IL GIORNALISTA GIDEON LEVY PARLA DI ISRAELE, DELLA PALESTINA E DEL “CAMPO DI CONCENTRAMENTO CHIAMATO GAZA”, LA CUI POPOLAZIONE AMMIRA E LODA. ANCHE LEVY VEDE ARRIVARE ALTRA GUERRA, A CAUSA DELLA POLITICA DI NETANYAHU, DEL DISINTERESSE DI OBAMA E DEL MENEFREGHISNO DELL’EUROPA
Colloquio con Gideon Lévy di Françoise Germain-Robin
Nato nel 1955, a Tel-Aviv, giornalista israeliano e membro della direzione del quotidiano Haaretz, Gideon Levy denuncia implacabilmente le violazioni commesse contro i Palestinesi e il ricorso sistematico ad una violenza che disumanizza i popoli, aizzati l’uno contro l’altro. Gideon Levy occupa un posto particolare nella stampa israeliana, quello dell’imprecatore. I suoi editoriali e le sue cronache nel quotidiano Haaretz sono altrettanti atti d’accusa contro la politica di occupazione e colonizzazione del suo paese, Israele, contro i territori palestinesi. E’ uno dei pochi giornalisti che si sono espressi contro la guerra a Gaza.
Di passaggio a Parigi, dove presentava la raccolta di suoi articoli pubblicata da Éric Hazan [1], ha dedicato un ampio spazio di tempo a L’Humanité.
- Quando leggiamo i suoi articoli, ci diciamo che lei va giù pesante nella critica ad Israele, molto più di quanto non possa permettersi la maggior parte dei giornalisti francesi [aggiunta di Nicotri: “Per non parlare di quelli italiani!”.]
Lo so, una volta ho rilasciato un’intervista a TF1 e dopo il giornalista mi ha telefonato per scusarsi di non poter diffondere i miei discorsi perché se lo avesse fatto sarebbe stato accusato di antisemitismo e avrebbe avuto delle noie. Io ho la fortuna di essere in un giornale che mi lascia piena libertà e mi ha sempre sostenuto, anche se capita spesso che dei lettori protestino e anche disdicano l’abbonamento a causa dei miei articoli.- Siete molti in questa situazione?
Non sono proprio l’unico, ma quasi. C’è anche Amira Hass. Oltre a noi due, non vedo altri.
- C’era anche Amnon Kapeliouk, che era un grande amico, ed è morto l’estate scorsa.
Si, lui aveva aperto la strada molto prima di me. Lui era a Yediot Aharonot, ma non scriveva più in questi ultimi anni. Collaborava ancora con Le Monde Diplomatique. Una settimana prima della sua morte ha chiesto di parlarmi e io gli ho telefonato, ma il suo spirito non c’era già più.
Perché lei occupa uno spazio così particolare? E’ a causa della sua formazione?
No. C’è un unico motivo per il mio atteggiamento. Alla fine degli anni ’80, al tempo della prima Intifada, ho cominciato a visitare i territori occupati, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Settimana dopo settimana, ho capito che si svolgeva un dramma, ma un dramma del quale nessuno in Israele voleva sentir parlare. Se non fossi andato nei territori occupati a quel tempo, non sarei diventato quel che sono. Sarei come la maggioranza degli Israeliani.
- Il suo ambiente familiare è di sinistra?
Assolutamente no. A differenza di Amira Hass, la cui famiglia era comunista, io vengo da una famiglia totalmente apolitica. I miei genitori venivano dall’Europa e appartenevano alla classe media. Mio padre era un Tedesco dei Sudeti, un tipico rifugiato. Ha vissuto sessant’anni in Israele senza riuscire a trovare il suo posto. Aveva lasciato tutto laggiù, la sua vita, i suoi genitori, la sua fidanzata. Aveva studiato diritto ma non ha potuto praticarlo in Israele, era troppo diverso. Ha lavorato in una fattoria. Ma non parlava mai di tutto questo. Aveva chiuso la porta del passato e non voleva affatto riaprirla. Era traumatizzato dall’esilio. Ha incontrato mia madre in Israele. Lei era nata in Cecoslovacchia ed era venuta nel 1939, all’età di sedici anni. Si sono incontrati nel 1945. Lei era infermiera, ma non ha mai esercitato. Si parlava tedesco in casa mia, ma non si parlava né del passato né di politica.
- Dov’è nato?
A Tel-Aviv. Amo questa città. E’ la mia città. Vi succedono molte cose, è molto viva. E’ contemporaneamente una Babele e una bolla. Ho bisogno di questa bolla per riprendermi quando torno dai territori, a differenza di Hamira Hass che vive a Ramallah e detesta Tel-Aviv. Io, ne ho bisogno. Della sua agitazione, dei suoi caffè, della sua cultura, della sua atmosfera. Molti di quelli che vengono a manifestare la loro solidarietà con i Palestinesi non vanno mai a Tel-Aviv, si accontentano di passare per l’aeroporto. Fanno male. E’ molto diverso da Gerusalemme, dove la tensione è continua: tra Askenaziti e Sefarditi, tra laici e religiosi, con i Palestinesi. Ovunque uno si volti, a Gerusalemme, sente l’occupazione.
- Com’è diventato giornalista?
Era uno dei miei sogni da bambino: volevo essere autista di bus, primo ministro o giornalista! Così ho fatto Scienze – politiche e durante il servizio militare ho lavorato per la televisione dell’esercito. Poi ho fatto un’incursione in politica, lavorando per Shimon Peres. Questo è durato dal 1978 al 1982, a 16 ore al giorno! All’epoca Peres era il capo dell’opposizione, avevo fiducia in lui.
Ora so che ha una grandissima responsabilità nella colonizzazione e in molte cattive cose. Mostra al mondo una bella immagine di Israele, ma è un bluff. Non ha meritato il Nobel per la pace. Come si può parlare di pace e al tempo stesso costruire colonie? E’ quel che si sta facendo ed è proprio lui che ha cominciato: era ministro della difesa quand’è stata costruita la prima colonia ad Hebron e lui ha lasciato fare. Chiunque costruisca colonie non vuole la pace, non può essere un uomo di pace.
- Come spiega che la colonizzazione sia proseguita dopo gli accordi di Oslo, che si riteneva conducessero alla pace?
Perché non c’era una sola parola sulle colonie in quegli accordi. E’ uno dei motivi del loro fallimento. Penso che sia un grosso errore di Arafat non aver preteso l’arresto della costruzione di colonie. E’ un errore che capisco, perché voleva arrivare a qualcosa che fosse basato sulla fiducia reciproca, vedeva quello come un primo passo. Ma è un errore storico, perché, all’epoca, sarebbe stato più facile che adesso smantellare le colonie: ce n’erano molte meno, neanche la metà.
- Che cosa pensa di questa frase di Mofaz [2] che dice che i suoi articoli su Haaretz provano che Israele è una democrazia?
