E’ morto Cossiga. Schiacciato anche dal peso di avere accettato la decisione dell’inviato Usa, Steve Pieczenik, uomo del segretario di Stato Kissinger, di spingere le Brigate Rosse a uccidere Aldo Moro. Che proprio da Kissinger era stato minacciato di “eliminazione” se avesse portato i comunisti a far parte del governo
Volevo scrivere un pezzo dedicato solo al succo del discorso che emerge dall’assalto delle truppe berluscone al presidente della Camera, Gianfranco Fini, e alla sua famiglia. Ma la scomparsa di Francesco Cossiga mi porta a dedicare qualche riga anche a lui.
Sì, certo, Cossiga è stato – come Giulio Andreotti – l’asse portante del lato più oscuro del potere politico in Italia. Per essere chiari: il lato responsabile anche delle stragi come quella del 12 dicembre 1969 a piazza Fontana a Milano. Cossiga ne era talmente cosciente che, oltre ad avere accennato più volte alle proprie responsabilità, ha nominato Andreotti senatore a vita spiegando pubblicamente che questi avrebbe dovuto essergliene grato perché una tale nomina lo metteva per sempre al riparo della legge e dei magistrati. Cossiga ha cioè ammesso di avere procurato ad Andreotti, perché ne aveva evidentemente bisogno, ciò che il Chiavaliere Mascarato Pipino il Breve sta tentando di ottenere con testardaggine da anni, anche a costo di sfasciare man mano il parlamento, le istituzioni e le fondamenta del Paese intero.
In particolare, Cossiga è corresponsabile della morte di Aldo Moro. Corresponsabile, si badi bene, e non responsabile: perché la responsabilità è delle Brigate Rosse che lo hanno prima rapito e poi materialmente ucciso. Corresponsabile della sua uccisione, forse anche del rapimento se è vero che fu lui a negare l’auto corazzata chiesta per Moro dal capo della sua scorta, il maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi.
Detto questo, bisogna per onestà aggiungere che probabilmente Cossiga ha scelto il male minore. Mi spiego. I patti di Yalta rendevano di fatto impossibile, a meno di un bagno di sangue, che in Italia governasse il partito comunista. Anzi, gli Usa avrebbero certissimamante scatenato un golpe, con annessa tragedia di grandi dimensioni, anche se il partito comunista avesse solo fatto parte di un governo democratico, cioè composto anche da altri partiti. Di più: gli Usa non avrebbero mai tollerato che l’Italia uscisse dalla Nato, per impedirlo erano disposti a tutto. E di tutto hanno fatto… In tali condizioni, Cossiga, con Andreotti&C, hanno fatto in modo che un numero limitato di vittime, quelle delle stragi, quelle degli uccisi da polizia e carabinieri nelle manifestazioni e quelli del terrorismo, nato per reazione alla strage di piazza Fontana e al pericolo reale di golpe, scongiurasse una guerra civile devastante come quella della Grecia, dove i comunisti invece si illusero di potersene fregare di Yalta, o un colpo di Stato militare come appunto quello greco prima e quello cileno dopo.
Sì, certo: Andreotti ha fatto la stessa cosa servendosi della mafia. O meglio: anche della mafia siciliana. Lui ha acettato la situazione esistente in Sicilia, messa a sua disposiazione quando Salvo Lima e i suoi passarono dalla corrente democristiana di Amintore Fanfani a quella di Andreotti, permettendogli così di passare da leader laziale, al guinzaglio del Vaticano, a leader nazionale di lungo corso. Ma fare la guerra alla mafia, anziché usarne i voti per stare in parlamento e al governo, significa dover mettere in piedi un meccanismo repressivo militare di tipo quasi afgano. Con il risultato di perderla…
Insomma, non mi metto ad applaudire Cossiga, così come non applaudirò Andreotti quando sarà il suo turno, se eventualmente prima del mio, ma non desidero unirmi al coro di chi gode per la sua morte e si augura, come ho letto in altri blog, che “patisca le pene dell’inferno”. Desidero solo che si rifletta di più su cosa è in realtà la politica, compresaquella democratica. Ogni potere ha la sua bella dose di merda e sangue. Oltre che di lacrime. Altrui, ovviamente.
Di Cossiga comunque apprezzo l’avere detto chiaro e tondo – certo, in ritardo. Ma da capo dello Stato non poteva certo dirlo – che l’aereo dell’Itavia finito nel mare di Ustica è stato abbattuto per errore dai francesi, ponendo la parola fine – se fossimo un Paese serio – alla lunga serie di leggende e “misteri” assurte a Verità. Idem per la strage alla stazione di Bologna, dovuta a un errore di chi trasportava esplosivo per conto dei palestinesi e non alla volontà dei neofascisti come Giusva Fioravanti e Francesca Mambro che sono stati condannati come colpevoli. Idem per avere messo in chiaro che avere fatto “pentire” Patrizio Peci – dando così inizio alla frana e alla fine delle Brigate Rosse prima e dell’intero terrorsimo italiano dopo – era merito non del famoso generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, bensì dello sconosciuto maresciallo delle guardie carcerarie Angelo Incandela, come ho scritto nel mio libro “Agli ordini del generale Dalla Chiesa”.
Riguardo Moro, le colpe di Cossiga sono gravi. Riporto qui di seguito quanto ho scritto tempo fa:
«Lo stesso attentato a Moro, no? La prigione di Moro».
«Sì?»
«Erano arrivati alla casa vicina a dove stava lui. Hanno avuto l’ordine di fermarsi. Lo so perché un mio alunno faceva parte di queste cose qui. Me lo ha detto lui: “Noi abbiamo avuto l’ordine di fermarci e tornare indietro”. Erano arrivati a pochi… A venti metri erano arrivati. Quindi lo sapevano benissimo. Cioè, lo sapevano. Setacciando casa per casa, alla fine lo dovevano trovare».
«Via Montalcini?»
«Adesso non so perché io non sono addentro alle segrete cose. Però questo me lo ha detto un mio alunno che stava lì, insomma, ecco, faceva parte di quelli lì. Hanno dovuto rimettere, capito? Ma non parliamo male che non è questa né la sede né il luogo né il caso».
Questa è una parte del mio dialogo al cardiopalma con un gesuita confessore della Chiesa del Gesù in uno dei primi giorni dell’agosto 1993. Stavo scrivendo il libro Tangenti in confessionale, spacciandomi nei confessionali delle chiese più rappresentative d’Italia, dal duomo di Torino alla basilica di S. Pietro in Vaticano fino a S. Gennaro a Napoli, per un politico che accettava le mazzette dagli industriali e a volte, al contrario, per un industrale che le pagava ai politici. Volevo capire e documentare il comportamento e l’influenza della Chiesa nei confronti di un fenomeno come quello della corruzione e delle tangenti, troppo diffuso per essere ignoto ai suoi confessori e quindi alla gerarchia. Che infatti si dimostrò a conoscenza del fenomeno in modo capillare, senza però considerarlo quasi mai una cosa immorale, insomma un peccato. Mi «confessavo» con un mini registratore avvolto in un giornale tenuto in mano perché stesse il più vicino possibile alla bocca dei religiosi. La tarda mattinata di un giorno tra il 2 e il 4 agosto sono andato nella chiesa del Gesù, in piazza del Gesù. Una scelta dovuta al fatto che in quella piazza c’era la sede della direzione nazionale della Democrazia Cristiana e al fatto che in qualla chiesa Andreotti andava a messa quasi ogni mattina, dove presumevo si confessasse anche.
Entrato in chiesa, mi sono diretto verso il primo confessionale a destra, dove c’era un religioso già al lavoro. Non avrei immaginato neppure da lontano che il discorso sarebbe piombato nel caso Moro, e in modo così tranchant: «Lo stesso attentato a Moro, no? La prigione di Moro»… Io parlavo di tangenti e corruzione politica, il confessore di punto in bianco per dirmi che si trattava di un fenomento arcinoto ma tollerato mi raccontava della mancata liberazione di Moro!
Dato il caldo e il mio essere stato arrestato quattro anni prima proprio per l’affaire Moro, il cuore m’è schizzato in gola e ho cominciato a sudare come un cavallo. La storia che mi ha raccontato quel gesuita è la seguente: «Un mio ex alunno si era arruolato nella polizia ed era entrato nel corpo delle “teste di cuoio”. Un giorno è venuto a chiedermi l’autorizzazione morale per infiltrasi nelle Brigate Rosse, voleva cioè sapere da me se l’infiltrarsi era morale o immorale. Gli dissi che era morale. Passato del tempo, quel mio ex alunno è tornato da me schifato. Mi ha raccontato che mentre stavano andando a liberare Moro ed erano arrivati a una ventina di metri dalla sua prigione, all’improvviso ricevettero l’ordine di tornare indietro. Il mio ex alunno rimase talmente schifato che si è dimesso dalla polizia. Ora lavora nella falegnameria del padre». Chiaro quindi che si trattava della prigione di via Montalcini, altrimenti non si spiegherebbero lo schifo e lo scappar via dalla polizia.
