E’ morto Cossiga. Schiacciato anche dal peso di avere accettato la decisione dell’inviato Usa, Steve Pieczenik, uomo del segretario di Stato Kissinger, di spingere le Brigate Rosse a uccidere Aldo Moro. Che proprio da Kissinger era stato minacciato di “eliminazione” se avesse portato i comunisti a far parte del governo
Volevo scrivere un pezzo dedicato solo al succo del discorso che emerge dall’assalto delle truppe berluscone al presidente della Camera, Gianfranco Fini, e alla sua famiglia. Ma la scomparsa di Francesco Cossiga mi porta a dedicare qualche riga anche a lui.
Sì, certo, Cossiga è stato – come Giulio Andreotti – l’asse portante del lato più oscuro del potere politico in Italia. Per essere chiari: il lato responsabile anche delle stragi come quella del 12 dicembre 1969 a piazza Fontana a Milano. Cossiga ne era talmente cosciente che, oltre ad avere accennato più volte alle proprie responsabilità, ha nominato Andreotti senatore a vita spiegando pubblicamente che questi avrebbe dovuto essergliene grato perché una tale nomina lo metteva per sempre al riparo della legge e dei magistrati. Cossiga ha cioè ammesso di avere procurato ad Andreotti, perché ne aveva evidentemente bisogno, ciò che il Chiavaliere Mascarato Pipino il Breve sta tentando di ottenere con testardaggine da anni, anche a costo di sfasciare man mano il parlamento, le istituzioni e le fondamenta del Paese intero.
In particolare, Cossiga è corresponsabile della morte di Aldo Moro. Corresponsabile, si badi bene, e non responsabile: perché la responsabilità è delle Brigate Rosse che lo hanno prima rapito e poi materialmente ucciso. Corresponsabile della sua uccisione, forse anche del rapimento se è vero che fu lui a negare l’auto corazzata chiesta per Moro dal capo della sua scorta, il maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi.
Detto questo, bisogna per onestà aggiungere che probabilmente Cossiga ha scelto il male minore. Mi spiego. I patti di Yalta rendevano di fatto impossibile, a meno di un bagno di sangue, che in Italia governasse il partito comunista. Anzi, gli Usa avrebbero certissimamante scatenato un golpe, con annessa tragedia di grandi dimensioni, anche se il partito comunista avesse solo fatto parte di un governo democratico, cioè composto anche da altri partiti. Di più: gli Usa non avrebbero mai tollerato che l’Italia uscisse dalla Nato, per impedirlo erano disposti a tutto. E di tutto hanno fatto… In tali condizioni, Cossiga, con Andreotti&C, hanno fatto in modo che un numero limitato di vittime, quelle delle stragi, quelle degli uccisi da polizia e carabinieri nelle manifestazioni e quelli del terrorismo, nato per reazione alla strage di piazza Fontana e al pericolo reale di golpe, scongiurasse una guerra civile devastante come quella della Grecia, dove i comunisti invece si illusero di potersene fregare di Yalta, o un colpo di Stato militare come appunto quello greco prima e quello cileno dopo.
Sì, certo: Andreotti ha fatto la stessa cosa servendosi della mafia. O meglio: anche della mafia siciliana. Lui ha acettato la situazione esistente in Sicilia, messa a sua disposiazione quando Salvo Lima e i suoi passarono dalla corrente democristiana di Amintore Fanfani a quella di Andreotti, permettendogli così di passare da leader laziale, al guinzaglio del Vaticano, a leader nazionale di lungo corso. Ma fare la guerra alla mafia, anziché usarne i voti per stare in parlamento e al governo, significa dover mettere in piedi un meccanismo repressivo militare di tipo quasi afgano. Con il risultato di perderla…
Insomma, non mi metto ad applaudire Cossiga, così come non applaudirò Andreotti quando sarà il suo turno, se eventualmente prima del mio, ma non desidero unirmi al coro di chi gode per la sua morte e si augura, come ho letto in altri blog, che “patisca le pene dell’inferno”. Desidero solo che si rifletta di più su cosa è in realtà la politica, compresaquella democratica. Ogni potere ha la sua bella dose di merda e sangue. Oltre che di lacrime. Altrui, ovviamente.
Di Cossiga comunque apprezzo l’avere detto chiaro e tondo – certo, in ritardo. Ma da capo dello Stato non poteva certo dirlo – che l’aereo dell’Itavia finito nel mare di Ustica è stato abbattuto per errore dai francesi, ponendo la parola fine – se fossimo un Paese serio – alla lunga serie di leggende e “misteri” assurte a Verità. Idem per la strage alla stazione di Bologna, dovuta a un errore di chi trasportava esplosivo per conto dei palestinesi e non alla volontà dei neofascisti come Giusva Fioravanti e Francesca Mambro che sono stati condannati come colpevoli. Idem per avere messo in chiaro che avere fatto “pentire” Patrizio Peci – dando così inizio alla frana e alla fine delle Brigate Rosse prima e dell’intero terrorsimo italiano dopo – era merito non del famoso generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, bensì dello sconosciuto maresciallo delle guardie carcerarie Angelo Incandela, come ho scritto nel mio libro “Agli ordini del generale Dalla Chiesa”.
Riguardo Moro, le colpe di Cossiga sono gravi. Riporto qui di seguito quanto ho scritto tempo fa:
«Lo stesso attentato a Moro, no? La prigione di Moro».
«Sì?»
«Erano arrivati alla casa vicina a dove stava lui. Hanno avuto l’ordine di fermarsi. Lo so perché un mio alunno faceva parte di queste cose qui. Me lo ha detto lui: “Noi abbiamo avuto l’ordine di fermarci e tornare indietro”. Erano arrivati a pochi… A venti metri erano arrivati. Quindi lo sapevano benissimo. Cioè, lo sapevano. Setacciando casa per casa, alla fine lo dovevano trovare».
«Via Montalcini?»
«Adesso non so perché io non sono addentro alle segrete cose. Però questo me lo ha detto un mio alunno che stava lì, insomma, ecco, faceva parte di quelli lì. Hanno dovuto rimettere, capito? Ma non parliamo male che non è questa né la sede né il luogo né il caso».
Questa è una parte del mio dialogo al cardiopalma con un gesuita confessore della Chiesa del Gesù in uno dei primi giorni dell’agosto 1993. Stavo scrivendo il libro Tangenti in confessionale, spacciandomi nei confessionali delle chiese più rappresentative d’Italia, dal duomo di Torino alla basilica di S. Pietro in Vaticano fino a S. Gennaro a Napoli, per un politico che accettava le mazzette dagli industriali e a volte, al contrario, per un industrale che le pagava ai politici. Volevo capire e documentare il comportamento e l’influenza della Chiesa nei confronti di un fenomeno come quello della corruzione e delle tangenti, troppo diffuso per essere ignoto ai suoi confessori e quindi alla gerarchia. Che infatti si dimostrò a conoscenza del fenomeno in modo capillare, senza però considerarlo quasi mai una cosa immorale, insomma un peccato. Mi «confessavo» con un mini registratore avvolto in un giornale tenuto in mano perché stesse il più vicino possibile alla bocca dei religiosi. La tarda mattinata di un giorno tra il 2 e il 4 agosto sono andato nella chiesa del Gesù, in piazza del Gesù. Una scelta dovuta al fatto che in quella piazza c’era la sede della direzione nazionale della Democrazia Cristiana e al fatto che in qualla chiesa Andreotti andava a messa quasi ogni mattina, dove presumevo si confessasse anche.
Entrato in chiesa, mi sono diretto verso il primo confessionale a destra, dove c’era un religioso già al lavoro. Non avrei immaginato neppure da lontano che il discorso sarebbe piombato nel caso Moro, e in modo così tranchant: «Lo stesso attentato a Moro, no? La prigione di Moro»… Io parlavo di tangenti e corruzione politica, il confessore di punto in bianco per dirmi che si trattava di un fenomento arcinoto ma tollerato mi raccontava della mancata liberazione di Moro!
Dato il caldo e il mio essere stato arrestato quattro anni prima proprio per l’affaire Moro, il cuore m’è schizzato in gola e ho cominciato a sudare come un cavallo. La storia che mi ha raccontato quel gesuita è la seguente: «Un mio ex alunno si era arruolato nella polizia ed era entrato nel corpo delle “teste di cuoio”. Un giorno è venuto a chiedermi l’autorizzazione morale per infiltrasi nelle Brigate Rosse, voleva cioè sapere da me se l’infiltrarsi era morale o immorale. Gli dissi che era morale. Passato del tempo, quel mio ex alunno è tornato da me schifato. Mi ha raccontato che mentre stavano andando a liberare Moro ed erano arrivati a una ventina di metri dalla sua prigione, all’improvviso ricevettero l’ordine di tornare indietro. Il mio ex alunno rimase talmente schifato che si è dimesso dalla polizia. Ora lavora nella falegnameria del padre». Chiaro quindi che si trattava della prigione di via Montalcini, altrimenti non si spiegherebbero lo schifo e lo scappar via dalla polizia.
Ero sconvolto. Ma uno o due giorni dopo sarei rimasto ancora più sconvolto. Sono andato infatti a confessarmi anche nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina, nella omonima piazza, scelta perché in quella piazza aveva il suo storico ufficio privato l’ancor più storico Andreotti. Mi si è presentato un giovane parroco con i capelli a spazzola e l’accento pugliese. Anziché nel confessionale, mi ha sorpreso facendomi accomodare in sagrestia, seduti uno di fronte all’altro su banali sedie e separati da nulla. Ero teso perché temevo si capisse che il giornale che stringevo nervosamente in mano nascondeva quello che nascondeva. Ma a un certo punto ho rischiato di cadere dalla sedia: quel parroco mi stava dicendo che era stato il confessore di Cossiga durante tutto il sequestro Moro!