Non ho sentito questa frase. Ma non è una prova, e Israele non è una democrazia. Salvo che per gli Ebrei! Come ebreo è vero, ho tutta la libertà di scrivere ciò che voglio. Senz’altro più di quanta ne avrei in Europa. Non sono sicuro che se fossi stato cittadino di un paese europeo in guerra, mi avrebbero lasciato pubblicare un articolo contro la guerra fin dal primo giorno. E’ quel che ho fatto l’anno scorso, nel primo giorno della guerra contro Gaza.
- Dove nasce questo suo proclamato amore per Gaza? E’ abbastanza controcorrente in Israele.
Ciò che amo, è il popolo di Gaza. E’ un popolo che trovo molto bello. Perché ha sofferto tanto, da tanto tempo, e ha saputo, dentro questa miseria e queste umiliazioni che gli sono state imposte, conservare la sua dignità e la sua umanità. La maggior parte degli abitanti di Gaza sono rifugiati del 1948, non bisogna dimenticarlo. Hanno vissuto per decenni cose orribili e non si sono abbattuti. Non sono dei grandi combattenti – e in ogni caso cosa possono fare contro la potenza dell’esercito israeliano? Ma loro resistono, cercando, malgrado tutto ciò che devono sopportare, di condurre una vita normale. In questo grande campo di concentramento che è la striscia di Gaza, loro sono molto poveri, ma restano umani e calorosi. Sono rinchiusi, ma restano aperti agli altri.
- Come spiega che abbiano votato in maggioranza per Hamas ?
Perché erano delusi da Fatah e dall’OLP, che non avevano portato la pace promessa, né la sicurezza, né la fine dell’occupazione. Hamas era l’unica alternativa. I dirigenti di Hamas si presentavano come più puliti. Si attribuivano l’immagine di veri resistenti, mentre Fatah continuava ad accettare negoziati senza contenuto, “per l’immagine”, con Israele. A mio avviso, molti hanno votato per Hamas con rincrescimento, per disperazione, perché vedevano nero per il futuro.
- E lei, come lo vede lei?
Nero, e anche molto nero. Non solo per i Palestinesi. Anche per noi, Israeliani. Non ci sono prospettive, perché Israele non ha pagato alcun prezzo per l’occupazione e la colonizzazione dei territori palestinesi. Perciò, questo continuerà. Non c’è sufficiente pressione perché questo cambi, né dall’interno, dove l’area pacifista è molto debole, né dall’esterno. Obama non è riuscito a piegare Netanyahu e si disinteressa della questione. L’Europa lo segue e non fa niente. L’Europa porta una responsabilità molto pesante per quanto è capitato a Gaza e nella prosecuzione del blocco che strangola un milione e mezzo di Palestinesi. Essa aveva loro promesso che il blocco sarebbe stato tolto, che ci sarebbero stati fondi e mezzi per la ricostruzione. Continua a non esserci niente e Gaza è di nuovo completamente dimenticata. Ci vorranno di nuovo dei Qassam perché qualcuno se ne interessi? E’ questo che è terribile.
- Non c’è speranza di vedere la giustizia internazionale occuparsene, dopo il rapporto Goldstone ?
No, gli Stati Uniti lo bloccheranno. Il rapporto dice che ci sono stati crimini di guerra, il che significa che ci sono dei criminali di guerra. Normalmente, dovrebbe essere Israele a giudicarli, come chiede il rapporto stesso. Ma Israele rifiuta e quindi deve essere il mondo a farlo. Dov’è oggi quel mondo che ha applaudito il giudice Goldstone quando si occupava dei Balcani e del Rwanda? Perché l’atteggiamento è così diverso quando si tratta di Israele? Eppure è lo stesso giudice, con la stessa competenza e la stessa serietà. Ma gli Americani non lo lasceranno andare fino in fondo perché sostengono Israele e perché hanno paura per se stessi, a causa dei loro propri crimini in Iraq e in Afghanistan.
- Che ne è dei negoziati per lo scambio del soldato Shalit contro prigionieri palestinesi, tra i quali Marwan Barghouti e forse anche Salah Hamouri ?
Ricordo che ci sono 11.000 prigionieri palestinesi nelle nostre prigioni, che in maggioranza, come Salah Hamouri, non hanno fatto niente e sono prigionieri politici. Per quanto riguarda Barghouti, non sono sicuro che Israele accetti di liberarlo. Netanyahu lo considera una minaccia perché può diventare un partner per la pace. Io lo conosco molto bene. Siamo andati insieme a Strasburgo e in Spagna dopo Oslo. E’ un vero uomo di pace, ma ha sempre detto: “Se voi non volete smetterla con l’occupazione, noi condurremo la lotta armata” Credo che solo lui sia capace di riunificare i Palestinesi, ma non sono sicuro che Abu Mazen ci tenga molto a vederlo libero.
- Il suo pessimismo è quindi totale?
No. Credo che si debba essere realisti e credere ai miracoli. E anche che si debba agire, che si debba continuare a disturbare Israele, a punzecchiare la sua pelle d’elefante moltiplicando le campagne di solidarietà, svegliando l’opinione pubblica.
[1] Gaza, articoli per Haaretz, 2006-2009, di Gideon Levy, tradotti dall’ebraico da Catherine Neuve-Eglise. Éditions la Fabrique, 240 p.
[2] Shaul Mofaz, generale, già ministro della Difesa ed ex capo di stato maggiore sotto Sharon, oggi è il numero due del partito Kadima di Tzipi Livni. E’ autore di un piano di pace che prevede la creazione provvisoria di uno Stato Palestinese, le cui frontiere diventerebbero definitive entro tre anni.
http://www.humanite.fr/2010-02-02-G..
http://www.france-palestine.org/article13886.html
da
25 febbraio, data spartiacque della legislatura.
Il limite tra il “prima” e il “dopo”. Dove il “prima”, in caso di conferma di condanna dell’avvocato Mills in quanto corrotto e quindi del premier in quanto corruttore, è l’autonomia della magistratura, la possibilità di fare indagini e di fare intercettazioni. Il “dopo” è l’esatto contrario di tutto ciò.
Il processo che va a discutere la Suprema Corte contesta all’avvocato inglese David Mills – ingegnere della Fininvest Group b-very discreet, la galassia della 65 società off shore da cui sono transitate le tangenti a Craxi e ai giudici e i fondi neri utili per tante scalate societarie – di aver reso falsa testimonianza in due processi, quello per le tangenti alla guardia di finanza (20 novembre 1997) e per All Iberian (12 gennaio 1998). In quei processi Mills negò che la società All Iberian fosse riconducibile a Berlusconi.
Molti anni dopo (17 luglio 2004), Mills confessa ai magistrati di Milano di aver ricevuto 600 mila dollari da Carlo Bernasconi, dirigente del gruppo del Biscione come ringraziamento per aver mentito in quei processi.
