Manifesto per la fondazione del partito Democrazia Laica. Per la difesa della laicità della Repubblica italiana (quindi anche della libertà di religione) e contro la guerra da “scontro di civiltà”
Il laicismo unisce, i clericalismi invece dividono. E spingono chiaramente verso una nuova disastrosa guerra chiamata “scontro di civiltà”. Se qualcuno vuole partecipare con me all’avventura della creazione del partito Democrazia Laica si faccia avanti. Questo è il manifesto che io propongo. Si accettano ovviamente suggerimenti e consigli, specie per il programma politico che io ho solo abbozzato in pochi punti.
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L’Italia è stata unificata e resa più civile, più moderna e più europea dalle personalità, dai gruppi, dalle associazioni e dai partiti laici e antitotalitari, cioè da un insieme che oggi è purtroppo molto indebolito e in via di estinzione come realtà organizzata e dotata di strutture politiche. Da qualche tempo è invece cresciuto l’interventismo della gerarchia vaticana nella vita politica della Repubblica Italiana, fino a superare abbondantemente in vari campi i limiti del lecito; interventismo che si è mobilitato non per la conquista di nuovi diritti dei cittadini italiani, quanto invece per impedirli. Di recente si è arrivati a sostenere che le leggi della Repubblica devono essere in sintonia con il credo man mano elaborato in Vaticano.
Questo comportamento, da religione di Stato, spinge da una parte all’ossequio filoclericale e dall’altra all’anticlericalismo, eccessi da evitare entrambi, ma spinge anche in direzione contraria al diritto di libertà di culto, inteso come diritto alla libertà per ogni culto, compreso il culto del non credere. Il Vaticano ha tentato a lungo d’imporre alla Comunità Europea il cappello delle “radici cristiane” nel progetto di Costituzione europea. Il tentativo finora è andato a vuoto e nel frattempo la Spagna, ex sagrestia d’Europa, si è molto laicizzata, diventando molto più moderna ed europea. Per bilanciare tali perdite il Vaticano ha aumentato la pressione sulla Repubblica italiana, con il chiaro scopo di farne il proprio “zoccolo duro” per non perdere anche l’influenza, i privilegi e il potere che da secoli esercita sul territorio italiano.
La libertà di scelta religiosa e di scelta atea o agnostica è un diritto inalienabile, che parafrasando una nota frase di Camillo Benso di Cavour potremmo riassumere con l’espressione “Libere Chiese in libero Stato”, aggiornandola ed ampliandola in “Libere Chiese in libera Europa”. Il crescendo di invadenza vaticana va però in direzione opposta a tale diritto e a parte dei diritti universali dell’uomo, e legittima per reazione un’analoga invadenza da parte di altre religioni, aumentando così il pericolo del ripetersi di esiti drammatici già vissuti in passato, e contribuisce in modo preoccupante al deterioramento della scuola e della sua centralità nella formazione dei cittadini e del futuro del Paese. Ecco perché l’invadenza del Vaticano va contrastata, con urgenza e fermezza, ed ecco perché quella delle altre confessioni va prevenuta con altrettanta urgenza e fermezza prima che sia troppo tardi. Si può essere cristiani e cattolici senza inginocchiarci anche fuori dalle chiese, così come si può essere atei o professare altre religioni senza per questo tenere sermoni o montare in cattedra fuori dai propri templi.Pur tralasciando le passate mobilitazioni della gerarchia clericale contro quelli che sono poi diventati diritti civili, come il diritto al matrimonio con rito non religioso, il diritto alla contraccezione preventiva, all’aborto e ai trapianti di organi, ancora oggi i cittadini italiani pagano le conseguenze dell’interventismo del Vaticano in troppi campi:
• fecondazione assistita;
• convivenza more uxorio di cittadini dello stesso sesso;
• diritto alla contraccezione;
• diritto alla pillola del giorno dopo;
• diritto all’aborto terapeutico senza l’ostacolo delle cosiddette “obiezioni di coscienza” e senza intollerabili pressioni di presunti “amici della vita”;
• diritto a decidere sulla propria morte contro l’accanimento terapeutico deciso da estranei contro la volontà dell’interessato e dei suoi congiunti, anche ben oltre il limite della umana dignità;
• diritto alla prescrizione medica di sostanze utili ad attenuare l’insostenibile dolore fisico nei malati terminali.
• diritto all’eguaglianza, almeno nelle scuole pubbliche, da parte di insegnanti di materie non religiose nei confronti degli insegnanti di religione, sfacciatamente preferiti nelle graduatorie per l’assunzione in ruolo.
Il dilagare di malattie sessuali quali l’Aids, che in Africa miete centinaia di migliaia di vittime e crea un mare di orfani, a causa del divieto “religioso” del preservativo, perfino in presenza del suo utilizzo a fini procreativi senza rischio tra sieropositivi, indica che questi argomenti non hanno nulla né di religioso da una parte né di ideologico dalla parte contrapposta. Si tratta di problemi drammaticamente concreti, che creano dolore e sofferenza in tutti coloro che si vedono privare la dignità di nuovi diritti e l’esercizio della propria sessualità senza i condizionamenti di tabù imposti dall’alto per motivi che in realtà nulla hanno a che vedere con la religione.
Purtroppo l’invadenza della gerarchia vaticana non si ferma ai temi citati, ma si spinge anche a pretendere una serie di privilegi decisamente inaccettabili, perché oltretutto contraddicono pesantemente il principio di eguaglianza dei cittadini e tra fedi diverse, compresa la fede nella mancanza di fede:
• incasso di quasi l’80% del gettito fiscale dovuto all’8 per mille versato da molti contribuenti all’atto della dichiarazione dei redditi senza specificare il beneficiario. Il libro L’obolo, scritto dal giornalista Curzio Maltese, ha rivelato l’impressionante ammontare delle cifre incamerate ogni anno dal Vaticano in questo modo. Cifre che meglio sarebbe investire nella scuola, cioè nel futuro dei giovani e quindi dell’intera società;
• esenzione da tasse come l’Ici ottenuta in molti modi, anche inserendo piccoli spazi per il culto in immobili chiaramente ad uso commerciale, turistico, ecc. E’ da notare come varie inchieste giornalistiche e buoni libri dimostrano che il Vaticano possiede beni immobili pari a un quarto di tutti quelli esistenti a Roma e un quinto di tutti quelli esistenti in Italia;
• nomina anche nelle scuole pubbliche degli insegnanti di religione su decisione del vescovo locale, anziché per concorso come per tutti gli altri insegnanti;
• privilegio nell’assunzione a tempo indeterminato degli insegnanti di religione rispetto a tutti gli altri anche aventi maggiore anzianità, e con il ministro Giulio Tremonti privilegio perfino negli aumenti di stipendio;
• licenziabilità dei citati insegnanti di religione a discrezione del vescovo locale; • stanziamenti sempre più sostanziosi per la scuola privata, che in Italia è di fatto quella gestita dal Vaticano o da organismi ad esso facenti capo. La Regione Lombardia è arrivata al punto di stanziare fondi per aiutare le famiglie che, per i propri figli, alla scuola pubblica preferiscono quella privata, cioè di fatto confessionale. Si utilizza quindi il pubblico denaro per degradare ulteriormente la scuola pubblica! Degrado che l’attuale ministro della Pubblica Istruzione, Maria Stella Gelmini, vuole acuire a livello nazionale imponendo a tutte le Regioni le stesse regalie di danaro pubblico a favore della preferenza per le scuole private, vale a dire facenti capo al Vaticano, a discapito di quelle pubbliche, facenti capo cioè alla Repubblica Italiana. E’ invece il ruolo centrale e strategico della scuola pubblica nel futuro di un Paese civile che deve essere recuperato e rilanciato con urgenza, pena il declino irreversibile e annessi possibili esiti traumatici.
Poiché i vescovi non sono nominati dalle rispettive comunità di credenti, bensì dallo Stato del Vaticano e ad esso debbono rendere conto, ne consegue che la Repubblica Italiana ha ceduto parte della propria sovranità a uno Stato estero qual è a tutti gli effetti il Vaticano, anche in tema di esercizio del diritto internazionale.
Oltre a ciò, il problema è che gli insegnanti in questione non sono insegnanti di religioni o storia delle religioni, come dovrebbero invece essere, bensì di fatto solo insegnanti di religione cattolica, intesa sempre e comunque come “la vera religione”. Su questo punto la gerarchia facente capo al Vaticano e alcune forze politiche al suo seguito e adoratrici della “realtà territoriale” hanno preso posizione esplicita, anche in tempi recenti, appellandosi alla tradizione, alla “identità italiana” e alle “radici europee”.
