista. Anzi, gli Usa avrebbero certissimamante scatenato un golpe, con annessa tragedia di grandi dimensioni, anche se il partito comunista avesse solo fatto parte di un governo democratico, cioè composto anche da altri partiti. Di più: gli Usa non avrebbero mai tollerato che l’Italia uscisse dalla Nato, per impedirlo erano disposti a tutto. E di tutto hanno fatto… In tali condizioni, Cossiga, con Andreotti&C, hanno fatto in modo che un numero limitato di vittime, quelle delle stragi, quelle degli uccisi da polizia e carabinieri nelle manifestazioni e quelli del terrorismo, nato per reazione alla strage di piazza Fontana e al pericolo reale di golpe, scongiurasse una guerra civile devastante come quella della Grecia, dove i comunisti invece si illusero di potersene fregare di Yalta, o un colpo di Stato militare come appunto quello greco prima e quello cileno dopo.
Sì, certo: Andreotti ha fatto la stessa cosa servendosi della mafia. O meglio: anche della mafia siciliana. Lui ha acettato la situazione esistente in Sicilia, messa a sua disposiazione quando Salvo Lima e i suoi passarono dalla corrente democristiana di Amintore Fanfani a quella di Andreotti, permettendogli così di passare da leader laziale, al guinzaglio del Vaticano, a leader nazionale di lungo corso. Ma fare la guerra alla mafia, anziché usarne i voti per stare in parlamento e al governo, significa dover mettere in piedi un meccanismo repressivo militare di tipo quasi afgano. Con il risultato di perderla…
Insomma, non mi metto ad applaudire Cossiga, così come non applaudirò Andreotti quando sarà il suo turno, se eventualmente prima del mio, ma non desidero unirmi al coro di chi gode per la sua morte e si augura, come ho letto in altri blog, che “patisca le pene dell’inferno”. Desidero solo che si rifletta di più su cosa è in realtà la politica, compresaquella democratica. Ogni potere ha la sua bella dose di merda e sangue. Oltre che di lacrime. Altrui, ovviamente.
Di Cossiga comunque apprezzo l’avere detto chiaro e tondo – certo, in ritardo. Ma da capo dello Stato non poteva certo dirlo – che l’aereo dell’Itavia finito nel mare di Ustica è stato abbattuto per errore dai francesi, ponendo la parola fine – se fossimo un Paese serio – alla lunga serie di leggende e “misteri” assurte a Verità. Idem per la strage alla stazione di Bologna, dovuta a un errore di chi trasportava esplosivo per conto dei palestinesi e non alla volontà dei neofascisti come Giusva Fioravanti e Francesca Mambro che sono stati condannati come colpevoli. Idem per avere messo in chiaro che avere fatto “pentire” Patrizio Peci – dando così inizio alla frana e alla fine delle Brigate Rosse prima e dell’intero terrorsimo italiano dopo – era merito non del famoso generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, bensì dello sconosciuto maresciallo delle guardie carcerarie Angelo Incandela, come ho scritto nel mio libro “Agli ordini del generale Dalla Chiesa”.
Riguardo Moro, le colpe di Cossiga sono gravi. Riporto qui di seguito quanto ho scritto tempo fa:
«Lo stesso attentato a Moro, no? La prigione di Moro».
«Sì?»
«Erano arrivati alla casa vicina a dove stava lui. Hanno avuto l’ordine di fermarsi. Lo so perché un mio alunno faceva parte di queste cose qui. Me lo ha detto lui: “Noi abbiamo avuto l’ordine di fermarci e tornare indietro”. Erano arrivati a pochi… A venti metri erano arrivati. Quindi lo sapevano benissimo. Cioè, lo sapevano. Setacciando casa per casa, alla fine lo dovevano trovare».
«Via Montalcini?»
«Adesso non so perché io non sono addentro alle segrete cose. Però questo me lo ha detto un mio alunno che stava lì, insomma, ecco, faceva parte di quelli lì. Hanno dovuto rimettere, capito? Ma non parliamo male che non è questa né la sede né il luogo né il caso».
Questa è una parte del mio dialogo al cardiopalma con un gesuita confessore della Chiesa del Gesù in uno dei primi giorni dell’agosto 1993. Stavo scrivendo il libro Tangenti in confessionale, spacciandomi nei confessionali delle chiese più rappresentative d’Italia, dal duomo di Torino alla basilica di S. Pietro in Vaticano fino a S. Gennaro a Napoli, per un politico che accettava le mazzette dagli industriali e a volte, al contrario, per un industrale che le pagava ai politici. Volevo capire e documentare il comportamento e l’influenza della Chiesa nei confronti di un fenomeno come quello della corruzione e delle tangenti, troppo diffuso per essere ignoto ai suoi confessori e quindi alla gerarchia. Che infatti si dimostrò a conoscenza del fenomeno in modo capillare, senza però considerarlo quasi mai una cosa immorale, insomma un peccato. Mi «confessavo» con un mini registratore avvolto in un giornale tenuto in mano perché stesse il più vicino possibile alla bocca dei religiosi. La tarda mattinata di un giorno tra il 2 e il 4 agosto sono andato nella chiesa del Gesù, in piazza del Gesù. Una scelta dovuta al fatto che in quella piazza c’era la sede della direzione nazionale della Democrazia Cristiana e al fatto che in qualla chiesa Andreotti andava a messa quasi ogni mattina, dove presumevo si confessasse anche.
Entrato in chiesa, mi sono diretto verso il primo confessionale a destra, dove c’era un religioso già al lavoro. Non avrei immaginato neppure da lontano che il discorso sarebbe piombato nel caso Moro, e in modo così tranchant: «Lo stesso attentato a Moro, no? La prigione di Moro»… Io parlavo di tangenti e corruzione politica, il confessore di punto in bianco per dirmi che si trattava di un fenomento arcinoto ma tollerato mi raccontava della mancata liberazione di Moro!
Dato il caldo e il mio essere stato arrestato quattro anni prima proprio per l’affaire Moro, il cuore m’è schizzato in gola e ho cominciato a sudare come un cavallo. La storia che mi ha raccontato quel gesuita è la seguente: «Un mio ex alunno si era arruolato nella polizia ed era entrato nel corpo delle “teste di cuoio”. Un giorno è venuto a chiedermi l’autorizzazione morale per infiltrasi nelle Brigate Rosse, voleva cioè sapere da me se l’infiltrarsi era morale o immorale. Gli dissi che era morale. Passato del tempo, quel mio ex alunno è tornato da me schifato. Mi ha raccontato che mentre stavano andando a liberare Moro ed erano arrivati a una ventina di metri dalla sua prigione, all’improvviso ricevettero l’ordine di tornare indietro. Il mio ex alunno rimase talmente schifato che si è dimesso dalla polizia. Ora lavora nella falegnameria del padre». Chiaro quindi che si trattava della prigione di via Montalcini, altrimenti non si spiegherebbero lo schifo e lo scappar via dalla polizia.