La tangentopoli dei birbantelli
Per Berlusconi non esiste nessuna tangentopoli ma solo dei birbantelli.
Isolato dal mondo attacca Prodi che gli risponde per le rime: “Di malgoverno gli italiani hanno conosciuto quello di Berlusconi.
È lui il premier delle promesse disattese che difende con le unghie e con i denti se stesso e le proprie aziende”
Grazie a lei caro Nicotri.
Vediamo cosa scrive Said e come i suoi argomenti si avvicinino un po´agli argomenti che ha portato in poche parole un ignorante come me.
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Tra Israele e Palestina, una terza via.
La decisione del governo israeliano di accelerare la colonizzazione dei territori occupati e, in particolare, l’ebraicizzazione di Gerusalemme est, è una conferma ulteriore del fallimento degli accordi di Oslo. Questa situazione di stallo riaccende fra gli intellettuali arabi il dibattito a proposito delle loro responsabilità nei confronti del conflitto israelo-palestinese. E’ così che molti di loro, tranne alcune rare e coraggiose eccezioni, salutano in Roger Garaudy (del quale spesso non conoscono neppure gli ultimi libri) un difensore dell’islam, vittima della censura occidentale. Molto critico nei confronti di quest’ultimo e dei suoi partigiani arabi, in particolare egiziani, Edward W. Said ritorna in questo articolo sulla questione dell’impegno morale e politico dell’intellettuale arabo o israeliano.
di Edward W. Said*
Ora che la formula di Oslo si è rivelata del tutto inefficace e impraticabile, sarebbe quanto meno auspicabile che i difensori arabi e israeliani di questo accordo si decidano a fare uno sforzo di chiarezza. E, a questo proposito, mi sembra si impongano alcune considerazioni preliminari. Per cominciare, che il termine”pace” è una parola ormai screditata, per non dire fraudolenta. Il modo in cui è stata usata ha dimostrato che essa non rappresenta affatto una garanzia contro nuove azioni repressive e distruttive nei confronti del popolo palestinese.
Onestamente, come si può continuare a parlare di”pace”, mentre Israele non smette, con la forza del suo arrogante strapotere, di demolire, imporre divieti, confiscare le terre, compiere arresti e praticare la tortura (1)?
Lo storico romano Tacito scriveva, a proposito della conquista dell’Inghilterra, che:”essi (i soldati romani) avevano seminato la desolazione e l’avevano chiamata pace”. Questo è esattamente quanto succede oggi nei territori occupati, grazie alla collaborazione dell’Autorità palestinese, degli stati arabi (con poche eccezioni), di Israele e degli Stati uniti.
E’ d’altra parte inutile e vano pensare che si possa superare lo stallo tornando al passato. Non possiamo tornare ai giorni precedenti alla guerra del 1967, né accettare slogan che, con la pretesa di ispirarsi all’età dell’oro dell’islam, propongano solo rifiuto e segregazione. Come giustamente affermano sia Israel Shahak (2) che Azmi Bishara (3), per sconfiggere l’ingiustizia bisogna creare più giustizia e non giocare al rialzo con formule del tipo:”Loro hanno uno stato ebraico, noi vogliamo uno stato musulmano”. Per non parlare della stupidità di chi vuole imporre il boicottaggio di tutto ciò che è israeliano (un modo di pensare in voga oggi in più di un circolo di intellettuali progressisti arabi), con la pretesa che questo comportamento sia espressione di vero nazionalismo.
E quel milione di palestinesi che sono cittadini israeliani?
Bisogna forse boicottare anche loro, come si fece negli anni 50? E gli israeliani che sostengono la nostra lotta: bisogna allora boicottarli per il solo fatto che sono israeliani? Un atteggiamento di questo tipo equivarrebbe alla negazione del trionfo del popolo sudafricano sull’apartheid. Significherebbe ignorare tutte le vittorie che la giustizia ha ottenuto grazie alla cooperazione politica nonviolenta di persone con le stesse idee, seppur situate ai lati opposti di una linea di demarcazione ampiamente contestata e in continuo movimento. Come ho scritto recentemente (4), non possiamo vincere questa battaglia augurandoci che gli ebrei se ne vadano o auspicando l’islamizzazione: abbiamo infatti bisogno di coloro che, dall’altro lato della frontiera, sostengono la nostra lotta.
Dobbiamo varcare la linea di separazione che è stata consacrata, fra l’altro, dagli accordi di Oslo, e che mantiene una situazione di apartheid fra gli ebrei e gli arabi in Palestina.
Dobbiamo superarla, non consolidarla.
Infine e questo è forse il punto più importante fra un comportamento politico e un comportamento intellettuale esiste una differenza fondamentale. Il ruolo dell’intellettuale è quello di dire la verità, nel modo più completo, più onesto e più diretto possibile. Questo implica che l’intellettuale non si preoccupi di piacere o spiacere al potere costituito né di collocarsi all’interno della logica di un governo o di perseguire interessi di carriera. Il comportamento di un politico si basa invece su considerazioni di interesse e di conservazione del potere. A questo proposito, è evidente che gli stati arabi, l’Autorità palestinese e il governo israeliano, proseguendo sulla strada tracciata dagli accordi di Oslo, assumono una posizione che attiene alla sfera del comportamento politico, non di quello intellettuale.
Prendete per esempio la dichiarazione congiunta stilata dagli egiziani (della”Società del Cairo per la pace”) e dagli israeliani (di”Pace adesso”) (5). Toglietevi le frasi ridondanti relative alla”pace” e vedrete che il risultato sarà non solo il completo riconoscimento degli accordi di Oslo, ma anche il ritorno allo spirito degli accordi di Camp David firmati da Anuar al-Sadat e Menahem Begin alla fine degli anni 70 e descritti nella dichiarazione come un modello di coraggio di decisiva importanza. Tutto perfetto. Tranne che uno ha il diritto di chiedersi, per lo meno, cosa c’entrino i palestinesi in tutto questo, visto che quel famoso”modello di coraggio” che sono gli accordi di Camp David non menziona né la questione della loro autodeterminazione né quella della loro terra.
Che mai si penserebbe se un gruppetto di israeliani e di palestinesi stilassero insieme vibranti proclami di pace israelo- siriani al posto dei governi dei due paesi interessati? In nome di che cosa due parti, una delle quali opprime i palestinesi mentre l’altra si arroga il diritto di parlare in loro vece, sarebbero abilitate a definire la soluzione di un conflitto del quale non sono i diretti protagonisti? Per non parlare dell’idea di di rivolgere un appello all’attuale governo israeliano: è come chiedere al conte Dracula di celebrare le virtù di una dieta vegetariana.