Riguardo all’invocare le tradizioni come un obbligo da perpetuare, bisogna sottolineare che anche lo schiavismo, le case di tolleranza, lo sfruttamento dei minori, la subordinazione della donna e la sua mancanza del diritto di voto, la monarchia, la pena di morte, la tortura, il disprezzo verso gli ebrei perché “popolo deicida”, la mancanza di diritti eguali per tutti e perfino la mancanza dell’habeas corpus, tutte queste realtà storiche sono state delle tradizioni. Tradizioni durate molti secoli e a volte millenni, ma non per questo abbiamo dovuto restarne prigionieri, ce ne siamo anzi per fortuna liberati. Le “tradizioni” sono da sempre in continuo aggiornamento e volerle ingessare o restarne prigionieri è – per usare un linguaggio caro al clero vaticano – contro natura, oltre che contro la Storia e i diritti universali degli esseri umani.
Riguardo l'”identità italiana”, non è il Vaticano il più adatto a parlarne e a spiegare cosa essa sia. Non è infatti fare dell’anticlericalismo ricordare che il papato si è opposto più di una volta alla realizzazione dell’unità d’Italia, unità che avrebbe potuto essere realizzata già dai Longobardi, i laboriosi lombardi di oggi, ben 800 anni prima di quanto avvenuto. L’unità d’Italia è stata peraltro conquistata appena 150 anni fa e a prezzo di guerre anche contro lo stesso Stato pontificio. Come qualunque altra, l’identità italiana è comunque cambiata nel tempo, modificandosi sotto l’incalzare della Storia ed emancipandosi sotto l’incalzare del sapere, della cultura e del progresso in generale.
Riguardo infine alle famose “radici cristiane” dell’Europa, da qualche tempo fatte diventare “giudaico-cristiane”, con una inversione di 180 gradi rispetto alla tradizione, è il caso di dirlo, durata 16 secoli, ci sono da notare alcune cose.
La prima è che nonostante le intenzioni del Vaticano il termine “giudaico-cristiano” rende evidente la stessa realtà che esso vuole nascondere, e cioè che le radici in questione hanno origini ben più antiche (esse affondano nel Vicino e Medio Oriente): né l’ebraismo e neppure il cristianesimo sono infatti realtà “made in Europe”, dove sono infatti arrivate dal Medio Oriente.
La seconda cosa da notare è di fatto una prosecuzione della prima. Se la definizione “giudaico-cristiane”, riferita alle radici in questione, indica implicitamente che esse arrivano fino in Oriente, c’è da aggiungere che in realtà esse affondano molto più in là di quanto comunemente si voglia ammettere e far sapere: nonostante la damnatio memoriae dei popoli pagani operata dal Vaticano con la Bibbia, le nostre radici arrivano infatti fino in Mesopotamia e oltre. Basta notare come perfino piccole realtà di essenziale uso quotidiano, come l’orologio e il calendario, i numeri e le operazioni aritmetiche, per non parlare di molto altro, sono eredità che abbiamo ricevuto da spazi territoriali e culturali che abbracciano almeno 3-4.000 anni di storia e comprendono in forma organica l’attuale Vicino e Medio Oriente, spingendosi peraltro ancora più in là.
Voler far partire la Storia dal tempo della Bibbia o da quello più recente dei vangeli rappresenta un grave errore, oltre che un sopruso nei confronti della verità. Vale a dire, una falsificazione della Storia, ovvero dei fatti realmente accaduti, anche se troppo spesso volutamente ignorati, specie in relazione alle loro influenze sulla cultura e sull’identità dei popoli. Tale ignoranza è però oggi non più ammissibile alla luce delle imponenti acquisizioni realizzate da discipline quali l’archeologia, la storiografia, lo studio delle lingue precedenti il greco e il latino e lo studio delle conoscenze scientifiche e tecnologiche di popoli e culture anteriori, e non di poco, ai greci e ai latini. Anteriori cioè ai popoli e alle culture alle quali usiamo far ascendere le nostre radici precedenti il cristianesimo e precedenti la stessa presa di coscienza dell’esistenza del territorio chiamato Europa.
La terza cosa da notare, infine, è che le radici vantate dal Vaticano sono state man mano favorite e poi imposte manu militari per motivi politici dal potere imperiale, quello di Costantino e Teodosio prima e di Carlo Magno dopo, recidendo, con metodi non di rado degni dei moderni talebani, radici ben più antiche. E’ ormai assodato e noto che le più importanti ricorrenze cristiane, quali il Natale, la Pasqua, la Quaresima, ecc., non sono altro che tradizioni preesistenti, “pagane”, delle quali il clero romano si è semplicemente appropriato. Perfino le processioni e la venerazione delle immagini sacre ci sono state trasmesse dall’antico Egitto e dalla Mesopotamia, oggi quest’ultima ancor più aborrita perché si chiama Iraq.
Se non si puntano i piedi sulla demistificazione delle “radici europee” e del'”identità italiana” – rispettivamente definite “radici cristiane” e “radici cattoliche”, con insistenza crescente da quando è nata la Comunità Europea, e recentemente trasformate entrambe in “giudaico-cristiane” – si finirà con il restare prigionieri dell’evidente strategia vaticana di ricerca di una qualche forma di coesistenza tra cristianesimo ed ebraismo, inclinata in realtà sempre più pericolosamente verso lo scontro con il mondo islamico, esponendoci quindi prevedibilmente al suo risentimento e alle sue reazioni.
Quello con il mondo islamico è uno scontro iniziato in tempi moderni con la spedizione di Napoleone in Egitto due secoli fa, ma già inaugurato in tempi anteriori con le varie crociate. Che altro non erano se non guerre europee volute dal Vaticano contro il mondo non solo islamico. Viceversa, si rischia che eventuali e peraltro auspicabili accordi di pacifica convivenza tra le diverse confessioni stendano una ancor più spessa e pesante cappa multi clericale sui diritti dei cittadini italiani tutti, laici e non laici, che seguono una religione o che non ne seguono nessuna. E nel caso di ormai non impossibile rottura dell’unità d’Italia, con conseguente espulsione della sua parte più debole dalla Comunità Europea, la situazione che si sta creando potrebbe avere conseguenze devastanti.
A tutto ciò bisogna aggiungere che in parallelo con l’aumento dell’invadenza clericale nella vita politica è cresciuta anche nella realtà delle scuole private il ruolo di Comunione e Liberazione, organizzazione filoclericale che punta a occupare nell’intero settore della scuola uno spazio simile a quello che è riuscita ad occupare nel settore della sanità della Regione Lombardia, diventata per alcuni politici regionali l’equivalente di ciò che è Mediaset per Silvio Berlusconi. Comunione e Liberazione ha inoltre contribuito ad alterare la natura della politica sanitaria lombarda: se tale politica prima era modellata sulla realtà della distribuzione statistica e territoriale delle patologie, oggi invece è modellata sulla struttura e sulle esigenze del mondo della produzione sanitaria e farmaceutica. Si vuole forse snaturare anche il mondo della scuola con analoghi cambiamenti di rotta e di obiettivi? Nella scuola si vuole piegare l’interesse generale a favore di quello “privato”, in gran parte confessionale e comunque sempre affaristico?
Più in generale, il dilagare di Comunione e Liberazione nella realtà economica e politica lombarda è ben documentato dal libro dal titolo significativo: Assalto al potere in Lombardia, scritto da chi ben conosce il tema, perché dipendente della giunta regionale e per rappresaglia è stato sospeso pro tempore dal lavoro.
C’è da notare che Comunione e Liberazione è nata proprio in Lombardia, per l’esattezza a Milano, grazie all’uso molto disinvolto che il famoso professore di religione don Luigi Giussani fece negli anni ’60 del suo ruolo tra gli studenti del liceo Berchet dove insegnava. L’esempio del sacerdote Giussani – definito grande educatore, omettendo però che educava al cattolicesimo molto poco laico – trova oggi volenterosi imitatori. Nelle scuole private nell’orbita di Comunione e Liberazione non di rado gli insegnanti praticano, nei confronti di cognizioni e dottrine sgradite, la strategia del riduzionismo o del negazionismo, per esempio nei riguardi del darwinismo e dell’evoluzionismo, sostituiti d’autorità con il creazionismo biblico, ma anche sostituendo buona parte della storia antica con i miti della Bibbia, fatti passare per verità storiche quando è ormai assodato che non lo sono e che pertanto alimentano invece odi millenari tra varie confessioni con danno dei rispettivi popoli.