Ero sconvolto. Ma uno o due giorni dopo sarei rimasto ancora più sconvolto. Sono andato infatti a confessarmi anche nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina, nella omonima piazza, scelta perché in quella piazza aveva il suo storico ufficio privato l’ancor più storico Andreotti. Mi si è presentato un giovane parroco con i capelli a spazzola e l’accento pugliese. Anziché nel confessionale, mi ha sorpreso facendomi accomodare in sagrestia, seduti uno di fronte all’altro su banali sedie e separati da nulla. Ero teso perché temevo si capisse che il giornale che stringevo nervosamente in mano nascondeva quello che nascondeva. Ma a un certo punto ho rischiato di cadere dalla sedia: quel parroco mi stava dicendo che era stato il confessore di Cossiga durante tutto il sequestro Moro!
«Quando, durante l’affare Moro, Cossiga era ministro degli Interni e lo confessavo io, in quel frangente dicevo: “Professore, io la posso solo assolvere dei suoi peccati. Ma la situazione sua se la deve andare a sbrigare da qualche altro”. Allora c’era Ferretto, c’era Dossetti [ndr: ex compagni di studi di Cossiga diventati frati]. Dicevo: “Vada a sentire loro. Perché, anche, loro sono quelli che, avendo fatto carriera con lei, con Moro e col partito, a un certo punto hanno fatto un’altra scelta, possono aiutarla adesso”. A questo tipo di sollecitazione lui diceva: “Lascio perdere tutto”.»
Tradotto in linguaggio comune, il suo ex confessore mi stava dicendo che Cossiga aveva deliberatamente abbandonato Moro al suo destino. E chissà se gli aveva raccontato anche di avere rifiutato l’auto corazzata chiesta pochi giorni prima dell’agguato in via Fani dal maresciallo Leonardi, il capo scorta sempre più preoccupato per la sicurezza di Moro. In ogni caso, lo straordinario racconto del parroco di S. Lorenzo in Lucina confermava in pieno non solo quanto più volte più o meno chiaramente ammesso dallo stesso Cossiga, ma anche quanto raccontato nell’intervista a «L’Unità» dall'”amerikano” Pieczenik.
Pieczenik, chi era costui? Steve Pieczenik – assistente del Segretario di Stato Henry Kissinger e capo dell’Ufficio per la gestione dei problemi del terrorismo internazionale del Dipartimento di Stato Usa, ufficio istituito dallo stesso Kissinger – era l’uomo inviato dagli Usa per dirigere la stategia del governo italiano per il sequestro di Moro. Come ha confermato il ministro dell’Interno dell’epoca, cioè Cossiga, Pieczenik venne invitato subito dopo il rapimento di Moro a fare parte di un comitato di esperti capeggiato dal ministro per fare fronte all’emergenza. (Ne faceva parte anche il criminologo Franco Ferracuti, della P2). La strategia impostata dall’esperto «amerikano» ricalcava fedelmente quanto previsto dal Field Manual redatto nel 1970 dalla Cia per definire il comportamento Usa verso i propri alleati in caso di loro gravi crisi. Si tratta di una strategia che definisce il terrorismo «fattore interno stabilizzante», secondo il principio «destabilizzare al fine di stabilizzare», e che non si fa scrupolo di prevedere la strumentalizzazione di eventuali gruppi eversivi dei Paesi alleati se essa può risultare positiva per gli interessi americani. Leggiamo ora cosa ha detto Pieczenik in una intervista del 16 marzo 2001 all’«Italy Daily» riguardo il suo compito durante il sequestro Moro:
«Stabilizzare l’Italia, in modo che la Democrazia Cristiana non cedesse… e assicurare che il sequestro non avrebbe condotto alla presa del governo da parte dei comunisti… Il mantenimento delle posizioni della DC: quello era il cuore della mia missione. Nonostante tutte le crisi di governo, l’Italia era stato un Paese molto stabile, saldamente in mano alla DC. Ma in quei giorni il Partito comunista di Berlinguer era molto vicino a ottenere la maggioranza, e questo non volevamo che accadesse… Io ritengo di avere portato a compimento tale incarico. Una spiacevole conseguenza di ciò fu che Moro dovette morire… Nelle sue lettere Moro mostrò segni di cedimento. A quel punto venne presa la decisione di non trattare. Politicamente non c’era altra scelta. Questo però significava che sarebbe stato giustiziato… Il fatto è che lui, Moro, non era indispensabile ai fini della stabilità dell’Italia».
Più chiari e cinici di così! In seguito però Pieczenik in un suo libro del 2007, edito in Francia, ha aggiunto altro:
«Lessi le molte lettere di Moro e i comunicati dei terroristi. Vidi che Moro era angosciato e stava facendo rivelazioni che potevano essere lesive per l’Alleanza Atlantica. Decisi allora che doveva prevalere la Ragione di Stato anche a scapito della sua vita. Mi resi conto così che bisognava cambiare le carte in tavola e tendere una trappola alle Br. Finsi di trattare. Decidemmo quindi, d’accordo con Cossiga, che era il momento di mettere in pratica una operazione psicologica e facemmo uscire così il falso comunicato della morte di Aldo Moro con la possibilità di ritrovamento del suo corpo nel lago della Duchessa. Fu per loro un colpo mortale perché non capirono più nulla e furono spinti così all’autodistruzione. Uccidendo Moro persero la battaglia. Se lo avessero liberato avrebbero vinto. Cossiga ha approvato la quasi totalità delle mie scelte e delle mie proposte e faceva il tramite con Andreotti […]. «Sono stato io a decidere che il prezzo da pagare era la vita di Moro….. Cossiga era sempre informato sulla mia strategia e non poteva fare altro che accettare. Le Br invece potevano fermarmi in un attimo ma non hanno saputo farlo o voluto».
Pieczenik ha dunque detto chiaro e tondo che il falso comunicato n. 7 è il frutto di una ben precisa decisione strategica sua e di Cossiga. Per spingere le Brigate Rosse a uccidere Moro e porre così le basi della loro distruzione. Come in effetti è avvenuto. Da notare che tutto ciò conferma in pieno le minacce di eliminazione di Moro profferite dal segretario di Stato degli Usa, Henry Kissinger, nel corso del loro incontro negli Usa, quando Moro espose la sua intenzione di fare entrare i comunisti nel governo. Minacce che impressionarono non poco Moro, che ne parlò preoccupato sia ai propri familiari che a uomini politici suoi amici come il democristiano Giovanni Galloni. Che in seguito rese pubblico quanto raccontatogli da Moro riguardo le minacce fattegli da Kissinger
Chiedo scusa, ma mi rendo conto che parlare del Chiavaliere e delle sue porcate, nonché delle porcate dei suoi molti lacché, è fuori luogo.
Post Scriptum
1) – Una volta pubblicato il libro Tangenti in confessionale, inviai una lettera a Cossiga con la fotocopia della pagina che riportava quanto dettomi dal suo ex confessore nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina. Nella missiva facevo notare la pesantezza delle affermazioni del sacerdote e chiedevo a Cossiga se poteva fornirmi una spiegazione di quelle affermazioni, spiegazione che avrei tenuto per me o reso pubblica se e quando lui avesse eventualmente desiderato. Beh, Cossiga mi rispose. Non negò nulla. Si limitò a scrivermi che “Si tratta di cose troppo importanti per lasciarle dire a un prete”. Purtroppo però lui non disse nulla in più.
2) – Qualche tempo dopo la pubblicazione del libro, il pubblico ministero Franco Jonta mi interrogò per sapere chi fosse il sacerdote del confessionale della chiesa del Gesù che mi aveva parlato della manca liberazione di Moro. Nonostante il tono perentorio del magistrato, con velata minaccia di guai giudiziari, ho opposto il segreto professionale, specificando però che ero disponibile a rispondere, ma solo dopo che l’Ordine dei giornalisti mi avesse sciolto, su mia richiesta, dall’obbligo del segreto. Tornato a Milano, ho chiesto per iscritto di esserne sollevato data l’importanza dell’argomento e della mia testimonianza. Ottenuto il permesso, sono stato riconvocato a Roma da Jonta, e questa volta gli ho portato una copia del nastro con il dialogo nel confessionale.
Man mano che ascoltava il nastro il magistrato si incupiva sempre di più. E ogni tanto continuava a ripetermi: «Ma non le sembra strano?» Ho cominciato a sentirmi a disagio, e a un certo punto ho temuto che magari venissi accusato di avere falsificato il nastro. All’ennesimo «Ma non le sembra strano?» mi sono stufato e ho ribattuto: «A me sembra strano, anzi stranissimo, però la sua è una domanda che dovrebbe rivolgere non a me, ma al confessore».
Silenzio di gelo. Finito il nastro Jonta guardandomi in modo che mi è parso ostile mi ha chiesto: «E chi sarebbe questo confessore?»
«Credo lei volesse dire “chi è” e non “chi sarebbe”. Comunque la risposta è semplice: quello che riceve nel primo confessionale a destra entrando in chiesa», ho risposto specificandone anche il nome: «C’è affissa una targhetta in ottone con il nome del confessore e gli orari durante i quali è presente».
«E che lo interrogo a fare? È chiaro che mi opporrà il segreto del confessionale».
“Beh, ma scusi, dottor Jonta, per arrivare a questa conclusione non c’era bisogno di farmi sciogliere dall’obbligo del segreto e farmi tornare a Roma. Ma se non intende interrogarlo, qual è il motivo per cui ne vuole sapere il nome? Qualcuno vuole chiedergli di tacere?”.