Insomma, un comportamento politico di questo tipo ha come unico risultato quello di ridar vigore a un processo agonizzante, quello di Oslo, facendo sì che esso ipotechi le possibilità di una vera pace, intesa come l’opposto della fraudolenta pace israelo-americana. Nondimeno, tornare alla comoda posizione del boicottaggio, che oggi si sta diffondendo in un buon numero di paesi arabi, è intellettuamente irresponsabile. Questa tattica (peraltro non più furba dell’intestardimento di uno struzzo che nasconde il capo nella sabbia), rappresenta una pura e semplice regressione.
Israele non è il Sudafrica e neppure l’Algeria o il Vietnam. E, ci piaccia o no, gli ebrei non sono colonialisti ordinari. Essi hanno sofferto a causa dell’Olocausto e, sì, è vero, molti di loro sono vittime dell’antisemitismo. No, sicuramente questo non dà loro il diritto di continuare ad attuare una politica che mira alla spoliazione di un popolo che non è in nessun modo responsabile delle loro disgrazie. Lo dico e lo ripeto da vent’anni: l’opzione militare ci è preclusa, in questo conflitto.
E, a quanto pare, ci sarà preclusa nel prossimo futuro.
D’altronde, malgrado il loro enorme potere, gli israeliani non sono riusciti a ottenere la sicurezza che volevano. E non bisogna dimenticare che essi non sono tutti uguali e che noi, succeda quel che succeda, dobbiamo imparare a vivere con loro nel modo meno ingiusto, o, meglio ancora, più giusto possibile.
La terza via di cui parlo si distingue sia da quella fallimentare di Oslo che da quella retrograda del boicottaggio.
Essa si sviluppa da un’idea di cittadinanza, non di nazionalismo.
E questo perché sia il concetto di separazione (propugnato da Oslo), sia quello di un nazionalismo teocratico e trionfalista (sia esso ebreo o musulmano) non hanno niente a che vedere con le realtà che ci stanno di fronte. La mia idea di cittadinanza implica che ogni individuo goda degli stessi diritti, diritti fondati non sulla razza o sulla religione, ma su una giusta eguaglianza, garantita dalla costituzione. Un concetto che è inconciliabile con quello, largamente superato, di una Palestina”purificata” dai suoi”nemici”. Sia essa praticata dai serbi, dai sionisti o da Hamas, la pulizia etnica rimane pulizia etnica.
La posizione che Azmi Bishara e più di un ebreo israeliano, come Ilan Pappé (6), tentano oggi di diffondere e promuovere a livello politico è una posizione in base alla quale ebrei e palestinesi che vivono nello stato ebraico hanno gli stessi diritti. E non c’è motivo per cui questo stesso principio di uguaglianza non possa essere applicato nei territori occupati, dove palestinesi ed ebrei israeliani vivono gli uni accanto agli altri, anche se oggi uno dei due popoli, gli ebrei israeliani, domina l’altro. La scelta è quindi fra l’apartheid e la giustizia e i diritti di cittadinanza.
Le vere questioni in gioco sono la chiarezza, il coraggio intellettuale e la necessità di combattere ogni tipo di discriminazione razziale, da chiunque venga praticata. Oggi nel discorso e nel pensiero politico di alcuni intellettuali arabi si insinua un’ondata di crescente antisemitismo e di ipocrita esibizione di virtù. Un cosa deve essere chiara: noi non combattiamo le ingiustizie del sionismo per sostituirle con un odioso nazionalismo (religioso o civile), in base al quale gli arabi della Palestina sarebbero più uguali degli altri. La storia del mondo arabo moderno, con la sua sequela di fallimenti politici, di violazioni dei diritti umani, di episodi di incredibile incompetenza militare, di cali di produzione (il tutto accompagnato dal fatto che, unici fra i popoli moderni, noi arretriamo invece di avanzare sul piano della democrazia, della tecnologia e delle scienze) ebbene questa storia è sfigurata e deformata da una serie di idee indifendibili e oggi improponibili che si spingono fino a mettere in dubbio la realtà dell’Olocausto e delle sofferenze del popolo ebraico. La tesi secondo la quale l’Olocausto non sarebbe altro che un’invenzione sionista sta avendo oggi troppo, davvero troppo, credito. Come possiamo aspettarci che il mondo intero acquisti consapevolezza delle nostre sofferenze in quanto arabi, se non siamo in grado di prendere coscienza delle sofferenze degli altri, anche se questi sono i nostri oppressori… Se ci riveliamo incapaci di fare i conti con la realtà dei fatti, non appena questa disturba la nostra semplicistica visione di intellettuali”benpensanti”, che si rifiutano di vedere la relazione che esiste fra l’Olocausto e Israele. Affermare che noi dobbiamo prendere coscienza della realta dell’Olocausto non significa affatto far propria la tesi secondo la quale l’Olocausto giustifica il male che il sionismo ha fatto ai palestinesi. Al contrario, riconoscere la realtà storica dell’Olocausto e la follia del genocidio attuato contro il popolo ebraico ci rende credibili per quanto riguarda la nostra propria storia. Questo ci permette di chiedere agli israeliani e agli ebrei di stabilire un legame fra l’Olocausto e le ingiustizie che il sionismo ha imposto ai palestinesi, di stabilire questo legame e contemporaneamente di metterlo in discussione per gli aspetti di ipocrisia e di degenerazione morale che in esso si celano.
Ma condividere la posizione di Roger Garaudy e dei suoi amici negazionisti, in nome della libertà di espressione, è una furbizia sciocca, che altro effetto non ha se non quello di screditarci più di quanto già non lo siamo agli occhi del mondo intero per la nostra incompetenza, i nostri fallimenti nel condurre la nostra lotta in modo degno, la nostra incomprensione della storia e del mondo in cui viviamo. Perché non combattiamo più energicamente a favore della libertà di espressione nelle nostre società, una libertà che, tutti lo sanno, esiste appena?
Eppure, i provvedimenti repressivi e la censura della stampa e della libertà di opinione sono molto più inquietanti nel mondo arabo che non in Francia. Perché non li combattiamo con più energia e determinazione invece di agitarci per difendere Garaudy, sostenendo posizioni aberranti come quella di certi intellettuali, alcuni dei quali famosi, che non esitano a considerare quest’uomo un nuovo Emile Zola! In Egitto e in Libano ci sono rispettivamente 130.000 e 400.000 rifugiati palestinesi del 1948. Sono ormai cinquant’anni che la maggioranza di costoro non ha diritto a un permesso di soggiorno.
Trattati come nemici dagli stati arabi che li ospitano, ai rifugiati palestinesi viene negato il permesso di lavoro, il diritto allo studio e l’assistenza medica e sociale… E, per di più, viene loro imposto di presentarsi alla polizia ogni mese.