Ero sconvolto. Ma uno o due giorni dopo sarei rimasto ancora più sconvolto. Sono andato infatti a confessarmi anche nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina, nella omonima piazza, scelta perché in quella piazza aveva il suo storico ufficio privato l’ancor più storico Andreotti. Mi si è presentato un giovane parroco con i capelli a spazzola e l’accento pugliese. Anziché nel confessionale, mi ha sorpreso facendomi accomodare in sagrestia, seduti uno di fronte all’altro su banali sedie e separati da nulla. Ero teso perché temevo si capisse che il giornale che stringevo nervosamente in mano nascondeva quello che nascondeva. Ma a un certo punto ho rischiato di cadere dalla sedia: quel parroco mi stava dicendo che era stato il confessore di Cossiga durante tutto il sequestro Moro!
«Quando, durante l’affare Moro, Cossiga era ministro degli Interni e lo confessavo io, in quel frangente dicevo: “Professore, io la posso solo assolvere dei suoi peccati. Ma la situazione sua se la deve andare a sbrigare da qualche altro”. Allora c’era Ferretto, c’era Dossetti [ndr: ex compagni di studi di Cossiga diventati frati]. Dicevo: “Vada a sentire loro. Perché, anche, loro sono quelli che, avendo fatto carriera con lei, con Moro e col partito, a un certo punto hanno fatto un’altra scelta, possono aiutarla adesso”. A questo tipo di sollecitazione lui diceva: “Lascio perdere tutto”.»
Tradotto in linguaggio comune, il suo ex confessore mi stava dicendo che Cossiga aveva deliberatamente abbandonato Moro al suo destino. E chissà se gli aveva raccontato anche di avere rifiutato l’auto corazzata chiesta pochi giorni prima dell’agguato in via Fani dal maresciallo Leonardi, il capo scorta sempre più preoccupato per la sicurezza di Moro. In ogni caso, lo straordinario racconto del parroco di S. Lorenzo in Lucina confermava in pieno non solo quanto più volte più o meno chiaramente ammesso dallo stesso Cossiga, ma anche quanto raccontato nell’intervista a «L’Unità» dall'”amerikano” Pieczenik.
Pieczenik, chi era costui? Steve Pieczenik – assistente del Segretario di Stato Henry Kissinger e capo dell’Ufficio per la gestione dei problemi del terrorismo internazionale del Dipartimento di Stato Usa, ufficio istituito dallo stesso Kissinger – era l’uomo inviato dagli Usa per dirigere la stategia del governo italiano per il sequestro di Moro. Come ha confermato il ministro dell’Interno dell’epoca, cioè Cossiga, Pieczenik venne invitato subito dopo il rapimento di Moro a fare parte di un comitato di esperti capeggiato dal ministro per fare fronte all’emergenza. (Ne faceva parte anche il criminologo Franco Ferracuti, della P2). La strategia impostata dall’esperto «amerikano» ricalcava fedelmente quanto previsto dal Field Manual redatto nel 1970 dalla Cia per definire il comportamento Usa verso i propri alleati in caso di loro gravi crisi. Si tratta di una strategia che definisce il terrorismo «fattore interno stabilizzante», secondo il principio «destabilizzare al fine di stabilizzare», e che non si fa scrupolo di prevedere la strumentalizzazione di eventuali gruppi eversivi dei Paesi alleati se essa può risultare positiva per gli interessi americani. Leggiamo ora cosa ha detto Pieczenik in una intervista del 16 marzo 2001 all’«Italy Daily» riguardo il suo compito durante il sequestro Moro:
«Stabilizzare l’Italia, in modo che la Democrazia Cristiana non cedesse… e assicurare che il sequestro non avrebbe condotto alla presa del governo da parte dei comunisti… Il mantenimento delle posizioni della DC: quello era il cuore della mia missione. Nonostante tutte le crisi di governo, l’Italia era stato un Paese molto stabile, saldamente in mano alla DC. Ma in quei giorni il Partito comunista di Berlinguer era molto vicino a ottenere la maggioranza, e questo non volevamo che accadesse… Io ritengo di avere portato a compimento tale incarico. Una spiacevole conseguenza di ciò fu che Moro dovette morire… Nelle sue lettere Moro mostrò segni di cedimento. A quel punto venne presa la decisione di non trattare. Politicamente non c’era altra scelta. Questo però significava che sarebbe stato giustiziato… Il fatto è che lui, Moro, non era indispensabile ai fini della stabilità dell’Italia».
Più chiari e cinici di così! In seguito però Pieczenik in un suo libro del 2007, edito in Francia, ha aggiunto altro:
«Lessi le molte lettere di Moro e i comunicati dei terroristi. Vidi che Moro era angosciato e stava facendo rivelazioni che potevano essere lesive per l’Alleanza Atlantica. Decisi allora che doveva prevalere la Ragione di Stato anche a scapito della sua vita. Mi resi conto così che bisognava cambiare le carte in tavola e tendere una trappola alle Br. Finsi di trattare. Decidemmo quindi, d’accordo con Cossiga, che era il momento di mettere in pratica una operazione psicologica e facemmo uscire così il falso comunicato della morte di Aldo Moro con la possibilità di ritrovamento del suo corpo nel lago della Duchessa. Fu per loro un colpo mortale perché non capirono più nulla e furono spinti così all’autodistruzione. Uccidendo Moro persero la battaglia. Se lo avessero liberato avrebbero vinto. Cossiga ha approvato la quasi totalità delle mie scelte e delle mie proposte e faceva il tramite con Andreotti […]. «Sono stato io a decidere che il prezzo da pagare era la vita di Moro….. Cossiga era sempre informato sulla mia strategia e non poteva fare altro che accettare. Le Br invece potevano fermarmi in un attimo ma non hanno saputo farlo o voluto».
Pieczenik ha dunque detto chiaro e tondo che il falso comunicato n. 7 è il frutto di una ben precisa decisione strategica sua e di Cossiga. Per spingere le Brigate Rosse a uccidere Moro e porre così le basi della loro distruzione. Come in effetti è avvenuto. Da notare che tutto ciò conferma in pieno le minacce di eliminazione di Moro profferite dal segretario di Stato degli Usa, Henry Kissinger, nel corso del loro incontro negli Usa, quando Moro espose la sua intenzione di fare entrare i comunisti nel governo. Minacce che impressionarono non poco Moro, che ne parlò preoccupato sia ai propri familiari che a uomini politici suoi amici come il democristiano Giovanni Galloni. Che in seguito rese pubblico quanto raccontatogli da Moro riguardo le minacce fattegli da Kissinger
Chiedo scusa, ma mi rendo conto che parlare del Chiavaliere e delle sue porcate, nonché delle porcate dei suoi molti lacché, è fuori luogo.
Post Scriptum
1) – Una volta pubblicato il libro Tangenti in confessionale, inviai una lettera a Cossiga con la fotocopia della pagina che riportava quanto dettomi dal suo ex confessore nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina. Nella missiva facevo notare la pesantezza delle affermazioni del sacerdote e chiedevo a Cossiga se poteva fornirmi una spiegazione di quelle affermazioni, spiegazione che avrei tenuto per me o reso pubblica se e quando lui avesse eventualmente desiderato. Beh, Cossiga mi rispose. Non negò nulla. Si limitò a scrivermi che “Si tratta di cose troppo importanti per lasciarle dire a un prete”. Purtroppo però lui non disse nulla in più.