“Ma come si permette!”.
“Premesso che a norma di Costituzione sono libero di pensare quel che mi aggrada, le ho solo posto delle domande. Alle quali noto che lei non risponde. Ma poi, guardi che quel confessore non può assolutamente accampare il segreto perché ha detto chiaro e tondo, come lei ha sentito ascoltando il nastro, che il suo ex alunno in realtà non è andato a confessarsi, a parlare cioè dei propri peccati, ma solo a chiedergli un consiglio. Lei perciò può e anzi deve interrogarlo. E se non risponde lo può anche arrestare o comunque mandare sotto processo. Proprio come ha minacciato di fare con me. O devo pensare che secondo lei io ho meno diritti del prete?”.
“Nicotri, guardi che qui cosa fare lo decido io. Lei non può certo starmi a dire cosa devo o non devo fare”.
“Ho detto cosa può, non cosa deve fare. Con la sua coscienza se le vede lei. Comunque guardi che questa è l’unica occasione di chiarire finalmente la bruttissima faccenda della mancata liberazione. E in ogni caso, confessore o non confessore, è sicuro che di ex teste di cuoio figli di falegnami infiltrate nelle Brigate Rosse e scappate dalla polizia dopo la faccenda Moro per andare a fare il falegname dal papà non ce ne sono tante. Se questo ex poliziotto lo cercate, lo trovate di sicuro. Se lo volete trovare, naturalmente”.
“Ah, ma allora lei non vuole capire! Qui comando io, e lei non deve assolutamente dirmi cosa cavolo devo fare!”.
Conclusione? La prima è che sono uscito dal palazzo di Giustizia vergognandomi. Vergognandomi delle mia disponibilità con il magistrato. Vergognandomi d’essermi fatto sciogliere dall’obbligo del segreto. Mi sentivo molto a disagio, in imbarazzo con me stesso. La seconda è che è chiaro come il sole che NON si è voluto e non si vuole chiarire il “mistero” della prigione di Moro. Esattamente come a suo tempo non si voleva che la si trovasse. I “consigli” di Pieczenik parlano chiaro. I pesi sulla coscienza e le ammissioni di Cossiga anche. Il cadavere di Moro pure.
3) – Per concludere, aggiungo l’articolo di Repubblica, a firma di Daniele Mastrogiacomo, pubblicato il 7 novembre 1993 quando pareva che Jonta volesse interrogarmi per appurare la verità anziché far finta di niente:
MORO, UN AGENTE E LE BR
ROMA – Per la prima volta, dopo 15 anni, si potrà capire se le Br erano infiltrate. C’ è un testimone d’ eccezione, finora rimasto nell’ ombra, che potrebbe confermare questa circostanza. Il suo nome, per il momento, è segreto. Avrebbe raccontato il particolare ad un sacerdote. Un religioso della chiesa di piazza del Gesù a Roma, abituale confessore di politici, amministratori e imprenditori. Nei prossimi giorni, il Pm Franco Ionta, titolare della quinta inchiesta sul caso Moro, dovrebbe convocarlo: gli chiederà di rivelare il nome dell’ agente che negli anni passati gli confidò cosa avvenne durante i drammatici 55 giorni del rapimento, mentre si cercava affannosamente il covo dove il leader dc era prigioniero. Il nuovo impulso alle indagini è stato offerto da Giuseppe Nicotri, inviato del settimanale L’ Espresso e autore del libro “Tangenti in confessionale”. Si tratta di una serie di testimonianze raccolte nel segreto della confessione dal giornalista che, di volta in volta, si è spacciato per un politico corrotto, un industriale concusso o di un amministratore pubblico. Nel capitolo: “E’ come il caso Moro”, il dialogo tra Nicotri nelle spoglie di un politico e il suo confessore tocca il sequestro del leader dc. Uomo politico, parlando dei magistrati: “Per anni sapevano, probabilmente”. Sacerdote: “Ma sì, ma non potevano darsi la zappa sui piedi. Che era proibito. Lo stesso attentato a Moro, no? La prigione di Moro”. Uomo politico: “Sì?”. Sacerdote: “Erano arrivati alla casa vicina a dove stava lui. Hanno avuto l’ ordine di fermarsi. Lo so perché un mio alunno faceva parte di queste cose qui. Me l’ ha detto lui. Era un agente: ‘ Noi abbiamo avuto l’ ordine di fermarci e tornare indietro’ . Erano arrivati a pochi… a 20 metri erano arrivati. Quindi lo sapevano benissimo. Cioè, lo sapevano. Setacciando casa per casa, alla fine lo dovevano trovare”. Uomo politico: “Via Montalcini?”. Sacerdote: “Adesso non so perché io non sono addentro alle segrete cose. Però questo me l’ ha detto un mio alunno che stava lì. Insomma, ecco faceva parte di quelli lì. Hanno dovuto rimettere, capito? Ma non parliamo male che non è questa né la sede né il luogo né il caso”. Chi è l’ agente di cui parla il confessore? Il giudice Ionta ieri ha interrogato Giuseppe Nicotri e gli ha chiesto il nome del sacerdote. Sciolto dal vincolo del segreto professionale dall’ Ordine dei giornalisti della Lombardia, Nicotri ha aderito alla richiesta. L’ intenzione del magistrato adesso è di convocare il gesuita e di farsi confermare la rivelazione riportata nel libro di Nicotri e, ovviamente, il nome dell’ agente. Il giornalista ha detto al giudice che il suo interlocutore avrebbe appreso i particolari sulla prigione di Moro non nel segreto della confessione ma durante uno sfogo dell’ agente che gli chiedeva dei consigli. E ancora: che il poliziotto faceva parte di un gruppo di 40 uomini disposti a tutto e che era infiltrato nelle Br. – di DANIELE MASTROGIACOMO
Tentando di avere una condanna più mite per i loro clienti, gli avvocati della difesa hanno dichiarato che le cause della fabbricazione di malattie mentali che non esistono e la frode di un sacco di soldi dei governi e fondi di assicurazione medica, sarebbero delle malattie mentali non diagnosticate ai loro clienti.
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Una malattia mentale molto comune anche dalle nostre parti, direi. In parole povere, si chiama AVIDITA’.
NENA NEWS | NEAR EAST NEWS AGENCY
newsletter
Roma, 21 agosto 2010 (foto dal sito blog.panorama.it), Nena News – Il Comitato esecutivo dell’Olp la scorsa notte ha dato il via libera alla partecipazione del presidente palestinese Abu Mazen alle trattative dirette con il premier israeliano Netanyahu che riprenderanno il 2 settembre a Washington, come annunciato ieri dal Segretario di stato Hillary Clinton e dal Quartetto per il Medio Oriente. Tuttavia in casa palestinese il ritorno al tavolo del negoziato senza precondizioni, senza mettere in discussione la colonizzazione israliana in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, proprio come voleva Netanyahu! , ha generato forti scossoni. Polemiche e malumori attraversano in queste ore la base di Fatah, il partito di Abu Mazen, dove attivisti e simpatizzanti in buona parte non condividono l’approccio morbido che il Comitato esecutivo dell’Olp e la leadership dell’Anp mantengono nei confronti di una Amministrazione americana «deludente e appiattita sulle posizioni di Israele». Di fronte alle contestazioni interne, il capo negoziatore Saeb Erekat, nel corso della notte è stato obbligato a chiarire che «Se il governo israeliano approverà nuovi progetti edilizi dopo il 26 settembre (quando avrà termine la limitata moratoria delle costruzioni nelle colonie israeliane, ndr), noi non proseguiremo i negoziati». Giudizi negativi arrivano anche da altre forze politiche. Il deputato Mustafa Barghuti (Mubadara) non ha esitato a definire «vergognosa» la dichiarazione del Segretario di stato Hillary Clinton sull! ’avvio di negoziati «senza condizioni», ripe! tendo parola per parola la formulazione richiesta dal governo Netanyahu. Uno schiacciamento sulle posizioni israeliane che – unita all’incapacità d’imporre a Israele anche solo un impegno preliminare di proroga della moratoria parziale degli insediamenti – mette definitivamente fine, secondo Barghuti, alle speranze suscitate fra i palestinesi dal presidente Barack Obama e prelude a «un fallimento dei negoziati peggiore di quello di Camp David (luglio 2000, ndr)». I palestinesi, esorta Barghuti, piuttosto dovrebbero prepararsi a «mosse unilaterali», come la proclamazione del loro Stato indipendente. Da parte sua Hamas ha bocciato totalmente la ripresa dei negoziati diretti tra palestinesi e israeliani, definendola «un nuovo tentativo di ingannare il nostro popolo». Un portavoce del movimento islamico, Sami Abu Zughri, ha definito l’invito rivolto ieri a Netanyahu e Abu Mazen da Hillary Clinton, «inutile e destinato a ri! portarci a zero senza ottenere nessun risultato». La proposta americana, ha aggiunto Abu Zughri, «ha ignorato la richiesta palestinese di fermare gli insediamenti ebraici», mentre al contrario «questi colloqui legittimeranno le colonie (nei Territori occupati) approvando la loro continuazione». Analoga la posizione espressa dall’altro movimento