«Quando, durante l’affare Moro, Cossiga era ministro degli Interni e lo confessavo io, in quel frangente dicevo: “Professore, io la posso solo assolvere dei suoi peccati. Ma la situazione sua se la deve andare a sbrigare da qualche altro”. Allora c’era Ferretto, c’era Dossetti [ndr: ex compagni di studi di Cossiga diventati frati]. Dicevo: “Vada a sentire loro. Perché, anche, loro sono quelli che, avendo fatto carriera con lei, con Moro e col partito, a un certo punto hanno fatto un’altra scelta, possono aiutarla adesso”. A questo tipo di sollecitazione lui diceva: “Lascio perdere tutto”.»
Tradotto in linguaggio comune, il suo ex confessore mi stava dicendo che Cossiga aveva deliberatamente abbandonato Moro al suo destino. E chissà se gli aveva raccontato anche di avere rifiutato l’auto corazzata chiesta pochi giorni prima dell’agguato in via Fani dal maresciallo Leonardi, il capo scorta sempre più preoccupato per la sicurezza di Moro. In ogni caso, lo straordinario racconto del parroco di S. Lorenzo in Lucina confermava in pieno non solo quanto più volte più o meno chiaramente ammesso dallo stesso Cossiga, ma anche quanto raccontato nell’intervista a «L’Unità» dall'”amerikano” Pieczenik.
Pieczenik, chi era costui? Steve Pieczenik – assistente del Segretario di Stato Henry Kissinger e capo dell’Ufficio per la gestione dei problemi del terrorismo internazionale del Dipartimento di Stato Usa, ufficio istituito dallo stesso Kissinger – era l’uomo inviato dagli Usa per dirigere la stategia del governo italiano per il sequestro di Moro. Come ha confermato il ministro dell’Interno dell’epoca, cioè Cossiga, Pieczenik venne invitato subito dopo il rapimento di Moro a fare parte di un comitato di esperti capeggiato dal ministro per fare fronte all’emergenza. (Ne faceva parte anche il criminologo Franco Ferracuti, della P2). La strategia impostata dall’esperto «amerikano» ricalcava fedelmente quanto previsto dal Field Manual redatto nel 1970 dalla Cia per definire il comportamento Usa verso i propri alleati in caso di loro gravi crisi. Si tratta di una strategia che definisce il terrorismo «fattore interno stabilizzante», secondo il principio «destabilizzare al fine di stabilizzare», e che non si fa scrupolo di prevedere la strumentalizzazione di eventuali gruppi eversivi dei Paesi alleati se essa può risultare positiva per gli interessi americani. Leggiamo ora cosa ha detto Pieczenik in una intervista del 16 marzo 2001 all’«Italy Daily» riguardo il suo compito durante il sequestro Moro:
«Stabilizzare l’Italia, in modo che la Democrazia Cristiana non cedesse… e assicurare che il sequestro non avrebbe condotto alla presa del governo da parte dei comunisti… Il mantenimento delle posizioni della DC: quello era il cuore della mia missione. Nonostante tutte le crisi di governo, l’Italia era stato un Paese molto stabile, saldamente in mano alla DC. Ma in quei giorni il Partito comunista di Berlinguer era molto vicino a ottenere la maggioranza, e questo non volevamo che accadesse… Io ritengo di avere portato a compimento tale incarico. Una spiacevole conseguenza di ciò fu che Moro dovette morire… Nelle sue lettere Moro mostrò segni di cedimento. A quel punto venne presa la decisione di non trattare. Politicamente non c’era altra scelta. Questo però significava che sarebbe stato giustiziato… Il fatto è che lui, Moro, non era indispensabile ai fini della stabilità dell’Italia».
Più chiari e cinici di così! In seguito però Pieczenik in un suo libro del 2007, edito in Francia, ha aggiunto altro:
«Lessi le molte lettere di Moro e i comunicati dei terroristi. Vidi che Moro era angosciato e stava facendo rivelazioni che potevano essere lesive per l’Alleanza Atlantica. Decisi allora che doveva prevalere la Ragione di Stato anche a scapito della sua vita. Mi resi conto così che bisognava cambiare le carte in tavola e tendere una trappola alle Br. Finsi di trattare. Decidemmo quindi, d’accordo con Cossiga, che era il momento di mettere in pratica una operazione psicologica e facemmo uscire così il falso comunicato della morte di Aldo Moro con la possibilità di ritrovamento del suo corpo nel lago della Duchessa. Fu per loro un colpo mortale perché non capirono più nulla e furono spinti così all’autodistruzione. Uccidendo Moro persero la battaglia. Se lo avessero liberato avrebbero vinto. Cossiga ha approvato la quasi totalità delle mie scelte e delle mie proposte e faceva il tramite con Andreotti […]. «Sono stato io a decidere che il prezzo da pagare era la vita di Moro….. Cossiga era sempre informato sulla mia strategia e non poteva fare altro che accettare. Le Br invece potevano fermarmi in un attimo ma non hanno saputo farlo o voluto».
Pieczenik ha dunque detto chiaro e tondo che il falso comunicato n. 7 è il frutto di una ben precisa decisione strategica sua e di Cossiga. Per spingere le Brigate Rosse a uccidere Moro e porre così le basi della loro distruzione. Come in effetti è avvenuto. Da notare che tutto ciò conferma in pieno le minacce di eliminazione di Moro profferite dal segretario di Stato degli Usa, Henry Kissinger, nel corso del loro incontro negli Usa, quando Moro espose la sua intenzione di fare entrare i comunisti nel governo. Minacce che impressionarono non poco Moro, che ne parlò preoccupato sia ai propri familiari che a uomini politici suoi amici come il democristiano Giovanni Galloni. Che in seguito rese pubblico quanto raccontatogli da Moro riguardo le minacce fattegli da Kissinger
Chiedo scusa, ma mi rendo conto che parlare del Chiavaliere e delle sue porcate, nonché delle porcate dei suoi molti lacché, è fuori luogo.
Post Scriptum
1) – Una volta pubblicato il libro Tangenti in confessionale, inviai una lettera a Cossiga con la fotocopia della pagina che riportava quanto dettomi dal suo ex confessore nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina. Nella missiva facevo notare la pesantezza delle affermazioni del sacerdote e chiedevo a Cossiga se poteva fornirmi una spiegazione di quelle affermazioni, spiegazione che avrei tenuto per me o reso pubblica se e quando lui avesse eventualmente desiderato. Beh, Cossiga mi rispose. Non negò nulla. Si limitò a scrivermi che “Si tratta di cose troppo importanti per lasciarle dire a un prete”. Purtroppo però lui non disse nulla in più.
2) – Qualche tempo dopo la pubblicazione del libro, il pubblico ministero Franco Jonta mi interrogò per sapere chi fosse il sacerdote del confessionale della chiesa del Gesù che mi aveva parlato della manca liberazione di Moro. Nonostante il tono perentorio del magistrato, con velata minaccia di guai giudiziari, ho opposto il segreto professionale, specificando però che ero disponibile a rispondere, ma solo dopo che l’Ordine dei giornalisti mi avesse sciolto, su mia richiesta, dall’obbligo del segreto. Tornato a Milano, ho chiesto per iscritto di esserne sollevato data l’importanza dell’argomento e della mia testimonianza. Ottenuto il permesso, sono stato riconvocato a Roma da Jonta, e questa volta gli ho portato una copia del nastro con il dialogo nel confessionale.
Man mano che ascoltava il nastro il magistrato si incupiva sempre di più. E ogni tanto continuava a ripetermi: «Ma non le sembra strano?» Ho cominciato a sentirmi a disagio, e a un certo punto ho temuto che magari venissi accusato di avere falsificato il nastro. All’ennesimo «Ma non le sembra strano?» mi sono stufato e ho ribattuto: «A me sembra strano, anzi stranissimo, però la sua è una domanda che dovrebbe rivolgere non a me, ma al confessore».
Silenzio di gelo. Finito il nastro Jonta guardandomi in modo che mi è parso ostile mi ha chiesto: «E chi sarebbe questo confessore?»
«Credo lei volesse dire “chi è” e non “chi sarebbe”. Comunque la risposta è semplice: quello che riceve nel primo confessionale a destra entrando in chiesa», ho risposto specificandone anche il nome: «C’è affissa una targhetta in ottone con il nome del confessore e gli orari durante i quali è presente».
«E che lo interrogo a fare? È chiaro che mi opporrà il segreto del confessionale».
“Beh, ma scusi, dottor Jonta, per arrivare a questa conclusione non c’era bisogno di farmi sciogliere dall’obbligo del segreto e farmi tornare a Roma. Ma se non intende interrogarlo, qual è il motivo per cui ne vuole sapere il nome? Qualcuno vuole chiedergli di tacere?”.
“Ma come si permette!”.
“Premesso che a norma di Costituzione sono libero di pensare quel che mi aggrada, le ho solo posto delle domande. Alle quali noto che lei non risponde. Ma poi, guardi che quel confessore non può assolutamente accampare il segreto perché ha detto chiaro e tondo, come lei ha sentito ascoltando il nastro, che il suo ex alunno in realtà non è andato a confessarsi, a parlare cioè dei propri peccati, ma solo a chiedergli un consiglio. Lei perciò può e anzi deve interrogarlo. E se non risponde lo può anche arrestare o comunque mandare sotto processo. Proprio come ha minacciato di fare con me. O devo pensare che secondo lei io ho meno diritti del prete?”.
“Nicotri, guardi che qui cosa fare lo decido io. Lei non può certo starmi a dire cosa devo o non devo fare”.