Dimenticati da tutti, essi non appartengono a nessun luogo e vivono in una situazione kafkiana. A ragione ci si sarebbe potuti aspettare che alcuni intellettuali responsabili si mobilitassero, nei diversi paesi, per il miglioramento delle loro condizioni di vita. Un aiuto umanitario di base e la fine delle misure di discriminazione nei loro confronti sarebbero stati ben più utili alla causa palestinese della pletora di teorie che oggi ci tocca sentire, siano esse dichiarazioni contro la”normalizzazione” o comunicati a favore di”nuove iniziative di pace” fra il governo egiziano e quello israeliano.
Ma non ho finito. Dopo aver pubblicato lo scorso novembre un articolo nel quale parlavo dell’Olocausto (7), sono stato stato oggetto di diffamazioni più stupide di quanto avessi mai potuto immaginare. Un noto intellettuale si è spinto fino ad accusarmi di tentare di ottenere un certificato di buona condotta dalla lobby sionista. Non c’è dubbio, io sono favorevole al diritto di Garaudy di dire quel che vuole e, certo, sono contrario a quella terribile legge Gayssot che è stata usata per processarlo e condannarlo (8). Rimane il fatto che la sua posizione non ha fondamenti di realtà ed è irresponsabile e che farla propria significa allinearsi sulle posizioni di Jean-Marie Le Pen e di tutti gli esponenti fascisti e retrogradi dell’estrema destra francese. La lotta che conduciamo è una lotta per la democrazia e l’uguaglianza dei diritti, per uno stato o una repubblica laica in cui tutti gli individui sono uguali cittadini. Non una falsa lotta, che si rifà a un passato mitologico e lontano, cristiano, ebreo o musulmano che sia. Il genio della della civiltà araba ha avuto il suo apogeo nell’Andalusia multiculturale, multireligiosa e multietnica. Questo sì che è un ideale da perseguire, invece di rincorrere il moribondo processo di Oslo e assumere un atteggiamento malsano di rifiuto negazionista. Come dice la Bibbia, la lettera uccide, ma lo spirito dà la vita.
Dovremmo concentrare le nostre forme di resistenza nella lotta contro le colonie israeliane, a cominciare dalle manifestazioni nonviolente per ostacolare la confisca delle terre. E poi, impegnarci per creare solide istituzioni civili e democratiche (ospedali, cliniche, scuole e università oggi in terribile declino e altri progetti per migliorare le infrastrutture) e, contemporaneamente, opporci alle misure di apartheid che sono inerenti al sionismo.
Vista la situazione di stallo in cui ci troviamo, si parla molto oggi di un’ imminente esplosione. Ma quand’anche queste previsioni si realizzassero, non devono farci dimenticare la costruzione dell’avvenire, tenendo presente che né l’improvvisazione né la violenza sono in grado di garantire la creazione e il consolidamento di istituzioni democratiche.
xCG
Non e´meglio, prima di scrivere fregnacce di andare a leggere un po´chi era veramente Moshe Dayan?
Di quanto era amato dagli Arabi.? Della loro tristezza quanto e´morto?
Informati un po´di piu´, ti fara´bene. Rodolfo
xSilvy 101
E´sempre colpa degli Ebrei quando in questo mondo succede qualcosa di negativo. La morte di Gesu´e´colpa loro, la peste di allora, il crollo delle torri o il crollo della borsa o anche la situazione in M.O.
Sempre ed esclusivamente colpa loro.
Nel mio post Nr. 104 riporto parole e pensieri di Edward Said.
C´ é molto di piú ed invito chi vuole ad andarsi a leggere su Google gli argomenti si Said. Quello che traspira da ogni sua frase e´l´assenza di odio o di istigazione all´odio. Il suo sforzo a cercare di capire e´encomiabile. Non uno ma 100- 1000 Said.
x Rodolfo.
La propaganda filo-Tel Aviv non smuove un pelo dei miei baffoni.
Ergo, ti pregherei, in vece, di andare sul merito.
Il “guercio” lo disse o non lo disse?
P.S.: Mi sembri uno di quelli che, se contraddetti, risponde: Vabbè! non stiamo sempre a cercare il pelo nell’uovo.
..Meglio cercare il pelo al Salaria Village.
Come il Berto Laso.
C.G.
Enno´caro GC, e´ proprio il contrario. Non si puo´giudicare una persona o persino un intero popolo “da una frase” , come tenti di fare tu, e tralasciare l´insieme.
Passi lunghi e ben distesi, di tipi come te ne ho piene le scatole.
Rodolfo
xAnita
Non credo si possa impedire agli immigrati di parlare le lingue o dialetti che vogliono in casa o in famiglia. E non credo che gli asiatici che vengono in US non abbiano una conoscenza almeno sommaria dell’inglese, a differenza appunto degli europei che storicamente ne erano del tutto digiuni.
Cercavo di dire che l’unica altra lingua che realmente compete con l’inglese da voi e’ lo spagnolo. Vuoi perche’ avete immigrati latino-americani che parlano solo quella, vuoi perche’ si parla ancora per tradizione in alcuni stati del Sud, con indicazioni ed istruzioni scritte ANCHE in quella lingua. Non vedo cosa vi sia di male, e dubito molto che la cosa avra’ le conseguenze catastrofiche che tu predici. Vi sono molti paesi importanti in cui si parlano almeno due lingue, a volte tre o quattro: Canada, Svizzera, Belgio, UK, Cina, Malesia, Spagna, Italia…E’ ovvio che in ogni paese vi sia una lingua dominante, ma le altre sono comunque lingue ufficiali. Se la tua campagna fosse English First avrebbe un senso, ma English Only proprio no
Peter
Ex vicepresidente Cheney
ha manipolato un documento
della CIA per giustificare le torture
Un cruciale memorandum della CIA citato dall’ex vicepresidente Dick Cheney e da altri ex funzionari dell’amministrazione Bush per giustificare l’efficacia degli affogamenti simulati (torture), contiene informazioni evidentemente erronea che non avallano le conclusioni e le raccomandazioni, afferma il Dipartimento de Giustizia, citato da Newsweek.
“Cheney aveva chiesto pubblicamente l’annullamento del documento della CA che è sempre segreto, con altri documenti, insistendo che la sua divulgazione avrebbe rafforzato le sua affermazioni, che le tattiche brutali degli interrogatori che lui appoggia fortemente danno risultati positivi che frustrano i piani terroristici contro gli Stati Uniti, aggiunge la pubblicazione.
Gli avvocati della Casa Bianca approvarono il programma degli interrogatori della CIA, basandosi in un documento che si supponeva, avallava tecniche più aggressive di interrogatori e otteneva risultati positivi, ma apparentemente il documento ha tergiversato la realtà.
Il polemico documento della CIA, noto come Effectiveness Memo, è molto importante perchè è stato richiesto dall’Ufficio del Consigliere Giuridico della Casa Bianca per scrivere note nel 2005 e nel 2007, con il fine di dare all’Agenzia tutta l’approvazione legale per continuare il suo programma di “Tecniche d’Interrogatorio Migliorate”, eufemismo per dire torture.