islamico, il Jihad, che vede nella decisione di andare al negoziato diretto una «vittoria per la politica di dominio e oppressione del popolo palestinese attuata da Israele». La ripresa della trattativa diretta avviene mentre rimane irrisolto il contrasto tra Fatah e Hamas. Il sospetto di molti è che americani e israeliani, e a questo punto anche la leadership dell’Anp, abbiano in mente una soluzione «definitiva» solo per la Cisgiordania, lasciando il movimento islamico blindato e isolato negli stretti confini della minuscola Gaza, e con esso un milione e mezzo ! di palestinesi, fino ad una ipotetica «resa» di Hamas. D&r! squo;altronde la proposta americana di arrivare ad una soluzione in appena un anno appare irrealistica non solo ai palestinesi. E’ arduo immaginare che Netanyahu e Abu Mazen possano trovare in 12 mesi un accordo definitivo su nodi – diritto al ritorno per i profughi, status di Gerusalemme, colonizzazione, acqua, confini – che non sono stati sciolti in 19 anni di trattative israelo-palestinesi, dalla Conferenza di Madrid ad oggi. In ogni caso il premier israeliano ha ottenuto ciò che voleva e si prepara a battere sul punto che gli sta maggiormente a cuore, sicuro di avere l’appoggio anche del maggiore partito d’opposizione, Kadima: il riconoscimento da parte dell’Anp e dell’Olp di Israele quale «Stato del popolo ebraico». Senza quel passo palestinese, il suo governo bloccherà lo sviluppo della trattativa. E’ una questione molto delicata per Abu Mazen che conosce le conseguenze di quella scelta. Riconoscere ! Israele quale «Stato del popolo ebraico» potrebbe dare fiato a quelle forze che intendono mettere in discussione i diritti, a partire dalla cittadinanza, della minoranza palestinese (araba israeliana). Non solo, rappresenterebbe la rinuncia definitiva al diritto al ritorno nella loro terra d’origine (oggi Israele) dei profughi palestinesi espulsi o fuggiti nel 1948, che a distanza di 62 anni continuano ad appellarsi alla risoluzione 194 dell’Onu. Realista di fronte alle enormi difficoltà che sorgeranno al tavolo delle trattative è apparso l’inviato Usa per il Medio oriente, George Mitchell, che ieri ha riconosciuto la complessità degli obiettivi. Ha ammesso peraltro che gli Stati Uniti non interveranno sul calendario e le modalità dei negoziati diretti, e su come affrontare le questioni dello «status finale» dei territori occupati da Israele nel 1967. A decidere saranno solo Netanyahu e Abu Mazen, il pi&! ugrave; forte e il più debole. (red) Nena News
Forse non è chiaro un concetto che deve servire da presupposto: nel mondo del
lavoro chi conta realmente è il datore di lavoro, colui che crea il lavoro.
Senza il datore di lavoro, il lavoratore non conta nulla.
Stabilito questo, un sindacalismo intelligente dovrebbe mirare innanzitutto
alla creazione di posti di lavoro e perciò ad incentivare e motivare il datore
di lavoro. Dopodicchè dovrebbe assicurarsi che il lavoro possa venir svolto dal
lavoratore in condizioni dignitose e con una paga proporzionata al lavoro
svolto.
In parole povere, eliminare tutte le leggi e leggine che di fatto limitano la
creazione di posti di lavoro. Incentivare fortemente la ricerca e il
miglioramento tecnico. Creare un sistema fiscale intelligente che tenga conto
degli alti e bassi a cui va incontro l’imprenditore, sistema controllato
mediante conflitto d’interessi, come si è sempre detto e mai fatto.
Proteggere il lavoratore nei suoi diritti creando un meccanismo di
retribuzione che preveda la condivisione degli utili e vari benefits che di
fatto facilitino la prestazione lavorativa ( in parte già esistono, tipo mense,
asili interni, trasporti aziendali, mercatino interno eccetera). Non solo, ma
creando anche un meccanismo di interscambio di manodopera tra aziende simili
che agisca da camera di compensazione entro un territorio omologo. Per omologo
intendo un territorio in cui esistano molte aziende dello stesso tipo: tessile,
calzaturifici, lavorazione del legno, eccetera.
caro CC,
prima di uscire nel golfo, ci portiamo dietro il nipotino nel suo battesimo come velista, ti rispondo .
Si, forse ieri sera sono stata un po’ impulsiva, è il mio lato veneto!
Lo dico anche perchè Marco ci riporta il post su FB di una certa Katia di Bolzano.
Quella è di Bolzano come io sono di Canicattì!!!
Un altoatesino che si esprime così è contronatura, sia per i concetti, che per lo stile.
Ecco, a te volevo dire che è inevitabile che ognuno porti la sua visione del mondo che sta nella sua infanzia e nella sua storia!
L’intelligenza e il confronto con altre storie o con altri popoli modifica, amplia …ma il nucleo rimane.
Ieri sera a cena, è tornata mia figlia, abbiamo fatto un interessante excursus su questo argomento!
Concludo: io non porto la mia cultura carnica, non fa parte di me anche se la rispetto.
La mia è più rivolta al mare Adriatico, e specifico perchè
tu capisci che è fondamentale.
Mio nipote è tornato in Piemonte…ne ha persino preso l’accento il traditore!
Tu prepara la salsa che io, ti mando il prosciutto prossimamente quando arriveranno i suoi suoceri.
Ti manderò il loro indirizzo di Rueglio!
Sylvi
La Katia di Bolzano ha anche un cognome, che ho omesso ma che su FB è in chiaro.
AZ e Ber, che sono anche su FB, possono chiederle notizie più precise, se vogliono approfondire l’argomento.
x Marco
Anche una tedesca, e forse più d’una, ha trovato Rodolfo tanto affascinantre da sposarlo!!!
Io compiango i napoletani per bene, e ne ho conosciuti, che sono costretti a vivere in quella città!!!
E sull’argomento non torno più!
Sylvi
Certo, come no…chi la pensa in maniera diversa da Sylvi è contronatura. L’avevamo capito.
x Uroburo
Uroburo { 21.08.10 alle 7:55 } Come si fa a sottolineare un testo? U.
Dovrebbe essere:
test prova
Ma non funziona su questo website
Anita
x Uroburo
E’ sparito tutto….
Per sotto lineare si usa la lettera “u” al posto di “i” e “b”,
ma non funziona su questo website.
Molte “html tags” non funzionano qui.
Anita
x VOX e x gli anglofoni…
In TV oggi, da PBS = Public Broadcasting Services.
Independent-non profit station.
Israelis and Palestinians Plan Direct Peace Talks
http://www.youtube.com/watch?v=fj42Btg8Nok&feature=player_embedded#!
Anita
Prova
grassetto
corsivo
sottolineato
Comunque un grazie ad Anita U.
In effetti la sottolineatura non funziona anche per me. U.
X – M. Tempesta
Mi pare che per fotografare la politica tu continui ad usare le vecchie fotocamere a lastre in cui l’operatore con uno straccio sulla testa guardava l’immagine sul vetro smerigliato e gli appariva totalmente rovesciata, l’alto in basso e la destra a sinistra.
Secondo te gli operai si sono messi a votare lega perché il PCI non aveva una visione d’insieme . È l’esatto contrario della realtà, se una motivazione al passaggio di voti dalla sinistra alla lega, questo è in gran parte dovuto proprio alla visione d’insieme che tradizionalmente la sinistra ha dei problemi mentre la lega fa leva sui piccoli egoismi individuali e localistici ed è riuscita a far passare anche tra un certo numero di lavoratori ( meno di quanti si tende a far credere) l’idea, che scindendo il “nord produttivo” dal “sud parassitario e malavitoso” loro ne avrebbero avuto dei vantaggi economici immediati, dando vita ad un “antimeridionalismo” becero e razzista. Va pero detto che all’attecchimento di queste demagogiche teorie hanno spianato la strada certi comportamenti pratici dei meridionali e delle teorizzazioni paracamorristiche, di cui anche tu hai fatto sfoggio nel top post n°260 con l’esaltazione della “minestra contrabbandiera” di Michele Zaza.
Quando esalti, assumi a sistema salvifico dell’economia partenopea il contrabbando, mi costringi ad un atto per me contro natura, parafrasare un passo dei vangeli, “perdona loro che non sanno quello che fanno” con “ti perdono perché so che non sai quello che dici” .
Il contrabbando, a parte il danno economico alle casse dello stato con conseguente aggravio su coloro che pagano le tasse, che già non è cosa da poco, il contrabbando è stravolgimento della struttura sociale, palestra di allenamento per gradi sempre più alti di criminalità, concorrenza sleale verso le attività produttive legali a cui sottrae manodopera offrendo migliori guadagni con minore impegno, ed ultimo, ma forse primo per importanza, l’azione devastante che determina quando usa per i suoi traffici giovani e giovanissimi in età scolare favorendo l’abbandono scolastico e la conseguente ignoranza che si avvita in una spirale perversa di prepotenza e violenza. Bheee.. se questo è la tua minestra preferita mangiala tutta io preferisco la zuppa.