“Ho detto cosa può, non cosa deve fare. Con la sua coscienza se le vede lei. Comunque guardi che questa è l’unica occasione di chiarire finalmente la bruttissima faccenda della mancata liberazione. E in ogni caso, confessore o non confessore, è sicuro che di ex teste di cuoio figli di falegnami infiltrate nelle Brigate Rosse e scappate dalla polizia dopo la faccenda Moro per andare a fare il falegname dal papà non ce ne sono tante. Se questo ex poliziotto lo cercate, lo trovate di sicuro. Se lo volete trovare, naturalmente”.
“Ah, ma allora lei non vuole capire! Qui comando io, e lei non deve assolutamente dirmi cosa cavolo devo fare!”.
Conclusione? La prima è che sono uscito dal palazzo di Giustizia vergognandomi. Vergognandomi delle mia disponibilità con il magistrato. Vergognandomi d’essermi fatto sciogliere dall’obbligo del segreto. Mi sentivo molto a disagio, in imbarazzo con me stesso. La seconda è che è chiaro come il sole che NON si è voluto e non si vuole chiarire il “mistero” della prigione di Moro. Esattamente come a suo tempo non si voleva che la si trovasse. I “consigli” di Pieczenik parlano chiaro. I pesi sulla coscienza e le ammissioni di Cossiga anche. Il cadavere di Moro pure.
3) – Per concludere, aggiungo l’articolo di Repubblica, a firma di Daniele Mastrogiacomo, pubblicato il 7 novembre 1993 quando pareva che Jonta volesse interrogarmi per appurare la verità anziché far finta di niente:
MORO, UN AGENTE E LE BR
ROMA – Per la prima volta, dopo 15 anni, si potrà capire se le Br erano infiltrate. C’ è un testimone d’ eccezione, finora rimasto nell’ ombra, che potrebbe confermare questa circostanza. Il suo nome, per il momento, è segreto. Avrebbe raccontato il particolare ad un sacerdote. Un religioso della chiesa di piazza del Gesù a Roma, abituale confessore di politici, amministratori e imprenditori. Nei prossimi giorni, il Pm Franco Ionta, titolare della quinta inchiesta sul caso Moro, dovrebbe convocarlo: gli chiederà di rivelare il nome dell’ agente che negli anni passati gli confidò cosa avvenne durante i drammatici 55 giorni del rapimento, mentre si cercava affannosamente il covo dove il leader dc era prigioniero. Il nuovo impulso alle indagini è stato offerto da Giuseppe Nicotri, inviato del settimanale L’ Espresso e autore del libro “Tangenti in confessionale”. Si tratta di una serie di testimonianze raccolte nel segreto della confessione dal giornalista che, di volta in volta, si è spacciato per un politico corrotto, un industriale concusso o di un amministratore pubblico. Nel capitolo: “E’ come il caso Moro”, il dialogo tra Nicotri nelle spoglie di un politico e il suo confessore tocca il sequestro del leader dc. Uomo politico, parlando dei magistrati: “Per anni sapevano, probabilmente”. Sacerdote: “Ma sì, ma non potevano darsi la zappa sui piedi. Che era proibito. Lo stesso attentato a Moro, no? La prigione di Moro”. Uomo politico: “Sì?”. Sacerdote: “Erano arrivati alla casa vicina a dove stava lui. Hanno avuto l’ ordine di fermarsi. Lo so perché un mio alunno faceva parte di queste cose qui. Me l’ ha detto lui. Era un agente: ‘ Noi abbiamo avuto l’ ordine di fermarci e tornare indietro’ . Erano arrivati a pochi… a 20 metri erano arrivati. Quindi lo sapevano benissimo. Cioè, lo sapevano. Setacciando casa per casa, alla fine lo dovevano trovare”. Uomo politico: “Via Montalcini?”. Sacerdote: “Adesso non so perché io non sono addentro alle segrete cose. Però questo me l’ ha detto un mio alunno che stava lì. Insomma, ecco faceva parte di quelli lì. Hanno dovuto rimettere, capito? Ma non parliamo male che non è questa né la sede né il luogo né il caso”. Chi è l’ agente di cui parla il confessore? Il giudice Ionta ieri ha interrogato Giuseppe Nicotri e gli ha chiesto il nome del sacerdote. Sciolto dal vincolo del segreto professionale dall’ Ordine dei giornalisti della Lombardia, Nicotri ha aderito alla richiesta. L’ intenzione del magistrato adesso è di convocare il gesuita e di farsi confermare la rivelazione riportata nel libro di Nicotri e, ovviamente, il nome dell’ agente. Il giornalista ha detto al giudice che il suo interlocutore avrebbe appreso i particolari sulla prigione di Moro non nel segreto della confessione ma durante uno sfogo dell’ agente che gli chiedeva dei consigli. E ancora: che il poliziotto faceva parte di un gruppo di 40 uomini disposti a tutto e che era infiltrato nelle Br. – di DANIELE MASTROGIACOMO
x201
E´piu´di una settimana che e´in internet. Si, e´impressionante…
@ Anita (195)
Io direi “Cop a feel”, Ma’am.
Quello che non ho capito e´ com´e´che non si faccino male alle palle.
Non pare che portino un paracoglioni …si vedrebbe
DA PARTE DI AZ
——————
Caro Marco quando pretendi di parlare delle cose INTERNE a partiti della sinistra emerge chiaramente la tua estraneità a quell’ambiente.
Il PCI era un partito solo formalmente verticistico in cui si teorizzava il centralismo democratico ma che,nella pratica, era “correntizio” quasi quanto la DC, il vertice come tutto il partito era tutt’altro che un monolite, gli “ingraiani “ gli “amendoliani” i “miglioristi” e quelli che facevano riferimento a Terracini e quelli a Paietta … avevano riferimenti che si estendevano a tutte le articolazioni organizzative, federazioni, sezioni e perfino a livello delle più piccole e periferiche cellule ci si confrontava sulle varie posizioni, cosa lodevole e positiva, ma anche ci si scontrava, meno lodevolmente, su cariche ed incarichi.
Quella poi di una base convinta di edificare la so-cial-democrazia ed un vertice bols-cevico è una tua visione onirica esattamente ribaltata rispetto alla realtà, il vertice era da tempo ( almeno dalla svolta di Salerno) su posizioni so-cial-democratiche appena dissimulate, in parte per non perdere i pur modesti contributi economi sovietici, ma molto di più perché una grossa fetta dei militanti di base ed ance dei quadri intermedi sognavano in cuor loro la rivoluzione proletaria e la dittatura del proletariato e vedevano la socialdemocrazia che in Italia era rappresentata dall’alcolico Saragat come il fumo negli occhi.
Ma tu caro Marco queste cose non puoi saperle per l’elementare motivo che non le hai vissute, non hai sentito i giovani, (e meno giovani), che nel luglio ’60 avevano fatto le barricate contro il governo Tambroni chiedesi con rammarico, stupore e rabbia “ ma perché Togliatti non ci ha dato il via”. Se poi fosse nel giusto l’accorto vertice moderato o la base barricadiera, questo è un altro discorso.
Se vuoi parlare di queste cose abbi almeno la modestia di mandare prima una e mail a Controcorrente ed un messaggio FB a me, ti eviteremo di postare castronerie da disinformazione.
Antonio — antonio.zaimbri@tiscali.it
DA PARTE DI VOX
——————–
1
LA RAGNATELA
I Servizi Segreti Usa, già nel 1942 durante il fascismo, allacciano rapporti con la mafia siciliana e determinati settori politici, e quindi instaurano durature alleanze con questi soggetti. Lo scopo è quello di controllare la vita politica italiana, in modo da piegarla con qualsiasi mezzo, anche terroristico e sanguinario, agli interessi degli Stati Uniti e dei gruppi politico-economici di loro riferimento.
Cosa abbia comportato questo disegno lo sicomincia a comprendere solo da qualche anno, grazie alle indagini di magistrati coraggiosi, che tra mille insidie ed ostacoli sono riusciti a fare intravedere, se non tutta la verità, almeno una parte di essa, facendo emergere i gangli dell’ordito di sangue.
Fin dalla caduta del Fascismo si costituiscono in Italia strutture più o meno occulte, più o meno legali, con l’unico scopo di impedire l’attuazione della Costituzione Repubblicana, pienamente democratica, impedendo l’assurgere al potere legislativo ed esecutivo di partiti di ideologia socialista, duramente contrastata dagli USA, che ribadivano la loro volontà di egemonia su parti del mondo loro assegnate dopo Yalta.
Una di queste strutture è la “Gladio”, e membri importanti di “Gladio” sono l’onorevole Francesco Cossiga e Licio Gelli.
Licio Gelli, massone, costituisce una struttura massonica segreta, la Loggia P2 che, a metà degli anni ’70, tende al sovvertimento della Repubblica e all’instaurazione di una seconda Repubblica Presidenziale, a carattere liberistico e antidemocratico.
La complessa organizzazione massonica P2, il suo sistema di rapporti col potere e la mafia in Italia, i servizi segreti italiani e americani, la Gladio, un complesso di organismi e di gruppi con legami nei servizi segreti, nei Carabinieri, negli alti corpi di polizia, nella magistratura e in altri settori della pubblica amministrazione, costituiscono una struttura politico- militare, che agisce come un vero e proprio “Stato parallelo”, finalizzato ad impedire che i nostri equilibri politici si evolvano in direzione di una maggiore e più completa democrazia.
Colpi di Stato tentati o minacciati, stragi, attentati a treni, azioni di terrorismo nero furono, a complemento di manovre politiche contro la democrazia, gli strumenti di questo vero e proprio “Stato parallelo”, atti al conseguimento degli scopi di eversione.