2) – Qualche tempo dopo la pubblicazione del libro, il pubblico ministero Franco Jonta mi interrogò per sapere chi fosse il sacerdote del confessionale della chiesa del Gesù che mi aveva parlato della manca liberazione di Moro. Nonostante il tono perentorio del magistrato, con velata minaccia di guai giudiziari, ho opposto il segreto professionale, specificando però che ero disponibile a rispondere, ma solo dopo che l’Ordine dei giornalisti mi avesse sciolto, su mia richiesta, dall’obbligo del segreto. Tornato a Milano, ho chiesto per iscritto di esserne sollevato data l’importanza dell’argomento e della mia testimonianza. Ottenuto il permesso, sono stato riconvocato a Roma da Jonta, e questa volta gli ho portato una copia del nastro con il dialogo nel confessionale.
Man mano che ascoltava il nastro il magistrato si incupiva sempre di più. E ogni tanto continuava a ripetermi: «Ma non le sembra strano?» Ho cominciato a sentirmi a disagio, e a un certo punto ho temuto che magari venissi accusato di avere falsificato il nastro. All’ennesimo «Ma non le sembra strano?» mi sono stufato e ho ribattuto: «A me sembra strano, anzi stranissimo, però la sua è una domanda che dovrebbe rivolgere non a me, ma al confessore».
Silenzio di gelo. Finito il nastro Jonta guardandomi in modo che mi è parso ostile mi ha chiesto: «E chi sarebbe questo confessore?»
«Credo lei volesse dire “chi è” e non “chi sarebbe”. Comunque la risposta è semplice: quello che riceve nel primo confessionale a destra entrando in chiesa», ho risposto specificandone anche il nome: «C’è affissa una targhetta in ottone con il nome del confessore e gli orari durante i quali è presente».
«E che lo interrogo a fare? È chiaro che mi opporrà il segreto del confessionale».
“Beh, ma scusi, dottor Jonta, per arrivare a questa conclusione non c’era bisogno di farmi sciogliere dall’obbligo del segreto e farmi tornare a Roma. Ma se non intende interrogarlo, qual è il motivo per cui ne vuole sapere il nome? Qualcuno vuole chiedergli di tacere?”.
“Ma come si permette!”.
“Premesso che a norma di Costituzione sono libero di pensare quel che mi aggrada, le ho solo posto delle domande. Alle quali noto che lei non risponde. Ma poi, guardi che quel confessore non può assolutamente accampare il segreto perché ha detto chiaro e tondo, come lei ha sentito ascoltando il nastro, che il suo ex alunno in realtà non è andato a confessarsi, a parlare cioè dei propri peccati, ma solo a chiedergli un consiglio. Lei perciò può e anzi deve interrogarlo. E se non risponde lo può anche arrestare o comunque mandare sotto processo. Proprio come ha minacciato di fare con me. O devo pensare che secondo lei io ho meno diritti del prete?”.
“Nicotri, guardi che qui cosa fare lo decido io. Lei non può certo starmi a dire cosa devo o non devo fare”.
“Ho detto cosa può, non cosa deve fare. Con la sua coscienza se le vede lei. Comunque guardi che questa è l’unica occasione di chiarire finalmente la bruttissima faccenda della mancata liberazione. E in ogni caso, confessore o non confessore, è sicuro che di ex teste di cuoio figli di falegnami infiltrate nelle Brigate Rosse e scappate dalla polizia dopo la faccenda Moro per andare a fare il falegname dal papà non ce ne sono tante. Se questo ex poliziotto lo cercate, lo trovate di sicuro. Se lo volete trovare, naturalmente”.
“Ah, ma allora lei non vuole capire! Qui comando io, e lei non deve assolutamente dirmi cosa cavolo devo fare!”.
Conclusione? La prima è che sono uscito dal palazzo di Giustizia vergognandomi. Vergognandomi delle mia disponibilità con il magistrato. Vergognandomi d’essermi fatto sciogliere dall’obbligo del segreto. Mi sentivo molto a disagio, in imbarazzo con me stesso. La seconda è che è chiaro come il sole che NON si è voluto e non si vuole chiarire il “mistero” della prigione di Moro. Esattamente come a suo tempo non si voleva che la si trovasse. I “consigli” di Pieczenik parlano chiaro. I pesi sulla coscienza e le ammissioni di Cossiga anche. Il cadavere di Moro pure.
3) – Per concludere, aggiungo l’articolo di Repubblica, a firma di Daniele Mastrogiacomo, pubblicato il 7 novembre 1993 quando pareva che Jonta volesse interrogarmi per appurare la verità anziché far finta di niente:
MORO, UN AGENTE E LE BR
ROMA – Per la prima volta, dopo 15 anni, si potrà capire se le Br erano infiltrate. C’ è un testimone d’ eccezione, finora rimasto nell’ ombra, che potrebbe confermare questa circostanza. Il suo nome, per il momento, è segreto. Avrebbe raccontato il particolare ad un sacerdote. Un religioso della chiesa di piazza del Gesù a Roma, abituale confessore di politici, amministratori e imprenditori. Nei prossimi giorni, il Pm Franco Ionta, titolare della quinta inchiesta sul caso Moro, dovrebbe convocarlo: gli chiederà di rivelare il nome dell’ agente che negli anni passati gli confidò cosa avvenne durante i drammatici 55 giorni del rapimento, mentre si cercava affannosamente il covo dove il leader dc era prigioniero. Il nuovo impulso alle indagini è stato offerto da Giuseppe Nicotri, inviato del settimanale L’ Espresso e autore del libro “Tangenti in confessionale”. Si tratta di una serie di testimonianze raccolte nel segreto della confessione dal giornalista che, di volta in volta, si è spacciato per un politico corrotto, un industriale concusso o di un amministratore pubblico. Nel capitolo: “E’ come il caso Moro”, il dialogo tra Nicotri nelle spoglie di un politico e il suo confessore tocca il sequestro del leader dc. Uomo politico, parlando dei magistrati: “Per anni sapevano, probabilmente”. Sacerdote: “Ma sì, ma non potevano darsi la zappa sui piedi. Che era proibito. Lo stesso attentato a Moro, no? La prigione di Moro”. Uomo politico: “Sì?”. Sacerdote: “Erano arrivati alla casa vicina a dove stava lui. Hanno avuto l’ ordine di fermarsi. Lo so perché un mio alunno faceva parte di queste cose qui. Me l’ ha detto lui. Era un agente: ‘ Noi abbiamo avuto l’ ordine di fermarci e tornare indietro’ . Erano arrivati a pochi… a 20 metri erano arrivati. Quindi lo sapevano benissimo. Cioè, lo sapevano. Setacciando casa per casa, alla fine lo dovevano trovare”. Uomo politico: “Via Montalcini?”. Sacerdote: “Adesso non so perché io non sono addentro alle segrete cose. Però questo me l’ ha detto un mio alunno che stava lì. Insomma, ecco faceva parte di quelli lì. Hanno dovuto rimettere, capito? Ma non parliamo male che non è questa né la sede né il luogo né il caso”. Chi è l’ agente di cui parla il confessore? Il giudice Ionta ieri ha interrogato Giuseppe Nicotri e gli ha chiesto il nome del sacerdote. Sciolto dal vincolo del segreto professionale dall’ Ordine dei giornalisti della Lombardia, Nicotri ha aderito alla richiesta. L’ intenzione del magistrato adesso è di convocare il gesuita e di farsi confermare la rivelazione riportata nel libro di Nicotri e, ovviamente, il nome dell’ agente. Il giornalista ha detto al giudice che il suo interlocutore avrebbe appreso i particolari sulla prigione di Moro non nel segreto della confessione ma durante uno sfogo dell’ agente che gli chiedeva dei consigli. E ancora: che il poliziotto faceva parte di un gruppo di 40 uomini disposti a tutto e che era infiltrato nelle Br. – di DANIELE MASTROGIACOMO
Il fatto che abbia scelto la posizione proprio vicino ai miei piedi, in tutta la stanza, mi fa pensare che con me si senta protetto e quindi possa abbassare le difese e dormire più tranquillamente.