Una scuola pubblica che insegni istituzionalmente nello stesso tempo due cose tra loro opposte e inconciliabili, vale a dire da una parte la storia e il pensiero critico, quindi anche scientifico, con il personale docente scelto dallo Stato italiano e dall’altra il suo opposto fideistico, quali per esempio il creazionismo e i miti biblici con il personale scelto ad nutum dal vescovo, è una scuola che offende il dettato costituzionale sulla parità dei cittadini italiani e che non è in grado di formare menti dotate di sufficiente intelligenza critica e capacità scientifica.
Una tale formazione scolastica, contraddittoria e schizofrenica, non è la più adatta per reggere le pesanti sfide economiche, culturali e globali che sempre più ci vengono lanciate da Paesi come l’India e la Cina, giganti che, spogliatisi ormai del tutto degli abiti coloniali imposti in passato dall’Europa, la stanno raggiungendo in molti campi. Con la prospettiva di superarla e soppiantarla nel ruolo mondiale. E’ quindi la scuola pubblica, non le singole confessioni né quella dominante, che deve essere messa al centro dell’interesse generale.
E’ la stessa Comunità Europea a lanciare l’allarme con una apposita risoluzione, la numero 1580 del 4 ottobre 2007, che vale la pena citare per intero in calce a questo documento, e che mette in risalto come il movimento creazionista persegua in realtà ovunque nel mondo cristiano, dagli Stati Uniti, dove è nato, all’Europa, dove lo si vuole espandere, l’obiettivo di abbattere la democrazia per sostituirla con la teocrazia. E anche in questo caso non è ideologia o anticlericalismo denunciare una tale situazione, si tratta invece di far notare, tra l’altro, un paio di cose. Senza scadere nell’antagonismo e nella contrapposizione reciproca, credo e scienza devono poter coesistere senza che un credo venga ad opporsi alla scienza contrastandone le acquisizioni, che hanno invece il merito di avere enormemente migliorato le condizioni di vita dell’umanità.
In Italia siamo arrivati al punto che il vicepresidente del Consiglio Nazionale per le Ricerche (CNR), Roberto De Mattei, si è fatto dare dallo stesso CNR un contributo di 9.000 euro per pubblicare gli atti di un convegno da lui organizzato sul tema “Evoluzionismo. Il tramonto di una ipotesi” (cfr “La Repubblica” del 23 dicembre 2009). De Mattei è un fervente creazionista, convinto che “Adamo ed Eva siano personaggi storici e siano i progenitori dell’umanità”.
Poiché crede nella Bibbia, e non solo riguardo all’origine dell’umanità, confondendo illegittimamente tra le sue legittime scelte religiose e la sua pubblica responsabilità di ricercatore scientifico, De Mattei lancia anche l’accusa che “in alcuni ambienti ecclesiastici c’è un atteggiamento debole, come di inferiorità verso certi ambienti intellettuali” assertori del darwinismo, e punta il dito contro i “vescovi e teologi che lo accettano”, chiosando che questi “sono gli stessi per esempio che sostengono che il libro della Genesi è una metafora e che non va preso alla lettera”.
Se questa è la mentalità scientifica e la disinvoltura del vicepresidente del CNR, possiamo intuire quale sia quella al livello della scuola di ogni ordine e grado. Insistere sulla verità storica delle narrazioni bibliche e prenderle come insegnamenti, per giunta divini, anziché spiegare che in massima parte sono solo miti e che nella totalità sono comunque di esclusiva origine umana significa legittimare valori che ledono in molti punti la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e la Costituzione della Repubblica italiana.
Non è ammissibile che il Vaticano remi contro la laicità e quindi contro la legalità della nostra Repubblica e che nello stesso tempo questa gli conceda tali e tante concessioni economiche e agevolazioni fiscali da farne un non trascurabile peso per l’erario. Peso che oltretutto ha quattro ben precise conseguenze negative: contribuisce a ridurre la possibilità di arrivare a una più equa tassazione, sempre promessa dai nostri governanti e sempre dagli stessi rinviata alle calende greche; impedisce alla radice lo sviluppo di iniziative pubbliche assistenziali e solidaristiche, con annessa creazione di posti di lavoro anche qualificato; favorisce invece la cultura e la pratica della carità appaltata di fatto a iniziative ed istituzioni facenti capo al Vaticano; infine, toglie risorse alla scuola pubblica.
La debolezza, le contraddizioni e i vizi di varia natura delle forze politiche, soprattutto della maggioranza, mettono il governo e la gran parte dei partiti nella condizione di avere più che mai bisogno dell’appoggio della gerarchia vaticana per conservare la propria base elettorale, cioè il proprio potere.
Tutto ciò è apparso drammaticamente chiaro nelle vicende del primo ministro Silvio Berlusconi negli ultimi mesi del 2009, sfociate nell’affermazione clamorosamente mendace sui “valori cristiani veicolati dal mio governo”. Il “caso Dino Boffo”, con i suoi annessi e connessi, è stato un episodio emblematico anche per cinismo, mercanteggiamenti e disponibilità alla simonia, oltre che per le torsioni acrobatiche che ha comportato. E a proposito di torsioni acrobatiche, la Lega Nord è passata da un anticlericalismo becero ad un altrettanto becero filoclericalismo, aggravato da una visione del cattolicesimo decisamente meschina e razzista.
Il bisogno governativo e più in generale politico, anche a livello regionale e comunale, di appoggio strumentale alla stampella vaticana comporta una ulteriore contrazione dei diritti civili e una ulteriore cessione di sovranità della Repubblica italiana a favore dello Stato estero del Vaticano.
Tutto ciò ha inoltre contribuito all’abbandono da parte dei partiti di sinistra dell’analisi della composizione della realtà produttiva, industriale, economica, finanziaria, contadina, professionale, ecc., e dell’analisi della composizione delle classi sociali. Un abbandono che obnubila la possibilità di efficaci riforme e cambiamenti strutturali e quindi di un più alto livello della qualità della vita delle classi dipendenti. Le categorie dell’analisi di classe sono state sostituite da categorie prevalentemente anagrafiche, come “giovani” e “anziani”, etnico-geografiche, come “extracomunitari” e “italiani”, religiose, come “cattolico” e “musulmano”. E c’è la tendenza ad aggiungere categorie ideologiche come “antisemita”, “filoisraeliano”, “filoarabo”, ecc. La distruzione della possibilità di intervenire incisivamente sulla realtà strutturale anche di classe è perciò praticamente nulla.
Le tensioni e i tentativi di accordo tra le tre religioni monoteiste, che di fatto sono le religioni dell’intero bacino del Mediterraneo e annesso retroterra, spingono in direzione di un rafforzamento clericale, inteso come rafforzamento dei cleri delle varie confessioni e di quelli delle loro divisioni scismatiche (non esiste infatti né un solo tipo di cristianesimo né un solo tipo di islam e neppure un solo tipo di ebraismo, in quanto le loro suddivisioni e sette assommano ormai a svariate decine).
Siamo così costretti a oscillare tra lo “scontro di civiltà” – che è piuttosto uno scontro di inciviltà, oltre che di fatto uno scontro di religioni, o meglio di interessi che si definiscono religiosi – e una ripresa dei vari clericalismi che sarà sicura causa di regressione sotto vari profili: politico, civile, sociale, morale, culturale, quindi anche scientifico, ed economico, oltre che religioso, ove per religione s’intenda l’inalienabile diritto a professare una fede, senza volerla imporre agli altri. Cioè senza voler a tutti i costi interferire nel dare a Cesare ciò che è di Cesare e, per chi ne ha almeno uno, dare al proprio Dio ciò che è del proprio Dio.
Non vogliamo restare prigionieri di tradizioni e radici che non hanno saputo evitare o che hanno provocato tragedie immani come il colonialismo, le guerre mondiali, i genocidi, l’uso della bomba atomica e la demenziale corsa agli armamenti nucleari, chimici, batteriologici e perfino “stellari, tutte prove evidenti dell’assenza di qualunque “superiorità” culturale o di civiltà nei confronti del resto del mondo, anzi prove di bancarotta morale e culturale di modelli di civiltà e sviluppo insostenibili, che se diventano accessibili al resto dell’umanità, il rischio è quello della distruzione delle risorse del pianeta.