Non sia mai, e non credo sia possibile, che in un futuro apocalittico io debba scegliere tra Il Trota e gli eredi di Michele Zaza perché, perché come la Sylvi dovrei optare, VOMITANDO, per il salmonide.
Antonio — antonio.zaimbri@tiscali.it
PS. Non comprendo la tua reticenza a scrivere per intero l’intestazione FaceBook della pagina della Katia di Bolzano, una pagina di che tutti possono vedere e proprio non saprei dove la violazione della privaci.
X tutti
Utility
Il cambio di formattazione del testo con i comandi HTLM è qui piuttosto limitato corsivo e grassetto si ottengono: per iniziare, il segno “<” seguito dalla lettera “i”(italico) per il corsivo e “b” (bold) per il grassetto, poi il testo che si vuol formattare e per terminare di nuovo il segno “”
Ho provato diverse ozioni quali sottolineato, barrato …. ed alte opzioni di formattazione non funzionano, l’unica che ho trovato funzionante ed utile è:
Il testo torna normale, si possono usare anche più comandi in unione digitandoli in sequenza tenendo presente che la sequenza dei comandi di chiusura deve essere inversa a quella di apertura, se si fa grassetto + corsivo si deve chiudere con corsivo + grassetto.
Antonio — antonio.zaimbri@tiscali.it
X tutti
Utility
Ripeto l’inserimento perché purtroppo i segni maggiore e minore, anche tra virgolette spariscono, ora li inserisco come testo ma vanno digitati come maggiore = freccetta a sinistra e minore = freccetta a destra
Il cambio di formattazione del testo con i comandi HTLM è qui piuttosto limitato corsivo e grassetto si ottengono: per iniziare, il segno “< maggiore ” seguito dalla lettera “i”(italico) per il corsivo o “b” (bold) per il grassetto, poi il segno “Minore” si mette il testo che si vuol formattare e per terminare di nuovo il segno “maggiore” seguito da “/i” per il corsivo e “/b” per il grassetto e di nuovo il segno “minore”
Ho provato diverse opzioni quali sottolineato, barrato …. ed alte opzioni di formattazione non funzionano, l’unica che ho trovato funzionante ed utile è: “blo-ckq- uote” scritto senza trattini
Il testo torna normale, si possono usare anche più comandi in unione digitandoli in sequenza tenendo presente che la sequenza dei comandi di chiusura deve essere inversa a quella di apertura, se si fa grassetto + corsivo si deve chiudere con corsivo + grassetto.
Sperando che funzioni
Antonio — antonio.zaimbri@tiscali.it
Caro AZ, visione d’insieme significa che non si guarda solo all’immediato ma agli andamenti in funzione del progresso e del mondo del lavoro all’estero. Era prevedibilissimo che con l’apertura all’Est si sarebbe riversata in Italia manodopera a basso costo, fenomeno già in atto peraltro con l’emigrazione dal Nord Africa e che molte aziende si sarebbero spostate all’estero per questo.
Cosa ha fatto il partito degli operai per porre rimedio a questi prevedibilissimi cambiamenti? Niente.
Si sa che i prodotti diventano obsoleti in fretta e che la produzione deve essere costantemente all’altezza della richiesta del mercato. In Estremo Oriente l’hanno capito. Da noi no. Risultato: le aziende di elettronica, di elettrodomestici e di computer che avevamo qui, sono state completamente sovrastate da quelle dell’Estremo Oriente e con esse tutto l’indotto. Cosa ha fatto il partito dei lavoratori per indurre lo Stato a rimodernare la produzione, ad incentivare la ricerca e quindi a salvare i posti di lavoro e a crearne di nuovi? Niente.
Si potrebbe continuare sul riassesto del territorio, sull’edilizia autosostenibile, sui collegamenti ferroviari e via acque interne, sulla banda larga (in alcune zone non arriva neanche l’adsl e non si parla di zone di montagna), sulla pesca e riassesto del patrimonio ittico marino e via dicendo. Cosa hanno fatto i partiti dei lavoratori in proposito? Niente.
Con una somma di Niente, dov’è che nasce questa grande stima verso il partito dei lavoratori?
Il contrabbando, a parte il danno economico alle casse dello stato con conseguente aggravio su coloro che pagano le tasse, che già non è cosa da poco, il contrabbando è stravolgimento della struttura sociale, palestra di allenamento per gradi sempre più alti di criminalità, concorrenza sleale verso le attività produttive legali a cui sottrae manodopera offrendo migliori guadagni con minore impegno (AZ)
——-
Non è vero.
Il contrabbando danneggia unicamente le casse dello Stato in misura delle tasse sui tabcchi non riscosse. Lo Stato viene danneggiato infinitamente di più dalla grande evasione ed elusione, quella dei grossi gruppi, non quella dei bottegai.
In compenso, il contrabbando impegna tutta quella categoria di lavoratori impropri che, per indole, per cultura, per collocazione famigliare, sono del tutto inadatti ad essere collocti nel mondo del lavoro ‘normale’. In assenza del contrabbando, questi elementi si riversano nella delinquenza più pericolosa, questa sì veramente dannosa, che oltre a danneggiare i cittadini direttamente, li danneggia sottrendo allo Stato uomini e denaro altrimenti impiegabili, per contrastarne il crimine.
Duecentomila contrabbandieri non sono un allarme sociale; duecentomila delinquenti sì. Possibile che un concetto così semplice non vi entri nella testa? Il crimine, come la prostituzione, non è eliminabile ma solo incanalabile in attività meno pericolose. Quando lo capirete sarà sempre troppo tardi.
Per quanto riguarda le teorizzazioni paracamorriste, in Italia il voto di scambio è stata ed è ancora, per certi versi, la regola.
In tutta Italia, non solo in Meridione.
Lo scambio può essere direttamente economico (soldi, posti di lavoro) o localistico (via i meridionali, via gli extracomunitari, tasse che devono rimanere in loco, esame di dialetto e così via), ma è sempre uno scambio che privilegia alcuni e danneggia altri.
Ovvero, lo stile camorristico istituzionalizzato.
C’è ancora qualcuno, dunque, che ha il coraggio di dire che la delinquenza organizzata è un fenomeno solo meridionale e non politicamente generalizzato?
Questo Marchionne pare Silvio
di Giorgio Bocca
(L’Espresso)
Come Berlusconi, il capo del Lingotto è convinto che il potere debba avere mano libera. Ed entrambi sembrano stupiti quando scoprono che i sottoposti non gradiscano
L’idea che il potere, in un’impresa come in uno Stato, debba avere mano libera sui dipendenti e sui cittadini è di quelle dure a morire. Il manager della Fiat Marchionne in questo è simile al capo del governo Berlusconi, entrambi stupiti e quasi delusi che i lavoratori sottoposti non capiscano, non gradiscano il ricatto del capitalismo globale…
Appartiene alla filosofia del potere la convinzione che la legge del più forte, nel caso del mercato globale, sia anche la più giusta. Ma è un’idea di comodo, cara a chi sta al potere, smentita dalla storia, cioè dalla lotta di classe e dal progresso produttivo e sociale: se l’automazione è arrivata nelle fabbriche rivoluzionando e migliorando il modo di produrre lo si deve anche alla lotta di classe, alle rivendicazioni operaie.
…il capitale [lo] scambia per un suo inalienabile diritto: trasferire la produzione dove più gli comoda. È una pretesa inaccettabile da un paese civile: non si può compiere la prima accumulazione del capitale, la prima crescita produttiva e tecnica usando le risorse umane locali e poi trasferirsi dove al capitale conviene. Soprattutto in paesi come il nostro dove la formazione di una società industriale è avvenuta anche grazie ai privilegi e alle discipline autoritarie, anche grazie ai riarmi e ai bagni di sangue delle guerre mondiali.
Ha detto Marchionne: “Stiamo facendo discussioni su principi e ideologie che ormai non hanno più corrispondenza nella realtà. Parliamo di storie vecchie di trenta o quarant’anni, stiamo a parlare del padrone contro il lavoratore. Sono cose che non esistono più”.
Davvero? Forse il Ceo della Fiat si sbaglia o si illude. I padroni esistono ancora, come i lavoratori che dai padroni dipendono.
Vedo invece che continuate a confondere le amministrazioni locali con la politica nazionale.
Comprensibilissimo che in alcune realtà ci siano sindaci di diverse ed opposte fazioni politiche che funzionino benissimo, bene, meno bene o male del tutto. L’amministrazione locale è un conto, la politica nazionale un altro conto.
I grossi problemi dibattuti su FB sono, oltre alla faccenda delle leggi ad personam, l’acqua pubblica, il no al nucleare, la moralizzazione della politica. Specie quest’ultima questione è particolarmente sentita, senza distinzione di partiti. Se è sentita, è perchè la politica è considerata, ora come ora, una faccenda immorale. Senza distinzione di partiti, appunto.
Il mondo del lavoro è costituito da persone che possono essere illuminate o ottuse, sia da parte di chi dà lavoro, sia da parte di chi lo fornisce. Necessaria perciò una regolamentazione super partes che incoraggi l’illuminato e scoraggi l’ottuso, da una parte e dall’altra. Il come, ve lo dirò alla prossima puntata.
Ha detto Marchionne: “Stiamo facendo discussioni su principi e ideologie che ormai non hanno più corrispondenza nella realtà. Parliamo di storie vecchie di trenta o quarant’anni, stiamo a parlare del padrone contro il lavoratore. Sono cose che non esistono più”.