Caro Ber, come diceva Massimo Troisi: “chi ha rubato i soldi del Belice?”.
La mentalità è sempre quella.
Poi si dice che non c’è lavoro in Italia!
Non c’è organizzazione, ma il lavoro c’è e ci sono anche i soldi, togliendoli agli sprechi e alle prebende di lorsignori.
caro Marco,
tu sei un meridionale con mentalità mafiosa, siete in due nel blog.
Il mafioso non ha senso civico, si prende quel che vuole, anche con la forza, è un asociale perchè il suo interesse si ferma al nucleo familiare, ma soprattutto ha un viscerale disprezzo per la persona, per la vita umana.
La mafia è stata, è e…purtroppo sarà il vero cancro di questa disgraziata terra che non diventerà mai Nazione se non si libera di quella feccia!
E tu osi parlare dei leghisti…ignoranti??? A proposito di ignoranza e analfabetismo…guardati in giro, a casa tua!
Il Nord, con la secessione è destinato a balcanizzarsi…tu dici…
Mi fai morire dal ridere …studia i Balcani, che è meglio!
La Croazia entrerà presto in Europa, la Serbia seguirà…e tu non conosci i serbi…io SI’.
Comunque sono i meridionali impudenti come te che spingono moltissimi a votare Lega.
E sono i meridionali come te che hanno inventato la Lega!
Sylvi
Il mafioso non ha senso civico, si prende quel che vuole, anche con la forza, è un asociale perchè il suo interesse si ferma al nucleo familiare, ma soprattutto ha un viscerale disprezzo per la persona, per la vita umana.
—–
E’ esattamente il contrario di come sono io, guarda caso.
I Balcani sono una cosa, il termine balcanizzazione è altra cosa.
La guerra di Bosnia non l’hanno fatta i meridionali.
Serbia e Kossovo vanno d’amore e d’accordo, vero?
Un Nord in secessione vedrà gli uni contro gli altri, in maniera molto più accesa di ora. Vedrà scomparire i mercati e i capitali meridionali, quelli mafiosi compresi, che troveranno più efficacia e collaborazione al Sud, che di mafia si nutrirà.
Ora, la mafia in una nazione civile e moderna è una grande jattura e su questo non c’è alcun dubbio. Non lo è invece in una localizzazione ristretta che debba fare di necessità virtù.
Ne deriverebbe un’ accelerazione dell’apertura ad Est del Meridione, già esistente se per questo, e dun’accelerazione degli spostamenti nell’Est europeo dei capitali del Nord, Romania e Bulgaria in testa: Romania per il turismo e la manifattura e Bulgari per l’agricoltura. fenomeni peraltro già in corso da tempo. I veneti andranno a lavorare in Romania, per fuggire da un Nord Italia ormai cotto ed inservibile.
E sono i meridionali come te che hanno inventato la Lega!
—–
Eh, certo, come no…Bossi è siciliano. Per non parlare della Liga Veneta, tutti calabresi.
Sylvi, la colazione si fa col cappuccino e il cornetto, non con la slivovitza.
x Marco
Se ho capito bene il tuo eccelso ragionamento…gli operai del nord andranno a lavorare all’Est, alle dipendenze dei meridionali mafiosi che colà si sono trasferiti a fare business!!!!!!!!!!!!!!!!!
Finalmente uno spiraglio di futuro!!!!!!!!
Sylvi
Sarebbe da teorizzare che ruolo giocherebbero regioni come l’Emilia-Romagna, la Toscana, l’Umbria, Marche e Lazio, zone fortemente turistiche e sufficientemente industrializzate e ben organizzate.
Potremmo chiederlo al marchigiano CG e al toscano AZ, che certamente sono in grado di valutare la situazione dell’Italia Centrale meglio di me.
Vuoi vedere che, tra i due litiganti Nord e Sud, a guadagnarci sarà il Centro?
Interessante…quasi quasi voto Lega, stavolta!
Non solo i meridionali mafiosi, ma anche i veneti, che mi risulti, si sono spostati ad Est. A te non risulta?
x Marco
Guarda che l’amaro Montenegro l’hai bevuto tu che non capisci ciò che leggi.
Consiglio professionale:
Si prende il Vocabolario.
Si suddivide il testo in sequenze.
Si cercano le parole che non si conoscono, si legge il senso della sequenza.
Le si dà un titolo…
Poi si passa alla successiva….
Sylvi
In Bulgaria a fare business si sono trasferiti i toscani soprattutto. Vigneti. Pare che da quelle parti l’uva cresca una meraviglia.
In Romania esistono ora le potenzialità che avevamo noi alla fine degli anni ’50. Facilissimo che con la situazione politica normalizzata, con l’emigrazione romena di ritorno si metta in moto il boom come è successo da noi. Il denaro va dove sa di poter essere moltiplicato e certo gli investitori del Nord Italia, in una condizione di perdita dei mercati del Sud, si sposteranno ad investire ad Est in maniera massiccia. La Romania non è fatta solo di zingari, ma ha vermente grandi potenzialità da sviluppare e la Comunità Europea ci sta già pensando. Le zone più interessanti sono i Carpazi e il Mar Nero, anche perchè attraggono turismo russo, oltre che occidentale.
x Sylvi:
è un consiglio che dovresti dare a te stessa, visto che di solito interpreti filtrando tutto attraverso i tuoi pregiudizi.
x Tempesta.
Àh, le dolci colline marchigiane!!
Agricoltori che fanno concorrenza ai giardinieri nel lavorare i loro appezzamenti di terra coltivata.
Il mare, l’Adriatico che piace tanto alla Sylvi, il Conero e la sua splendida riviera. I monti sibillini dove si possono trovare tartufi e i tanti negozietti di salumeria da straziare la vista. I brodetti di pesce, i paesotti in cima alle colline con quei centri storici curatissimi da mozzafiato.
Mi fermo, altrimenti mi commuovo.
C.G.
Ok, vado cucinare. Oggi qui il caldo è feroce. Dovevo scendere in paese ma ho desistito. Persino il gatto si è alzato ed è andato via, fcile che me lo ritrovo sdraiato sotto qualche pianta a sfruttare la bavetta di vento che fortunatamente qui non manca mai. Mi ha chiamato mia sorella, è in Cilento a 1700 metri. Mio nipote e famiglia sono invece in ferie nelle Marche. Io con le Marche ho un conto in sospeso, da quando hanno fatto la pubblicità turistica sui treni, oscurando i finestrini. Mi piacerebbe sapere chi è stato quel cretino che ha avuto una simile brillante idea. Purtroppo in Trenitalia di cretini ce n’è più d’uno, a cominciar dal capintesta. Veramente condannerei i politici presi con le mani nel sacco, non al carcere, ma a viaggiare solo e sempre con Trenitalia. Credo che dopo un po’ chiederebbero di essere messi in galera come tutti gli altri.