OBIETTIVI – In attesa di definirli con esattezza con un dibattito più ampio, sono comunque prioritari:
• il potenziamento delle scuole pubbliche e dei programmi scolastici, anche dirottando a loro favore almeno parte dei fondi recuperabili ponendo fine ai privilegi economici del Vaticano e degli incostituzionali finanziamenti alle scuole private;
• il riconoscimento effettivo della parità dei diritti e della dignità tra l’uomo e la donna anche in fatto di sovranità sul proprio corpo, promozione di una maggiore presenza della donna in tutti i campi della vita pubblica, sua autonomia nelle scelte in fatto anche di maternità e lotta contro le pretese di sua soggezione alle ideologie dei vari cleri, che di fatto sono pretese di prosecuzione della soggezione della donna all’uomo. Il potere maschile e maschilista ha già fatto troppi danni nel corso della Storia, ed è ormai urgente porvi un argine e combatterlo;
• l’ampliamento dei diritti civili sulla base dell’eguaglianza tra tutti i cittadini italiani, e quindi a prescindere da considerazioni religiose e sessuali e di qualunque altra natura comunque discriminatoria;
• l’abrogazione del Concordato e dei privilegi che comporta, anche per impedire che se ne stipulino altri sullo stesso modello per altre religioni.
Ecco intanto il testo completo della risoluzione n. 1580 approvato dalla Comunità Europea il 4 ottobre 2007:
1 – Lo scopo di questo rapporto non è quello di mettere in dubbio o combattere un credo – il diritto alla libertà di fede non lo permette. Lo scopo è di mettere in guardia contro certe tendenze a far passare un credo per scienza. È necessario separare i credo dalla scienza. Non è una questione di antagonismo. Scienza e credo devono essere in grado di coesistere. Non è una questione di contrapporre credo e scienza, ma è necessario evitare che un credo venga ad opporsi alla scienza.
2 – Per alcune persone la creazione, in quanto materia di credo religioso, dà un senso alla vita. Nonostante questo, l’assemblea parlamentare è preoccupata dei possibili effetti negativi che potrebbero avere le idee creazioniste all’interno del nostro sistema educativo, e delle conseguenze per la nostra democrazia. Se non stiamo attenti, il creazionismo potrebbe diventare una minaccia per i diritti umani, argomento di fondamentale interesse per il consiglio europeo.
3 – Il creazionismo, che è nato dal rifiuto dell’evoluzione delle specie attraverso la selezione naturale, è stato per lungo tempo un fenomeno quasi esclusivamente americano. Oggi le idee creazioniste tendono a farsi strada in Europa, e la loro diffusione sta influenzando un numero notevole di Stati membri del Consiglio europeo.
4 – L’obiettivo primario dei creazionisti di oggi, la maggior parte dei quali sono cristiani oppure musulmani, è l’educazione. I creazionisti sono tesi ad assicurarsi che le loro idee vengano incluse nei programmi scientifici della scuola, ma il creazionismo non può in ogni caso pretendere di essere una disciplina scientifica.
5 – I creazionisti mettono in dubbio il carattere scientifico di certi aspetti della conoscenza, e sostengono che la teoria evolutiva è solo una fra le tante interpretazioni possibili. Essi accusano gli scienziati di non fornire prove sufficienti per affermare la validità scientifica della teoria evolutiva. D’altra parte essi difendono le proprie affermazioni come scientifiche. Nulla di tutto questo regge ad una obiettiva analisi dei fatti.
6 – Stiamo assistendo ad una crescita delle modalità attraverso le quali viene messa in discussione certa conoscenza stabilita sulla natura, sull’evoluzione, sulle nostre origini e sul nostro ruolo nell’universo.
7 – C’è un rischio effettivo di generare una seria confusione nelle menti dei nostri figli tra ciò che ha a che fare con convinzioni, credo e ideali di ogni tipo, e ciò che ha a che fare con la scienza. Un atteggiamento apparentemente egualitario potrebbe apparire piacevole e tollerante, ma è in realtà pericoloso.
8 – Il creazionismo presenta molti aspetti contraddittori. L’idea dell’intelligent design, la più recente e più raffinata versione del creazionismo, non nega un certo livello di evoluzione, ma l’intelligent design, in forma più sottile, cerca di apparire come scientifico nel suo approccio, e proprio qui sta il pericolo.
9 – Questa assemblea ha regolarmente insistito sull’importanza fondamentale della scienza. La scienza ha reso possibili notevoli miglioramenti nelle condizioni di vita e di lavoro, e non è un fattore insignificante nello sviluppo economico, tecnologico e sociale. La teoria dell’evoluzione non ha nulla a che vedere con una divina rivelazione, ma è basata su fatti concreti.
10 – Il creazionismo sostiene di essere basato su rigore scientifico. In realtà i metodi utilizzati dai creazionisti sono di tre tipi: affermazioni puramente dogmatiche; un uso distorto di citazioni scientifiche, a volte illustrate con splendide fotografie; e un supporto da parte di più o meno noti scienziati, la maggior parte dei quali non sono specialisti nel settore. Attraverso questi metodi i creazionisti cercano di convincere chi non è esperto in materia, e di seminare dubbio e confusione nelle loro menti.
11 – L’evoluzionismo non è una semplice questione di evoluzione degli umani e delle popolazioni. Negarlo potrebbe avere serie conseguenze sullo sviluppo della nostra società. Progressi nella ricerca medica con lo scopo di combattere con efficacia malattie infettive come l’AIDS diventano impossibili se i principi fondamentali dell’evoluzione sono negati. Non ci si può rendere pienamente conto dei rischi che comporta il significativo decadimento nella biodiversità e nei cambiamenti climatici, se il meccanismo evolutivo non è compreso a fondo.
12 – Il nostro mondo moderno è il risultato di una storia molto lunga, di cui lo sviluppo delle scienze e della tecnologia costituiscono un aspetto importante. Nonostante questo, l’approccio scientifico non è ancora del tutto compreso, e questo può incoraggiare lo sviluppo di ogni tipo di fondamentalismo ed estremismo. Il totale rifiuto delle scienze è certamente una delle minacce più gravi per i diritti umani e i diritti civili.
13 – La guerra alle teorie evolutive e ai suoi sostenitori nasce nella maggior parte dei casi da forme di estremismo religioso che sono strette alleate dei movimenti politici di destra. Il movimento creazionista dispone di un reale potere politico. La realtà dei fatti, come è già stata denunciata più volte, è che alcuni sostenitori del creazionismo più stretto sono intenzionati a sostituire la democrazia con la teocrazia.
14 – Tutti i leader delle maggiori religioni monoteistiche hanno assunto un atteggiamento molto più moderato. Il Papa Benedetto 16, ad esempio, come il suo predecessore Giovanni Paolo II, oggi elogia il ruolo delle scienze nell’evoluzione dell’umanità e riconosce che la teoria evolutiva è “qualcosa di più di un’ipotesi.
15 – L’insegnamento di tutti gli aspetti riguardanti l’evoluzione come fondamentale teoria scientifica è quindi cruciale per il futuro della nostra società e delle nostre democrazie. Per questo motivo deve occupare una posizione centrale nel programma scolastico, specialmente in quello scientifico, finché, come ogni altra teoria, sarà in grado di reggere un approfondito esame scientifico. L’evoluzione è presente dovunque, dalla prescrizione eccessiva di antibiotici che incoraggia la formazione di batteri resistenti, all’uso eccessivo di pesticidi nell’agricoltura, che porta a mutazioni negli insetti che li rendano immuni a tali pesticidi.
16 – Il Consiglio Europeo ha sottolineato l’importanza di insegnare le culture e le religioni. Nel nome della libertà di espressione e del diritto al credo individuale le idee creazioniste, come qualunque altra posizione teologica, possono sempre essere presentate come supplemento all’educazione religiosa e culturale, ma non possono pretendere di avere una rispettabilità scientifica.
17 – La scienza offre un addestramento insostituibile nel rigore intellettuale. Non cerca di spiegare “perché le cose sono”, ma di comprendere come esse funzionano.
18 – Un’indagine sulla accresciuta influenza dei creazionisti mostra che il dibattito fra creazionismo ed evoluzionismo va ben oltre l’ambito intellettuale. Se non facciamo attenzione, i valori che stanno alla base stessa del Consiglio europeo verranno direttamente minacciati dai creazionisti fondamentalisti. È quindi compito dei Parlamentari del Consiglio di reagire prima che sia troppo tardi.