Nascondendo i suoi artigli di torturatore, l’ex vice presidente ha criticato il governo di Barack Obama per non aver utilizzato il metodo di tortura del “sottomarino”, nell’interrogare il nigeriano accusato di tentare di far esplodere un aereo che viaggiava da Ámsterdam a Detroit.
x Rodolfo.
Non divagare, mio caro. Il tuo giocherellare facendo il salto della quaglia è vecchio come il cucco.
Io non ho MAI detto “popolo” bensì Amministrazioni.
Quella di Tel Aviv, per l’appunto.
Tranquillo.
C.G.
x Rodolfo:
E aggiungo: il terrorismo di certe frange di Tel Aviv contro il terrorismo di certe frange palestinesi.
Culo e camicia, detto in vulgus.
Con una differenza: che il culo lo fa la popolazione palestinese.
Altri appunti?
C.G.
Il caso Iran
Interessante
da Come don Chisciotte:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=6792
L.
xCg
Ma cosa vai cianciando ancora.
Ho riportato un articolo e i pensieri di Edward Said (post Nr.104) in cui io, in linea di massima ho scritto di essere daccordo , ettu´ chaffai?
Meni il can per l´aia.
Ma insomma siamo uomini o caporali.
xCG
Il problema e´, che io sono ignorante, lo ammetto e lo scrivo ad ogni occasione , pero´cerco anche di documentarmi e di essere obiettivo.
In fondo non voglio fare la figura dell´inciclopedia ambulante.
Tu vuoi fare il saputone ed invece sei piu´ignorante di me.
Un cordiale saluto. Rodolfo
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Cara Sylvi, in effetti la mia prima intenzione era di identificare meglio quali fossero le vere fasce deboli, dove il dubbio era se includere o escludere il classico bamboccione all’italiana. Alla fine ho optato per una visione più lungimirante ma, allo stesso tempo, pessimistica in quanto ostacolata da ‘costanti imprescindibili’, quali le lobbies economiche e finanziarie a livello internazionale.
Qui il tempo è come a Marzo: stanotte ha piovuto, stamattina c’era il sole, poco fa ha nuovamente piovuto ed ora è tornato il sole. Io ho una lavatrice stracolma da fare e non posso farla perchè il tempo non permette di stendere la roba lavata. Pare che da domani il tempo si metterà al bello. Fusse a’maronna, come dicono a Napoli!
In fondo siamo tutti esseri umani e chi non fa´ o fatto piccoli o grandi errori durante la propria esistenza. Se ci si si attenesse di piu´a quel proverbio che dice:-“errare humanum est, perseverare diabolicum”, saremmo tutti sempre e sempre piu´migliori.
E invece no, spesso si persevera. In Germania un nuovo scandalo, ieri lo ha riportato anche “Repubblica. Il vescovo della chiesa Evangelica in Germania Kässmann e´stata pescata (e´una donna) mentre nella sua auto passava con il rosso, ma c´e´di piu´, aveva un tasso alcolico di 1,54. Penso che se avesse potuto si sarebbe rintanata in qualche lontano pianeta. Me l´immagino mentre piange e si dispera, mentre si domanda come le sia potuto succedere una cosa del genere. Domenica prossima sarebbe bene che dal pulpito potesse poter gridare la propria disperazione.
Una donna che ammette di essersi ubriacata, o per dolore, per dimendicare o per trovare un po´di felicita´, una donna che non e´un vescovo , con le sue debolezze, che niente ha di Divino.
Non credo che nessuno la condannera´, in fondo e´ un essere umano come tutti noi. Rodolfo
.
Caro Antonio, ti ringrazio del consiglio, ma temo che non sia in linea col mio pensiero. Le fasce deboli sono deboli perchè è il Sistema che non funziona.
Esiste una urgente necessità di rivedere del tutto le metodologie economiche, prima di finire in una spirale di autostrangolamento. Il mio articolo infine l’ho scritto ed inviato, ma ricalca dei concetti che ho già espresso qui tempo fa, ovvero la riforma del capitalismo come unica soluzione radicale al problema. Il resto sono solo palliativi adatti a risolvere l’emergenza, senza eliminare o diminuire l’esistenza del problema.
Io vivo con 450 euro al mese e pago un fitto di 375 euro, oltre a luce, gas e tutto il resto. Non posso neanche usufruire dell’abbuono di 350 litri di acqua al giorno, perchè abito in una dependance che prende acqua e luce da un contatore comune. Mentre per la luce ho un subcontatore, per l’acqua e fogna pago un quid forfettario. Come vedi, vivo in quella che si potrebbe definire una seria ristrettezza economica. Facendo bene i conti, comunque, nei 450 euro ci sto stretto ma ci sto. Non mi manca niente. Faccio i miei viaggi, mi
alimento adeguatamente, trovo il modo persino di mettere da parte qualche euro per gli sfizi. Volendo, potrei cercarmi un lavoretto o darmi da fare in politica, sfruttando le amicizie che ho ( tre deputati e un senatore, biscegliesi e amici da sempre). Lavorare non mi interessa più, nè ho ambizioni politiche. Sto preparando una mostra per l’estate; ho anche intenzione di mettere in piedi un centro culturale insieme ai miei nipoti ed amici loro. Non sono inattivo, quindi. Tenterò il web marketing delle mie opere grafiche e sarà
l’unica concessione al cosiddetto ‘lavoro’.
Tornando alle fasce deboli, ogni italiano ha, di solito, più di una
competenza, più di una abilità lavorativa, tant’è che il doppio lavoro in nero è molto diffuso. Se devo ridipingere casa, non chiamo l’impresa, chiamo il doppiolavorista che mi costa un quinto. La vera fascia debole non è il disoccupato classico, che in qualche modo riesce comunque a riciclarsi, rigorosamente a nero. La riforma del welfare, indispensabile, deve anche tener conto di una riutilizzazione parallela delle altre abilità lavorative degli abili al lavoro. Per il resto, è necessaria un’assistenza reale che prescinda dal concetto di elemosina, caro ai nostri governanti di destra e di sinistra.
xMarco
Comprati una lavasciuga.
Non ho tempo nè voglia di leggere copiaincolla lunghi come lenzuoli che fanno solo venire l’orchite scrotalis.
Quindi non ciancio, ai miei maroni ci tengo.
Mi sono attenuto SOLO a dichiarazioni di quel tizio.
Non ti pare strano che, sempre il tizio, così tanto amato dagli arabi in Palestina, consigliava loro di andarsene (dove?) altrimenti (cito) “sarebbero vissuti come cani”.
Dopo Silvio, lo stesso peso e misura e cioè “per fortuna che Moshe c’è?
O meglio: c’era?
Suvvia, raccontalo alla Komare..
C.G.
sempre x Rodolfo:
conosco “ignoranti” intelligentissimi.