Caro CG, sono d’accordo, le Marche sono un gran bel posto, anche nell’interno, non solo sulla costa.
Non conosco bene i marchigiani perchè ho avuto pochissima esperienza con loro. Però di quelli che ho conosciuto, non posso lamentarmi.
Tu che ne pensi dei tuoi conterranei? Vero che dappertutto c’è il buono e il cattivo, ma ogni popolazione ha delle sue particolari caratteristiche. I napoletani, per esempio, sono particolarmente comunicativi.
Qualche giorno fa´ho conosciuto un Foggiano, parlava a denti stretti.
Mi ha spiegato poi…. che e´una lunga storia e che e´cosi perche´hanno paura che gli toglino il boccone dalla bocca. Rodolfo
Adios
X Tempesta.
Quando ero ragazzo, per conquistare la turista di turno, gli recitavo l’Infinito del sommo Leopardi. Sono nato e cresciuto da quelle parti, in riva al mare.
Rimanevano a bocca aperta, specialmente quelle di Milano che passavano un mese di vacanza al mare, quando la sciorinavo con la mia voce che (dicevano) era la stessa di Marcello Mastroianni.
Oggi c’è chi si umilia andando a palpeggiare i sederi delle signore sui bus e ogni riferimento al ridolfo è strettemante voluto.
Questione di civiltà.
tòh, te la mando:
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
de l’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando
interminato spazio di là da quella
e sovrumani silenzi
e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non
si spaura.
E come il vento odo stormir tra queste piante,
a quello infinito silenzio a questa voce vo comparando:
e mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni, e la presente
e viva al suon di lei.
Così tra questa infinità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Mi ri-commuovo…
C.G.
A proposito di gatti.
Il mio gode da morire ogni volta che gli spazzolo la pelliccia. Avevo una spazzoletta di metallo, ma a vedere che come desiderava essere spazzolato per stirarsi beato in tutti i modi possibili ho comprato una spazzola rotonda per capelli. Ormai il rito è codificato. Tre volte al giorno Mirto – si chiama così perché è stato raccattato neonato da un cassonetto di spazzatura in Sardegna, terra del liquore da mirto – comincia a miagolare al mio indirizzo mentre inizia a dirigersi verso il tappeto grande del salotto. Lì si accovaccia a pancia in giù e sedere e coda in alto, cosa che potrebbe farmi pensar male. Lo spazzolo per qualche minuto: prima Mirto porga la schiena, poi un lato, poi l’altro lato, poi la pancia, ripetendo il tutto almeno un paio di volte. Quando gli spazzolo lo spazio tra la schiena e la testa pare vada in paradiso. Si stira ancora di più, strabuzza gli occhi e sbattacchia la testa come in preda a raptus, agita le zampette arruffando quelle davanti sul tappeto, che gratta per fortuna senza graffiarlo.
Mia moglie e mia figlia non vogliono che vada in cortile , dove ci sono altri gatti adottati dal palazzo, e tanto meno in strada. Temono si becchi malattie. Così però Mirto, benché dotato di evidenti attributi non li usa. Le spazzolate sono consolatorie per l’astinenza forzata? Mia moglie vorrebbe castrarlo, cosa che cui mi oppongo perché mi fa orrore e non mi fa cambiare idea l’assicurazione che oggi la castrazione è indolore perché eseguita con pillole. L’orrore aumenta perché la castrazione con pillole mi fa venire in mente Calderoli…
Mia figlia vorrebbe invece prendere una gatta, così finalmente anche Mirto può realizzare la sua natura, però l’idea di avere la casa invesa dalle nidiate non mi piace. Che fare? Mica posso permettere che ‘sto povero Mirto usi il coso solo per fare pipì.
E a proposito di pipì, e popò, anziché marchiare il territorio come fanno gatti di miei amici con la casa che puzza di piscio di gatto, Mirto si serve sempre e solo dell’apposita vasca con sabbia, ovviamente sistemata in un bagno, per l’esattezza in quello delle girls.
Quando vado a nanna, attorno alle due, Mirto si diverte a zompare su letto, poi si piazzaai miei piedi, cosa che mi costringe a dormire in posizione non comodissima per timore di buttarlo giù dal letto. Per fortuna di notte va a piazzarsi anche sul letto di mia figlia nella sua stanza, però verso le sei di mattina puntuale come un treno svizzero ri-zompa sul lettone e inizia a mordicchiarmi i piedi, scegliendo con precisione le dita. Per lui è un gioco. Per me era un rottura di coglioni, ora invece fa parte del ciclo del dormire: mi sveglio, ma mi riappisolo. Senza buttarlo via a pedate. Forse perché a un certo punto la pianta, non va avanti ad libitum come accadeva per qualche tempo.
Mah.
pino
caro C.G.
Uno dei più bei pomeriggi passati nella mia vita è stato quello nel Palazzo Leopardi a studiare “le brutte” delle Sue poesie, a cercare di capire le correzioni e perchè le faceva…
Avevo lo stomaco attorcigliato dall’emozione e dalla commozione!
Sylvi
Caro pino,
devo dire che la mia”Kultura”contadina piemontese di fondo,direi con leggere venature “puritane”, più esteriori che altro,incultamemi da mio padre,non mi hanno fatto per lungo tempo amare “il gatto”.
Mio padre considerava “il gatto” un solenne pelandrone, opportunista e mai domo!
C’è da comprendere il mio papà e tutti quelli che al suo tempo ,non ebbero il tempo per godersi un minimo di “gioventù”spensierata!
Mio padre amava il ” cane” , ma non tutti i cani solo i cani da caccia!
E sempre a casa mia ci fu un cane da caccia.
Da noi sui monti estremi dalle prealpi alle Alpi occidentali, sovente la “caccia” in tempi di fame era un retaggio che coinvolgeva anche i “poveri”,dal bracconaggio delle Valli estreme per dar carne e sangue alle famiglie,(camoscio, stambecco).
Ancora oggi, nelle alte valli circolano leggende,(ma io temo siano verità)di lunghe dispute tra Guardia-Caccia reali (poliziotti) delle tenute reali e montanari con famiglie da sfamare.
Come ben si sa “i guardia caccia montanari” poliziotti più bravi erano ex-bracconieri, che per vari motivi avevano fatto il “salto sociale” di rispettabilità.
Ma lassù ,oltre i duemila, il mio fucile contava quanto il tuo, e non c’erano testimoni!
Era una lotta “primordiale”.
Più sotto nelle pre-alpi delprimo dopoguerra , la lotta non era di questo tipo, e il bracconaggio era già questione di imbecilli patentati, di furbetti.
Mio padre mai fu bracconiere, ma devo dire che ogni tanto in stagione regolare,qualche lepre, quaglia,fagiano,non erano da disprezzare per il bilancio famigliare del primo dopoguerra.
Mio padre cessò presto di andare a caccia , quando si accorse del mutare dei costumi e della sostanziale “mercificazione” dell’antica abitudine.
Partecipò una sola volta in tenuta ad una battuta di caccia da ricchi, nè uscì letteralmente schifato.
Continuò però ad amare i cani e sopportare i gatti.