19 – L’assemblea parlamentare urge quindi gli stati membri e specialmente le loro autorità educative: A difendere e promuovere la conoscenza scientifica. A rafforzare gli insegnamenti dei principi fondamentali della scienza, la sua storia, la sua epistemologia, e i suoi metodi, accanto all’insegnamento di una conoscenza scientifica obiettiva. A rendere le scienze più comprensibili, più attraenti, più vicine alla realtà del mondo moderno. Ad opporsi vigorosamente all’insegnamento del creazionismo come disciplina scientifica in termini di parità con la teoria evolutiva, e in generale ad opporsi all’introduzione del creazionismo in qualunque disciplina all’infuori della religione. A promuovere l’insegnamento dell’evoluzione come teoria scientifica fondamentale nel programma scolastico.
20 – L’assemblea accoglie favorevolmente il fatto che 27 accademie scientifiche del Consiglio Europeo degli stati membri abbiano firmato, nel giugno 2006, una dichiarazione sull’insegnamento dell’evoluzione, e si appella alle accademie scientifiche che ancora non l’hanno fatto a firmare la dichiarazione.
• Pollard John F., L’obolo di Pietro. Le finanze del papato moderno: 1850-1950, 2006, Corbaccio
• De Alessandri Enrico, Comunione e liberazione: assalto al potere in Lombardia, 2010, Bepress
cara Anita
a parte il fatto che io sono di fatto cosmopolita, posso comunque sperare per chi mi pare, anche per la tua nazione e per il tuo fox-terrier!
Peter
signor P. 650 ‘fa delli belli paralleli’
gia’, come il 17esimo in Vietnam, nevvero?
E poi il signor P. ci aggiungera’ pure delli belli meridiani, che tutto fa brodo
Peter
x Peter
Caro cosmopolita,
come fai a sperare su quello che non sai?
Non ho un Fox-terrier, ma un Yorkshire Terrier.
Anita
Abbiamo una Costituzione a cui restare aggrappati, nonostante un Presidente di sx che firma deroghe…
C’è ancora qualche …giudice a Berlino.
Ma abbiamo i D’Alema …cioè abbiamo chi collude con il nemico per sete di potere…e sono i nostri veri nemici!
Altro che Guelfi e Ghibellini…e Montecchi e Capuleti!
Sylvi
X Anita 643 &P
Se pensiamo a tutto quello che hanno fatto Regan ,Bush padre con figlio al whisky $ soda,catastrofici ma senza arrivare a “calpestii” potete parlare solo di preludio di cambi che erano annunciati e che per tutti noi saranno obbligatori.Eravamo tutti su un autobus in gita scolastica che aveva alla guida un conduttore in drug overdose liberista.
Alla fine della gita ci ha lasciato in mutande ma,meno male, ancora vivi!
L.
X Pino
spero che quel “non ne dubitavo” (post n.603) non fosse ironico, eh eh
saluti
Il 13 marzo, manifestazione in piazza con i viola e il PD.
Bene, anche il PD si sta finalmente muovendo. Sono contento.
Sarà la Primavera?
L’ondata di scandali sui grandi appalti, suggerisce che la corruzione sia dilagata da quando Berlusconi è al potere.
Ciò potrebbe non essere una sorpresa considerando l’impunità che i suoi governi hanno esteso a tanti criminali in grisaglia.
The Economist, 4 marzo
No al condono elettorale. Si al rispetto delle regole.
Oggi pomeriggio saremo in tanti a Genova dove il Partito Democratico aprirà la campagna elettorale e dove tutti i democratici faranno sentire con forza le proprie ragioni contro un provvedimento che si può definire solo un trucco.
Pier Luigi Bersani.
“L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori potrebbe diventare un optional”. A denunciarlo è il senatore del Pd Tiziano Treu, vicepresidente della commissione Lavoro.
Il disegno di legge sul lavoro è stato approvato mercoledì in Senato e contiene norme sull’arbitrato per risolvere le controversie di lavoro all’articolo 31 del ddl, approvato con 144 sì, 106 no e 3 astenuti.
La norma su arbitrato e conciliazione consente a qualunque lavoratore individualmente di chiedere l’arbitrato in qualunque stadio di eventuali controversie.
In pratica è un attacco all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che prevede l’impossibilità del licenziamento senza giusta causa in aziende con più di quindici dipendenti.
x La Striscia rossa
Esiste il divorzio consenziente, quando una coppia è scoppiata!
Per non intaccare il comandamento n. 18, il lavoratore resta incatenato all’Azienda e viceversa…fin che morte non li separi?
E dimissioni consenzienti (arbitrato) non portano forse un soldino in più in tasca al lavoratore?
Naturalmente a proteggerlo ci dovrebbe…dovrebbe… essere un Sindacato!
Sylvi
X M.T.
Ancora una volta si è sollevato un polverone perdendo tempo pe r la irresponsabilità o gioco politico di un partito,il pdl(partito dei legulei?) ,che tra leggi” ad tuttum” approvate per decreto legge e quotidiane scoperte di letamai su tutto il territorio nazionale per l’uso ed abuso del bananeto in veste di utilizzatore finale di escort,mazzette,favori e ripassate ,ha fatto inutilmente perdere tempo prezioso per risolvere un minimo problema dei tanti di questo tormentato Paese e che ,per loro incuria, ci stanno riducendo al lumicino.
Certo, un segnale da parte della popolazione che è il soggetto colpito in tutti i modi(economico,sociale,morale) è importante e ci deve essere ma non basta .
Quando ,per un alluvione ,il livello dell’acqua si fa pericolosamente alto,bisogna costruire una diga che sia coesa e solida.
Non serve a nulla gridare di preparare i secchi!
Capisci ammè
L.
Ciao Ber
Oggi sono cento anni di Flaiano, occhio attento e vigile, che ha scritto molto su una epoca “fatale” per farci aprire gli occhi su personaggi “fagtuttmisolopermi”.
Siamo lettori distratti o poco intelligenti e paghiamo queste mancanze inciampando ancora sulla stessa pietra.
Ma si può?
Non abbiamo bisogno di un oculista che ci tolga le cotiche ammuffite dagli occhi,qui si rende necessario un buon psichiatra!
L.
xLinosse
perfettamente d’accordo. ecco perchè sono contento che cominci a muoversi anche quel bradipo di PD!
X M.T. 665
E sia più fattivo quello strillone di Di Pietro,mica sta vendendo giornali!
L.
x Peter
Quack, QUACK!
ROMA – Lenta, ma inesorabile, prosegue la fuga degli alunni dalle aule italiane durante l’ora di religione. La conferma arriva dalla più autorevole fonte in materia: la Conferenza episcopale italiana. Nel corso del 2008/2009, ultimo anno di rilevazione disponibile al momento, 9 alunni italiani su 100 preferiscono uscire dall’aula quando entra l’insegnante di religione. E i primi dati dell’anno in corso mostrano un ulteriore incremento. E mentre il governo, per tagliare il maggior numero di cattedre possibile, si appresta a riempire ulteriormente le classi, quando c’è l’ora di insegnamento confessionale le stesse si spopolano.
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Il catechismo si deve insegnarlo in chiesa, non a scuola.
E sia più fattivo quello strillone di Di Pietro,mica sta vendendo giornali!
(L.)
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Non sta vendendo giornali, ma sta sensibilizzando l’opionione pubblica. Non è poco.
Se pensiamo a tutto quello che hanno fatto Regan ,Bush padre con figlio al whisky $ soda…
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Ma con pensieri come questi, come si fa a andare avanti?
Ancora piangano per la colossale caduta del comunismo.
Deve essere l’acqua della Puglia… Boh!
x signor P.
faremo tutti una colletta per mandarti un po’ di pane bagnato in acqua ogni mese, ed un po’ di becchime per anatre.
Anche i palmipedi hanno diritto a campare, poverini. Attento al fox-terrier quando fai visita ad Anita, pero’…
Peter
Caro Linosse,
bisogna ricominciare a LEGGERE,la tv ci distrae dai problemi seri,…quelli politico-economici.
Flaiano e’ stato un grande drammaturgo,Pescara gli ha dedicato un teatro,…purtroppo fanno pochi spettacoli….
E’ uno che aveva capito la “fattoria (mondo)degli animali(uomini)”,…quella di Orwell…
se fosse vivo gli chiederemmo un commento sull’isola dei famosi.
Famosi “de ke”.
Un saluto,Ber
Peter!