Dipende da come lo si interpreta evitando di cadere in malafede.
C.G.
Che mago chessei Marco, ma come fai a vivere con 75 euro al mese.
Dai…….. dicci come fai.
xCG
contento tu, discorso concluso. Non ha senso.
xMarco T.
non glielo dire a Rodolfo. Senno’ povera moglie e povero pargoletto. Li mettera’ ad un regime cosi’ secco che la siccita’ d’estate in Sicilia al confronto sarebbe un’oasi
Peter
Trovo strano che Nicotri non faccia notare una cosa fondamentale e che Rodolfo faccia finta di non conoscerla. Israele non chiede solo il suo riconoscimento come Stato, cosa che avrebbe potuto ottenere da molto tempo, ma chiede il riconoscimento di Israele come “Stato degli ebrei”. Una volta ottenuto il riconoscimento come “Stato degli ebrei” ecco spianata la strada per la cacciata di tutti i non ebrei, vale a dire quanto meno dei quasi due milioni di cittadini israeliani di etnica araba e comunque non ebrei. Questa pretesa tra il razzista e il fascista è L’UNICO motivo per il quale i palestinesi e anche altri Paesi arabi non riconoscono l’esistenza non già di Israele, come dice Rodolfo forse barando, ma di Israele “Stato degli ebrei”. E’ la stessa pretesa che avevano i boeri e poi in genere i bianchi del Sud Africa, poter disporre di uno Stato “dei bianchi” in Africa. Che è poi quanto fatto dagli Usa per qualche secolo con il dominio “wasp” (dalle iniziali degli aggettivi white, anglo, saxon, protestant), solo che gli americani per quanto razzisti la loro pretesa non l’hanno mai scritta nella Costituzione e nei trattati internazionali come pretendono invece i governi e il rabbinato razzisti di Israele.
E poi c’è un’altra faccenda, anch’essa grave: Israele non ha mai chiarito quali siano i suoi confini, perciò c’è sempre il pericolo della “Grande Israele”, cioè di espandere Israele fino ai fiumi della Mesopotamia, come sogna buona parte del rabbinato, responsabile tra l’altro dell’assassinio di Rabin, e buona parte degli israeliani. Dietro ai quali ci sono i piani di colonizzazione e investimenti in Medio Oriente della grande finanza internazionale annidiata soprattutto negli Usa e nella sua potentissima lobby ebraica, che è quella che ha fatto eleggere e manovra come una marionetta Hilary Clinton e condiziona pesantemente lo stesso Obama. Lo scambio tra Obama e la lobby finanziaria ebraica degli Usa è semplice e chiaro: noi ti appoggiamo per inculare la Cina, tu ci lasci mano libera per inculare man mano i palestinesi, la Giordania, la Siria, l’Iran, ecc., tenendo presente che inculare questi significa inculare anche la Cina perché le si impedisce l’accesso al petrolio del Medio Oriente.
Ecco perché Ely Karmon, responsabile dell’antiterrorsimo in Israele, ha dichiarato che nel giro di 3-4 mesi ci sarà un’altra guerra. Ed ecco perché Israele sta richiamando in silenzio i riservisti alle armi.
Altro che le cazzate che ci propina la “libera stampa”.
Shalom
Non rispondi? Capisco, hai un orto e mangi solo verdure.Ma l´orto non e´una fabbrica a ciclo continuo. Una birretta di grazia? No?
Va bene per l´olio e il vino, vengono dal tuo (o parenti)vigneto e uliveto . Ma per la pasta come fai? Ti macini il grano di tua produzione.
Niente dentifrici, saponette, shampoo. Niente acqua calda, una buona sigaretta, il giornale. Si hai internet, ma il giornale e´un´altra cosa e poi internet lo devi pur pagare. Poi la luce e l´acqua, il sapone per la lavatrice e le altre decine di cose che normalmente oggi sono necessarie. Va bene, le donne non ti mancano e non hai bisogno di andare a puttane, ma cosi o cosi le done costano. Che le tue sono tutte Sante? Che ti devo dire, sei un enigma. Un saluto. Rodolfo
Caro marco tempesta,
sulle “fasce deboli” si può scrivere di tutto e di più.
Anche dal letto di casa propria.
Come sulla “riforma del capitalismo”
Più riformato di così ..si muore…!!
Direi che è quasi più corretto occuparsi “di tarocchi”,quelli non mentono mai ..!!
Certo che una “bella taroccata” genuina sul futuro del Berlusca, non sai quanto te la pagherei..e dico sul serio..,ma che sia genuina ed ispirata nel vero senso della parola ..!!(cioè non taroccata a sua volta)
un caro saluto
cc
Minchia, Shalom , e questa tesi dove sei andato a scovarla?
Rudy,
come dice quel “proverbio”…ah si …fatti i” cazzi tuoi”, che alla spesa ci pensa Marco.
Tu pensa al talmud, che ti riesce meglio!
Anche per te un caro saluto
cc
xShalom
questa tua e´fantapolitica……
xcc
no, se lui scrive certe cose si ha diritto di sapere come fa´.
Pensa, ha scritto di aversi cucinato un bel piatto di spaghetti al pomodoro con la salciccia. Va bene il pomodoro dell´orto, ma la salciccia e la pasta non crescono nell´orto.
xRodolfo
uomo di poca fede. Non hai mai sentito di quel tale che con 5000 pani e 3000 pesci riusci’ a sfamare tre persone? Pare che quei tre poi fondarono lo stato d’Israele
Peter
caro peter,
no, se marco scrive certe cose,è libero di scriverLe,in fondo ha sempre detto che vive anche di altre “fonti” estemporanee.
Che sia proprio Rudy, a chiedergli quanti dentifrici compra , mi sembra strano, Lui che si occupi di “riempire vasi”!!
Noi “riempiamo i nostri”.
E come disse la Buonanima di Pier Capponi, voi suonate pure le vostre “trombe” , che NOI suoneremo le nostre “campane”.
cc
Puoi credere che sia fantapolitica solo ciò che ho detto sui programmi di investimento in Medio Oriente, ma il resto sono dati di fatto. Noti e arcidocumentati. Anzi, ho dimenticato di dire che è Israele che respinge da anni le proposte di pace di Siria, ecc.
Shalom
xMarco
Un consiglio:-
eBay
si parte da un minimo, ma tu hai la possibilita´ di fissare(non si vede)il prezzo. Dunque il quadro viene aggiudicato solo e quando si raggiunge il prezzo da te fissato, ma capita spesso che i clienti presi dall´euforia sbancano il prezzo da te fissato. Provare non nuoce.
Poi i tuoi quadri son belli, mi piacciono.
Quando scendo passo da te e me ne compro un paio da regalare a mia figlia, sai a Luglio divento di nuovo nonno. Rodolfo
xCC
e’ ovvio che Marco non potrebbe campare cosi’ bene con 450 euro mensili, salvo appunto moltiplicare pani, pesci e vino per le ‘nozze’.