I servizi segreti, che per lungo tempo alcune forze politiche ci hanno fatto credere “deviati”, hanno coperto, non episodicamente, gravi reati, depistato giudici, posti in salvo i presunti attentatori, al fine di lasciare impunite le stragi più efferate.
Questo complesso di organismi ha attivato, all’interno di un disegno a lungo termine, il progetto politico che sussisteva dietro le stragi, e ne ha tutelato e continua a tutelare gli esecutori e i mandanti.
Così oggi possiamo assistere, dopo il periodo di instabilità politica degli anni ’90, all’affermazione elettorale della “Casa delle Libertà” (sic!), che ha raccolto nel suo seno tutti i tipi di destra presenti nel nostro paese: da quella xenofoba e furbesca, rappresentante dei nuovi rampanti padani, a quella rivestita di un nuovo perbenismo, ma con non ben nascoste aspirazioni autoritarie di tipo fascista, come ci hanno fatto capire, se ce ne fosse stato bisogno, attraverso la repressione di Genova durante il G8; da quella che rappresenta i “buoni sentimenti” catto-qualunquistici , a quella residuale del periodo craxiano, con le stesse idee e l’identico modo di fare politica.
Quindi la matassa aggrovigliata dei poteri occulti e palesi ha dipanato il suo perverso filo conduttore di un progetto politico autoritario e antipopolare che arriva fino all’oggi e sembra avere ormai raggiunto il suo scopo: quello di un governo dei privilegi, a-democratico, falsamente populista, fascisteggiante e reazionario, cioè il governo alla cui testa si trova il Cavalier Silvio Berlusconi, un individuo allevato dalla Mafia, coccolato dalla P2, e tanto “amico” di Craxi e di certi politici democristiani, che come bravi sarti gli hanno confezionato leggi su misura, permettendogli la scalata al potere economico e quindi politico.
Questa destra è così compatta da costituire un vero e proprio club, che procede celermente verso mutamenti istituzionali e sociali sul modello del progetto di “Rinascita Democratica” di Gelli.
http://www.uonna.it/ragnatela2.htm
(Continua)
Komare!
Lei non sa cosa vuol dire “rubare” Lambrette.
Incartapecorita nel suo piccolo mondo (dove l’orizzonte termina davanti al suo setto nasale) forse non ha mai provato questa esperienza a dir poco molto edificante. Punto.
Preferisco di gran lunga uno/una squattrinata, il più delle volte
sinceramente duttile e amabile, che sepolcri/ sepolcresse (sic!) imbiancati che consumano la loro vita nel vedere se le borse vanno sù o giù.
Senza invidia.
Alcuna.
C.G.
DA PARTE DI VOX
—————
2
LA RAGNATELA – Parte II
[…]Tra il 1960 e il 1964 i socialisti riuscirono ad entrare nell’area di governo. Era il primo mutamento importante negli equilibri politici italiani dopo il trionfo dei democristiani nel 1948.
Nel giugno del 1960, quando il governo Tambroni, che aveva ottenuto la fiducia con i voti determinanti del MSI e della Confindustria, autorizzò il MSI a tenere il suo congresso nazionale a Genova, ci fu una rivolta popolare durata tre giorni, perché si ritenne questa autorizzazione una sfida alle tradizioni operaie e antifasciste della città. Altre manifestazioni antigovernative, dilagate in molte città, furono represse dalla polizia, in qualche caso anche con le armi, che provocò una decina di morti.
Cinque nella solo Reggio Emilia. La DC dovette, quindi, sconfessare Tambroni, il cui governo cadde.
Nel marzo 1962 si formò un nuovo governo Fanfani, concordato con i socialisti che si impegnavano a dare il loro appoggio ai singoli progetti legislativi. Nelle elezioni politiche dell’aprile del 1963 ci fu una fortissima avanzata del PCI.
Fu in questa fase che la politica di centrosinistra conseguì i risultati più avanzati. Fu avviata la nazionalizzazione della industria elettrica, istituita la scuola media unica. Per contro, le Regioni, istituti previsti dalla Costituzione, non videro ancora la luce del loro ordinamento, per il timore della DC del rafforzamento delle sinistre a livello locale.
Di fronte a questi avvenimenti, che sembravano avvicinare sempre più la sinistra al governo, bisognava portare la guerra totale. Bisognava bloccare in qualche modo l’avanzata popolare nelle fabbriche e nella società, che pretendeva una diversa qualità dell’esistenza. Ecco allora la ragnatela mobilitarsi.
Nel luglio del 1964, si fece udire il famoso “rumor di sciabole”, di cui parlò l’allora segretario socialista Pietro Nenni: la formazione del secondo governo di centro-sinistra, guidato da Aldo Moro, fu minacciata dalla possibile messa in atto del già progettato colpo di stato, il “Piano Solo”, che sarebbe scattato se il governo di sinistra avesse adottato un programma veramente progressista.
In un elenco, rinvenuto negli archivi della CIA di Roma, c’erano i nomi di circa duemila anticomunisti che si dichiaravano pronti a compiere anche atti terroristici. Il “Piano Solo” prevedeva la cattura degli “enucleandi”, cioè di dirigenti comunisti, socialisti, e di sindacalisti; e l’occupazione armata delle sedi dei partiti di sinistra, le redazioni dell’Unità, le sedi della Rai e le prefetture.
Lo scandalo delle schedature e del “Piano Solo” vennero rivelati, solo tre anni dopo, con una campagna di stampa condotta dai giornalisti Lino Jannuzzi ed Eugenio Scalfari.
(Continua)
http://www.uonna.it/ragnatela2.htm
DA PARTE DI VOX
———————-
3
LA RAGNATELA – Parte III
[…]Nel 1965 il SIFAR fu sciolto. Ed era l’ennesimo scioglimento di facciata di un servizio segreto “deviato”.
Con un decreto del Presidente della Repubblica, il 18 novembre 1965, nacque il SID (Servizio Informazioni Difesa), che del vecchio servizio continuerà a mantenere uomini e strutture.
Il comando del SID venne affidato all’amm. Eugenio Henke, molto vicino al ministro dell’Interno dell’epoca Paolo Emilio Taviani, democristiano. Sotto la gestione Henke – che resterà in carica fino al 1970 – prenderà avvio la “Strategia della tensione” che avrà come primo, tragico, risultato la strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969).
Il 18 ottobre 1970 Henke venne sostituito dal gen. Vito Miceli, che già dal 1969 guidava il SIOS (il servizio informazioni) dell’Esercito.
Gli anni della gestione Miceli sono stati gli anni dello stragismo in Italia: da Peteano, alla strage alla Questura di Milano, dalla strage di Piazza della Loggia a Brescia, all’Italicus. Come era già accaduto a De Lorenzo, anche Miceli finirà la sua carriera in Parlamento: eletto, anche lui, nelle file del MSI-DN di Giorgio Almirante, così come anni dopo capiterà ad un altro capo dei servizi segreti, il gen. Antonio Ramponi, nelle file dell’Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini.
La prima riforma organica dei servizi segreti risale al 1977. Sempre più vicino all’area di governo, impegnato in una politica improntata al consociativismo, il PCI partecipa direttamente, nella persona del sen. Ugo Pecchioli, alla riforma.
Per la prima volta venne introdotta una figura responsabile dell’attività dei servizi segreti di fronte al Parlamento: è il Presidente del Consiglio che si avvale della collaborazione di un consiglio interministeriale, il CESIS, che ha anche un compito di coordinamento. Inoltre i servizi devono rispondere delle loro attività ad un Comitato parlamentare.
Una importante novità, introdotta dalla riforma dei servizi segreti, riguarda lo sdoppiamento dei servizi stessi: al SISMI (Servizio d’Informazioni per la Sicurezza Militare) il compito di occuparsi della sicurezza nei confronti dell’esterno, al SISDE (Servizio d’Informazioni per la Sicurezza Democratica) quello di vigilare all’interno. Con in più un’altra differenza: se il SISMI restava completamente affidato a personale militare, il SISDE diventava una struttura civile, affidata alla polizia, nel frattempo trasformata in corpo smilitarizzato.
Quindi, a prima vista, una riforma buona nelle intenzioni, ma gli uomini che andranno a far parte del SISMI e del SISDE saranno gli stessi del SIFAR e del SID e, per quanto riguarda il servizio civile, del disciolto – e famigerato – Ufficio Affari Riservati del ministero dell’Interno.
Il primo scandalo in cui incapparono i servizi riformati è quello della Loggia P2. Come abbiamo già detto, i nomi di tutti i comandanti al vertice dei servizi segreti (SISMI, SISDE ed anche del CESIS, l’organo di coordinamento) sono compresi nella famosa lista della Loggia P2 del Maestro Venerabile Licio Gelli, scoperta nella villa del Gelli a Castiglion Fibocchi il 17 marzo 1981 dai magistrati milanesi che indagano su Michele Sindona.
Di certo oggi sappiamo che entrambi i servizi segreti furono coinvolti fino al collo nel caso Moro, in quei 55 giorni che trascorsero fra il sequestro del presidente della DC da parte di un commando delle Brigate rosse e l’uccisione dell’uomo politico (16 marzo-9 maggio 1978).
Nei 55 giorni del sequestro di Aldo Moro accaddero una incredibile serie di stranezze, misteri, coincidenze, buchi nelle indagini, che ebbero l’effetto di agevolare il compito dei brigatisti, al punto da far pensare che il sequestro Moro fosse stato ispirato, e in qualche modo teleguidato, da qualcuno che nulla aveva a che fare con i brigatisti “puri”.
(Continua)
http://www.uonna.it/ragnatela2.htm
DA PARTE DI VOX
——————–
4
LA RAGNATELA – Parte IV
IL RUOLO DI COSSIGA
Era ministro dell’Interno l’on. COSSIGA, che la mattina del rapimento di Moro stava andando in Parlamento dove doveva nascere un governo con l’appoggio esterno del Partito comunista, il primo importante passo verso l’ingresso del PCI di Berlinguer nella maggioranza.