NON è un FOX terrier, ma uno Yorkshire Terrier.
Bisogna prestare agttenzione ai particolari, che diamine!
ho messo una g in più: da che pulpito…
Notato che non si sente Rodolfo? Manca all’appello anche CC.
L’uno il sabato va a balere, l’altro a piole o alla bocciofila?
O cos’altro?
X M.T. 669
Il tipo di sensibilizzazione alla Di Pietro sensibilizza poco,i risultati lo dimostrano.Forse è meglio essere più convincenti in altro modo
L.
Caro Ber
I famosi de Ke nostrani sono universalmente i
“Famosi de kaka” , indubbiamente, of course per i brokkolini
Saluti
L
O l’uno o l’altro, a me importa solo che si muovano e che il gatto metaforico di Mao prenda gli altrettanto metaforici topi.
Ma che facciano in fretta, non in tempi biblici.
Caro ber,
Tu parli delle scuole pubbliche dove i ragazzi hanno imparato a far scioperi per ogni motivo.
Poi che c’è di fascista sentirsi parte di una nazione alla propria patria?
peccato, i fox-terriers sono molto piu’ intelligenti, anche se piu’ piccoletti.
Montmorency in Tre uomini in barca si annoiava facilmente. Mordeva la zampa di un grosso cane accanto a lui nella sala d’aspetto di una stazione, il quale se la prendeva con un altro, etc, scatenando cosi’ una gioiosa rissa
Peter
x signor P.
‘di sentirsi parte di una nazione alla propria patria’ non ha infatti niente di fascista, solo un po’ di povero baccala’, visto che non si capisce una mazza dell’intera frase!
Peter
x Peter
Si hai ragione. Un sondaggio condotto da Euromedia Research (Ghial Media Srl) dice che i omosessuali hanno un grande problema con il broccolino. Sembra strano che anche tu abbia questo problema. Boh.
x Peter
non conosci i cani.
I Fox-terriers sono il doppio di peso dei Yorkshire Terriers.
It has been determined that Yorkshire Terriers are above average in terms of intelligence….
Solo che richiedono piu’ cura per il pelo lungo.
The coat is hair, not fur.
Siamo all’asilo?
Quando non ve la prendete con me, ve la prendete col mio cane.
Bye, Anita
x Peter:
Did you really read “Three men in a Boat”?
And “Three men in a Bummel” ?
It has been determined that Yorkshire Terriers are above average in terms of intelligence….
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Come tra gli umani, anche tra i cani della stessa razza c’è chi è più intelligente e chi meno, chi è più socievole e chi meno.
Di solito il cane prende molto dal padrone, se il padrone è baccalà, sarà baccalà anche il cane, se il apdrone è sveglio, sarà sveglio anche il cane. Per cui, il cane di Anita sarà certamente un gradino superiore agli altri.
Qui da me, invece dei cani ho i gatti, una gattara completa di 5 o 6 elementi, semiselvatici. Una di queste, una gattona semipersiana, mi si è molto affezionata. Mentre sto fuori al sole a fare la pennichella, scende dal morbido divano di casa mia, mi salta addosso, si accoccola e si mette a dormire come se niente fosse.
x signor P.
punto numero uno: infilati quel pezzo di ‘ricerca’ dove sai, senza soffermarti troppo. Punto numero due: io il broccolino lo capisco benissimo, ma il tuo e’ proprio senza ne’ capo ne’ coda, frate mio…
Peter
ps
punto numero tre: salutami sempre a soruta
x Anita
oh, beh…se i piccoli fox-terriers sono il doppio del tuo, allora Alex e’ davvero un cagnetto…
Peter
punto numero 4: salutami Ted.
x signor P.
presenterei, ma e’ tornato dalle parti di Buffalo. A differenza di me, non capisce una parola di broccolino, pero’. Un vero wasp
Peter
x Peter
ma ci sono toy fox-terriers e ci sono toy Yorkies, cosi’ come ci sono toy poodles, regular and giant.
Un fox-terrier regolare pesa circa 17-20 lb, un yorkie toy pesa circa 7lb.
Il mio non e’ un toy Yorkie e pesa 17-18 lb, considera l’eta’.
In particolare nei Yorkies non si sa mai cosa ne riesce, anche se il padre e la madre sono campioni.
Il mio e’ di colore perfetto, blue-tan, ma data la sua statura non sarebbe un show dog.
Lo sapevo quando l’ho comprato, si vedeva da cucciolo che non sarebbe stato una miniatura.
Meglio cosi’, altrimenti sarebbe stato troppo delicato.
Diversi mi fermano e mi chiedono se lo vorrei usare per stud appunto perche’ hanno una femmina troppo piccola.
Anche in internet ricercano di sovente Yorkies NON toy e NON tea cup.
Se ci avessi pensato più seriamente avrei preferito un altro dobermann, black and tan, ma mi sono innamorata del cucciolo Yorkie…non me ne sono pentita perche’ i dobermann anche se mansueti sono piu’ difficili da tenere sotto controllo, e, specialmente con la mia schiena….
Avevo pensato ad un Greyhound in ritiro, sono ottimi pets, ma e’ andata cosi’.
Anita
DA NON PERDERE: ECCO CHI E’ VITTORIO FELTRI. UN ALTRO GIOVIN CAMBIACASACCA EX PICCOLO STALINISTA FAVOREVOLE PERFINO ALL’INVASIONE DELL’UNGHERIA!
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1 – FELTRI LEGNA TELESE: SEI UN VOLTAGABBANA CHE SPUTA SUL PIATTO DOVE HAI MANGIATO PER DIECI ANNI
Caro Luca Telese,
mercoledì, il tuo programma Tetris sulla «7» era dedicato alla par condicio. Per fortuna. Su sei partecipanti al dibattito, quattro erano di sinistra (Lerner, Freccero, Gomez e Mentana), senza contare te, noto simpatizzante di Rifondazione comunista, e i giornalisti esteri della tua sponda che hai invitato. L’imputato della serata non poteva che essere Silvio Berlusconi. Non sarà il fratello di chi ti ha dato lo stipendio (per dieci anni) fino all’agosto dello scorso anno? Cosa è successo in questi sei mesi: sei caduto da cavallo o sei caduto in basso?
v.f.
2 – TELESE REPLICA: IO VOLTAGABBANA? SENTI CHI PARLA! NEL 1956 ERA UN COMUNISTA! (LO LEGGO NELLA TUA PREZIOSA AUTOBIOGRAFIA)
Caro Vittorio Feltri,
premetto che la simpatia che ho per te, è pari solo alla distanza che mi separa dalle tue attuali idee politiche: quasi sterminata, quindi, direi (ma questo credo che stia nelle regole del gioco). Aggiungo che sono davvero ammirato – non si finisce mai di imparare – anche del tuo geniale eclettismo.
Proprio tu, che hai fatto della partigianeria giornalistica un marketing di successo, mi rimproveri di aver imbastito una puntata “faziosa” con il mio Tetris. Tu sei un giornalista che è passato dall’anarchia alla collateralità politica (e non c’è nulla di male, se lo si amette) io nei rapporti con la politica non trovo nulla di interessante. Ma anche questo ci può stare: i gusti sono gusti.
Invece, se mi permetti, dirò una cosa sui colleghi stranieri in studio che tu hai omaggiato dell’appellativo di “comunisti” (lo riservi a tutti quelli che hanno delle idee distinte dal Cavaliere, vedo). Curiosamente, quello che era d’accordo con le tesi dei giornalisti di centrodestra era l’unico vero putiniano in studio, il collega Bukalov della Tass (come è noto, il sistema di alleanze del partito dell’amore è a geometria variabile).
Quanto alla mia adorata collega Barbara Serra, che vive a Londra e ha lavorato alla Bbc prima di passare ad Al Jazeera, essendo cresciuta fuori dall’Italia il comunismo non sa nemmeno cosa sia. Avrei qualche dubbio anche sulla definizione di “faziosità” che il nostro comune amico Alessandro Sallusti ha riservato a una delle tesi del mio programma: ovvero che la gente non scenda in piazza contro la nuova Tangentopoli (anche) perché i giornalisti che ieri invitavano a sventolare simbolicamente i cappi (fra cui te e lui) adesso sono diventati tutti agnellini del garantismo e sacerdoti dell’immunità parlamentare.