———
In un’economia globalizzata, Marchionne ha perfettamente ragione.
Oggi la competizione è tra chi fornisce il prodotto migliore al miglior prezzo. Il resto sono chiacchiere. Significa creare un coordinamento tra ricerca, produzione e commercializzazione, tale da ottenere un prodotto che abbia una sua possibile buona collocazione in una determinata fascia di mercato. Le fasce basse non vanno bene per noi a causa del costo del lavoro che qui è più alto. Bisogna puntare quindi a prodotti innovativi che possano incontrare un mercato più remunerativo rispetto a quello di massa. Non solo nel settore auto, ovviamente.
Uno dei settori praticabili per creare nuovo lavoro, ad esempio, è l’illuminotecnica. Illuminazione a led, con concetti differenti dal solito punto luce determinato dalla lampadina, seppure a basso consumo. Altro settore, quello della decorazione murale casalinga con maxischermi a cristalli liquidi collegati a webcam nel mondo. Tutta tecnologia già esistente.
Se io avessi un’idea geniale o un’idea qualsiasi e volessi mettere in moto un’azienda e quindi creare posti di lavoro, non avendo alle spalle un capitale non potrei farlo, poichè le banche non elargiscono crediti, il mercato del lavoro è rigido, la fiscalità è punitiva e i costi d’impianto sono inabbordabili. Quindi, niente nuovi posti di lavoro. Posso aspettarmi che il partito dei lavoratori venga incontro in qualche modo a quelli che abbiano di queste esigenze? Si, col cavolo. Con che coraggio allora mi si viene parlare di partito dei lavoratori?
Dagli illuminati di Baviera, all’Illuminato di Bisceglie….
Se c’è un “trend” comune che accompagna le “illuminate ” di marco è senza ombra dubbio ,che al di là di tutte le cose che dice, di cui molto fantasiose ,tanto che se fosse un tempo andato, si potrebbe chiamarlo “neon”…e che alla fine finisce sempre per dar ragione a tipetti come marchionne e il silvio.
Onestamente tra i due una certa differenza di ruoli esiste,purtuttavia il pezzo postato da Vox ,coglie nel segno.
E’ una vecchia tecnica “propagandistica” dei tipi che facendo finta di cambiare tutto , in realtà non vogiono che cambi nulla .
Dal Gattopardo a Michele Zaza, senza soluzione di continuità,nel perfetto segno di una continuità sovrana.
Un corifero di buona lena ,direi!
cc
x Marco
caro Marco, delle tue idee politiche neanch´io condivido molto, ma per ragioni molto diverse da quelle di Sylvi.
Citare una bolzanina da facebook e´ una cosa che pero´ ti esponeva a facili critiche.
Intanto Sylvi obietta che e´ terrona o di origini terrone, no? E ti ricordera´ presto della politica etnica del Duce in Alto Adige…
Se ci sara´ una secessione, se ne vedranno delle belle. Almeno il Sud ha una storia unitaria pre-nazionale, il Nord no. Per cui si assisterebbe ad una progressiva frantumazione del ´ loro´ Nord, a partire ovviamente dal Tirolo che non riconoscerebbe il nuovo stato ´italiano´. Sara´ una slippery slope, per cosi´ dire, verso le citta´ stato medievali.
Una cosa del genere si vede un po´ in Spagna, da cui la lercia Padania prende esempio da molto tempo.
A Valencia parlano valenziano, spesso in scritta unica su locali e mezzi pubblici! le differenze col castigliano sono minime, meno di quelle tra catalano e castigliano, mi pare, ma tant´e´. Credo che in OGNI regione e provincia della Spagna parlino e scrivano nelle loro rispettive ´ lingue´, che ridicolata.
E che affronto alla lingua di Cervantes, Garcia Lorca, Garcia Marques, e tanti altri, dato che il castigliano non si parla certo solo in Castiglia e Madrid.
Immagina le scritte stradali in barese, napoletano, varesino, milanese, veneziano, torinese…mi viene la nausea solo a pensarci
un saluto
Peter
x Peter
Se ci sarà una secessione…spero di no per tutti noi, è perchè avranno prevalso quelli che ragionano come Marco.
Az sa quel che dice, al dilà delle nostre divergenze.
Il problema non è soltanto economico, anche se cc ha più volte parlato di ciccia che non c’è più…e anche a lui capita, sull’argomento, di capire quel che dice.
Che ogni Regione o Provincia di Spagna parlino la loro lingua è una ridicolata per lei…non per loro! Si ponga il problema, anzichè ridere!
Ero sulle Dolomiti e sentivo due signore parlare una lingua di cui capivo molto…per un istante pensavo fosse ladino.
Gliel’ho chiesto: siamo catalane,…non spagnole!-
mi hanno risposto.
Hanno aggiunto, dopo poco: anche voi avete il problema con il Sud!!!
Non serve indignarsi; nè far finta che il problema non c’è:
Sarebbe utile per tutti, capire.
Ma ragionando come i Bossi, o come i Marco…
si andrà dove si si andrà!
Sylvi
x Peter:
Si, tutti ci girano intorno ma nessuno che affronti l’argomento.
L’idea di secessione fa ridere, poteva venire in mente solo a un troglodita come Bossi.
L’Italia è tenuta insieme dal calcio, non c’è alcun rischio di secessione.
Secessione di chi da chi, poi? Ogni regione al Nord se ne andrà per fatti suoi, poi ogni provincia. Davvero si rischierebbe di finire alle città-stato. Dal Nord andranno a lavorare in Romania.
Nord e Sud a me non interessano, ora vivo al Centro.
Il Centro con chi andrà? Il Centro ha una carta vincente: il Papa, che da solo vale quanto la Fiat tutta intera. Per cui, possiamo stare tranquilli. Se poi fanno il Regno di Napoli, richiedo la doppia cittadinanza immediatamente.
Mi rendo conto che quando si va giù con argomenti pesanti, tutti che svicolano ma nessuno che ribatta con altrettanti argomenti.
Restano tutti nei loro schemi precotti e decotti, frutto di letture e non di vita vissuta. Pensieri di altri, rimasticati e maldigeriti. Poi si ritrovano col culo per terra, senza capire chi ha tolto loro di sotto la sedia!
Ma quale paura e paura? Nel mio vocabolario non esiste questa parola, a meno che non si tratti di un errore di stampa.
Totò
Caro CC, propaganda o no, finora col culo per terra ci si sono trovati i lavoratori.
Alla faccia della lungimiranza del partito dei lavortori.
cara Anita,
ho da due notti ospite Riccardo. I genitori respirano e poi vanno a dormire in barca.
Noi nonnetti ascoltiamo i suoi respiri, anche i suoi soliloqui notturni…poi si riaddormenta.
Siamo alle solite…io, come ho fatto con i figli, lo lascio sproloquiare…mio marito invece, ha scoperto i bambini…ed è “sul piede di guerra” tutta la notte!
Ma se ha scoperto che i bambini hanno il loro ritmo, che non sono bambolotti da coccolare per 5minuti, come crede Marco, perchè rompe le scatole a me , che lo so da una vita?
Ti abbraccio Sylvi
La Padania non esiste
Questa mattina, il segretario nazionale del Partito Democratico, Dario Franceschini, invitato dal circolo PD di Paesana, ha incontrato i militanti che lo hanno accompagnato a Pian del Re, alle sorgenti del Po, per piantare una bandiera tricolore nel luogo dove da anni Bossi riempie d’acqua l’ampolla.
“Pian del Re – ha detto Franceschini – è stato violato per tanti anni ed è invece il luogo più giusto per dire che la Padania non esiste, non è mai esistita e mai esisterà. Esiste, invece, una terra, che è anche la mia terra,
bagnata dal grande fiume, piena di valori, di comunità che da secoli conoscono la solidarietà, l’accoglienza, il rispetto delle diversità. Le sorgenti del Po sono certamente il luogo più simbolico per ricordare, come
dice la Costituzione, che l’Italia è una e indivisibile. Sono venuto alle fonti del Po per ribadire il valore dell’italianità. Questa parte dell’Italia non può essere lasciata soltanto alla Lega Nord e ai suoi egoismi. E’ anche nostra, del PD, insomma di tutti gli italiani. Abbiamo bisogno di valorizzare le differenze, di partire dalle varie culture locali per dare vita ad una comunità nazionale unita e solidale che ci consenta di superare la crisi”. Insomma al Nord il centrosinistra deve smettere di essere subordinato culturalmente alla Lega e deve sapere imporre valori alternativi.
“Se uno deve solo fare il verso agli altri per dimostrare qualcosa, fa vedere di non avere proprie idee”, è stata la risposta stizzita del ministro leghista Roberto Calderoli.
“Dal ministro della Repubblica Roberto Calderoli abbiamo avuto oggi un nuovo esempio di alto senso civile e profondo senso dello Stato. Con le sue parole non fa altro che confermare l’impostazione anti-italiana e antidemocratica della Lega e dei suoi rappresentanti”. Così Sergio D’Antoni, responsabile Mezzogiorno del Pd commenta le dichiarazioni di Roberto Calderoli, secondo cui la presenza di Franceschini alle sorgenti del Po è “sgradita”.