Qualche settimana prima, Aldo Moro era uscito sconvolto da un colloquio avuto negli USA con Henry Kissinger, allora segretario di Stato. “Mi ha intimato di non fare il governo con l’appoggio dei comunisti”, dirà ai suoi collaboratori Moro. Anche in Italia, molti la pensavano come Kissinger: la massoneria, la destra DC, larghi settori del mondo industriale.
Durante il rapimento Moro venne costituito un comitato di crisi presso il ministero dell’Interno, comitato che risulterà composto tutto da aderenti alla P2.
Tra gli esperti, chiamati da Cossiga per il comitato di crisi nei giorni del sequestro, c’era Steve Pieczenick, del dipartimento di Stato americano. Cossiga lodò il consulente americano. Non disse nulla, però, della attività svolta da Pieczenick, che in un documento, di cui esiste copia presso l’ambasciata americana di Roma, così si esprimeva: “E’ essenziale dimostrare che nessun uomo è indispensabile alla vita della Nazione”. Sembra, insomma, che Piecznick fosse interessato più alla svalutazione di Moro nella politica italiana che alla sua liberazione…
Un altro consulente di Cossiga, Franco Ferracuti, criminologo, piduista e collaboratore della CIA, con la sua perizia convinse gli Italiani che il Moro che scriveva dal carcere brigatista era “fuori di sé” e che ,quindi, non andavano presi in considerazione i suoi scritti, contenenti, invece, preziose indicazioni sulla sua prigionia e sui suoi carcerieri.
Sull’attività frenetica dei servizi e sul loro possibile coinvolgimento nella strage i magistrati scrivono:
“L’opera di inquinamento delle indagini appare così imponente e sistematica da non consentire alcun dubbio sulle sue finalità: impedire con ogni mezzo che si arrivasse alla fine del processo. Se ciò è vero, e non sembra minimamente discuterne, diviene legittima sul piano rigorosamente logico una seconda preposizione. Soltanto l’esistenza di un legame di qualche natura tra gli autori della strage e gli autori dei depistaggi può spiegare un simile comportamento: o perché la strage fu eseguita dai primi su mandato degli altri, oppure perché la strage, benché autonomamente organizzata ed eseguita, rientrava in un comune progetto politico, la cui gestione richiedeva necessariamente che non fossero scoperti gli autori”.
Scrive il consulente della Commissione Stragi Giuseppe De Lutiìs:
“I servizi segreti, nel loro complesso, e tranne lodevoli eccezioni, hanno condotto in particolare tra il ’64 e l’81, una serie di attività a tutela dell’illegalità. Questi interventi si sono sostanziati nel sabotaggio di istruttorie volte alla scoperta dei responsabili delle stragi, mediante la procurata fuga all’estero di presunti responsabili delle stragi, la distruzione di reperti utili alle indagini sulle stesse, il reperimento di falsi testimoni o supertestimoni con lo scopo di condurre i magistrati che indagano sulle stragi verso obiettivi depistanti nei confronti di una ricerca della verità. Dall’esame di questa attività si possono trarre due considerazioni. Una, è che in nessun caso le illegalità furono perpetrate da soli subalterni. La seconda, che in tutti gli episodi venuti alla luce il direttore del servizio era, a vario titolo, coinvolto”.
Libero Mancuso, magistrato, Pm al processo di primo grado per le bombe del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, esprime la sua opinione al giornalista Gianni Barbacetto, nel libro “Il grande vecchio”:
“Con le nostre inchieste abbiamo capito che quella in cui abbiamo vissuto é una democrazia limitata, con forti condizionamenti all’esterno. Si sono utilizzati mezzi di ogni tipo per impedire qualunque mutamento degli equilibri di potere nel nostro paese. Sono fatti, proseguiti negli anni. Tutti i tentativi eversivi in Italia hanno avuto alle spalle le forze armate, i nostri servizi di sicurezza, la massoneria e i finanziamenti americani.
(Continua)
http://www.uonna.it/ragnatela2.htm
DA PARTE DI VOX
——————–
5
La RAGNATELA – Parte V
[…]Nel dicembre del ’70, con l’appoggio delle sinistre e dei partiti laici, ma con l’opposizione della DC, fu approvata la legge Fortuna-Baslini, che introduceva in Italia il divorzio.
Quando il 12 dicembre 1969 a Milano, in piazza Fontana, nella sede della Banca nazionale dell’agricoltura esplose una bomba, si era in pieno “autunno caldo”. I contratti collettivi delle grandi categorie di operai, in primo luogo i metalmeccanici, erano ancora aperti.
Vedere sfilare per le strade del capoluogo lombardo, in ottobre, tra saracinesche abbassate e tapparelle chiuse, duecentomila tute blu, che richiedevano un nuovo contratto, aumenti salariali, diversa qualità della vita in fabbrica e fuori di essa, rappresentò per la borghesia imprenditoriale un fatto talmente rivoluzionario da averne paura.
La sinistra stava veramente entrando nel “santuario” del potere. Quindi era necessario agire in fretta, bloccare in qualche modo l’avanzata popolare, che minacciava i rapporti di potere in fabbrica e nella società.
La violenza politica, le bombe, l’uso sapiente degli “opposti estremismi” potevano essere metodi utili per bloccare sul nascere le “velleità” dei lavoratori e delle masse popolari. La protesta sociale offriva condizioni favorevoli a chi voleva intorbidare le acque. Ecco pronta la strage. E tutto era pronto per etichettarla come una strage messa in atto dai “rossi”[…]
Nell’agosto del 1971, il pretore Guariniello aveva aperto un’inchiesta sulle “schedature” della Fiat. Vennero sequestrate 150.655 schede personali, con note relative all’orientamento politico degli operai. In Fiat operava una struttura segreta, retta da un ex ufficiale dei servizi segreti. Nel 1991 si scoprirà il coinvolgimento di Gladio nel caso. Venne alla luce, in settembre nella stessa inchiesta, anche un elenco di 200 poliziotti pagati dalla Fiat per passare informazioni. Era un periodo politicamente delicato per le grandi tensioni che serpeggiavano nel paese. Si cominciava a parlare di una Loggia massonica “P2″, si parlava apertamente di colpi di Stato e di Servizi “deviati”.
http://www.uonna.it/ragnatela1.htm
DA PARTE DI VOX
—————
6
GLADIO
Le inchieste della magistratura di Venezia e di Padova e quella della commissione Stragi hanno consentito di far capire che l’organizzazione Gladio, ideata per contrastare un’ipotetica invasione sovietica, si era progressivamente trasformata in una struttura di servizio e di copertura per altre strutture parallele che agivano per combattere le sinistre.
Già nel documento “le forze speciali del SIFAR e l’operazione Gladio”, del 1 giugno 1959, era contemplata la possibilità di sovvertimenti interni nella pianificazione delle attività della Stay Behind.
Il generale Fodda rivelò al giudice Mastelloni: “La struttura avrebbe dovuto funzionare anche rispetto ai moti di piazza rilevanti, e la struttura aveva inoltre una funzione anti-PCI”.
La teorizzazione della strategia della tensione avvenne nel corso del convegno organizzato all’hotel Parco dei Principi di Roma, il 3 maggio del 1965, dall’istituto di ricerche militari “Alberto Pollio”. Il tema era “La guerra rivoluzionaria”.
L’istituto “Pollio” era stato fondato alcuni mesi prima da Enrico de Boccard, ex repubblichino di Salò. I soldi per l’organizzazione erano stati forniti dal SIFAR.
Da un anno era nato il primo centrosinistra e “bisognava far presto” perché questo avvenimento veniva considerato da molti come l’avvicinamento del comunismo al potere.
Alla fine del convegno venne letto “un piano di difesa e contrattacco”, che delineava un progetto molto simile al piano Solo, strutturato, un anno prima del convegno, dal colonnello Mingarelli, colui che effettuerà i depistaggi nelle indagini sulla strage di Peteano.
Con questo piano, a detta di Pino Rauti, si era in grado di realizzare “l’elaborazione completa della tattica controrivoluzionaria e della difesa”.
Questo piano prevedeva uno schieramento a quattro livelli di reclutamento di uomini con mansioni specifiche:
* il primo livello costituito da un gruppo per lo più passivo che fungeva da bacino di reclutamento;
* un secondo livello di persone che dovevano compiere “azione di pressione” nell’ambito della legalità, anzi in difesa dello Stato e della legge conculcati dagli avversari;
* un terzo livello, molto più qualificato e specializzato, composto da nuclei scelti di pochissime unità, addestrati a compiti di contro terrore e di “rotture” eventuali dei punti di precario equilibrio, in modo da determinare una diversa costellazione di forze al potere;
* al vertice del quarto livello si colloca il gruppo di uomini con funzioni di coordinamento delle attività volte a sferrare “una guerra totale contro l’apparato sovversivo comunista e dei suoi alleati, che rappresenta l’incubo che sovrasta il mondo moderno e ne impedisce il naturale sviluppo”
Queste persone dovevano essere pronte ad affiancare come difesa civile le forze dell’ordine, nel caso fossero state costrette ad intervenire per stroncare una rivolta di piazza.
La struttura di quel piano assomigliava molto a quella di “Gladio”, scoperta da Casson.
Nel 1966 venne ideata la “esercitazione Delfino” che, più che di un’invasione da est, si occupava della repressione interna.
Quel settore di Gladio, che nell’esercitazione ipotizzava lo scenario della “sovversione”, descriveva questa come una emanazione delle forze sindacali, dei partiti e dei giornali di sinistra allora esistenti in Italia, con l’inizio di agitazioni e azioni sindacali in difesa del posto di lavoro. Persino le affissioni di manifesti denuncianti l’operato del governo venivano considerate “insorgenza”.