Forse vuole dire semplicemente che senza aiuti extra da parte di parenti ed amici, ovvero anche lavoretti saltuari, la pensione di sicuro non gli basterebbe per tirare a campare. Ed io gli credo sulla parola.
Anche qui in UK le pensioni di vecchiaia o invalidita’ sono piuttosto basse, ed il costo della vita e’ ancora piu’ alto che in Italia. Gli bastano appena per birra e sigarette, direi. Solo che chi non ha casa riceve un appartamentino in condominio dal municipio, per un affitto molto basso, specie se ha famiglia. Un single come me o Marco finirebbe sotto i ponti, se si trovasse in quei frangenti.
Invece non ho idea di come facciano a campare in una citta’ come Parigi. Ci sono stato lo scorso weekend dopo parecchi anni. I prezzi sono assurdi, salvo fare compere in posti selezionati e non facili da trovare. L’euro ha creato situazioni assurde come in Italia. E poi trattano i turisti in modo outrageous, non tanto i francesi, quanto gli ‘stranieri’ che hanno in gestione locali e negozi. Il che non succede affatto in UK, devo dire.
Peter
X Marco
Caro Marco,
devi essere un prestigiatore.
Se ce la fai a vivere con quel poco che hai scritto sei un vero mago…o sei come Jesucristo che moltiplicava il pane…..ma pero’ non la salsiccia.
L’internet non lo paghi? Il telefono e’ gratis?
Ciao, Anita
Welcome back.
xAnita
non vale! i pani e pesci li avevo gia’ detti io. Copycat!
Peter
Rodolfo, con il suo consueto savoir faire, consiglia Marco di comprarsi una lavasciuga!
Io non l’ho mai voluta! Ho un’ottima lavatrice, un’ampia sala termica ben areata; e, appena c’è una bava di vento e una temperatura da non rendere le mutande stocafissi, stendo tutto fuori.
Risparmio in lavasciuga, in ferro da stiro che tira affannosamente le “frappe” e ho, gratis, il profumo della bora che mi fa sognare!
Spero, per Marco, che abbia qualche entrata fantasiosa in più, altrimenti, pur essendo padrone e responsabile solo di se stesso, la vedo dura!!!
Ma…troppe volte, in nome dell’uguaglianza, della giustizia, della solidarietà si sono fatti i conti in tasca a chi semplicemente aveva altri bisogni, altre esigenze e soprattutto altre priorità, a parità di “entrate” ovviamente!
Giusto per rispondere a Rodolfo: ci sono saponette da 15 euro e altre , che fanno lo stesso servizio, a un euro!!!
La nostra barca a vela costa in manutenzione annuale esattamente come gli abbonamenti di una famigliola allo stadio di calcio!!! E potrei continuare…
E torniamo alla definizione di FASCE DEBOLI!!!
Sylvi
x Peter
“Se la tua campagna fosse English First avrebbe un senso, ma English Only proprio no”
——————————————————————
Non e’ la mia campagna personale, e’ un bill che e’ in Congresso.
Qui e’ tutto bilingual, tutto, dal telefono, alle bollette del gas, agli ingredienti su scatolame, etc….
For English press one, for Spanish press two…..
Una lingua dovrebbe essere universale in una nazione, certo ognuno puo’ parlare il loro idioma di nascita, ma quando le scuole falliscono e’ segno che il sistema non funziona.
La scuola di Fall River, RI ha dato la pink slip a 100 persone, altre seguiranno, ma il problema non sta con gli insegnanti, ma con gli studenti che non vogliono imparare l’inglese.
Per caso ho visto un programma locale in TV, dal vero.
Il giudice Frank Caprio aggiudica le infrazioni stradali, una bella fetta della popolazione non capisce o parla una parola di Inglese e, sono cittadini, hanno bisogno di un interprete ed a stento capiscono l’interprete.
Uno, come hanno fatto a prendere la cittadinanza?
Due, come hanno fatto a prendera la patente?
Anita
xAnita
me gusta mucho que uno idioma hermoso y latino como el espanol castillano es hablado en los Etados Unidos. Saria como una nemesis historica. Maldito Inglés.
hasta luego y buena suerte
Peter
x Peter
Sorry, non ho letto tutto, solo Marco.
Di mattina sorvolo tanto.
Anzi…di mattina non dovrei aprire questo website…perdo troppo tempo.
Anita
x Peter
Sí, pero aqui ni siquiera hablan el puro espanol, hablan dialectos de las diversas naciones de Centro y Sur America.
Este no es el lenguaje puro.
Hasta luego.
Anita
xSylvi
se vuole il mio consiglio, si compri un ‘lavaturo’ di legno come lo usava la buonanima di mia nonna. Poi il sapone di Marsiglia. Poi immetta il tutto, compreso ovviamente il bucato (ma perche’ poi si chiamava cosi’?) in un bel mastellone, anche se al Sud si usava una ‘pila’ di pietra, cioe’ una vasca apposita messa in giardino. Volendo puo’ usare acqua calda anche se a quei tempi era un optional, ma oggi si sa…
Comunque lei continua a stendere almeno i panni al sole ed al vento, il che effettivamente puo’ dare delle sensazioni.Immagino usi le ‘mollette’ di legno sul filo?
Io adopero lavatrice che ha incluso un tumble dryer. Gli inglesi sono sempre piu’ furbi di voi…
Pero’ non lo uso perche’ raggiunge temperature da Sahara.
Peter
xAnita
ne olursa orsun, uno punado de abejas esta mejor que uno punado de moscas
hasta la tarde
Peter
x Sylvi
Io uso l’asciugatrice, ma indumenti di tessuto di maglia, li metto su gli attacca panni sotto la veranda o nel bagno, secondo il tempo.
Gli asciugamani vengono molto piu’ soffici nell’asciugatrice.
Qui non e’ permesso stendere fuori, sono l’unica ad avere una lunga corda con la ruota, ogni tanto faccio prendere aria a coperte e tende.
Ciao, Anita
x Peter
Mio caro Peter, confesso che non ho le sue possibilità economiche!
Non posso permettermi un ottimo sapone di marsiglia per il bucato, costa troppo!
Le confiderò sottovoce che lo compro solo per “l’igiene intima” della famiglia, al profumo di lavanda, viola e mughetto!…
Mio marito protesta, perchè vorrebbe un maschio profumo di mare!!!!
Ma del suo trumble dryer non sa che farsene!
mandi mandi!
Sylvi
x Peter
Non credo che “una manciata di api è meglio di un pugno di mosche”, valga nelle scuole e nei posti di lavoro.
Ti avevo chiesto se tu avresti fatta carriera nel UK senza parlare e conoscenza dell’Inglese.
Non mi hai risposto.
Anita