“Se è sufficiente piantare un tricolore sul Monviso e parlare di unità della Patria per scatenare le ire di Calderoli, vuol dire che la situazione è davvero grave e che ormai i seguaci di Bossi si sentono padroni incontrastati a Palazzo Chigi. Questi individui hanno dichiarato dal primo momento guerra aperta ai principi di unità e solidarietà nazionale. Dai banchi del governo e da quelli della maggioranza piovono ogni giorno dichiarazioni agghiaccianti che mirano a mettere in discussione l’architrave stesso dello stato unitario. Queste persone, che tentano di dividere il Paese e di farne un luogo frammentato e conflittuale, devono sapere che il Partito
democratico non se ne starà a guardare. L’Italia è una e indivisibile. Per capirlo Calderoli farebbe bene a leggere dove sono nati i ragazzi che ci rappresentano nelle missioni di pace in tutto il mondo”
… dolce sogno … essentite questa… il bue che dice cornuto all’asino…
Iran: Israele, reattore inaccettabile
21 Agosto 2010 23:05 ESTERI
(ANSA) – GERUSALEMME – ‘Inaccettabile': cosi’ il ministero degli Esteri israeliano commenta l’avvio della centrale nucleare iraniana di Bushehr. In un comunicato si legge che che ‘e’ del tutto inaccettabile che un paese che viola in modo cosi’ manifesto (i trattati internazionali) possa godere dei frutti (prodotti) dall’uso di energia nucleare’. Il comunicato afferma che ‘la comunita’ internazionale dovrebbe aumentare le pressioni per costringere l’Iran ad adeguarsi alle decisioni internazionali’.
Ho letto, ma non posso partecipare…solo che delle secessioni di diverse regioni, ne parlavano sin dal 1950.
Spero che non avvenga mai.
BUONANOTTE A TUTTI.
Mi sto spingendo ad accettare inviti…sono un po’ restia.
La colpa e’ mia, e’ fine estate e diversi amici e vicini danno elaborati parties per un ultimo good bye alla buona stagione.
Devo riconcigliarmi con vecchie amicizie, senno’ mi trovero’ sola. A.
Caro Vox,
la differenza di mentalita’ tra Bocca e Marchionne e’ enorme.
Bocca ha visto la guerra,la ricostruzione del paese e la sua industrializzazione,…Marchionne,a Detroit, dall’eta’ di sei nni ha
frequentato le scuole Usa,”profitto a tutto spiano o,…il fallimento”.
Insomma ci sono due generazioni di mezzo.
Cosa fare?
Riformare il capitalismo e il comunismo,…nelle loro idee di base,…ma questo prendera’ altre due generazioni,…se l’uomo,nel frattempo,non sara’ tanto stupido da distruggere tutto.
Spiegato mi sono?
Un saluto,Ber
Mia povera signora Silvy,
non ho detto nulla di offensivo nel mio messaggio n. 284 se non che lei ha uno scarso controllo della sua viseralità; tema per altro datato. Come sempre lei carica come un storo infuriato, prima ancora di aver capito.
Un saluto commiserante U.
Ma se ha scoperto che i bambini hanno il loro ritmo, che non sono bambolotti da coccolare per 5minuti, come crede Marco,
——–
I soliti pregiudizi.
Io sono tuttora un punto di riferimento per i miei nipoti, altro che coccolarli per 5 minuti….
Lo sono anche per i figli dei miei nipoti, se per questo.
Cara Anita,
tranquilla, la secessione non avverrà, non ci sono i presupposti, se escludiamo i vaniloqui di Bossi e dei suoi accoliti.
Chi manovra i soldi, che poi è quello che conta, sa benissimo che con la secessione il Nord è destinato a balcanizzarsi e ad affondare e quindi la secessione non si farà.
Resta solo uno slogan della Lega per abbindolare i polli, che quanto pare al Nord abbondano.
x tutti,
…gli esperti del nulla,…cioe’ dei soldi sacili.
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2010-08-21/cari-colleghi-scendete-terra-080456.shtml?uuid=AYNyVcIC
x TUTTI
Cari amici, vedo che tra alcuni le polemiche salgono di tono in modo a volte eccessivo, con uso di termini a volte offensivi o quasi. Capisco che ad agosto il solleone spinga a maggiori ardori, come dimostra anche il disastro a livello governativo, parlamentare e cialtro-giornalistico, ma evitiamo per cortesia di imitare chi ad agosto ha anche scatenato guerre colossali. Il nostro è un blog atipico, con annesso forum salotto-tinello-bar dove si parla a ruota libera di tutto un po’, il più delle volte fuori dal solco del tema da me proposto. Il forum quindi esprime e permette una certa socialità, rara avis di questi tempi. Non buttiamola a mare.
Chiedo a tutti un po’ più di cortesia e self control, e se c’è chi eccede, come capita spesso a chi per esempio non nomino, facciam finta di nulla: “Tirrem innànz!”, o, meno drammaticamente, “Non ragioniam di loro, ma guarda e passa”.
Buona domenica a tutti, nessuno eslcuso. E un abbraccio.
pino
Ha paura del voto e corteggia CasinI Bossi: subito alle urne
Berlusconi tra incudine e martello.
L’ultimatum ai finini: «Sui cinque punti non tratto, prendere o lasciare» non è poi così urgente.
Il premier teme l’erosione di voti da Lega e Fli. Corteggia Casini e Bossi s’imbufalisce: subito al voto .
xUroburo 336
Be….certi sono portati a pensare secondo la loro indole.-
–
Tra l´altro mi sto´accorgendo che non avendo altri argomenti ,di contro ai miei….alcuni tendono a scrivere credendo o sperando di liberarsi dagli impicci nel seguente modo:-
“Peter { 21.08.10 alle 10:15 }
senti da dove mi vengono le lezioni di civilta´. Quante cose trova il tempo di pensare tra una palpatina abusiva e l´´ altra…
Peter…”
Cosi son felici…..e moooooooooolto penosi.
.
Dunque qui oramai passo per un pervertito e depravato che si passa il tempo nei treni e negli autobus a palpeggiare donne.
Molto interessante.
Tutto parte da un post in cui io accennavo ad una donna che in treno mi si era appiccicata letteralmente addosso. Poco dopo anche il blogmaster racconto´ di un paio di episodi accaduti a lui stesso.
Io sono dotato, di una normale e sana libidine, da ragazzo , da giovane ed anche ora da anziano (anche se ancora molto giovanile,tanto che mi preoccupo del mio aspetto che sembra invece di invecchiare …ringiovanire….che sara´mai?). Io la chiamerei anche un sana emozione . Non viaggio certo con il pensiero di trovare qualcuna da palpeggiare, ne´ho altri di pensieri nel cervello. Pero´mi capita che se vedo una donna, quei pensieri svaniscono e mi ritrovo a contemplare la bellezza….bellezza che puo´scaturire solo dagli occhi o dal viso ( che non deve essere necessariamente bello, ricordiamoci per esempio di Anna Magnani che non era proprio bella alla Virna Lisi, pero´ il suo viso emanava sensualita` pura), o dai fianchi stretti, da un seno prosperoso (che a me piace tanto succhiare) o dalla labbra sensuali, o dai lobi che mi piace delicatamente morzicare, o dai capelli che con prudenza e tatto durante l´amore mi piace tirare, o dalle gambe, o il posteriore o dal modo di camminare.
Mi sono sempre voltato ed ancora oggi mi volto.Per fortuna…
Se e´una racchia no, se truccata in modo troppo vistoso no, se e´profumata con profumi troppo forti, di quelli che fanno starnutire no. Se le vedo guardo da un´altra parte, se si siedono vicino a me mi scosto.
Dunque se e´il caso, dimendico tutto….famiglia , figli , affari, problemi……un occhiolino un sorriso un movimento furtuito e casuale, un altro sorriso ….una parola….ci si accorge subito se c´e´corrispondenza, ed allora vaaaaaaai… carpe diem, carpe femmina , carpe tutto, in fondo in questo mondo siamo solo ospiti e domani non sono sicuro di esserci ancora.
Il Sicilia si dice:- “Fimmina piccanti piggnila ppi amanti, fimmina cucinera piggnila ppi muggnera”.
Qualcuno sicuramente ribattera´:-“e se lo facesse tua moglie?”…se e´il caso cosa posso farci, siamo liberi ed adulti e sono contro i falsi moralismi di certuni in questo blog che prendono fischi per fiaschi e sono portati nel cervello oramai fuso a pensare sempre il male, come la Sylvi che invita Uroburo a precisare di quale orifizio o sfintere si tratta.
Io sono stato lasciato da una sola donna, era Italiana e purtrooooppo
non “cucinera” che mi disse….allora :-” Se ti pesco un giorno con un´altra donna ti lascio” …mi pesco´e lo fece davvero,mi lascio´e chiese il divorzio nonostante la madre le dicesse:-” Cche ci vuoi fari figghia mia, l´omu e´cacciaturi”.
Molti vorrebbero e si reprimono altri non possono, io invece non mi reprimo e posso ancora, speriamo per molto tempo.