E’ nella seconda metà degli anni settanta e negli anni ottanta che la Gladio italiana diventò sempre più illegale.
Nel 1976-1977 alle strutture periferiche venne inviato uno schema per la redazione di rapporti informativi. Quindi, proprio mentre veniva varata la riforma dei servizi segreti, Gladio cominciava a svolgere attività informativa, lontanissima anche dagli scopi per cui era stata costituita.
Dal 1977 la competenza della sicurezza interna e il compito di svolgere attività informativa furono demandati al SISDE.
E’ interessante sapere che negli archivi di Forte Braschi, tra i documenti di Gladio, sono state sequestrate “schedature” sugli uomini politici di Sassari e relazioni sulla situazione del “Corriere della Sera” relative al periodo dell’assalto piduista.
http://www.uonna.it/ragnatela2.htm
Giorgio Dell’Arti per Il Fatto
Notizie tratte da: Eric Frattini, I papi e il sesso, Ponte alle Grazie, Milano 2010 – 442 pagine, 16,50 euro.
VATICANO
Lettiga – Leone X (1513-1521), portato in lettiga alla cerimonia d’incoronazione per via delle ulcere anali provocate dalla sodomia.
Tariffe – L’ecclesiastico che commetta peccato carnale con suore, cugine, nipoti o figliocce oppure con una donna qualunque sia assolto se paga 67 libbre e 12 soldi di multa. Il sacerdote che svergini una fanciulla sia perdonato con 2 libbre e 8 soldi. La monaca che, dentro o fuori dal convento, si sia data a un uomo, o a più uomini, o a più uomini contemporaneamente, paghi per diventar badessa 131 libbre e 15 soldi (istruzioni della
Taxa camarae, istituita dal Papa nel 1517). Imposta Il cullagium, imposta annuale versata dai sacerdoti che volevano tenere una concubina. Ampliata poi da Giovanni XXII ai clerici celibatari.
Martellate – Giovanni VIII (872-882) andava a letto col marito di una nobildonna genovese, i parenti di costei gli servirono perciò delle pernici avvelenate e, non essendo ancora il Papa morto al terzo giorno, gli entrarono in camera di notte e lo finirono a martellate sul capo.
Galline – L’abate Eugenio di Brest, morto d’infarto mentre copulava con una gallina.
Cavalli sus saburre conubium – Giovanni XII (955-963), che nutriva i suoi mille cavalli con mandorle e fichi inzuppati nel vino e morì ventiquattrenne per mano di un marito, ordinava vescovi i bambini, dipoi li deflorava e pervertiva. Asini e cani Il medesimo Giovanni XII organizzava assalti di asini e cani alle puttane.
Gromyko con Paolo VI
Cani e asini – Bisognò che Pio V (1566-1572) vietasse alle monache di tenere in convento cani e asini maschi.
Penitenze – Bisognò che il Concilio di Reims (1049) s’occupasse delle penitenze da infliggere a religiosi e laici che si masturbassero, inghiottissero sperma, bevessero mestruo, impastassero pane sul culo delle bambine, o anche tra le cosce delle giovani donne.
Sola – «Una donna, che resti sola con un sacerdote, fugga dicendo che deve andar di corpo» (San Girolamo).
Benedizioni – Benedetto IX, che fu papa a 11 anni, benediceva la sorella mentre questa s’accoppiava con gli altri maschi. Giovanni XXII, al banchetto per le nozze della nipote, fece servire ai cento invitati quattromila porzioni di pane, cinquantacinque pecore, otto maiali, quattro cinghiali, duecento capponi, seicentonovanta polli, quaranta pivieri, trentasette anatre, cinquanta colombi, quattro cicogne, due fagiani, due pavoni, duecentonovantadue uccelletti, tre quintali di formaggio, tremila uova, duemila frutti, undici barili di vino.
PApa Giovanni XII
Banchetto – Giovanni XXII, al banchetto per le nozze della nipote, fece servire ai cento invitati quattromila porzioni di pane, cinquantacinque pecore, otto maiali, quattro cinghiali, duecento capponi, seicentonovanta polli, quaranta pivieri, trentasette anatre, cinquanta colombi, quattro cicogne, due fagiani, due pavoni, duecentonovantadue uccelletti, tre quintali di formaggio, tremila uova, duemila frutti, undici barili di vino.
Pellicce – Clemente VI, volendo celebrare la vittoria sui turchi (1347) utilizzò 1800 pellicce d’ermellino: «68 per i cappucci, 430 per un mantello papale, 310 per un manto, 150 per altri due cappucci, 30 per un cappello, 80 per un cappuccio grande e 88 per mantelli papali» (testimonianza di Francesco Petrarca).
Sotterranei – Urbano IV riunì tutte le prostitute nella cappella sotterranea di Santa Maria, pretese poi di incassare una parte degli introiti. Leone X, che aveva sistemato settemila donne in un quartiere controllato dalle truppe pontificie, esigeva poi il 40 per cento.
Sifilide sus saburre conu – Papa Alessandro VI, detto Papa Sifilide.
Papa Pio XII
Donna – Il nobile tedesco, che venne a trovar Giulio II ragazzo e tornò in Germania donna fatta.
Preti33
Lutero – gli eccessi di Leone X portarono Martin Lutero ad affiggere alla porta della chiesa di Wittenberg le sue novantacinque tesi, per le quali il 3 gennaio 1521 fu scomunicato
Male – «Gli uomini non fanno mai il male così completamente ed entusiasticamente come quando lo fanno per convinzione religiosa» (Blaise Pascal).
Caro Uroburo, amigo mio, dopo alcuni bei tuoi post (parlo degli ultimi…) le risposte -degli- chiamati in causa da te come interlocutori rafforza la mia opinione dell’inutilita dei suddetti x se e x gli altri ( epparlo dello scrotolfo manomorta sugli autobus e del pifferaio magico nullafacente ma tuttosapente… ennulla rispondente…) Il pifferaio è un solista finto musicista… se parla e suona da solo tutto suona decente-mente… arrispondere alle note di altro musicante o al direttore dell’orchestra… solfeggia e asserisce in sua difesa che gli altri sono fuori tempo e stonati… oltre che fuori di mente… Avrai ragione tu, quando dici che il mondo èggrande e cce posto x tutti… ma quando non inceppano la macchina e la fanno fondere (come asserisco io…) Dai tuoi post e da quelli di Pino cce materiale di discussione e di riflessione intensa… cche fa bello il blog di arruotalibera… dai loro solo fumo di rin-culo… Faust ha sempre detto in faccia a questi due inutili quel che pensa di loro… Tu non sei daccordo che sabotano il fluire discorsivo dei temi trattati… ( x imporre i loro…) dal blogmaster e da quelli di altri blogghisti (ed io mi escludo, in quando solo testimone in questo blog) molto interessanti al fine della discussione in corso… bloccano con la loro cortina fumogena-mente l’interesse appartecipare esseguire con attenzione… di chi disinteressatamente esprime quel che sa e pensa… tirando l’acqua al loro mulino… che non è il mulino della gran parte dei partecipanti… e questa volta non parlo x me… ma x molti frquentatori del blog… tirandoli in un vortice di risposte al loro livello… cioe… inutile.
Avra con te ragione anche il Pino, che soffre di un’idea della liberta di partecipazione, molto spesso, contradditoria e sbilanciata… ( epparlo dello scrotolfo…) allasciarlo assbrodolare le sue inutilita manesche nel suo blog, dopo essere stato offeso, il Pino, nell’intimo dei suoi familiari ed io come altri siamo accorsi in sua difesa, ( in blog che tu Uro non hai mai letto…( altrimenti penso diversa la tua reazione nei suoi confronti) non da lui richiesta, ma x solidarieta umana… pagando in proprio… ma mal ripagati dal Pino che perdona gentaglia simile e li riammette dopo tanto scempio… Non sono d’accordo con voi… e difendero questo luogo di gente meravigliosa( io escluso…) e non faccio nomi x non dimenticarne qualcuno… come i frequentatori e i lettori di Arruotalibera, il blog di Pino Nicotri. Uomini e donne pensanti ed amanti della conoscenza… e non della nullafacenza… pensata o vissuta…
Un abbacchio bello caldo efforte… sempre vs. diavolaccio di fiducia©
Paleonico, cuggino di Faust
x175
ah si´, in italiano si dice chick?
–
Non ho scritto “si dice” ma “si pronuncia”, e´leggermente diverso. E´molto interessante…lei scrive che non ha niente da commentare del mio post Nr 148 che non e´un post di solo due righe , mi domando cosa sarebbe successo se invece di scrivere “schick to schick” o “cik tu cik” avessi scritto “Cheek to Cheek”. Avrebbe forse trovato qualcos´altro?
Lei ha ha trovato pero´solo quel “schick to schick” e pur , suppongo, aver capito, si e´letteralmente scaraventato anima e corpo su quella parola scritta male solo per lo sfizio di poter offendere.. Lo trovo molto demoralizzante per una persona di cosi elevata cultura. Non crede? Sinceramente….non crede?
Sono molto lieto ora di avere una “testa cornuta”, le corna mi serviranno per poterla infilzare ogni qual volta lei si lascia andare a commenti senza testa ne´coda nei miei confronti, la´dove piu´le garba.
Anche con lei…mi creda , senza tarocchi e senza spiriti di sorta, ma solo seguendo la logica dei suoi post, sono sicuro , che lei non e´tanto contento della sua vita….non e´vero?
Si lasci andare…. mi ascolti….cerchi di assaporare la vita pienamente….fino in fondo, si strapazzi o meglio si faccia strapazzare come piu´le aggrada , vedra´la vita sicuramente sotto un aspetto migliore.