Quanto alle mie simpatie politiche: sono diventato comunista a 14 anni, più o meno la stessa età in cui lo diventavi tu, con l’unica differenza che il giovane Feltri lo faceva nel 1956 (lo leggo nella tua preziosa autobiografia) e io nel 1984. Io non ho cambiato idea, al contrario di certi leader esangui del centrosinistra, perché – magari sbagliando – non amo l’Italia dei ripensamenti continui (ma anche questa è una questione di stile).
L’unica cosa che mi permetto di contestare nel tuo corsivo, quindi, è la tua riflessione sulla mia stagione a Il Giornale. Da un punta di vista tecnico, infatti – pallottoliere alla mano – ci ho passato dieci anni, sei più di te: ad essere pignoli sei un neofita. Anche in questo caso non sono un pentito (anzi, sono orgoglioso del mio lavoro, controcorrente).
Ma né io né i tuoi predecessori (Maurizio Belpietro e Mario Giordano) nemmeno per un minuto abbiamo pensato che “pagandomi lo stipendio” (come dici elegantemente tu) “il fratello del presidente del consiglio” conquistasse il diritto ad appropriarsi della mia anima o delle mie simpatie politiche.
Siccome nè Maurizio Belpietro né Mario Giordano si sono mai preoccupati di cosa votassi, devo dedurre che – almeno su questo – loro siano più laici di te. Poco male. E’ curioso, però, che quando i tuoi avversari ti rimproverano di essere al servizio di Berlusconi rispondi che “è il nostro premier ad essere feltriano” (grande battuta), mentre vorresti che io mi assoggettassi alla dittatura delle buste paga (proprio come certi ultrasinistri secondo cui non avrei potuto lavorare a Il Fatto perché marchiato di “infamia” dalle mie esperienze di lavoro a via Negri). Detto questo considero l’appellativo di “Santorino” un complimento.
Grazie. Ma avrei preferito che tu, sempre attento alla sostanza delle cose, facessi almeno una riflessione sulla puntata di ieri: comunque la si pensi politicamente, un giornalista libero non può accettare che in un paese civile quattro talk show siano spenti per un dicktat para governativo, e che in un quinto (il nostro), si debba andare in onda senza poter nominare nemmeno un politico a furia di scioglilingua, pecette e inventive perifrasi.
Magari coglierai l’occasione per far sapere a noi “faziosi” cosa ne pensa un liberale anglosassone come te. Magari verrai in studio la prossima puntata: a partire da Emilio Fede sarà pieno di pericolosi bolscevichi, ti avverto: nel caso, quindi, portati i guantoni.
Luca Telese
3 – DUE COSE CHE SO DEI GIORNALISTI
di Vittorio Feltri per Il Giornale
Ieri, in prima pagina, ho scritto dodici righe su Luca Telese, conduttore di Tetris, programma televisivo della “7”, non per dirgli che è fazioso (questo lo vedono tutti) ma per osservare che una discussione sulla par condicio con quattro giornalisti di sinistra su sei è un po’ sbilanciata. E poichè l’imputato della serata era Berlusconi, tanto per cambiare, ricordavo che Telese ha lavorato dieci anni, ovviamente retribuito, per Il Giornale. Quindi? Se per Berlusconi lavoriamo noi,siamo servi. Se ci lavora lui è un professionista serio che non vende l’anima a nessuno. Ridicolo.
Ancora più ridicolo che Telese mi abbia risposto. Una lettera di oltre sessanta righe piene (computerizzate) contro la mia di dodici, in cui la cosa più inesatta è che nel 1956 io sarei stato comunista, come si evince dalla mia autobiografia. Uno. Non ho mai compilato una autobiografia. Due: nel 1956 avevo tredici anni. E tra il Pci e il Psi scelsi il secondo perchè, contrariamente al primo, era un partito democratico. Se Telese desidera che ripubblichi la sua missiva la riduca, non dico a dodici righe, ma almeno a venti. Altrimenti mi telefoni che facciamo prima. Al suo programma non parteciperò mai. costo troppo.
4 – SE FELTRI SI DIMENTICA DI QUANDO… “TIFAVO UNIONE SOVIETICA”
di Luca Telese
Resto stupito dall’editoriale di Feltri, oggi. Infatti io so bene che si può scegliere di pubblicare le lettere che arrivano con una risposta. O che si può scegliere di non pubblicarle (sono legittime entrambe le cose). Vedo invece che il direttore de il Giornale stavolta si è inventato una nuova modalità: rispondere a una lettera che non vuole pubblicare.
Allora la domanda sorge spontanea. Che cosa gli dava fastidio in quella mia letterina? Lui dice che è troppo lunga. Curioso, visto che ha dedicato al mio programma un editoriale e mezza pagina del suo quotidiano. Ma facciamo finta che anche questo ci stia.
Però posso presumere – conoscendolo un po’ – che a Feltri non sia piaciuto un passaggio che, nella sua risposta, può ommettere di far conoscere ai suoi lettori: (e cioè che Giordano e Belpietro si sono mostrati più laici di lui, riconoscendo il mio diritto a lavorare per il Giornale senza per questo dover diventare berlusconiano). Ma la cosa che più mi stupisce è che Feltri neghi di avere scritto una autobiografia (!).
E che neghi persino la sua giovanile infatuazione per il Pci che in quel libro è raccontata. Persino il suo amico e condirettore, Alessandro Sallusti, mi ha detto: “Luca, ma ne sei sicuro? Era poco più di un ragazzo, l’unica militanza di Vittorio che io conosca è stata quella nel partito sociialista”.
Allora, visto che in Italia la memoria è sempre breve, e che l’archivio di un gornalista è sempre un ottimo antidoto alle amnesie provvidenziali, ecco gli estremi del libro. Si intitola “Feltri racconta Feltri” (più autobiografico di così si muore, direi). e lo pubblica, nell’ormai lontano 1997, la casa editrice Sperling & Kupfer.
L’intervistatrice che sbobinò il prezioso testo era Luciana Baldrighi. Il passaggio sbianchettato in queste ore da Feltri era questo. Già il titolo del capitolo 4, infatti, si fa promettente: “Quando facevo il tifo per l’Unione sovietica” (parole sue). A pagina 86 il Feltri del 1997, evidentemente, si sentiva più libero di raccontarsi di quello di oggi:
“Quando ero ragazzo mi sentivo comunista. Lavoravo come garzone in un negozio e mi affascinava l’Unione sovietica”.
Memorabile. Perchè io – così criticato da Feltri – il mito del socialismo reale non l’ho mai avuto, anzi, sono diventato comunista proprio perché Berlinguer aveva celebrato lo strappo con Mosca. Ma procediamo con l’autoracconto feltriano: “Mi affascinava l’Unione sovietica, ‘il paradiso di tutti uguali’ – sempre parole di “Feltri racconta Feltri” – dove gli operai come me avevano la stessa dignità dei padroni”.
E poi cosa accade? Arriva anche l’innamoramento per gli odiati (oggi) intellettuali comunisti: “Mi capitò fra le mani ‘Il Compagno’ di Cesare Pavese che mi persuase: prima o poi mi iscriverò al Pci, pensavo”. Ottimo. Roba da far saltare sulla sedia, nel 1997, anche la la sua intervistatrice: “Feltri affascinato dall’Unione sovietica e dal Pci?”, chiede la Baldrighi stupita. Il direttorone (al contrario di quello di oggi) confermava spavaldo:
“E’ così. Proprio in quegli anni Kruscev stava rivelando al mondo i crimini di Stalin, ma la mia utopia fu più forte dello sdegno”. Quindi non solo comunista, ma anche stalinista. Ed infatti Feltri spiegava: “Digerii tutto,così come riuscii a digerire, seppure con qualche fatica, l’invasione dell’Ungheria”. Feltri addirittura carrista? Di più. Cercava anche – come racconta lui stesso – di fare proselitismo alla causa della grande Unione sovietica:
“Ricordo le lunghi discussioni con gli amici, le passeggiate, i dibattiti nei bar fumosi. Chissà perchè in provincia si fanno tanti dibattiti. Forse perchè si gioca a fare gli intellettuali”.
Insomma: mentre io, nella mia militanza, duellavo con i filosovietici antiberlibgueriani di Cossutta (che non erano dei marziani, ma – al pari del giovane bergamasco – persone convinte di essere animate da ideali) Vittorio Feltri si emozionava per lo stalinismo reale.
Non lo dico con sarcasmo, ma per misurare la distanza fra tanti anticomunisti di oggi e la loro autobiografia: la storia d’Italia, e del novecento, sono molto più complesse di quanto non possa sembrare, come dimostrano le biografie comuniste di Ferrara, Bondi e altri insospettabili come il segretario della Cisl Bonanni.