Devo dire che alla sua morte ,ho faticato parecchio a disfarmi del “fucile”…mi faceva paura, nessuno me lo voleva prendere, manco i carabinieri,…per il semplice fatto che sapevo già allora per tempo che nel caso , l’irrestibile tentazione di usarlo avrebbe potuto prendere il sopravvento.
E’ stata una scelta giusta,con la selvaggina di imbecilli che girano attorno di questi tempi…!!
Per cui oggi viva il Gatto , anche se ho una cincillà !
un caro saluto
cc
Giorgio Bocca (La Provincia Granda, 4 agosto 1942):
“Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa della guerra attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l’idea, in un tempo non lontano, essere lo schiavo degli ebrei?”.
——————–
Imbecille (fascista) era e imbecille (komunista) rimane!
caro marco,
tu hai scritto : “..Caro CC, propaganda o no, finora col culo per terra ci si sono trovati i lavoratori.
Alla faccia della lungimiranza del partito dei lavortori.
Come al solito sei un “frullato” di vecchio e di nuovo, in quale salsa finale, mi pare però di averla individuata perfettamente!
I lavoratori “produttori” di beni materiali nel culo non se la sono presi a causa dei comunisti e dei sindacati , ma a causa di un irreversibile (fino alla prossima contraddizzione) mutamento delle forze produttive.
Tu che sei un creativo ,dovresti saperlo, il capitale,in genere si sorregge oggi su molta parte di lavori di intelletualità e sposta lo sfruttamento sui cervelli,(cervelli che ancora non si rendono conto bene della cosa).
E’ chiaro che qualcuno dovesse pagar pedaggio, non per nulla una grande parte di consensi si è spostata sui leghisti (voto operaio di retroguardia).
Tu non cogli queste cose, ma molti hanno una fottuta paura.
Le tradizionali liberal-democrazie autentiche ,non temevano lo scontro “sociale” di classe.
Il fatto che oggi pretendano non solo acquiescenza salariale, ma addirittura consenso,dimostra che si stanno avviando alla frutta!!
Hanno paura e non sanno dove andare a parare!
l mondo sta cambiando e non si ferma a Bisceglie!
cc
poppy,
che fai esci dal letargo…!
Che hai fatto nel Sannio, oltre a grufolare ..!!
Imbecille anticomunista di cacca eri e rimani!
un caro saluto da parte del tuo
cc
Ma te guarda come è strano il mondo, qualcuno dice di Bocca “Imbecille (fascista) era e imbecille (komunista) rimane!” …. Evidentemente è una che di imbecillaggine se ne intende e nel solco e nella miglior tradizione del self man brookolino riesce ad essere “IMBECILLE PROPRIO DI SUO” senza essere ne comunista ne fascista, (bhee …. fascista un poooochino siiii….)
BRAVOOOO!!!
Antonio — antonio.zaimbri@tiscali.it
Caro CC,
La tua logica continua a meravigliarmi, possibile? Guarda che sono d’accordo con te, essere un “Imbecille anticomunista di cacca”, dal tuo punto di vista, oggi e’ un dovere!
Che hai fatto nel Sannio? Sai qui sotto noi terroni siamo o aspiriamo di essere tutti mafiosi cosi possiamo impadronirci di tutti i beni prodotti al nord. Essendo stato un grande lavoratore in vita mia e avendo grandi problemi con questo modo di vivere ho deciso di fare due accelerati corso alla Università del Sannio: Diventare mafioso in dieci facile lezioni e Vita mafiosa per idioti. I professori mi hanno detto che se non sono capace a ottenere un punteggio favorevole posso andare alla Università di Cecina e seguire corsi più facili come: Diventare perdente komunista in una facile lezione e Sindacalista per imbecilli.
Cosi posso seguire una vita spensierata come Marco.
Cuore straziato,
lascio senza parole il mio rantolo
di dolore;
annebbiata mente, tragica e silente,
non tormentarti con graffianti ricordi;
impossibile amore, di colei senza disonore.
ci siam staccati con immenso dolore.
voi cialtroni smettetela con i vostri
maligni sguardi,
il mio dolor non abbisogna della
vostra vile pietà!
Sia, irriverente fato,
servo manovratore delle mie passioni,
ti sei immensamente divertito
a farmi sognare, ti sei divertito
a darmi un grande amore,
adesso gettami in viso
il tuo sberleffo di burattinaio!
Ora che hai distrutto
le mie ardite impertinenze,
ora che hai strappato il mio cuore
cancellato il mio amore…
ora che la commedia è finita
ora che cala il sipario
senza una platea a cui rivolgere un inchino,
ora che non odo entusiasmi calorosi,
battiti di mani, smettetela d’irridere
Senza una platea a cui rivolgere un inchino;
Ora che non odo
Battiti festanti di mani,
Smettila di ridere,
Ed abbi almeno la decenza
Di farmi vivere
Il mio dolore
Caro Antonio,
Speravo per una raccomandazione per essere accettato alla Università di Cecina perché i corsi alla Università del Sannio non vanno tanto bene. Ma se continui su questa vena dovrò cambiare idea e fare domanda alla Università di Bolzano per un corso pregevole: Conoscere i funghi per scemi. Completando questo corso ti danno anche una laurea che attesterà che sei un perdente komunista e sindacalista.
Apprendo con ritardo che il giornalista cacciato dall’Ordine Renato Farina, che ho querelato per cose che non ho neppure mai scritto, ha perso un’altra causa contro giornalisti che hanno osato scrivere la verità. A marzo aveva già perso quella contro Gilioli de L’Espresso querelato per lo stesso motivo. Riporto un articolo di Libertà e Giustizia sulla seconda causa persa.
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“Farina risarcisca il giornalista che l’aveva definito spione e faccia di tolla”
28 luglio 2010 –
L’onorevole Renato Farina è stato condannato dal Tribunale di Brescia a risarcire a Giorgio Frasca Polara, giornalista parlamentare per Libertà e Giustizia, le spese della causa civile per diffamazione che il deputato del Pdl aveva intentato nei suoi confronti pretendendo un risarcimento di 250mila euro, poi ridotti a 120mila. Farina è forse più noto come “l’agente Betulla” per i suoi rapporti con i servizi segreti che gli erano costati la radiazione dall’Ordine dei giornalisti e una condanna penale patteggiata.
Ed è proprio su questo ruolo che verteva l’oggetto della causa, insorta in seguito alla pubblicazione, il 3 giugno 2008 sul sito internet dei Democratici di Sinistra, di un articolo in cui Frasca Polara polemizzava con una dichiarazione resa da Farina al Corriere della Sera a proposito delle reazioni preoccupate del mondo cattolico alla proposta di legge che mirava all’introduzione del carcere come deterrente all’immigrazione clandestina. A differenza della presa di posizione ufficiale della Cei, Farina aveva sostenuto che, interpellati alcuni “teologi” da lui “stimati” se vi fosse contraddizione tra questa proposta e la morale cristiana, “mi è stato risposto di no, che non è paragonabile ai Dico”, l’acronimo sulle unioni tra persone dello stesso sesso che era al centro di vivace dibattito.