Prenda esempio da quella vecchietta arzilla e piena di vita.
Anche per lei un consiglio. Bisognerebbe evitare le frasi troppo forti in internet tipo:-“5) Peter { 20.08.10 alle 13:37 } per una frase del genere le getterei in faccia il contenuto di un bicchiere”.
Potrebbe trovare anche lei un pazzo che potrebbe offendersi mortalmente e cercarla, magari facendole saltare il cervelletto dal cranio. Per lei non sarebbe per niente “amused” .
Oggi giorno con i tempi che corrono, certe sparate si possono indirizzare a Uroburo, sapendo di farla franca o anche a me, gente buona e conciliante , ma se lei si trova a chattare in altri siti….ripeto stia attento, segua il consiglio. Rodolfo
x C.G.
Incartapecorito ci sara’ lei….
E’ preferibile che io, o chi per me, consulti la borsa che essere sulle spalle del governo.
Lei pensi alle sue tasche, io alle mie.
Anita
x Alex
Veramente “cop a feel” e’ una frase che ho visto solo scritta, non comune nel nostro idioma.
Sarebbe un azione piu’ spinta della mano morta.
“To fondle someone in a sexual manner”.
Anita
X i Felloni e quelli in Malafede!!
Giuro di essere fedele alla Repubblica Italiana e al suo Capo!
E di essere fedele alle sue leggi al solo scopo del bene della Patria!
più o meno la richiesta di giuramento suonava così , almeno ai miei tempi…!!Per i militari…!!
Ora per tutti i “bischerelli/e del Blog, io mi domando e dico, se nei tempi che furono “un qualsiasi segratrio del PCI” avesse detto soltanto la metà di quello detto da Bossi negli anni, a partire dal tricolore ,cosa sarebbe successo ??
Ecco è qui che si dimostra , l’intera fellonia,malafede,e ipocrisia di molti…per loro il tricolore è uno straccio con cui pulirsi il Kulo ,quando gli interessi generali non corrispondono con i loro!
Direi una grande coscienza di classe, altro che Patria.
Vorrei che qualcuno mi desse una risposta, ma già so che tutti taceranno, a questa provocazione mia , più che evidente !
cc
A proposito di gladio , vi racconterò alcune scenette delle quali sono stato testimone ,nel mio piccolo a proposito di dichiarazioni improvvide e armi che comparirono, quando un tramezzo di muro per una ristrutturazione caddero !!
c’è da ridere !
Potrebbe trovare anche lei un pazzo che potrebbe offendersi mortalmente e cercarla, magari facendole saltare il cervelletto dal cranio. Per lei non sarebbe per niente “amused” .
si ma xche non vedi di farla finita e lasci in pace Peter… sei un malato mentale e non lo sai… ma non è colpa mia o di Peter…
Quando ti toglierai dai coglioni sara sempre troppo tardi… Spero Nicotri intervenga una volta x tutte… eccheccazzo xcche non ti apri un blog in proprio… qui si vuol parlare di altro e non sempre ettutti igg di te… che ti ripeto non ce ne fotte nulla delle tue stronzate… vogliamo discutere del tema proposto dal blog master o da altri… meno che da te…
P.
Scusa AZ, ma me sembra che proprio le correnti nel PCI siano la dimostrazione che la base contava quanto il due di briscola e che invece contavano i capi corrente, esattamente come nella DC. Quando la base non conta niente, io chiamo verticistica la dirigenza, ovvero decidono tutto i vertici e di quel che pensa la base chi se ne frega.
Bisogna perciò intenderci nei termini.
Il PCI aveva i suoi capi (vertici, da cui politica verticistica) che in parte rispondevano a Mosca e in parte sgomitavano tra loro con l’intento di comandare tutto il battaglione, ergo mantenere calda la poltrona. L’ideale socialdemocratico era lontano dalle loro menti al pari di quanto lo era per gli altri partiti. Nel mio piccolo giù da noi, il PCI era comandato in maniera dittatoriale e, se non si era di quella parrocchia, inutile chiedere interessamenti per salvare il posto di lavoro. I lavoratori erano solo quelli iscritti al PCI, possibilmente con tutta la famiglia. Gli altri lavoratori erano spazzatura.
Il PCI emiliano e toscano facevano testo solo in quelle due regioni ma non avevano imitatori in nessun’altra parte d’Italia.
Per quel che riguarda Bossi, è un fenomeno che trova sostegno nella crassa e profonda ignoranza dei villaggi di montagna o in quella parte di popolazione con molta puzza sotto il naso e piena zeppa di fobie. Se Bossi prende voti, significa che di quella gente ce n’è molta e bisogna tenerne conto. La Lega non è un partito nazionale ma strettamente locale che, al pari della religione, sfrutta le paure della gente. Come dire che ognuno ha i suoi grossi problemi, chi le mafie e chi i montanari ignoranti. Mi diceva una mia amica di Vicenza, che nei paesini veneti l’ignoranza è dominante e quindi la Lega ottiene seguito con molta facilità. C’è dove l’ignoranza genera delinquenza e c’è dove genera fobie incontrollate. Il problema è l’ignoranza della gente, oltre che chi la sfrutta.
Per quel che riguarda poi la dittatura del proletariato, ovvero non la democrazia o la socialdemocrazia, ma, appunto dittatura, seppure del proletariato, chiaro che con una mentalità del genere la base ex PCI diventa facilmente leghista.
L’egoismo retto a sistema.
Il proletario che non ha mai contato niente e che vuole comandare non per difendere la democrazia, ma per instaurare un regime dove poter meglio fare i propri comodi, uno tra tutti il noto politico dal maglione di cashmere, e lascio a voi aggiungerci anche qualche altro nome. Gente che al proletarito ha portato solo danni, in primis il disfacimento di un partito che racimolava da anni il 33% dei voti.
A proposito di centocinquantenario dell’unità d’Italia e di escort o di similari…!!
Vorrei che nella ricorrenza ,(dato il puttanaio generale,che si è manifestato ultimante e nell’antichità nei palazzi romani , gravidi di trombate,direi fuori corso e al solo scopo di soddisfare la libidine personale, e null’altro) ,non venisse dimenticata la figura di una mia conterranea : La Contessa di Castiglione.
Vera “spia” che almeno a sentire, si concedeva,per la nobile causa.
Spero che altrettanto venisse ricordata doverosamente la figura di Costantino Nigra, vero capo dello spionaggio sabaudo,al servizio del Conte.
Quando venne fatto Conte ,il motto che si scelse fu ; Aut e dritt, che tradotto vuol dire “alto e diritto”.
Motto quanto mai impegnativo per il futuro di un’italia che ha visto un sacco di persone “basse e curvate” nella nobile arte di leccare Kuli a detra e manca, nel nobile scopo di “farsi i cazzi loro”, trincerandosi sovente dietro la nobile parola di Patria!
Leggenda vuole che il Costantino dopo la morte ricevesse alla sua tomba per anni la visita di una misteriosa signora “bionda” forse austriaca!
cc
caro marco,
ancora una volta sei fuori tema e racconti una parte minima della verità , quella che per anni ha fatto comodo ai soliti noti.
Addirittura vieni a “smenare” il cazzo nostro,con la barzelletta di un Pci dittatoriale che imponeva il clientelismo e di una classe operaia che faceva il brutto e il cattivo tempo!
Ma vala ,ma vala , ma fammi il piacere, fammi…
Poi la tua ignoranza è abissale , ti ricorderè che Bertinotti non è mai dico mai stato iscritto al PCI, infatti si è visto e Lui il e il suo maglione con il disciolto PCI , non c’entravano un cazzo!
A questo punto mi domando e dico , ma scrivi queste cazzate storiche anche su face.book, guarda che ti denuncio per diffamazione della Storia!!!
cc
Vedere sfilare per le strade del capoluogo lombardo, in ottobre, tra saracinesche abbassate e tapparelle chiuse, duecentomila tute blu, che richiedevano un nuovo contratto, aumenti salariali, diversa qualità della vita in fabbrica e fuori di essa….
————-
Un nuovo contratto, aumenti salariali e una diversa qualità dell vita in fabbrica e fuori dell fabbrica. Richieste sacrosante, per carità, ma completamente avulse da una visione d’insieme che mirasse a creare e a proteggere i posti di lavoro. Io lo chiamo ‘sindacalismo miope’, mirato al beneficio immediato ma incapace di azioni di lungo repiro. Nesuna legge che tenesse conto di lavoratori che non fossero tute blu, come se il mondo del lavoro fosse composto solo di operai. Ogni strategia la si giudica dal risultato finale. Il risultato finale è che questo genere di sindacalismo ha portato il mondo del lavoro nelle condizioni pietose in cui ce lo ritroviamo, senza leggi che incentivino la creazione di nuovi posti di lavoro e che anzi scoraggiano chi voglia tentare l’avventura di un nuovo percorso lavorativo. In Svizzera, prima si apre l’attività, poi la si dichiara all’autorità e così si è in regola. Qui bisogna fare domande sopra domande e attendere tempi biblici dopo aver prodotto tonnellate di inutilissimi documenti. Ne sappiamo qualcosa in famiglia, visto che, a differenza di me, i miei famigliari sono ligi ai regolamenti e sono infatti fermi da 3 anni.
una classe operaia che faceva il brutto e il cattivo tempo! (CC)
———-
Questo lo affermi tu. Io ho sempre detto che la classe operaia non ha mai contato un cavolo nelle strategie, che comunque non dovevano partire da loro.
x Uroburo
Traduzione Google…modificata un tantino:
Ecco ciò che faranno quei 50.000 soldati Usa in Iraq che resteranno indietro e fino a quando?