Ma Feltri raccontava ancora: “C’era lo scontro tra i nostri sogni comunisti e il socialismo reale. Ricordo che qualcuno sosteneva che prima o poi, nell’est europa, la dittatura del proletariato sarebbe stata superata per arrivare all’odine perfetto, grazie all’uomo nuovo”. Fin qui l’utopia sovietica tiene. Ci sono la prima astronmauta donna, Valentina Tereskova, le conquiste sociali, il primo uomo nello spazio, Gagarin.
Ed è solo a questo punto, che per il giovane leninista Feltri arriva la prima disillusione: “Avrei voluto tanto crederci, ma non ci riuscivo. Sentivo che si trattava di una pia illusione. E così capii che dovevo documentarmi. Lessi il manifesto del partito comunista”. Così Luciana Baldrighi domanda: “la convinse?”. Feltri: “Per nulla. Anzi, cominciai a vacillare sempre di più. Così mi avventurai nella lettura del Capitale, migliaia di pagine astruse che mi fecero perdere il mlume dela ragione e gli ultimi residui di fede comunista. Così, anzichè al Pci, mi iscrissi al Psi. Era il 1962″.
Leggete bene: Feltri parla di “fede comunista”. Adesso, se le date non sono un’opinione, il periodo filosovietico del direttore de Il Giornale (stando a quello che lui stesso racconta) è durato da almeno un anno prima dell’invasione dell’Ungheria (1955, aveva dodici anni) fino al 1962 (quando cioè ne aveva 19).
Un giornalista di inchiesta, forse, analizzerebbe con pignoleria queste date sospettando una retrodatazione nell’età giovanile, che serve per attenuare il peso di questo lungo periodo filosovietico. Ma la cosa che più stupisce – ovviamente – è che il Feltri di oggi – passi dalla retrodatazione alla cancellazione. Non è mai stato comunista, racconta oggi, si è iscritto direttamente al Psi. Per compiere questra operaizione, però, deve addirittura arrivare a cancellare il suo libro: “Non ho mai scritto nessuna autobiografia”, ci dice. Giusto: “Feltri dimentica Feltri”. Ecco perché concordo con lui almeno su una cosa: ha fatto bene a non pubblicare la mia lettera.
La notizia che Feltri nel ’56 era comunista come me mi aveva sconvolto, poi leggendo il seguito mi sono consolato, anche allora eravamo ben diversi. Lui si beveva tutto ed accettava lo stalinismo e l’invasione dell’Ungheria, mentre io, pur non avendo gli strumenti per giudicare politicamente, ero antistalinista “a pelle”, (diffidenza per ogni idolatria), condannavo l’invasione e lasciavo per questo la FGCI pur restando comunista. Poi la distanza è progressivamente aumentata e di questo me ne rallegro.
Antonio — antonio.zaimbri@tiscali.it
Il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, della sua felicità.
La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita.
Enrico Berlinguer,
7 giugno 1984
“Credo che vivere voglia dire essere partigiani.
Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano.
L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita.
Perciò detesto gli indifferenti.
Antonio Gramsci
Cosa suignifica essere comunisti oggi, secondo voi?
il comunismo è una serie di ideali nati e basati sulla giustizia proletaria, che ormai è inesistente.
tutti i filosofi comunisti (Marx, Engels, et ceteri) dell’epoca si basavano appunto sulle ingiustizzie d’allora (non tanto diverse da quelle d’oggi) ma la situazione è cambiata.
non ci sono più classi massice di persone sfruttate da pochi personaggi potenti, anche se il potere resta inequamente suddiviso.
Non esite più una vera e propria difinizione di comunismo come allora, ora si ramifica in tante sfumature…
Un comunista oggi può essere un estremista che crede ancora nell’abolizione della proprietà privata, una semplice persona “di sinistra” estremista, ma che crede nella suddivisione di merito; un comunista può essere rivoluzionario come pacifista…
Infatti negli ideali marxisti era racchiusa la rivoluzione come metodo per arrivare alla presa operaia del potere, al comunimo… ma ormai la rivoluzione, oggi come oggi, non è attuabile nei paesi sviluppati.
Quindi non dobbiamo badare alla storia per definirci comunisti o no, perchè il comunismo d’allora oggi non è valido, non esitse.
Ma se non ci basiamo sulla storia, su cosa ci basiamo?
non possimao più dire di essere semplicemnete “comunisti”:
possiamo essere comunisti rivoluzionari, pacifisti e molto altro.
x Striscia Rossa,
il comunismo e’ morto nella sua forma primitiva,…il capitalismo pure,…riscriviamo l’uno e l’altro…
Eleggiamo i comitati di base democratuci che porteranno in parlamento gente onesta e preparata e loro riscriveranno le regole adatte ad una societa’moderna.
Punti fissi:
100 deputati,
50 senatori,
5000 euro max mensili per ciascuno.
Utopia?….forse no se il popolo si impegna.
Ciao,Ber
x Pino,
non c’e’ bisogno del giornalista d’inchiesta per scoprire che la fede comunista del Fentri era tutta una “farsa”.
Gente del genere,come Feltri e Bondi vanno alla ricerca del su-
cesso e dei soldi e finalmente l’hanno trovato nel voltagabbana
che parla meneghino,…stessi ideali !
Lasciamo in pace i vecchi comunisti,…rifarebbero la rivoluzione bolscevica nel vedere dove sono finiti i loro ideali.
Buona domenica,Ber
x Mister P.
io non ho dato del fascista a nessuno,…fino al 1945,cioe’,fino alla caduta del fascismo in Italia,nelle scuole si faceva l’alzabandiera.
Dopo sono cambiati sia gli inni che la musica,…dopo anche i fascisti si sono riciclati,…figli e nipoti sono adesso al governo,…in Italia.
Ciao,Ber
Per striscia rossa.
Il linguaggio è fato per comunicare. Se io uso un qualsiasi termine, intendo dargli lecaratteristiche che quel termine ha.
Oggi il termine comunista è obsoleto, anche perchè almeno qui in Italia il comunismo è stato essenzialmente sindacalismo.
Andrebbe bene il termine ‘socialdemocratci’, ovvero fautore di una democrazia che protegga innanzitutto i valori di solidarietà. In questo, io sarei un socialdemocratico.
Però la gente non è tutta come me, nel senso che il fattore ‘egoismo’, il fattore ‘immaturità’, il fattore ‘ignoranza’ e tanti altri fattori negativi del genere, albergano (poco o molto ma albergano) nella stragrane maggioranza della gente. Prova a toccare il portafoglio di tanti sedicenti comunisti e vedrai reazioni decisamente di tipo contrario all’ideologia professata.
L’errore chel’ideologo commette, è di pensare che siano tutti come lui, ovvero che ciò che lui sembra giusto, sia giusto anche per gli altri. Ha fatto lo stesso errore persino Gesù Cristo e questa la dice lunga sui fallimenti di qualsiasi ideologia ‘buonista’.
Quindi dobbiamo strutturare un sistema che tenga conto ANCHE dei costituenti negativi della personalità umana, perchè altrimenti non si arriva da nessuna parte.
caro Pino, chi sia Vittorio Feltri glie lo si legge in faccia. Io lo paragono alle limacce, sai quelle lumache senza il guscio…
Basta sentirlo argomentare, per capire di che pasta sia fatto.
A questo punto, io preferisco Emilio Fede, che è così apertamente falso ( se è in buonafede non è falso, è stupido) da fare persino tenerezza.
x Ber, i trattori Lamborghini dell’umanità sono, detta brutalmente, i soldi e la figa. E’ solo in nome loro che si muove il mondo. Se non accettiamo questa verità e non l’addomestichiamo, saremo sempre al punto di partenza.
caro Marco,
Gesu Cristo un buonista?
Omero, esistito o no, ha lasciato un messaggio poetico universale valido in tutti i tempi.
Gesù Cristo, esistito o no ( parlo per gli atei del blog); ha lasciato un messaggio universale tutt’altro che buonista!!!
Lui sì che era un Rivoluzionario…e se la Chiesa ha vissuto di rendita, e vive, da duemila anni, è proprio per la universalità e la validità del Suo messaggio, anche oggi.
Peccato che siano pochi, anche fra i suoi seguaci, che vogliano capirLo.
Lui si è rivolto all’Uomo, non al proletario o al capitalista…
la differenza è tutta qui!
ciao Sylvi