Frasca Polara aveva immediatamente reagito censurando le dichiarazioni dello “spione”, e rilevando come il deputato fosse non solo “poco onorevole” (pur dopo la radiazione e la condanna, Berlusconi lo aveva fatto eleggere alla Camera) ma anche “faccia di tolla”. Sono queste le tre espressioni per le quali il giudice monocratico dott.ssa Laura Bertoli è stata chiamata ad esprimere il giudizio “imposto dal querelante in sede civile – ha rilevato oggi Frasca Polara – nel tentativo di monetizzare a tambur battente la presunta offesa”. In realtà il giudice, in una minuziosa sentenza che fa riferimento anche alla giurisprudenza più recente, spiega perché non ha affatto considerato quelle espressioni come diffamanti.
Il fatto che Farina-Betulla sia stato uno “spione” è “storicamente accertato” e oltretutto ammesso su Libero dallo stesso ex giornalista. Quanto agli altri due epiteti una sentenza della Cassazione sottolinea che “possono essere utilizzate espressioni di qualsiasi tipo, anche lesive della reputazione altrui, purché siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall’opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato”.
Nel corso del giudizio (Frasca Polara era difeso dagli avvocati Antonella Bruno-Bossio e Raffaele Losardo, dello Studio Tarsitano) è emerso un particolare significativo, a proposito dell’espressione “faccia di tolla”. Quelle stesse parole erano state adoperate, su Libero nell’aprile del 2007, dallo stesso Farina-Betulla nei confronti di Michele Santoro, Marco Travaglio e del vignettista Vauro a commento di una puntata di Annozero. Qualche mese fa l’onorevole Farina aveva perso analoga causa civile intentata contro L’espresso per analogo riferimento alle imprese spionistiche dell’ex giornalista.
Marcoooo!!! Non fare il furbinoooo!!!!!.
Hai affrontato alcuni argomenti di quanto avevo scritto a proposito di sud, lo hai fatto con le tue idee che quasi mai condivido, dando responsabilità di non aver deciso questo o quello a chi non ha non ha la possibilità di decidere un piffero, ma non hai assolutamente affrontato la parte finale dei motivi della mia condanna del sistema del contrabbando, il morivo che avevo sottolineato essere ultimo posto ma prima per importanza,pertanto te la ripropongo paro paro.
“… ed ultimo, ma forse primo per importanza, l’azione devastante che determina quando usa per i suoi traffici giovani e giovanissimi in età scolare favorendo l’abbandono scolastico e la conseguente ignoranza che si avvita in una spirale perversa di prepotenza e violenza….”
Probabilmente tu ora ti esibirai in uno dei tuoi tripli salti mortali della logica per dire che… si… ma… Ma qui “MA” proprio non ce ne sono qualsiasi attività che porta dei giovani ad abbandonare la scuola e ad aumentare di altezza e di peso senza crescere, quella è un’attività deleteria e chi la sostiene e anche semplicemente la tollera un farabutto .
Antonio — antonio.zaimbri@tiscali.it
x Popeye
Caro Popeye, per prima cosa Bocca non è mai stato comunista. E poi una frase del ’42 oggi ha ancora un peso? Sono passati 68 anni! E Bocca si è riscattato alla grande. Per fortuna sua e dell’Italia che deve molto a chi come lui si è infine ribellato.
Se andiamo a vedere cosa scrivevano Scalfari e vari altri a quell’epoca…. Ma no, meglio lasciar stare. Lei se incontra una donna di 90 anni la vede come quando ne aveva 20? Non credo.
Semmai, a non avere cambiato idea rispetto le porcherie scritte 60-70 anni fa sono vari dirigenti israeliani, politici e religiosi, e fondamentalisti cristiani Usa amanti della bibbia purché da loro interpretata (alla cazzo di cane). Ma da quell’orecchio scommetto che neppure lei ci sente….
Un caro saluto.
pino nicotri
POOPYYY
……
…..
Come nelle puntate presedenti !!
x Marco 362
Tutti a criticare Sarkozj perchè rimanda in Romania i rom, espellendoli dalla Francia!
Solo tu avevi capito che la Romania ha bisogno di manodopera in previsione dello sviluppo mafioso!
Te l’ha detto Carlà?
Non hai MAI risposto al quesito di AZ sull’abbandono scolastico del meridione, ma anche del Lazio…mio caro; te lo dice una che sa di statistiche al riguardo.
Quando giustifichi la mafia come necessità o male minore, quando giustifichi l’abbandono scolastico in nome di centinaia di “posti di lavoro” nel contrabbando…che differenza c’è fra te e uno spacciatore di droga?
Delle bambine a cui piace …scopare…meglio tacer!
Resta dove sei, qua avresti vita molto grama!
Sylvi
… ed ultimo, ma forse primo per importanza, l’azione devastante che determina quando usa per i suoi traffici giovani e giovanissimi in età scolare favorendo l’abbandono scolastico e la conseguente ignoranza che si avvita in una spirale perversa di prepotenza e violenza….” (AZ)
————
Questo dove lo hai letto?
Conosci di persona dei contrabbandieri? Io si.
Vuoi che ti facci conoscere qualche serio professionista, a sua volta figlio di famiglia per bene, che da ragazzo, per arrotondare andava a scaricare case di sigarette a Bisceglie?
Adesso i giovani che dici tu vengono assoldati non per scaricare sigarette ma per spacciare droga, per rubare auto, per scippare borse e per rapinare farmacisti e supermercati.
Non era meglio quando venivano assoldati solo per scaricare sigarette? C’era guadagno per tutti e nessuno si prendeva la briga di rischiare il carcere con le rapine e i furti.
Tu commetti lo stesso errore di chi dice che gli spinelli portano poi alle droghe più pesanti. Chi lavorava nel contrabbando restava nel contrabbando, non sconfinava nell’antisocialità. Era tutta una catena di montaggio: trasporto, scarico, stivaggio e vendita alla luce del sole.
Ovvio che qualche eccezione esiste sempre in qualsiasi settore e, come è vero che qualche consumatore di spinelli passa poi all’eroina, è anche vero che qualche contrabbandiere pensa di fare il salto di qualità e si rovina. Ma sono eccezioni, non è la regola. Mi piacerebbe farti parlare con gente biscegliese che ha fatto contrabbando per una vita: ti accorgeresti che tutto sono tranne che delinquenti. Delinquenti ce li facciamo diventare noi con le nostre paranoie e pregiudizi.
Tutti a criticare Sarkozj perchè rimanda in Romania i rom, espellendoli dalla Francia!
Solo tu avevi capito che la Romania ha bisogno di manodopera in previsione dello sviluppo mafioso! (Sylvi)
——-
I Rom sono malvisti anche in Romania. Non lavorano nenche lì. Non è di quella manodopera che la Romania ha bisogno. Sta aspettando l’emigrazione veneta dopo la secessione. Preparatevi…
Delle bambine a cui piace …scopare…meglio tacer! (Sylvi)
—–
Che a loro piaccia scopare non lo dico io ma l’associazione dei ginecologi italiani in una pubblicazione. Se di dài la briga di cercare, in Internet la trovi.
caro Pino,
l’ultimo post di Marco non sconfina nell'”apologia di reato”?
E nella corruzione di minore?
Sylvi
Non hai MAI risposto al quesito di AZ sull’abbandono scolastico del meridione, ma anche del Lazio…mio caro; te lo dice una che sa di statistiche al riguardo.