E quale sarà colmare il vuoto che hai lasciato?
Quasi tutti sono previsto per rimanere in Iraq fino a quando non sono richieste da un accordo USA-Iraq a lasciare da 1 Gennaio 2012.
Le truppe statunitensi hanno quattro missioni, definite genericamente come “operazioni di stabilità”:
1. La formazione delle forze di sicurezza irachene, ora 660.000 forte.
2. Fornire informazioni, aerei e altri attivi per sostenere la campagna counterterror dell’Iraq.
3. La protezione degli Stati Uniti e alleati agenzie civili che continuano a cercare di ricostruire un paese distrutto che sta ancora cercando di mettere insieme un governo di cinque mesi dopo le elezioni.
4. Preparazione per tornare a casa.
Il cuore della forza rimanenti Stati Uniti, mentre l’etichetta “consulenza-e-assistenza brigate”, ha il potere di combattimento che supera di gran lunga quello dei militari iracheni, e che potrebbe essere utilizzato se Baghdad cercato l’aiuto degli Stati Uniti e il presidente Obama ha concordato.
———————————
Quanti civili rimarranno e quanti andranno, non si sa’.
Ci sono diverse versioni.
Pubblicamente Maliki non li vuole, ma non ufficialmente li vuole.
Anita
Bertinotti non è mai stato iscritto al PCI. (CC)
Perchè, secondo te Rifondazione Comunista era per caso proveniente dal disfacimento della DC? Fammi capire…
Ps- per l’uomo di Bisceglie
Guarda che io ho il massimo rispetto , per l’uomo di Montenero di Bisaccia, però, spero che tu non tragga informazioni storiche da Lui ..Inoltre ti ricordo che le sue fortune politiche ,cominciarono proprio per gentile concessione del D’alema che per sottrarlo alle vendette, lo fece eleggere nel collegio più Rosso d’italia, Barberino del Mugello, tanto per non rischiare.
amen
cc
con la barzelletta di un Pci dittatoriale che imponeva il clientelismo (CC)
—–
Sarà stata una barzelletta da voi. Da noi non lo era.
Non lo è neanche adesso. Abbiamo avuto un sindaco dei Comunisti Italiani per 10 anni. Chi non era della parrocchia non otteneva niente.
Ora è l’inverso: chi non è della parrocchia dell’attuale sindaco, chiede inutilmente.
Voi questa la chiamate democrazia. Io no.
x 228
C’è poco da capire e ancor meno da spiegare per il solo fatto che fai certe domande !
Rifondazione Comunista ha preso una minima parte dei consensi del vecchio Pci,anche in materia di quadri e dirigenti.
Con il vecchii pci c’entra come i cavoli a merenda e veramente non capisco come tu possa non conoscere queste banalità storiche, tanto da farmi venire seri dubbi sulla tua serietà!
Scusa ma te lo voglio proprio dire, mi sembri uno che fa disinformazione sistemica.
cc
Inoltre ti ricordo che le sue fortune politiche ,cominciarono proprio per gentile concessione del D’alema che per sottrarlo alle vendette, lo fece eleggere nel collegio più Rosso d’italia, Barberino del Mugello, tanto per non rischiare.
———-
C’è chi mormora che si sia trattato di uno scambio di favori, in quanto Di Pietro e compagni si erano fermati senza bussare a certe porte oscure. Malelingue, ovviamente.
Sinceramente al sottoscritto, del sindaco di Bisceglie, me ne può fregar di meno.
Sei tu che hai sempre detto che lo hai votato, mica io!
Sei già peggio della Sylvi , che vede il mondo dalla Carnia, tu da Bisceglie, il che è lo stesso!
cc
x 232
Nel caso vorrebbe dire che il Tuo, non è un eroe senza macchia e senza paura, ma uno da compromessi .
nel qual caso cosa diavolo blatera ai quattro venti?
cc
ps -temo però che tu sei troppo furbetto e non sei un vero difensore del magistrato, ma piuttosto uno che se serve come uno “scudo” per propangadare altro!
x CC
A me sembra che sia tu a confondere il partito di provenienza di Bertinotti, che era di risicata minoranza, col partito che poi è andato a presiedere, che tanto di minoranza non era. Non aveva la consistenza del PDS, ma non era neanche l’ultima ruota del carro, come vuoi far credere.
x CC
Comunque, piccoli o grandi, sono tutti rami di un delta derivato dalla disgregazione del PCI e questo è ciò che conta, in quanto ne rispecchiano la mentalità.
x CC
trovamelo tu, nel Parlamento italiano, uno che non è uomo di compromessi e che, non essendolo, riesca contare più dei semplici peones.
x Marco
– la lega che miete voti fra i montanari ignoranti o fra quelli con la puzza sotto il naso e pieni zeppi di fobie…-Marco
Gli spiriti solamente possono averti suggerito un’analisi di tanta disarmante ignoranza !!!
Così come altre analisi politiche!!!!….che fanno cascare le braccia e finanche le orecchie!!!
Bossi vuole andare alle elezioni perchè sa di stravincerle…
molti campagnoli andati a vivere in montagna???
Perchè non ti accontenti di sopravvivere come fai, senza pretendere di convincerci delle tue cavolate?
Bossi basta e avanza per capire, a chi vuol capire…ma se tu continui a parlar male di lui, come fai, potremmo essere in molti a convincerci che forse qualche qualità ce l’ha persino lui!
Se devo proprio scegliere, Dio non voglia, fra Bossi e certi tuoi AMICI napoletani, o siciliani….beh è scontato chi scelgo!
E con me ce n’è abbastanza per sfasciare l’Italia…con sommo danno della tua pensioncina!!!
Controllati, è meglio!
Sylvi
ps
per l’uomo del 232
Infatti come già ti ho detto le tue argomentazioni, sono da Cicchitto.
Secondo me tu sei rimasto craxiano!
cc
Se si candiderà De Magistris, voterò De Magistris, altrimenti Di Pietro.
Va bene come propaganda?
Scusa ma te lo voglio proprio dire, mi sembri uno che fa disinformazione sistemica.
cc
…xcche hai dei dubbi…?¿? ascolta il vecchio Faust quando dice e scrive… le vecchie sole le riconosco da subito… e questa sola lo sta dimostrando in questo momento che di politica sa quel cche gli pare… come da sempre… e come d’altronde su tutto quel che scrive…
ciao ne… appresto ormai… manca poco al mio ritorno… ammenoche…?!?! Sono in attesa di una risposta di un candidato alle presidenziali di Haiti… se la risposta è positiva… partecipo alla campagna elettorale… e non so quando tornero..
Paleonico
Non è il voto che conta o la professione apparente di fede , ma le argomentazioni concrete.
Se fossi un giovane informato e in buona fede avrei delle preoccupazioni !
cc
Se devo proprio scegliere, Dio non voglia, fra Bossi e certi tuoi AMICI napoletani, o siciliani….beh è scontato chi scelgo! (Sylvi)
——
E’ qui che ti sbagli.
Io sceglierei napoletano a prescindere, specie se mai dovesse sorgere la Repubblica di Napoli. O anche il Regno. Ma mi andrebbe bene anche un nuovo Achille Lauro.
x CC
Perchè mi vuoi fare arrabbiare?
Io che c’entro con le cavolate di Marco?
Quanto a montanari ignoranti che vedono il mondo dal cocuzzolo… sicuro che nel Piemonte, anagrafe, non ce ne sia di più che nella Carnia felix?
Davanti a me ho il mare…e tu???
Sylvi
Ti riconfermi per quello che ho sempre pensato, o parli di cose che non conosci o sinceramente con tutto il rispetto che posso nutrire per la tua persona , confermi solo una cosa :
il vero Stalinista in questo blog ,sei solo tu !
cc
x Marco 243
Buon pro ti faccia, ma sicuramente, te lo prometto, non in mio nome!
Sei proprio il tipo da mezza scarpa, e l’altra dopo le elezioni!
Lauro conosceva i suoi polli!!!
Sylvi
x CC
da cosa deduci che sono rimasto craxiano, dal fatto che non voglio sottomettermi alle leggi ultrafarraginose di uno Stato in disfacimento? Dal fatto che imputo il disfacimento anche a certe forze politiche alle quali era demandata la responsabilità del mondo del lavoro? E che non si sono mai curate di salvaguardare gli interessi multipli e differenti dell’intera categoria lavoratrice, prediligendo la ristretta categoria degli operai e, anche verso di loro, mirando ai quattro soldi in più in busta paga invece che ad aumentare una capacità di riconversione e di flessibilità in vista dei prevedibili cambiamenti nel mondo del lavoro?
Come d’altronde sta ancor succedendo con la Fiat. Tra un po’ arrivano i cinesi con le nuove tecnologie e questi qui stanno ancora pensando ad insistere con le presto obsolete auto a benzina.
Cara Sylvi,
io non ho mai parlato di montanari ignoranti, ma della tua visone del mondo o Weltanschauung carnica , che è altra cosa!
cc
Ma mi andrebbe bene anche un nuovo Achille Lauro.
…eddopo questa scandalosa stronzata… ditemi che mi sbaglio su sta sola da marcciappiede… x meglio dire na vecchia ciabatta… raccolta nel cassonetto della differenziata…
P.
Ai tempi di Lauro a Napoli si stava bene.
Polli o non polli, c’era lavoro, pace sociale e poca delinquenza. Merito anche del contrabbando di sigarette, attività che funzionava da ammortizzatore sociale a costi certamente inferiori a quelli attuali per combattere la delinquenza.
Quella dei montanari ignoranti me l’ha detta la mia amica di Vicenza, veneta doc.
Prendetevela con lei, io mi limito a riportare ciò che mi è stato riferito da fonte attendibile, in quanto attivista politica in loco.