Dunque se c´e´ accondiscendenza dall´altra parte continuero´a toccare a tastare a pizzicare ed a fare tutto quello che ritengo piacevole…..in fondo come gia´detto tutto e´ passe´, e se non ci penso io ci pensa qualcun altro che magari ha la mia stessa sana e normale libidine. A poker ho trovato un pollo al casino´ , un ingenuo che spenno regolarmente, forse che mi devo fare dei scrupoli di coscienza?
Troverebbe un´altro che lo spenna, meglio io….prima o dopo imparera´ e capira´a non farsi tremare il labbro quando bleffa.
Rodolfo
…la Sylvi è uno sfintere aperto…Ipse dixit!
Ma il signor Uroburo non ha ancora specificato di quale sfintere…dei 40 e passa che ho!
Potrebbe essere lo spunto di un ripassino di anatomia.
So che farà esattamente il contrario, ma mi dà ai nervi che mi paragoni a Marco, che oltre tutto gratifica il Nord, ma in particolare i veneti dei più graziosi epiteti!
Forse i veneti sono gli unici ad aver capito che è un ” tira campanelli”???
Sylvi
Il gatto di casa mia ha perso la voce. Non so cosa possa essergli successo, perchè per il resto sta bene. Apre la bocca per miagolare, ma non esce alcun suono. Ora è sul divano che dorme tranquillo. Stanotte deve aver fatto le ore piccole, perchè appena è entrato in casa stamattina, mi ha fatto solo due strusciate ed è andato subito a dormire. La mia amica che ho avuto ospite, se ne è innamorata. Ha provato anche a dargli del latte, ma il gatto evidentemente ha di che saziarsi, perchè ha leccato un po’ e poi ha lasciato il pasto a metà. Quando faccio la pasta con la ricotta, gli lascio il piatto ( di plastica, io non uso piatti di coccio) da leccare e lui se lo pulisce per bene; ma se gli lascio qualcosa in più di ricotta, non la mangia tutta. Non solo, ma se si avvicina un altro gatto, lo lascia mangiare dal suo piatto, in contemporanea. Strano, perchè qui è lui il dominante del territorio e l’ho visto diverse volte far fuggire altri gatti a gambe levate. Evidentemente ha le sue simpatie.
x Sylvi
I veneti e quelli del Nord votano Bossi.
Leghista, è il più offensivo epiteto che si possa immaginare, perchè li comprende tutti.
xMarco
Non sai i soldi che spende mia figlia per i gatti…ne ha due.
Regolarmente dal veterinario, vaccinazioni, vitamine ecc.
Poi tra le altre cose il post di Marco mi sembra avere anche altri significati, forse piu´profondi. Chissa´. Rodolfo
Parlo del 344
Attualità x Tutti,
I dimenticati d’Abruzzo di Fabrizio Gatti
Centri storici abbandonati, strade invase dalle macerie, 30 mila ancora sfollati, 15 mila senza lavoro. Nuovi alloggi già deteriorati. Viaggio nei luoghi martoriati dal terremoto. Sedici mesi dopo le scosse
(19 agosto 2010) Il centro di Sant’Eusanio Forconese
foto di Fabrizio GattiQualcuno ha chiamato per nostalgia il numero della sua casa pericolante. E un bel giorno ha sentito rispondere. “Chi parla?”. “Chi parla? Ma chi sei tu?”. Quello dell’Aquila è stato il primo grande disastro italiano nell’era della comunicazione. E la comunicazione non può aspettare. È per questo che Telecom, secondo quanto è stato detto ad alcuni sfollati dallo sportello clienti, sta assegnando ad altri i numeri dei contratti sospesi dopo il terremoto.
Comincia così l’oblio. Ti cancellano dall’elenco telefonico. Non dalle bollette di abbonamenti tv, luce, gas che continuano ad arrivare. Almeno in città c’è il popolo delle carriole a tenere vivo il ricordo su cosa non è stato fatto. Ma nei paesi della provincia come Sant’Eusanio Forconese, Castelnuovo, Poggio Picenze i centri storici sono giorno dopo giorno sempre più estranei. Sempre più lontani dalla quotidianità. Immagini spettrali di un mondo ora rinchiuso dentro le facciate di legno pressato delle new town. Ci siamo giocati anche la seconda estate per avviare i lavori. Tra un mese in Abruzzo arriveranno il freddo e il maltempo. Se ne riparla dopo il prossimo inverno. E nessuno può ancora prevedere quando torneranno abitabili quei comuni: il 2015, il 2030, mai?
Lo show ha funzionato. Hanno dato appartamenti dignitosi e casette di legno a 18 mila persone e, a guardarle dal resto dell’Italia, sembra che tutti abbiano avuto un tetto. Invece il grosso resta ancora da fare. Rimuovere le macerie, avviare la ricostruzione vera nei centri storici, i più colpiti. E soprattutto riportare in città quanti si trovano nelle stesse condizioni di sedici mesi fa: 15 mila senza lavoro e 30 mila sfollati di cui 3.500 ospitati ancora negli alberghi sulla costa adriatica, secondo i dati calcolati a inizio agosto dal Comune dell’Aquila. Da quando il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, ha passato i poteri di commissario delegato al presidente della Regione, Gianni Chiodi, i cittadini abruzzesi sperimentano ogni giorno cosa significhi il motto stampato sullo stemma del capoluogo: “Immota manet” c’è scritto, resta ferma. E infatti nei centri storici dei paesi non si muove nulla. Scavalcate le transenne che sbarrano le strade ci si ritrova a camminare su macerie e pezzi d’arredamento calcificati. Si fatica a capire dove finivano le case e cominciavano le vie. Erbacce e rovi ricoprono di verde e fiori selvatici la distruzione. Uno specchio rotto appeso alla parete. Un triciclo schiacciato dalle pietre. La culla di un bimbo. Lo scricchiolio di una persiana sbattuta dal vento. Si sale e si scende tra cumuli e voragini. Un odore umido di cantina e sabbia bagnata si diffonde dalle finestre senza vetri. A Poggio Picenze la foto di quella notte è immortalata nei panni stesi ad asciugare al balcone di una casa che non c’è più. Un lavandino continua a gocciolare. Il lampione stradale ti guarda dal basso, piegato in due, spento per sempre un anno e quattro mesi fa.
I nomi delle piazze li leggi sulle targhe ad altezza di polpacci. Decine di facciate sono pronte a crollare. Come a Sant’Eusanio, paese di Mimmo Srour, 62 anni, titolare a L’Aquila di uno studio di ingegneria civile, messo a capo all’assessorato provinciale alla Ricostruzione inventato per l’occasione dalla giunta di centrodestra. L’assessore Srour prima del disastro stava con il centrosinistra. Ora è accusato dal Pd locale di essere il responsabile della sconfitta della presidente uscente, Stefania Pezzopane. Il terremoto non sbriciola soltanto il cemento. E poi c’è il peso prevedibile del prossimo inverno, il secondo. La neve, il ghiaccio, le infiltrazioni d’acqua. Senza lavori di consolidamento, anche le case soltanto danneggiate stanno via via cadendo. Il centro di Sant’Eusanio è fermo all’alba del 6 aprile 2009: a parte le erbacce e i cespugli di lavanda, lo scenario è lo stesso di quando la prima luce del giorno mostrò ai sopravvissuti cosa era rimasto. Hanno puntellato solo la chiesa e, per proteggere gli operai, gli edifici della piazza. Nel farlo, si sono lasciati prendere la mano. Hanno montato tralicci e puntelli a ridosso della canonica. Senza considerare che andava demolita. La canonica ora non c’è più e l’immenso castello di metallo è rimasto lì a sostenere l’aria tersa di fine estate. Uno spreco: un tubo zincato venduto in esclusiva dalle Acciaierie Marcegaglia costa 3,40 euro al metro, i giunti cardanici 1,98. Puntellare una villa può valere 60 mila euro. Un palazzo 500 mila. Sempre soldi pubblici. terremoto | Abruzzo | L’Aquila ©
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Quel che ha fatto la Telecom è una cosa ignominiosa: mi sarei aspettato una cosa del genere sotto il regime del Tronchetto (come lo chiama giustamente Grillo) che ha devastato ogni cosa, depauperato i beni patrimoniali e risorse umane dell’azienda.
LEGGERE E MEDITARE,…DOMANI POTREBBE ESSERE IL VS TURNO.
Ciao,Ber
x Sylvi,
non ti sei mai chiesta per quale strano motivo non mi hai mai sentito parlar male dei friulani e dei tirolesi, anzi ne parlo bene? Eppure friulani e tirolesi sono molto più lontani da noi meridionali, rispetto ai veneti.
Non ti sei mai chiesta come mai, anche in Piemonte, non è che i veneti godano di tanta simpatia? Ma neanche in Lombardia, se per questo. Un motivo ci deve pur essere, no?
Secondo te?
x Rodolfo:
qui da me i gatti possono fare il loro mestiere di gatti, avendo tutta una collina a loro disposizione. Fanno i predatori come è nella loro natura, si curano con le erbe e dominano il territorio con le gerarchie a loro congeniali.
Il mio gatto si è spostato dal divano ed è venuto a dormire per terra proprio vicino ai miei piedi. Dorme profondamente, tutto allungato sul pavimento, non rannicchiato come suo solito. Evidentemente soffre il caldo.