——
La gente che frequento io ha figli che vanno tutti regolarmente a scuola.
L’abbandono scolastico c’è sempre stato, con la differenza che mentre prima chi abbandonava era immediatamente assorbito dal mondo del lavoro come manovalanza, adesso ce lo ritroviamo a bighellonare in giro conscio della sua inutilità. Grazie ai sindacati, che hanno di fatto impedito l’inserimento nel mondo del lavoro, dei dropouts che, abbandonati a se stessi, generano vandalismo e delinquenza.
Il ragazzo di bottega, sia nel commercio che nell’artigianato, prim era la regola. Diversi degli attuali industriali di Bisceglie hanno comincito come ragazzi di bottega dopo aver abbandonato la scuola alle elementari. Come anche attuali commercinti ed artigini, tutti figli dell’abbandono scolastico.
Avere un ragazzo a bottega oggi è di fatto impossibile. Si lamentno di questo anche in Svizzera: la mia amica parrucchiera ha sospeso l’assunzione di ragazze di bottega per gli alti costi da sostenere. Risultato: ragazze senza lavoro che si arrabbattano alla meno peggio e spesso arrotondano con la prostituzione. Questa è la politica del lavoro che hanno saputo fare i sindacati.
Mi rendo conto che la a della tastiera spesso fa cilecca e io non sono abituato a rileggere prima di inviare. Le a che mancano mettetecele voi, è gratis.
No, io non faccio apologia, spiego soltanto la funzione sociale di una istituzione che, soppressa, ha causato più guai di quando c’era.
La corruzione di minore dovete imputarla all’associazione dei ginecologi italiani: io ho citato ( postata a suo tempo) semplicemente una loro statistica.
Vedi, c’è un proverbio che dice che a lavar la testa all’asino si perde acqua e sapone. Io cerco di farvi uscire dalle vostre ristrettezze mentali e dai vostri pregiudizi e voi mi ringraziate accusandomi di traviarvi.
Perchè invece non postate argomenti in contrapposizione alle mie tesi? Perchè non ne avete, ecco perchè. Avete solo i vostri pregiudizi, i vostri schemi decotti dai quali siete ssolutamente incapaci di uscire. Teneteveli cari i vostri schemi, sono la vostra protezione ma anche il vostro carcere.
A proposito, è di oggi la notizia di una signora che ha citato in giudizio due donne che giravano sulla spiaggia in topless, perchè turbavano l’innocenza dei suoi due figli adolescenti. Naturalmente il giudice l’ha mandata a cagare e le due donne citate pare volessero fare una controdenuncia.
Chissà come ne resterà sconvolta Sylvi: tutti comunisti questi giudici!
Avete notato che ora la parola comunisti passa?
x Sylvi.
Ma no! E poi devo dire che a mio avviso la legge in questione ha lati assurdi, pur ribadendo che certo i minorenni vanno salvaguardati dai maggiorenni rapaci. Dimentichiamo con troppa facilità che vietare di mangiare a chi ha fame prima di una certa età non è una soluzione del tutto saggia. A parte la Madonna che ha 12 o 13 anni era già madre, comunque non aveva certo né 18 né tanto meno 21 anni: Dio era pedofilo? Erano pedofili i miliardi di persone che si sono sposate con donne – comprese le nostre nonne – che non avevano 18 anni neppure da lontano? E sono pedofili i milioni di persone che ancora oggi sposano minorenni?
E poi se siamo così rigidi, come facciamo allora a vantarci di discendere dal mondo greco, dove la pedofilia era pure un vanto? E per evitare di farla svenire non le dico del mondo romano. C’è anche una commedia che… ma no, lasciamo stare. Ripeto, non voglio farla svenire.
Un bacione (se ha compito i 18 anni).
pino
P. S. Io metteri in galera, e di corsa, tutti i merdosi pubblicitari e stilisti che hanno trasformato le bambine in caricature delle escort e i bambini in caricature del nulla, però griffato. Per non parlare delle tv che vomitano programmi da rimbambimento precose.
Quando giustifichi la mafia come necessità o male minore, quando giustifichi l’abbandono scolastico in nome di centinaia di “posti di lavoro” nel contrabbando…che differenza c’è fra te e uno spacciatore di droga?
———
Io faccio analisi sociologiche, non giustifico un bel niente. Spiegare non significa giustificare. Significa identificare le cause e gli effetti. Legge di causa ed effetto: fai così ed ottieni questo, fai colì ed ottieni quest’altro. Dopodicchè sulla base dei risultati, è meglio fare così o colì?
So che ragionare costa fatica ed è molto più semplice ancorarsi agli schemi piuttosto che usare la logica. Molto più facile usare il fideismo o rimasticare il pensiero degli altri filtrandolo attraverso le proprie paure. Se è questo che volete, non vedo cos avrei da aggiungere, in questo blog.
Io metteri in galera, e di corsa, tutti i merdosi pubblicitari e stilisti che hanno trasformato le bambine in caricature delle escort e i bambini in caricature del nulla, però griffato. (Pino)
—–
Io denuncerei le mamme che comprano griffato ai figli!
certo i minorenni vanno salvaguardati dai maggiorenni rapaci. (Pino)
—–
Io estenderei il concetto: il debole va sempre protetto dal forte rapace.
Minorenne e maggiorenne sono valori inadatti alla valutazione della forza o della debolezza. Ho sempre sostenuto ch l’età anagrafica conta poco nella valutazione della maturità. Infatti è alla portata di tutti valutare quanto sia profondamente immatura tanta gente che anagraficamente è più che maggiorenne.
Oltre che il concetto di minorenne introdurrei anche il concetto di minorato, togliendo al minorato il diritto di voto, come non lo ha il minorenne.
Un’altra nota divertente dell’intervento di Sylvi è la preoccupazione dell’abbandono scolastico.
Con tutti i laureati che sono a spasso o che fanno i manovali o i camerieri…
Senza abbandono scolastico aumenterebbe la quantità di camerieri e manovali laureati e, se la psicosomatica non è un’opinione, aumenterebbero anche le malattie da autosvalutazione.
Non è meglio che, chi non ha voglia di studiare, abbandoni la scuola e sia inserito subito nel mondo del lavoro?
Basta eliminare tutti gli ostacoli posti dai sindacati, ostacoli che oggi impediscono l’assunzione dei ragazzi di bottega e il gioco è fatto.
caro Pino,
A un neonato noi non diamo una coscia di pollo!
Si soffocherebbe!
Le Frecce Tricolori mi stanno volteggiando sopra la testa , con il loro fascino immutato mi hanno dedicato un magnifico cuore!!!
Si uniscono, si separano, danzano lasciando ricami nel cielo terso.
Il solitario mi passa rombando sotto il naso…scommetto che mi sorride.
Subito vedrò la scia tricolore del loro addio a Grado e all’estate!
Se ne tornano a Rivolto, dove , a giorni, festeggeranno alla grande i loro 50anni.
Lo Stato non ha cacciato un soldo per la grande festa, hanno provveduto tutto i privati e le Associazioni di categoria.
Non se la prenda se ho cambiato discorso!
Sylvi
caro Pino ,
ho cancellato la prima parte che rispondeva al suo post e non passava.
Le Frecce son passate!Mah!
Sylvi
marco,
non hai limiti alle stronzate, vero?
Sylvi